"Dacci oggi il nostro pane quotidiano" (Mt 6,11)
Santa Brigida, la grande mistica svedese, è per i suoi discepoli anche maestra di preghiera.
Per uno di loro, avendole chiesto di comporgli una preghiera, scrive una breve orazione, ma pure lo consiglia di «non recitare altra preghiera più volentieri del Padre
Nostro, la preghiera che abbiamo appresa, nel suo celestiale amore, dalle labbra di Gesù Cristo».
Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce, in piena sintonia, considerano questa preghiera il compendio di tutte le preghiere.
L'influenza della loro scuola si sente nelle future generazioni del Carmelo. Così, infatti, stupendamente si esprime il Ven. Alessandro Ubaldini di S. Francesco (1584-1630),
nipote di Leone XI, nel suo "Manuale dei poveri": «O preghiera dolce insegnata dal Signore! Tu sei per me un tesoro grande ed inesauribile. Istillata dapprima sulle mie labbra da bambino, sarai la mia ultima
invocazione nell'ora della vecchiaia. Tu sola vali più di ogni scienza e dottrina, più di una biblioteca che contenga tutti i libri. Nel pellegrinaggio della vita, tu sola mi basti come pane per il cibo e
come indumento per il vestito ... Tu sei porto, tu vita, tu salvezza, tu scuola di dottrina celeste, alla quale ciò che s'impara è Dio ... O memoriale dolcissimo! Tu sei paradiso di delizie, diletto delle
anime sante, dolcezza inesauribile! ».
È per questo che - nel corso dei secoli - viene recitata, cantata, meditata, commentata.
Dagli scritti dei Padri della Chiesa, si apprende che in questa preghiera sono contenute sette richieste: con le prime tre chiediamo le cose eterne; con le quattro seguenti, invece,
quelle temporali utili al conseguimento dei beni eterni.
Una di queste ultime richieste è: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Quale dottrina cela ogni singola parola?' Sant'Agostino ci presenta la misera condizione
di chi prega, e la natura di questo pane: «Quando dici: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, confessi di essere un mendicante di Dio. E non diventar rosso di vergogna quando lo dici: per quanto uno sia ricco su questa
terra, è pur sempre un mendicante di Dio. [...] Il pane quotidiano che i figli chiedono al Padre è la parola di Dio, pane che ci viene distribuito ogni giorno. È il nostro pane quotidiano: di esso vive
lo spirito, non il ventre. [...] Anche l'Eucaristia, oltre alla parola di Dio, è il nostro pane quotidiano, necessario alla vita presente. Ma dobbiamo riceverlo per dare ristoro non solo al corpo, ma anche allo
spirito: è infatti un alimento spirituale quello che riceviamo all'altare del Signore».
Sant'Ambrogio aggiunge: «E vivi in modo da essere degno di riceverlo ogni giorno».
Questo nutrimento va inteso sia in senso spirituale che in senso materiale. Il pane quotidiano, per San Massimo il Confessore, è «il pane di ogni giorno, che costituisce
il naturale sostentamento della vita presente. Non andiamo oltre questo limite posto dalla preghiera stessa, volendo avidamente comprendere nella nostra richiesta un periodo più lungo, magari anni interi [...]. Chiediamo,
dunque, senza affanno con la preghiera il pane per ogni giorno e diamo prova di considerare la vita come una preparazione, quasi una meditazione alla morte, secondo la sapienza di Cristo».
Il pane quotidiano, perciò, sottolinea la Provvidenza quotidiana e la fugacità della vita. Questi due concetti sono presenti anche in San Cipriano: «Chi ha cominciato
ad essere discepolo di Cristo [...] deve chiedere il cibo per ogni giorno, e non estendere al domani la richiesta di esaudire i propri bisogni».
San Cipriano marca pure la parola "nostro", per evidenziare l'unità: «Come diciamo "Padre nostro", perché Dio è padre di coloro che
lo riconoscono e credono in lui, così chiamiamo Cristo 'pane nostro', perché egli è il pane di noi che siamo partecipi del suo corpo».
San Gregorio di Nissa coglie nel "Dacci oggi il nostro pane quotidiano" il messaggio dell'essenzialità: «È mia opinione che il Signore, insegnandoci
le parole con cui chiediamo il pane quotidiano, ci voglia presentare questa evidente dottrina: chi vive nella frugalità e si accontenta del giusto bene, vivendo secondo la legge della temperanza, è come chi non
ha bisogno di nulla».
Poi si sofferma su un altro insegnamento: «"Dacci il pane" vuol dire anche: possa ottenere il nutrimento grazie alla mia giusta fatica». È lo stesso concetto
di San Cipriano: «Al giusto non può mancare il cibo quotidiano», che a sostegno cita le Scritture: "II Signore non fa morir di fame l'uomo giusto" (Pr 10,3), e "Sono stato giovane e ora
sono vecchio: non ho mai visto il giusto abbandonato né i suoi figli mendicare il pane" (Sal 36,25).
La parola "oggi" è, secondo San Gregorio di Nissa, «una piccola aggiunta che dà però a questa frase un ulteriore insegnamento morale. Mentre pronunci
queste parole, sei aiutato a comprendere che la vita umana è davvero effimera: a ciascuno di noi appartiene soltanto il presente. Il futuro con tutte le speranze che suscita in noi rimane avvolto nel mistero: nessuno,
infatti, sa che cosa ci porterà il domani».
San Giovanni Crisostomo così commenta la richiesta insegnata da Gesù: «Non ci comanda di pregare per chiedere ricchezze, lusso, vestiti costosi, né altre
cose del genere. Ci esorta a domandare soltanto il pane, e il pane quotidiano, sì che non abbiamo a preoccuparci del domani... E dice "oggi" così che non ci lasciamo fiaccare dall'affanno per il
giorno successivo. Perché mai dovremmo preoccuparci di un giorno che potremmo anche non vedere?».
Alle voci di questi Padri della Chiesa, di un passato sempre vivo, fanno eco altri ammaestramenti.
«Dacci oggi il nostro pane quotidiano : il tuo diletto Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo, dà a noi oggi: a ricordo e a riverente comprensione di quell'amore
che ebbe per noi, e di tutto ciò che per noi disse, fece, e patì»6: invoca San Francesco d'Assisi.
Questo pane quotidiano è il «duplice pane della grazia e dell'Eucaristia»', spiega Padre Carlo de Foucauld, l'eremita del Sahara.
E il Beato Francesco Faà di Bruno così prega: «Tre specie di pane, Signore, ti domando: quello della tua Parola divina che mi insegna ciò che devo fare; quello
della SS. Eucaristia e quello che mi è necessario per nutrire e sostenere il mio corpo e, dopo aver preso la mia parte, aiutare i bisognosi»".
Sublime è l'invocazione di Padre Pio: «Padre santo, dateci oggi il nostro pane quotidiano; dateci Gesù sempre durante questo nostro breve soggiorno in questa
terra di esilio; datecelo e fate che noi ce ne rendiamo sempre più degni di accoglierlo nel nostro petto; datecelo sì, e saremo sicuri di adempiere quanto Gesù stesso per noi a voi ha indirizzato: "Sia
fatta la volontà tua, come in cielo così in terra"»9.
Gli insegnamenti di questi grandi uomini, prima di noi in cammino sulla strada della fede, ci invitano dunque a riflettere sulla profondità di ogni singola parola usata da Gesù.
Dacci è dai a noi; l'azione del dare implica un dono: dono di Dio che è la vita, ma anche ciò che per la vita serve. Nel dacci è implicito il noi; nostro
è il pane che chiediamo a nostro Padre. Noi e nostro fanno del credente che chiede, non un singolo, ma un insieme, una collettività che è la Chiesa. II pane è l'immagine dell'essenziale:
è ciò che serve per vivere, è il lavoro col quale si procura.
II pane non è solo materiale, c'è anche quello spirituale. Nel pane c'è la Sapienza di Dio e il mezzo che ce la trasmette, cioè la Scrittura; nel
pane c'è il corpo e il sangue di Cristo contenuti nell'Eucaristia.
Ed è un pane particolare: quotidiano, cioè per tutti i giorni, e da chiedere ogni giorno; non per domani, quindi, ma per il giorno stesso: oggi.
Quale eccelsa dottrina in un'espressione fatta di così poche parole: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano"!
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