Storia di un’anima contemplativa
La seguente testimonianza appartiene ad una religiosa contemplativa, i cui scritti, approvati dal suo direttore spirituale, sono in mio possesso
Venticinque anni fa incominciai a provare nella mia anima delle realtà straordinarie, che quasi mi facevano perdere i sensi; ma erano all’inizio di breve durata e poco frequenti. Le forze dell’anima non erano ancora state domate. Sentivo forti impeti d’amore e dovevo moderarmi e stare attenta perché non si notasse nulla all’esterno. A volte si trattava d’incendi d’amore così travolgenti che trascorrevo anche tre ore in ginocchio senza stancarmi. A quei tempi la Vergine Santissima entrò a far parte della mia vita in modo molto speciale. Mi affidavo a Lei per tutto e le chiedevo di concedermi il suo stesso spirito per amare Gesù. Come figlia vivevo molto unita a Lei. La prendevo per mano e praticavo con Lei le virtù. In ogni cosa sentivo la sua materna influenza. Lei mi ispirava di pregare molto per i sacerdoti. Per loro facevo penitenze e mi mortificavo poiché avvertivo che pregare per loro era una missione speciale che Dio mi affidava. Pregavo molto anche per la Chiesa e per le anime.
La pace e la tranquillità che regnavano dentro di me ogni tanto venivano aggredite dal maligno con rappresentazioni sconce. A volte il diavolo voleva accarezzarmi e dimostrarmi che gli appartenevo. Quando venivo assalita in questo modo, cercavo di stringermi ancora di più alla cara Mamma, usavo molto l’acqua benedetta e invocavo il dolce Nome di Gesù. Con queste aggressioni il nemico voleva togliermi la pace e privarmi della comunione.
Così, poco a poco, avanzavo nel cammino dell’Amore e dall’unione con Dio mi rendevo conto che le mie facoltà interiori stavano diventando «prigioniere» e colme di Dio. Mi riusciva molto difficile leggere durante la preghiera e lo facevo solo per i testi obbligati della comunità, come l’Ufficio divino o ciò che mi veniva assegnato per compito. In preghiera la mia anima era come estranea al corpo. Durante le ricreazioni o le riunioni della comunità mi costava molto prestare attenzione alle cose che venivano dette. Vivevo immersa nell’abisso del mio nulla, nel quale mi perdevo e poi levavo il volo verso le altezze sublimi della divinità. E là mi stabilivo di frequente estraniandomi da tutto ciò che mi accadeva intorno e soffrivo molto quando mi vedevo costretta ad occuparmi delle cose terrene. Più mi addentravo nella mia nullità peccatrice e più mi immergevo nell’Essenza Divina, abisso di perfezioni, di attributi, misteri, processioni, rapporti tra le Persone Divine.
I miei libri prediletti erano il Nuovo Testamento, il crocifisso e il tabernacolo. In essi apprendevo la vera ed unica sapienza, la Scienza del mio Signore Gesù Cristo, che mia Madre e il divino Spirito mi insegnarono. Durante la preghiera quasi non subivo distrazioni. Avvertivo la presenza di Dio in modo speciale e non potevo dubitare di essere unita a Lui. A volte mi sentivo unita a Dio Trinità o ad ognuna delle Persone divine. All’inizio, nei gradi precedenti, dubitavo di quell’unione temendo fosse frutto della mia fantasia o inganno del maligno. Dubitavo di essere stata veramente unita a Dio. Ora invece non più; avevo l’assoluta certezza e sicurezza della mia unione con Lui. Qui era impossibile che potesse entrare il demonio, perché si trattava dei «segreti del Re». Questa preghiera mi faceva molto bene ed assaporavo di gusto quelle goccioline di cielo che non mi stancavano, nemmeno se duravano tutto il giorno.
Fu a quell’epoca che mi sentii spinta al voto od offerta di Vittima all’Amore Misericordioso e lo feci col permesso del mio direttore spirituale. Nei momenti più intimi dell’unione con Dio avevo l’impressione che Egli mi toccasse. Si trattava di una corrente divina e di un contatto istantaneo, ma mi lasciavano nell’anima una gioia ineffabile, impossibile da descrivere. Quando mi trovavo da sola, sospiravo e qualche volta mi scappava un grido; altre volte perdevo i sensi. Queste cose non mi accadevano mai davanti alle persone, poiché l’avevo chiesto al Signore ed Egli me l’aveva concesso. Come dice san Giovanni della Croce: «Oh mano tenera! Oh tocco delicato, che sa di vita eterna!». Questi «tocchi delicati» avvenivano nell’intimo del mio intelletto e della mia volontà, dove penetrava soltanto Dio con la sua mano amorevole e paterna. Non ho mai cercato di procurarmi queste esperienze di Dio né di desiderarle, anche se mi aiutavano molto nel cammino delle virtù e nel servizio e amore verso Dio, la Chiesa e le anime.
C’erano giorni in cui Dio sembrava assente e questo incitava l’amore della mia anima in modo tremendo. In quei momenti compivo il mio dovere con maggior cura e fedeltà, con più amore. Ricordavo la frase del Cantico dei Cantici: «Egli sta dietro il nostro muro, guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate» (2, 9). E questo eccitava ancor di più gli ardori del mio cuore. Ero così innamorata di Gesù che sentivo il bisogno di aumentare enormemente la mia fede, la mia fiducia, il mio amore e di accettare tutto secondo la Sua volontà. Volevo «farmi il nido» nel suo Cuore Santissimo, come la sposa del Cantico: «...nelle fenditure della roccia» (2, 14).
Col passare del tempo sentivo sempre più forti gli impulsi d’amore di Dio, che lasciavano la mia anima ancor più assetata ed affamata d’amore. Bastava il suono delle note di un pianoforte o di un armonium per suscitare nel mio cuore un incendio tale che il mio corpo a volte non poteva resistere e mi perdevo totalmente. Il canto degli uccellini, il bisbiglio dell’acqua... tutto mi parlava di Lui, in ogni cosa Lo vedevo ed andavo in estasi. Il mio cuore sembrava un forno d’amore.
Questi impeti d’amore ferivano la mia anima con grande dolcezza e diletto e mi facevano persino ricuperare le forze: avevo energia per tutto. Spesso durante la preghiera o anche al di fuori di essa, avvertivo delle ferite d’amore così profonde che mi sembrava che il cuore stesse per uscire dal petto. Sentivo che l’amore divino mi feriva trapassandomi il cuore da una parte all’altra con un raggio di fuoco; ma tutto avveniva interiormente senza alcun segno esterno. Tutto ciò produceva in me un dolore profondo che era al tempo stesso un piacere immenso e non desideravo che scomparisse, poiché l’amore in me cresceva in continuazione.
Desideravo morire per «stare con Cristo» e spesso esclamavo: «Signore, non ce la faccio più, toglimi la vita! Voglio soltanto stare con Te!». Non riuscivo a concepire che le anime potessero desiderare di stare lontano da Dio e di vivere in questa valle di lacrime.
Contemplando Gesù crocifisso cresceva in me il desiderio di patire e di essere «simile» a Lui. Baciavo il crocifisso con ardore e il momento della comunione era il più felice: gli ardori del mio cuore aumentavano a dismisura e mi bruciavano totalmente. Ripetevo dentro di me i versi di san Giovanni della Croce:
Perché hai piagato
questo cuore e non l’hai guarito?...
Scopri la tua presenza,
mi uccida la tua vista e bellezza.
Mi sentivo morire d’amore e desideravo più amore. Il mio sguardo si posava dolcemente sul mio sposo Gesù, l’unico che la mia anima innamorata amava e voleva. Lo Spirito Santo mi spingeva sempre più a desiderare di unirmi a Gesù e Maria, la dolce Madre, ci univa nel suo Cuore materno. Volevo soltanto dargli gloria a qualsiasi prezzo ed ero disposta a rinunciare ad ogni genere di consolazione. Niente su questa terra mi attirava. La mia unica occupazione si trovava in cielo, nel mio Sposo Gesù. Così mi preparavo a morire misticamente a tutto.
In questo periodo erano frequenti le «visite» dell’Amante divino a me, povera miserabile. Mi si presentava in mille modi e quando meno me l’aspettavo. Non solo mi visitava e mi faceva dei doni durante la preghiera ed il raccoglimento ma anche durante il lavoro, o alla ricreazione, e perfino di notte. Mi svegliava come se mi chiamasse e dovevo passare un po’ di tempo in sua compagnia. Mi faceva capire quanto lo si offende nelle ore notturne quando tutto sembra quieto. In Lui come in me, sua promessa, c’era un solo desiderio: essere uniti per preparare gli ultimi dettagli dello Sposalizio e dell’arredo della nostra casa.
La conoscenza dell’essere divino, della sua grandezza, purezza e santità mi facevano penetrare, in quel tempo prossimo allo Sposalizio, nell’abisso della mia vita e della mia piccolezza, a tal punto che mi sentivo senza forze per avvicinarmi a ricevere il mio Dio Eucaristia; ma d’altro canto era tale e tanta l’attrazione che sentivo verso di Lui che la mia anima desiderava abbandonare il corpo per immergersi totalmente in quell’oceano d’Amore, di Luce, di Bellezza e di Verità. Fu una grande lotta e a volte non facevo la comunione per timore e rispetto. Chiedevo consiglio, ma le risposte tardavano ad arrivare. La mia anima tornò così nella notte oscura. Sentivo un tedio ed una mancanza di protezione terribili. Soffrivo in modo indescrivibile e mi consumavo di angoscia mortale. Con queste ed altre sofferenze il Padre celeste preparava la mia anima, con amore e dolore, al Matrimonio solenne che si avvicinava.
Dopo un lungo periodo di purificazione, dopo essere passata attraverso ogni genere di prove e patimenti provenienti da Dio, dalle creature e dal demonio, dopo essermi lasciata «fare a pezzi» dai durissimi «colpi» che mi portarono alla morte mistica, arrivò la primavera. «L’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. Il fico ha messo fuori i primi frutti e le viti fiorite spandono fragranza. Alzati amica mia, mia bella, e vieni» (Ct. 2, 11-13). Finalmente arrivò il giorno per me indimenticabile del solenne Sposalizio.
In quel giorno la mia anima venne avvolta da una luce così intensa e tanto superiore alle mie forze che rimasi totalmente estasiata. La mia anima veniva travolta, senza capire da chi né verso quale luogo. Non ero più nel mondo e avevo perso completamente i sensi. Davanti a me vidi un chiarore immenso, mai incontrato prima. Compresi che era il seno del Padre e che era lo stesso Padre celeste chi mi chiamava a mi introduceva in quella luce del suo seno immacolato. E là mi aspettava Gesù, lo SPOSO.
Lo vidi dentro il Padre (in visione immaginaria). Pareva avesse più o meno trent’anni, era bellissimo. La mia anima, uscendo dal corpo (lo provai sensibilmente), si introdusse nel petto del mio amato Gesù. Così rimanemmo uniti per sempre. Allora udii queste parole del Padre: «Figlia mia, ti voglio fedele, solo così mi darai gloria e non mi vedrò costretto a cacciarti da questo luogo, dove oggi ti ho posta. Qui vivrai la mia stessa vita per sempre. Continuerai a vivere sulla terra, ma il tuo spirito si troverà nel divino, lontano, molto lontano dalla terra, a gustare le delizie dell’Amore. Vivrai nel mio seno».
Un fuoco divino si soffermava sul capo di Gesù e compresi che era lo Spirito Santo. Ricevetti anche la conoscenza profonda del mistero della Trinità adorabile (generazione del Verbo e processione dell’Amore). La Madre del mio cuore coprì noi due, ormai sposati, col suo manto. Da quel momento una vita nuova entrò in me: la Vita dell’Amore. La vita di Dio! All’inizio mi era difficile chiamarlo col nome di Sposo, ma Egli me lo richiedeva poiché gli era di grande consolazione.
A causa del mio Matrimonio con Gesù, furono più frequenti le estasi, le visioni, le locuzioni divine... che lasciavano nella mia anima lumi sempre maggiori e gioie purissime. Un mondo nuovo, pieno di bellezze ineffabili, era nato per la SPOSA. Da quel momento ormai non vi furono più orari prestabiliti per gli incontri: a qualsiasi ora, durante la preghiera o il lavoro, in coro, nell’orto, in infermeria o durante la ricreazione... in qualsiasi luogo e quando meno me l’aspettavo passava il mio Dio amatissimo e mi sentivo portar via da questo mondo. Nel ritrovarmi così in alto e così piena di doni di Dio, abbagliata dal Sole che feriva le mie pupille così deboli, sentivo più che mai il bisogno di rinchiudermi nella mia nullità peccatrice, di guardarmi per quella che sono: puro nulla, pura miseria, bruttezza, peccato, povertà. E nel vedermi così pezzente, brutta, incominciai a chiedere al mio Sposo amatissimo di ritirare da me le sue grazie per il grande timore di profanarle.
Alla fine Egli si manifestò infinitamente bello e mi fece vedere che non ero stata io a sceglierlo, ma Lui aveva scelto me e mi aveva fatto uscire dalle cose del mondo per gioire con me. Mi prediligeva e per questo mi aveva purificata e lavata col suo sangue redentore sulla croce. Mi aveva arricchita con l’immenso fiume di grazie e doni dello Spirito Santo santificatore. E mi promise che a suo tempo il suo stesso Amore, che è FUOCO consumatore, avrebbe concluso la sua opera di purificazione trasformandomi in Se stesso.
Da parte mia pendevo dallo sguardo divino del mio Sposo per poter compiere con amore anche i suoi più piccoli desideri. Ero così unita a Lui che lo sentivo quasi incarnato in me mentre compiva la sua opera. Come sposa di Gesù mi sentivo «una» con Lui e lo seguivo ovunque, sia nella sua vita mortale sia nelle sue virtù o nel seno del Padre. Tutta la mia capacità di amare la impiegavo nel mio Sposo e con Lui nel Padre e nello Spirito Santo. Gesù, il mio Sposo, era il mio Padrone assoluto. La mia intelligenza non era mia ma Sua; il mio cuore e tutte le molecole del mio essere erano sue e non mie... e tutto a lode e gloria della Santissima Trinità. Volevo vivere completamente «sepolta con Cristo in Dio» (Col 3, 2). E offrivo tutto per la Chiesa, per le anime ed in modo particolare per i miei cari sacerdoti, che il Signore mi aveva affidato come figli.
Gesù, lo Sposo della mia anima, «il più bello tra i figli dell’uomo», era contento e innamorato di me ed a volte mi diceva dolci parole d’amore: «Come sei bella, amica mia, come sei bella! Gli occhi tuoi sono colombe [...]. Tu mi hai rapito il cuore, sorella mia, SPOSA, tu mi hai rapito il cuore con un solo tuo sguardo, con una perla sola della tua collana» (Ct 4, 1-9). «O mia colomba, che stai nelle fenditure della roccia, nei nascondigli dei dirupi, mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2, 14). Come mi sentivo rapita, piena d’amore e confusa per tali elogi da parte del mio Amato...; gli rispondevo: “Come sei bello, mio diletto, quanto sei grazioso!”
Poiché abitavo nel «palazzo reale», il diavolo, padre della menzogna e del turbamento, volle metterci le corna... e Dio lo permise per migliorarmi e purificarmi. Ciò era necessario per arrivare al Matrimonio spirituale. Dio richiedeva alla mia anima una fedeltà a tutta prova, anche nelle minime cose. Lo Sposo voleva tutto solo per Lui. Perciò io desideravo essergli fedele e seguirlo, non soltanto nei regali e nelle consolazioni del Tabor ma anche nelle spine del Calvario. Così ebbe inizio il periodo più duro e difficile della mia vita. C’erano giorni in cui mi sembrava ormai di soccombere. Mi vedevo così sporca che gli chiedevo di purificarmi nuovamente fino a rendermi bella per ricevere il bacio dell’Amore, quel bacio della sua bocca.
Su di me piombò un peso enorme. Dalla sera alla mattina la mia condizione mutò completamente. Da una parte vedevo il mio Dio: santità infinita, purezza immacolata, bellezza increata, ecc., dall’altra vedevo me stessa proprio nell’Essere del mio Dio. Tale visione mi inorridiva perché mi trovavo terribilmente sporca, come una molecola infame che serpeggiando alzava il suo capo contro il Supremo Fattore, Creatore d’infinita grandezza.
Guardare Dio e guardare me stessa, così come ero sempre stata e come mi trovavo in quei momenti, comprendendo l’immensa distanza che mi separava dal suo Amore, con tutta quell’oscurità e bruttezza che mi allontanavano da Lui... mi terrorizzava. Credevo di averlo perduto per sempre, credevo di essere all’inferno...; era un timore estremamente doloroso, che sembrava portarmi alla disperazione più totale. In quei frangenti mi rivolgevo a mia Madre e a volte non la trovavo. La cosa che più mi feriva era amare senza sentirmi corrisposta.
Gesù si era reso assente privandomi dei suoi baci ardenti e del suo sguardo amorevolissimo. Lo amavo ma Lui taceva. Mi risultava atroce quel martirio del credere che Dio ormai non mi amava più e del sentirmi esclusa per sempre. Povera me! Dopo esserci promessi fedeltà, dopo avermi donato tanto, ora Egli fuggiva da me ed io mi ritrovavo in tenebre più fitte di quelle incontrate nella mia notte dei sensi.
Mi sentivo perfino privata del gusto per le cose spirituali. Piangevo continuamente la perdita del mio Dio, l’unico che poteva dare un senso alla mia vita e che credevo aver perduto per sempre. Davanti a me non vedevo altro che l’inferno spalancato per inghiottirmi ed ero totalmente convinta di meritarlo a causa dei miei peccati. Avrei preferito il martirio più atroce piuttosto che vedermi priva del mio Dio. Inoltre, il ricordo di tanti nostri incontri rendeva più triste e dolorosa la mia sofferenza. Mi risultava impossibile vivere senza di Lui e mi sembrava di morire. Allora, di tanto in tanto, venivo incoraggiata e consolata con qualche attimo di cielo, fiammelle d’incendi divini che, mentre mi ferivano, mi sostenevano nell’atroce martirio d’amore in cui venivo sempre più sospinta.
La mia vita pareva un gioco d’amore. Lo Spirito santificatore giocava con me in modo meraviglioso. Poteva accarezzarmi come anche abbandonarmi. A volte mi sollevava e poi all’improvviso mi lasciava cadere. Mi portava avanti e indietro a suo piacimento, mi faceva salire sulle vette e da lì mi gettava nell’abisso. Spogliava e faceva a pezzi la mia volontà senza sosta, fino a vederla rotta, senza resistenze, capace di ricevere la tanto desiderata trasformazione: FARMI CRISTO, CROCIFISSO, OSTIA SANTA, SACERDOTE.
Sotto questi colpi la mia anima si disponeva progressivamente all’unione trasformante con le Persone divine. La mia vita, da quel periodo in poi, sarebbe stata «sacerdotale», «sacrificale». Uno dei tormenti maggiori di quella notte dello spirito era il ricordo delle grazie ricevute. Pensavo che le grazie straordinarie che il Signore mi aveva elargito, visioni, rivelazioni, estasi, locuzioni, erano state solo frutto della mia fantasia, inganni del demonio per portarmi più presto all’inferno, dove non esiste l’amore. Com’erano orribili quei pensieri!
Tutte le grazie che prima credevo puro frutto della Misericordia di Dio ora mi parevano vera e propria follia. Più ci pensavo e più mi convincevo che a causa della mia vita di peccato queste grazie non potevano che essere finte, prodotte dalla mia immaginazione così squilibrata. Raccontai tutto al mio direttore spirituale. Ma ogni volta che egli o altri confessori cercavano di rassicurarmi, sorgevano nuovamente dubbi e inquietudini nel mio cuore. Ero convinta che essi mi tranquillizzassero solo perché io ero riuscita ad ingannarli perfettamente con la mia falsa santità e con i miei finti favori divini. In me c’era soltanto una grande e ben nascosta superbia, che mi aveva fatto apparire come un’anima dalla condotta ineccepibile, quando invece ero peggio degli stessi demoni.
Spesso mi rimordeva la coscienza per aver profanato il tribunale della penitenza e non potevo avvicinarmi all’Eucaristia senza prima ricevere l’assoluzione; ma poi temevo di non aver convinto il confessore dei miei peccati e il mio dolore aumentava enormemente, allontanandomi dalla comunione. Tuttavia il giorno che non mi comunicavo era quello in cui stavo peggio. Si trattava di momenti di vera angoscia, durante i quali il mio spirito, annebbiato dal dolore, sentiva su di sé tutto il peso di Dio e ne rimaneva stritolato. Oh se la menzogna scomparisse dalla mia vita! mi dicevo. E mi chiedevo: Come potrò piacere a Dio se l’ho offeso così tanto?.
In quelle ore di pazzia, spinta dal demonio, mi avvicinai diverse volte alla più completa disperazione. Ma in quei momenti angosciosi, nei quali mi vedevo e mi credevo priva di fede, senza speranza e senza amore, Egli, il mio Amato, Gesù, pregava per me suo Padre. Il mio nome insignificante penetrava nella divinità e veniva raccolto nell’adorabile Trinità, che si occupava di me, povera ignorante, come se fossi la sua unica preoccupazione.
Durante questo periodo di notte dello spirito subivo tentazioni terribili e furiosi attacchi del demonio che mi portavano alla perdita del sonno e dell’appetito. Le mie forze morali e fisiche venivano a mancare completamente. Non provavo soddisfazione per nulla e non facevo altro che sospirare giorno e notte per l’Amato del mio cuore. Avevo l’impressione di essere imprigionata in un tunnel o dentro un pozzo profondo... e cercavo, per quanto mi fosse possibile, di consegnarmi con tutte le mie forze alla divina volontà. Mi sforzavo di penetrare e di immergermi sempre più nelle tenebre e nell’oscurità che mi circondava. A volte mi pareva di stare col Maestro nel deserto e là imparai ad essere «invulnerabile» nei confronti delle creature umane, dei loro giudizi e più attenta al «giudizio» di Dio, definitivo ed eterno. A quell’epoca mi fu permesso di fare il voto di «morte mistica» e di compiere sempre il meglio, senza alcuna costrizione con minaccia di peccato. Mi obbligai soltanto a fare qualche penitenza e riparazione per le colpe che avrei commesso. Ciò mi costringeva a consegnarmi con più forza all’Amore. Le mie prime tentazioni furono lo scoraggiamento e la paura di essere dannata; poi anche quelle contro la fede e la purezza. Inoltre mi sentivo spinta a dire parole poco decenti, che mi venivano in mente senza che io lo volessi e senza arrivare a pronunciarle, pur restandomi la terribile impressione di averle dette.
Di notte, a letto, avevo perfino paura di scoprirmi. Il Signore permetteva al nemico di «agitarmi come il frumento nell’aia». Avvertivo la presenza sensibile del demonio (a volte era uno solo, altre volte si trattava di diversi). Mi circondavano da ogni parte e io ero sconvolta e terrorizzata. Visibilmente il nemico si manifestava con figure molto sporche e orribili. A volte sotto forma di bestioline o di insetti che volevano avvicinarsi a me. Altre volte si presentava nudo e pretendeva entrare sotto le mie coperte, presentandomi cose che io non avevo mai visto né conosciuto. Certamente quasi tutte le immagini erano invisibili, però anche molto sensibili e vicine, di modo che se avessi allungato un po’ il braccio le avrei toccate.
Avvertivo spesso il diavolo all’entrata dell’infermeria, ma avevo anche l’impressione che una forza superiore gli impedisse di entrare. Dio e mia Madre facevano la guardia e il nemico si scontrava contro un muro invalicabile. Soltanto due volte Dio permise che la mia anima sentisse esternamente la presenza del maligno e al tempo stesso che tale presenza si ripercuotesse dentro di me. Tutto questo tormentava terribilmente il mio spirito. Non ricordo di aver acconsentito a qualcosa. Il mio Dio e mia Madre avevano cura di me.
Il demonio a volte mi spingeva, senza che io lo volessi, a compiere il male, ma interiormente io lo rifiutavo con tutte le mie forze. C’erano momenti in cui mi tormentava il dubbio di avere accondisceso ad offendere il Signore, ma alla fine qualcuno mi rassicurava del contrario. Usavo molto i nomi di Gesù e di Maria, il segno della croce e l’acqua benedetta (ne portavo sempre una bottiglietta con me). Una notte il nemico mi si presentò molto galante e pretese di entrare nel mio letto. Mi fece un tale ribrezzo! Inoltre nell’invocare mia Madre estrassi un poco la testa delle coperte ed egli riuscì a darmi un bacio. “Quanto sei sporco!” gli dissi.
Vedevo con grande chiarezza la mia miseria e la mia nullità, abbandonandomi sempre più alle mie TRE PERSONE. Per nessuna cosa avevo fiducia in me. Mi rendevo conto che li amavo con maggior disinteresse e mi dedicavo alla pratica delle virtù con più generosità. Per qualsiasi cosa mi muovevo mano nella mano con la mia cara Madre. Quant’è necessaria all’anima una buona guida in questa fase della vita spirituale! Tuttavia l’esperienza insegna che l’essenziale è la buona volontà dell’anima e la cooperazione con lo Spirito Santo, il quale la porta per sentieri pieni di spine ed in salita, ma al tempo stesso la illumina con i raggi lucentissimi delle Sacre Scritture.
Finalmente arrivò la pace e ricuperai la certezza assoluta che i favori ricevuti non erano falsi né opera del demonio ma unicamente vere grazie del Signore. Certo, anche nelle ore di maggior oscurità e turbamento, in fondo al mio cuore c’era qualcosa che mi diceva che erano favori di Dio, ma io non ci badavo e preferivo un cammino ordinario che non mi costringesse a rendere conto di ciò che ricevevo, né tanto meno a richiamare l’attenzione delle creature (cosa che rifiutavo totalmente).
La notte dello spirito era stata l’ultimo «ritocco», la «filigrana» della preparazione all’unione che si avvicinava e che sarebbe durata per sempre. Era necessaria una spogliazione assoluta ed un rinnovamento totale e profondissimo.
Come dice san Giovanni della Croce:
In una notte oscura
Con ansie dagli amori infiammata
- O felice ventura! -
Uscii senz’esser notata,
con casa mia ormai addormentata.
Dopo la celebrazione delle mistiche Nozze con Gesù mi sembrava impossibile che ci potesse essere in quest’esilio un livello superiore d’elevazione nel rapporto con le persone divine, né una perfezione maggiore nella vita umana. Ma mi sbagliavo. Lo Sposalizio spirituale con Gesù era stato il biglietto d’entrata agli abissi della Misericordia, Grandezza e Santità delle mie TRE PERSONE. Era il prologo di una pagina sublime e divina che sarebbe stata scritta nella mia anima e in tutto il mio essere a partire dalla felice ed indimenticabile data dell’Unione con la Santa Trinità.
Arrivata «l’ora di Dio», purificata secondo il volere e gli amorosi disegni del mio Signore, con l’intelligenza limpida ed in raccoglimento, la volontà pulita e nella «quiete», tutti i miei sensi e facoltà luminosi, ... io, «promessa sposa», mi trovavo pronta per le NOZZE MISTICHE.
Quel giorno era veramente penoso. Verso le sei del mattino mi ero svegliata, mi ero alzata e mi ero messa ad adorare la mia Santa Trinità, ma non provavo nulla, anzi, una specie di ripugnanza verso le cose del Signore. Tuttavia volevo incontrarlo e lo cercavo con tutto l’amore della mia anima. Passai l’intero giorno nell’angoscia. Verso sera, quando mi ritirai a pregare, inaspettatamente mi sorprese l’amorosa presenza dei miei TRE. Tutto accadde mentre ero in ginocchio. Non sentii più le preghiere recitate intorno a me e andai in estasi. Il Dio UNO e TRINO, il mio Dio Trinità, si manifestò davanti a me ad un’altezza di circa due metri in una nube di luce o qualcosa di simile. È difficile spiegare com’era con le parole. La mia anima distingueva Dio perfettamente ma Egli non era visibile, non aveva nulla di somigliante alle cose che vediamo.
Nelle estasi dello Sposalizio c’era una certa separazione tra anima e spirito e quest’ultimo, travolto da Dio, saliva alzandosi come una grande fiamma che divampa sui tronchi accesi. In questa occasione l’Unione fu completa. Lo spirito, allo stesso modo dell’anima, entrò nel centro di Dio e il tutto si realizzò con una pace intensa ed in grande unità interiore.
Sentii un «tocco» intimo e profondo della Trinità. Qualcosa che mi univa strettamente e mi elevava alla divinità. Qualcosa di un sublime mai conosciuto. Tutto questo avvenne in un attimo e mi ritrovai innalzata in Dio, resa una sola cosa con Lui. Avvertivo tre cose contemporaneamente in me:
* Il «tocco» che mi feriva dentro, nella parte più profonda del mio spirito e che mi lasciava totalmente piagata.
* Sentivo che tutto il mio essere s’innalzava verso di Loro (non so dire se sono salita col corpo o senza di esso).
* In quello stesso momento, il Padre celeste, il Figlio e lo Spirito Santo, Dio Uno e Trino, discesero dal Cielo, dall’alto, per unirsi alla mia anima. Presero possesso del mio essere e mi comunicarono la loro stessa VITA.
Le TRE PERSONE caddero amorevolmente sulla mia anima e si consegnarono a me come in unione matrimoniale, in un ineffabile ABBRACCIO D’AMORE. Una voce dolce mi diceva: «LE MIE COSE SONO TUE E LE TUE COSE SONO MIE». Proprio nel centro della mia anima le Tre Persone della Santissima Trinità mi mostrarono una Luce soprannaturale così chiara e distinta, in visione intellettuale, che successivamente non si allontanò più da me. Ho sempre questa visione amorevolissima e soave delle mie Tre Persone. Con Esse vivo in continuazione, follemente innamorata, perfino nelle occupazioni che richiedono più attenzione verso le mie sorelle, quando il dovere e la carità me lo esigono.
Ciò che avvertii fu qualcosa di sovrumano, di ineffabile. Non ci fu soltanto unione come altre volte. È qualcosa che non si può descrivere, a nulla valgono paragoni e spiegazioni. Quando la Trinità si abbandonò a me provai un non so che in tutto il mio essere e nella mia vita come se si fossero registrate in me le sublimi parole «AMORE... SANTITÀ... DIVINIZZAZIONE» ripetute tre volte.
Quando mi ripresi da quel profondo e dolce «SONNO» la mia vita era completamente cambiata. Era di gran lunga superiore a prima. Avevo l’impressione di essere molto distante da terra e dalle creature. Mi trovavo in uno stato di BEATITUDINE. Mi pareva di trovarmi costantemente nella sua grazia e di non avere più il corpo. Quali grandi prodigi opera Dio, il mio Dio, nelle anime! Adesso mi basta rivolgere l’attenzione all’interno di me stessa per trovare la presenza viva e radiosa delle Tre Persone. La mia anima si trova assorta e gode ormai di una gloria anticipata. Che gioia immensa l’abbraccio della mia Trinità! Adesso tutto mi sembra poco per manifestare a loro il mio amore.
Nella mia vita quotidiana sento la loro presenza viva in me. Dio mi possiede e io lo possiedo. Dio è tutto per me. Ho l’assoluta certezza della permanente dimora di Dio nella mia anima. La sua dimora è nel profondo del mio essere. Dio s’è fatto il centro del mio essere e della mia vita. Lo sento abitualmente dentro di me e al tempo stesso mi trovo io immersa nelle profondità del suo ESSERE, della sua ESSENZA DIVINA. Mi sento continuamente piagata. Sono piaghe dal sapore di vita eterna per la grande gioia e sofferenza che procurano alla mia anima. Una di queste piaghe è la fecondità, il desiderio di comunicare la vita divina alle anime.
Dio ormai non si rende più assente, solo qualche volta rimane come velato. Mi ritrovo certa di possederlo: «IO SONO TUTTO TUO E TU SEI TUTTA MIA». Così mi diceva una voce tranquilla e soave, dolcissima. Faccio ogni cosa con profondo amore e con gioia. La mia vita ha uno speciale taglio divino, è incarnata in Dio. La mia anima sente PACE, TRANQUILLITÀ, GIOIA, RIPOSO, con un non so che «che sa di vita eterna». Qualche volta mi sono sentita travolgere e ho goduto del suo bacio di PACE. Che felicità in questo bacio d’amore!
Sono molto ansiosa di fare penitenza. Alcuni giorni dormo per terra o sopra una tavola di legno, mi privo del riposo (riesco a dormire a mala pena), porto il cilicio, mi disciplino tutti i giorni e rinuncio anche al più piccolo piacere. Fuori e dentro di me regna l’amore. Nel mio Dio sta tutta la mia gioia. Fuggo più che posso dal contatto con le creature, dalle conversazioni inutili, ecc. Cerco di tenere i miei occhi fissi su ciò che mi porto dentro, su di Loro, sui miei Tesori. Gusto la solitudine della mia cella e lì mi ritiro nelle ore libere, dopo aver compiuto il mio dovere. Come un pesce nell’acqua io mi sento nella solitudine della mia cella.
Come direbbe san Giovanni della Croce:
Nell’intima cantina
io bevvi dell’Amato, quindi uscita
alla pianura bella,
tutto dimenticai,
anche il gregge smarrii, prima seguito.
Lì mi dette il suo petto,
lì una scienza m’infuse saporosa,
ed io a Lui mi detti,
senza tralasciar cosa,
e gli promisi allor d’esser sua sposa.
L’anima mia si è data,
tutti i miei beni sono al suo servizio;
non pascolo più gregge,
non ho più altra cura
ché solo nell’amare è il mio esercizio.
Vivo compenetrata e racchiusa nella divina ESSENZA. Amo il Padre con l’amore del Verbo e dello Spirito Santo. Amo il Figlio con l’amore del Padre e dello Spirito Santo e, unita al Padre e al Figlio, riposo nello Spirito Santo, che è l’amore di Essi e il loro RIPOSO ETERNO. Ogni giorno rinnovo il mio amore al mio Dio con tenerezza nuova, con nuova fedeltà, nuova purezza, nuova umiltà, nuova carità, nuove carezze per Lui. Ogni giorno mi addentro sempre più nel silenzio della divinità. A volte mi sembra di essere la quarta persona della Trinità, poiché vivo con Loro e in Loro. Lo Spirito d’Amore ci unisce anche a Lei, alla Madre, a Maria, e tutti e cinque formiamo una sola cosa. La Mamma venne incaricata di preparare le Nozze e di realizzarle nella mia vita. Lei è in ogni mia azione o cosa.
Dio è sempre presente nella mia mente, è impresso nel mio cuore. Non lo perdo mai di vista. A volte mi unisco al Padre e contemplo estasiata le perfezioni del Figlio e dello Spirito Santo. Altre volte mi unisco al Figlio e allo Spirito Santo... e così mi sento divinizzata, resa Trinità, nello stesso Spirito e nella stessa Vita di Dio.
Mi occupo solo della gloria di Dio e dei suoi interessi. Tutto, i miei interessi personali, la mia salute, tutta la mia vita, è abbandonata all’amorevole Provvidenza delle mie Tre Persone. Niente mi preoccupa, né la mia salute né la mia reputazione e nemmeno se sono amata o malvoluta. Ogni mattina mi metto sull’ALTARE e verso nel CALICE la mia piccola goccia d’acqua, perché unita al vino si trasformi in SANGUE DI CRISTO REDENTORE. Vivo in perenne offerta. Mi sento come una goccia d’acqua sciolta nell’oceano infinito della divinità.
Ora abito nel palazzo del Re. La Santa Trinità ha costruito questo palazzo nel mio cuore, in tutto il mio essere. E lì la sua dimora permanente. «Se qualcuno mi ama, osserverà la mia Parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui» (Gv 14,23). Sono tempio della Beatissima Trinità, dimora delle mie Tre Persone. E continuo a navigare verso il mare più profondo. Quando arriverà il felice momento dell’eternità senza fine? In Dio ho imparato che l’eternità è un vivere sempre al presente. Perciò ora dormo ma il mio cuore veglia, nell’attesa che la voce dell’Amato mi chiami dicendo: «Aprimi, sorella mia, amica mia, mia colomba, perfetta mia» (Ct 5, 2). Allora non ci sarà più morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate (Ap 21, 4). E sarò felice in pienezza col mio Dio per tutta l’eternità.
Conclusione
Dopo aver letto le testimonianze di diverse contemplative che vivono sul serio il loro rapporto sponsale con Cristo, possiamo concludere che tutti possiamo essere santi, che anche tu puoi essere santa e puoi giungere fino alla vetta del Matrimonio spirituale. Per fare questo devi mettere in gioco il meglio di te stessa, continuare ad andare avanti per il tuo cammino senza scoraggiarti. Il tempo è sacro e devi sfruttarlo al massimo. È talmente fugace che se cercherai di acchiapparlo ti sfuggirà tra le dita. Non si ferma ed è inesorabile nella sua corsa. La tua vita sta passando minuto dopo minuto. Sei soddisfatta della tua vita?
Dio ti chiama alle grandi altezze della santità. Non ti fermare e non sentirti indegna di tanto amore. Perché lo sguardo di Dio non è come lo sguardo degli uomini... Dio guarda il cuore (2 Sm 16, 7). Gesù, il Re del Cielo, Creatore della galassie e degli spazi infiniti, si è innamorato di te e ti chiama. Sei disposta ad essere sua sposa con tutte le conseguenze? Se sì, devi escludere gli altri amori. Egli vuole il tuo cuore per intero e che tu lo ami al di sopra di ogni cosa. È geloso. Puoi avere degli amici ma Lui soltanto dev’essere il tuo Sposo. Solo Lui, che ti ha amata sulla croce, può chiederti un amore totale fino alla croce.
In questo momento Gesù ti guarda con affetto e con il Cuore traboccante d’amore ti chiede: Mi vuoi sposare? Egli ti chiama a vivere un’avventura affascinante nelle regioni dello spirito. Egli è il più bello tra i figli dell’uomo. Digli di sì senza esitazioni. Rinnova in questo stesso istante il tuo amore a Gesù e promettigli fedeltà fino alla morte.
Io ... ricevo te, Gesù, come mio sposo (rinnovo la promessa matrimoniale che ti feci Gesù, ... anni fa) e prometto di esserti fedele nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia e di amarti e di renderti felice tutti i giorni della mia vita.
Non temere, vale la pena. Perché la vita passa velocemente e presto vivremo della stessa vita di Dio. Presto vedremo cieli nuovi e un altro sole più splendente illuminerà coi suoi bagliori i mari eterei e gli orizzonti infiniti... Non saremo più prigionieri in questa terra d’esilio, tutto sarà passato... Col nostro Sposo celeste navigheremo per mari senza confini... Allora riempiremo lo spazio di allegre melodie. Il Signore sarà l’anima della nostra anima e godremo della vita, della vera vita per i secoli dei secoli, per sempre (santa Teresina).
E là in cielo canteremo in eterno le misericordie del Signore (Sl 89, 2).
Padre Angel Peña

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