Uno sguardo d'insieme
1. Per i Santi, dunque, l'inferno è una terribile realtà e non una favoletta per bambini! In pratica è il tragico fallimento di creature, che, create per la felicità e la vita eterna, si ritrovano - e per di più eternamente - nell'infelicità più totale. Uno sciagurato fallimento, e per di più irreparabile, nessuno più può annullare o modificare. Come si fa a vivere lontano da Dio, nel fuoco e in mille altri tormenti?... E come si fa a vivere, sapendo che questa tremenda situazione sarà sempre così, senza mai mai mai mutare?... Mistero sconcertante! Alle barzellette e ironie sciocche, i Santi oppongono descrizioni che fanno fremere di terrore e di spavento. Ed essi, senza dubbio, sono infinitamente più credibili di tutti gli sciocchi che popolano il mondo. Credibili per la loro santità che è dirittura di anima e di mente, che mai si presterebbe ad ingannare qualcuno. E credibili per il favore che godono presso Dio, che si serve volentieri di loro per operare meraviglie e inviare agli uomini i suoi messaggi di salvezza e di misericordia. Se si riflettesse un pochino soltanto, molto probabilmente tanti sfuggirebbero a questo supremo e definitivo fallimento della vita.
2. Per tutti i Santi, passati qui in rassegna, l'inferno è l'esatto opposto del paradiso. L'inferno è il carcere di eterna ira, dove si sprofondano cavernose prigioni, si estendono orrendi deserti e si scorgono smisurati laghi rigurgitanti di mostri paurosi, orribili. Là dentro si dibattono esseri discordi e disperati, vi ferve cioè l'eterna e terribile discordia dei dannati. In cielo invece si gode la gioia e si adora l'Altissimo dentro giardini ricchi di bellissimi fiori e di frutta squisiti che comunicano la vita. E qui tutto è gioia, ordine, bellezza, incanto per gli occhi e per l'anima. Qui regna l'unione dei Santi eternamente beati. Ed è questa la ricompensa data da Dio ai suoi fedeli servitori.
3. Per tutti i Santi l'inferno è qualcosa di sì orrido da superare ogni umana immaginazione. In esso vi regna - come si deduce dall'insieme delle visioni - il mostruoso, tutto ciò che fa paura e atterrisce (l'arido deserto, abissi senza fondo, mostri, serpenti, ecc.). Le pene dei dannati, quelle del danno e del senso, - inesprimibili e tali da non poter trovare, per esse, paragoni o analogie - sono presentate in tutta la loro crudezza in una certa varietà che, però non crediamo porti danno agli elementi essenziali che, come si è detto, sono in perfetta e totale sintonia con la Rivelazione. Qui interessano soprattutto i contenuti delle visioni con tutte le conclusioni e conseguenze che se ne possono trarre. Tutti parlano di fuoco e di altri orrendi castighi. Esse sono quelle elencate dalla Menendez e che si ritrovano, più o meno in tutte le altre apparizioni, e cioè: La perdita di Dio: la pena che costituisce propriamente 1'infemo, I continui rimorsi di coscienza, La consapevolezza che quella sorte non cambierà mai, Il fuoco che penetra l'anima senza annientarla, un fuoco puramente spirituale acceso dall'ira di Dio, L'oscurità continua e un fetore soffocante, La compagnia continua di Satana, La disperazione con l'odio a Dio, e con le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. I dolori che vi si soffrono sono spaventosi e intollerabili. Al confronto i dolori più atroci della terra, come dice la stessa S. Teresa "non sono nemmeno da paragonarsi con quanto allora ho sofferto, specialmente al pensiero che quel tormento doveva essere senza fine e senza alcuna mitigazione. Ma anche questo era un nulla innanzi all'agonia dell'anima. Era un'oppressione, un'angoscia, una tristezza così profonda, un così vivo e disperato dolore che non so come esprimermi. Dire che si soffrano continue agonie di morte è poco..." (S. Teresa d' Avila).
Ma il supplizio maggiore è il fuoco e la disperazione interiore, che non si sa descrivere.
4. Tutti parlano pure dei supplizi riservati ad alcuni vizi. "Queste sono pene che tutti i dannati soffrono - aggiunge la Menendez ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall'altro". S. Teresa parla, in merito, di "spaventosissimi castighi". Ogni vizio ha i suoi castighi particolari. C'è chi accusa le mani che hanno rubato, o la lingua e gli occhi con i quali hanno peccato. Tra le pene del dannato ci sono ancora quelle inflitte dallo stesso satana e dai diavoli. Perché? Perché il dannato, consapevolmente o inconsapevolmente, li ha scelti in vita e li ha serviti come suoi signori e padroni. E il diavolo, il maligno per essenza, non può dare e non sa dare che umiliazioni e sofferenze. Stando così le cose viene da chiedersi: come è possibile che ci sia chi adori il diavolo e ad esso si appoggi? È pazzesco confidare nel proprio acerrimo nemico che vuole solo la dannazione eterna di tutti. Come è ugualmente incomprensibile che si possa diffidare di Dio, che ha dato mille prove del suo amore, e che per salvare l'uomo dalla schiavitù di satana e dal rischio tremendo dell'inferno, si è incarnato e ha dato il proprio sangue in riscatto.
5. In piena conformità al Vangelo e al Magistero della Chiesa, in tutte le visioni si insiste sull'eternità dell'inferno e sulla disperazione che la certezza di tale terribile realtà provoca nei dannati. Nessuna mitigazione, quindi, o evasione, tanto meno una loro soppressione. Purtroppo alla unanimità espressa dai Santi sulle verità dell'inferno, non sembra che vogliano sempre adeguarsi teologi, letterati e opinionisti anche di grido. Anche se, ad onore del vero, è, forse, la stessa grandezza del mistero che spinge a "sognare" uscite e soluzioni impossibili. A riguardo scelgo solo due esempi. Il primo riguarda i dannati all'inferno. Tutti i Santi vedono innumerevoli dannati all'inferno. Vari di loro anzi affermano di averli visti cadere nell'abisso. Così, per es., S. Veronica Giuliani: "La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l'inferno superiore, cioè l'inferno benigno. Infatti la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi. E in quell'abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime... ". S. Giovanni Bosco vede precipitare nell'inferno giovani da lui conosciuti, ecc. Non potendosi negare l'esistenza dell'inferno - una verità così chiaramente espressa dalle Scritture e dai Santi -, si è ipotizzato che esso sia vuoto. L'inferno, perciò, di cui tante volte ha parlato soprattutto il Signore in persona, non sarebbe che uno spauracchio da non prendere troppo sul serio o uno spaventapasseri che fa paura solo agli ignari e ingenui! È chiaro che, con tutto il rispetto e la stima che abbiamo soprattutto per i teologi, preferiamo credere ai Santi che, prescindendo anche dalla concordanza con le Scritture, sono, come già detto, immensamente più credibili degli stessi grandi teologi e letterati. Altro esempio riguarda l'eternità dell'inferno e delle sue pene. Tutti i Santi citati ci parlano di eternità delle pene con l'esclusione anche di qualsiasi attenuazione. Ed ecco che, oggi, anche dopo la condanna dell'apocatastasi di Origene, viene a dirci il contrario il Maritain in un volumetto dell'età senile dal titolo Le Cose del cielo, a cura di Nora Possenti Ghiglia, ediz. Massimo, Milano. I dannati nell'inferno - dice il Maritain - lavorano a costruire edifici che crollano a causa delle loro divisioni e odi. "Essi faranno delle città nell'inferno, delle torri, dei ponti, vi condurranno battaglie... nel male stesso manifestano i doni e le energie ontologiche di cui la creatura non sarebbe sprovvista se non quando cessasse di essere" (p. 77). C'è il fuoco, ma "poiché l'anima resta rivolta contro Dio e fissata nell'odio, il fuoco non le serve a nulla e le brucia eternamente" (p. 75). Eternamente di sicuro, dal momento che le anime sante protestano contro l'eternità dell'inferno. Il nostro amore, questo amore che (Dio) ci ha dato, come potrebbe essere soddisfatto di vedere Dio odiato senza fine, e senza fine bestemmiato da esseri usciti dalle sue mani? Vedere il crimine aggiungersi al crimine? E tra i maledetti ce n'è di quelli che amiamo [...]. "No, noi non cesseremo mai, continueremo a pregare e a gridare per il Sangue del Salvatore, ah!, senza avere, lo sappiamo bene, il minimo diritto di essere esauditi, e lasciando solamente la follia dell'amore esalare da noi liberamente, gratuitamente" (p. 78). Maritain spera che Dio cambi la volontà dei dannati "fissata nel male in virtù dell'ordine della natura in maniera assoluta e immutabile", con un "miracolo". Per farla breve, ogni dannato viene "perdonato (sempre dannato ma perdonato)" e così "lascia i luoghi bassi, viene fuori dal fuoco, è trasportato nel limbo. Egli gioirà, benché rimanga ferito, di quella felicità naturale" di cui godono i bimbi morti senza battesimo, "e che è ancora un inferno rispetto alla gloria" (p. 79). "Il fuoco dell'inferno resta eterno in se stesso, continua a bruciare senza fine (...) ma coloro che vi erano stati immessi ne sono stati tratti fuori per miracolo" (p. 80). Resta per Maritain, che "questi perdonati sono dei perduti. Non sono stati salvati, non sono riscattati"; solo, "la loro anima è tratta fuori dalla pena del senso in quanto causata dal fuoco" (ibidem). Commenta il Blondet: "Spero si capisca l'enormità di quel che viene qui elucubrato. E che si veda la radice torbida di quella malattia del cattolicesimo che - in mancanza di migliori approfondimenti - s'è chiamata buonismo, e di cui Maritain è stato uno dei massimi diffusori". Il buonismo che è una forma del sentimentalismo, rivela qui che la radice di ogni sentimentalismo è la sensualità, il materialismo sensuale. Maritain infatti suppone che il destino dei dannati possa essere migliorato sottraendoli al fuoco; è il dolore fisico, la "pena del senso" quello che per lui pesa davvero. La pena del danno, è qualcosa che si può sopportare, non è vero? Tutto ciò è ovviamente insensato. Se, come dice Maritain, "la giustizia di Dio è la sua pazienza" (p.74), ossia se fosse vero che Dio "soffre che delle creature formate a sua immagine lo rifiutino... eternamente", sarebbe più coerente ipotizzare che, per porre fine alla propria sofferenza, Dio concedesse anche ai dannati la salvazione, ossia la visione di sé; perché il `fuoco' non è che un ‘simbolo’ del dolore della mancata visione: anche se un simbolo radicalmente concreto, che realmente brucia ogni fibra dell'essere umano, anima e corpo. Ma pretendere la salvazione finale dei dannati è palesemente eretico, e Maritain se ne astiene". Come si vede, proprio perché le visioni dei Santi qui presentate, non sono immaginazione o pura fantasia, offrono tutte un quadro sostanzialmente identico dell'inferno, perché riflettono verità oggettive. Ciò che le Sacre Scritture, i Santi Padri ci dicono sinteticamente o anche velatamente, viene qui squadernato e approfondito nei suoi particolari, anch'essi differenti solo in dettagli che non distruggono affatto una omogenea visuale d'insieme.
Padre Antonio Maria Di Monda
Nessun commento:
Posta un commento