lunedì 16 marzo 2020

IL SACERDOTE



IL SACERDOTE E L'UBBIDIENZA


Il dono della vocazione al Sacerdozio è un atto di ubbidienza di Gesù al Padre. Egli afferma: «Io faccio sempre quello che piace al Padre».
Narra il Vangelo che Gesù salì sul monte tutto solo trascorrendo la notte in preghiera. In questo colloquio col Padre egli ne udì la voce che indicava chi erano gli eletti... e non solo quelli di allora, ma anche quelli di tutti i secoli. In quella notte è stato pronunziato anche il tuo nome, o Sacerdote! Per quel nome trasmesso durante la intimità col Padre, per opera dello Spirito Santo, hai sentito quella voce misteriosa che ti dice «Vieni e seguimi». E tu, mosso interiormente dallo stesso Spirito, con intima gioia e totale abbandono, hai risposto: «Eccomi! Vengo!». Ed eccoti Sacerdote! Gesù, dunque ha ubbidito al Padre chiamandoti, e tu hai ubbidito a Gesù rispondendo di sì.
La vocazione è sempre un miracolo come lo è la perseveranza, specialmente nel mondo in cui viviamo nel quale risuonano insistenti, suadenti, altre «vocazioni», altri «appelli» ad una vita di piaceri e di godimenti.
La vocazione è anche un mistero: mistero di stoltezza per il mondo che considera pazzi quelli che si consacrano a Dio; sempre mistero anche per i buoni che non riescono a spiegarsi il perché di tale scelta.
Gesù, però, non obbedisce solo al Padre. Egli è obbediente anche a Giuseppe e a Maria. L'Evangelista riassume in tre parole trenta anni di vita di Gesù a Nazareth: «Era loro sottomesso» «Erat subditus illis».
Gesù ubbidisce anche a te, Sacerdote. Egli non si rifiuta mai di farsi presente all'altare quando tu pronunzi le parole della Consacrazione. Non si rifiuta neanche se il suo Ministro fosse indegno e sacrilego.
Era tale lo spirito di ubbidienza del Signore che ha riconosciuto il potere derivante da Dio anche in Pilato, che pure si è macchiato del delitto della condanna a morte. «Tu non avresti nessuna autorità su di me, se non ti venisse dall'Alto» disse Gesù a Pilato.
L'ubbidienza: via di salvezza
L'ubbidienza è l'unica via regale che ha percorso Gesù, Sacerdote sommo ed eterno, perché
questa è la volontà del Padre. «Umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce», dice la Bibbia di Gesù.
II Signore ha associato a sé nel mistero di salvezza la Madonna che si proclama «schiava» e perciò Colei che obbedisce sempre e solo.
E tu, Sacerdote, quale ruolo hai nel mistero della salvezza?
II Sacerdote è per definizione colui che; prolunga la presenza e l'opera di Gesù. Perciò, come Gesù Sacerdote deve avere sempre l'atteggiamento del «servus oboediens», di Gesù, che fin dal momento della Incarnazione dice al Padre: «Eccomi, o Dio pronto a fare la tua volontà». Gesù ha sottomesso sempre e perfettamente la sua intelligenza e volontà umana al Padre.
La sua intelligenza. Sentiamone le parole trasmesse dal Vangelo.
«La mia dottrina non è mia ma del Padre che mi ha mandato». «Tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi». «Io non ho parlato da me, ma il Padre che mi ha mandato mi ha ordinato che cosa devo dire» (Gv 12,49-50). «Le cose che io dico le dico come il Padre ha detto a me» (ibidem).
La sua volontà. Gesù ha sottomesso la sua volontà umana con amore alla volontà del Padre. Eccone alcune espressioni.
«Io faccio sempre quello che piace al Padre». «1Von la mia, ma la tua volontà sia fatta». « Io agisco così perché voi sappiate che io amo il Padre».
II Sacerdote - estensione del Sacerdozio di Cristo - deve sottoporre la propria intelligenza, in materia di fede alla Chiesa (ricordare: «Chi ascolta voi ascolta me... La mia Chiesa... conferma i tuoi fratelli... » Grande dono di Dio il Magistero della Chiesa! Ci garantisce da ogni deviazione dottrinale.
È un controsenso e segno di poca comprensione della dimensione sacrificale del Sacerdozio, uscire in queste espressioni quando parla il Magistero: Io non sono d'accordo! Io non la penso così! E tu chi sei? Tu invece devi dire al popolo: «La mia dottrina non è mia ma della Chiesa che mi ha mandato». Imita san Paolo (Gal 1) il quale aveva ricevuto direttamente dal Signore la divina rivelazione; eppure va due volte a Gerusalemme per confrontare la sua dottrina col Magistero della Chiesa e afferma di agire così per «1Von correre il rischio di correre o aver corso invano!».
II Sacerdote deve sottoporre la propria volontà alla Chiesa e per essa a Dio, accettando per
amore il ruolo che gli viene affidato, pronto a rinunciare ai piani pastorali personali per realizzare quelli che vengono proposti dai legittimi pastori; ciò anche nei comportamenti, nelle azioni liturgiche ecc., rinunziando ai propri gusti per seguire le indicazioni della Chiesa.
Anche Gesù, che conosceva bene il progetto del Padre «Croce e Martirio», ha avuto delle proposte e delle offerte allettanti. II nemico osò tentarlo a realizzare la salvezza non secondo il piano divino, ma secondo quello umano.
Gesù ha accettato la volontà del Padre sottoponendosi all'apparente fallimento di tutta la vita ed opera nel naufragio del Calvario. Chicco di grano maciullato!
II Sacerdote è ubbidiente alla volontà del Padre quando ce la mette tutta per salvare le anime e raccoglie triboli e spine al posto dei frutti; quando egli è disposto ad accettare anche l'agonia del Getsemani vedendo gli amici che, invece di dargli una mano, lo abbandonano.
Allora Egli è davvero conforme a Cristo agonizzante e si... santifica, e salva le anime.
Ma è gratificante obbedire?
Non è umiliante per la propria personalità?
È forse umiliante per l'occhio umano essere potenziato dal telescopio e vedere quello che altrimenti non si vedrebbe? È forse umiliante per il braccio umano sollevare con la gru quello che altrimenti non sarebbe possibile sollevare con la sola forza del braccio? Così è quando sottometto con la ubbidienza la mia ragione al credo accettando il Magistero anche Ordinario.
Così, quando accetto i disegni di Dio contrastanti con i miei, io mi abbandono a Colui che mi ama infinitamente più di quanto io ami me stesso. È allora che io procuro a me stesso il mio vero bene.
Isaia così parla del Servo di Javhé (cap. 53): «Quando offrirà se stesso in espiazione, vedrà una discendenza... Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce... il giusto mio servo giustificherà molti». Nel Servo di Javhé non vi è Gesù solo, ma sono tutti i Sacerdoti resi conformi - per l'Ordine Sacro - a Cristo Sacerdote.
Così l'ubbidienza realizza in modo eminente l'essere e la missione sacerdotale: dar gloria a Dio e salvare le anime.
Il veleno adamitico
In tutti i mortali vi è ancora annidato l'antico veleno della disobbedienza adamitica. A tutti satana ripete la stessa proposta fatta ai progenitori «Realizzatevi seguendo il vostro criterio! Avete abbastanza saggezza per governarvi da soli! Non vi è bisogno di essere pilotati da Dio».
Sono le suggestioni proposte da satana avanti al Magistero e alla disciplina della Chiesa che ci indica quale deve essere il nostro comportamento.
Questo spiega le grandi eresie e gli scismi che hanno lacerato la Chiesa lungo i secoli, provocati da uomini di Chiesa.

CONCLUSIONE

La Santa Messa che io celebro è l'estensione e la ripresentazione dell'unico sacrificio del Calvario, anche se cambia la modalità.
Lo stesso vale anche per il mio Sacerdozio che è lo stesso Sacerdozio di Gesù Cristo, il quale prolunga in me lo stesso essere e le stesse esigenze del suo Sacerdozio. Questo vuol dire che come Cristo è nello stesso tempo Cristo Sacerdote e Cristo Vittima, così l'Ordine sacro del Sacerdozio mi costituisce nello stesso tempo Sacerdote e Vittima.
Gesù si fa in me Sacerdote! Gesù si fa in me Vittima.
O Sacerdozio! O qual Divino acquisto, che mi rende conforme in tutto a Cristo! In te rendi possibile al Signore di farsi ancora vittima di amore Ti sostiene in quest'aspra ed erta via l'Addolorata Madre tua Maria!

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