mercoledì 19 maggio 2021

IL CURATO D'ARS SAN GIOVANNI MARIA BATTISTA VIANNEY

 


Dal Suddiaconato al Sacerdozio (1814-1815).  

Attraverso il dolore ed il sacrificio, l'Artefice Divino aveva: sufficientemente modellato ed abbellito questa anima, per la quale si avvicinava il tempo della consacrazione. Con una riconoscenza infinita l'abate Vianney accolse la notizia che il giorno 2 luglio, festa della Visitazione della Santa Vergine, riceverebbe insieme tutti gli ordini minori ed il Suddiaconato, poiché l'autorità diocesana aveva pensato per la dispensa dagli interstizi. Quale Te Deum si è cantato al presbiterio di Ecully!  

Un mese prima dell'ordinazione Giovanni Maria ritornò al seminario, per meglio prepararsi nel ritiro, o più per essere convenientemente istruito riguardo alle cerimonie dell'ordinazione ed ai nuovi poteri che gli sarebbero conferiti; e là, il 2 luglio, il futuro suddiacono, vestito del camice bianco, fece il passo che lo separava definitivamente dalla vita secolare e mondana, e, toccando il calice vuoto, destinato a contenere il Sangue di Cristo, fece il suo voto di castità.  

La cerimonia si svolse nella primaziale di Lione. Marcellino Champagnat, condiscepolo dell'abate Vianney a Verrières, che aveva ricevuto il suddiaconato il 6 gennaio a Grenoble dalle mani di Mons. Simon 1, e Giovanni Claudio Colin, prima trattenuto da scrupoli, si trovava ora fra gli ordinandi a lato di Giovanni Maria 2. L'ordinazione era conferita ancora da Mons. Simon, venuto appositamente da Grenoble.  

 L'abate Pietro Millon, parroco di Bény, ci ha lasciato queste parole: cc lo ebbi la fortuna di trovarmi accanto all'abate Vianney durante l'ordinazione. Quando, secondo l'usanza, dopo la cerimonia, si ritornò processionalmente dalla Primaziale al Seminario, mi colpì l'entusiasmo col quale egli cantava il Benedictus, salmo di ringraziamento e gli applicai senz'altro le parole: E tu, fanciullo, sarai un profeta dell’Altissimo, ripetendo a me stesso: Questi ha meno scienza di tanti altri, ma nel ministero farà cose migliori» 3.  

Era ancora l'abate Balley, che rispondeva del suo protetto e si pensò di affidargli la cura di continuarne l'istruzione durante l'anno 1814-1815 4. Di questa disposizione non ebbero che a felicitarsi tanto il maestro quanto il discepolo, poiché per il seminario maggiore quello fu un anno disastroso. Il raccoglimento era divenuto quasi impossibile e quando non vi è il raccoglimento non vi può essere né profitto di studio, né seria formazione.  

Se è vera la testimonianza di un contemporaneo, a Lione si ricevette la notizia dell'abdicazione dell'imperatore con una frenesia che aveva del delirio, sembrando di essere passati dall'età del ferro a quella dell'oro, tanto celebrata dai poeti 5.  

Mentre Napoleone esiliato partiva per l'isola d'Elba, l'infelice Cardinal Fesch, degno di migliore sorte, passava da Nimes a Montpellier, da Montpellier a Blois, da Blois a Bourges ... Venuto a Lione per alcuni giorni, se ne partiva ancora il 27 aprile, e la sua odissea non finiva che a Roma, ove il Pontefice lo accolse con infinita accondiscendenza.

Il 14 aprile, divulgatasi la notizia che Luigi XVIII era stato proclamato Re di Francia e di Navarra, il Capitolo della Cattedrale di Lione, nell'assenza dell'Arcivescovo ed a sua insaputa, aveva ordinato il canto del Te Deum alla metropolitana e nelle altre chiese della Diocesi. Il più esaltato era stato forse l'abate Groboz, segretario generale dell'arcivescovo e grande amico di Balley, che in quell'occasione si sentiva sostenuto dalla sua innata fede monarchica, e dai suoi ricordi di emigrazione. Era naturale che anche i seminaristi lo imitassero e difatti portarono l'esaltazione ad un grado incredibile: per un anno, sotto i tigli dei viali di Sant'Ireneo, si parlò più di politica che di teologia. Il Cardinale da Roma continuava a governare la sua diocesi di Lione in modo officiale, ma i suoi beni erano già stati posti sotto sequestro, e la sua autorità veniva considerata come perduta.  

Un nuovo colpo di scena si avverava in principio di marzo del 1815, quando per il cielo di Francia corse la notizia che l'esiliato dell'isola d'Elba, l'imperatore scoronato, era già entrato in Francia dal golfo Jouan. Agile come la folgore, il 10 marzo faceva a Lione una trionfale entrata, gettando in prigione molti preti per ragione delle loro idee legittimiste. Il 26 maggio, anche il Cardinal Fesch, al suono di tutte le campane, rientrava nella sua «buona città», ma vi partiva tre giorni dopo per non più ritornare.  

La vigilia di recarsi a Parigi fece anche una visita ai seminaristi di Sant'Ireneo, e di tale visita val la pena di sentire la relazione di un contemporaneo che ce ne parla nello stile fantastico, proprio di quell'epoca.  

 

 Erano giunti a lui molti lamenti sullo spirito ultra-realista che regnava in questa casa; anche la polizia ne era informata e voleva prendere decisioni energiche, avendo in mano prove capaci di compromettere l'esistenza stessa di questa istituzione. Molti studenti, dall'immaginazione esaltata, certo senza rendersi conto della portata del loro atto, avevano dato il loro nome ad una federazione legittimista che si organizzava nelle montagne della Forez, e tutti nella loro cappella si rifiutavano di cantare, secondo la prescrizione avuta: Domine, salvum fac imperatorem Napoleonem...  

Ma il Cardinale non avrebbe sacrificato per ragione di alcune  imprudenze una casa che gli era costata molte fatiche e che gli era assai necessaria: che cosa sarebbe diventata la diocesi, se fosse stata intercettata la sorgente che continua ed alimenta il Sacerdozio? Accompagnato dai Vicari generali Courbon e Bochard, venne al Seminario col pratico intento di portare parole di pace e di moderazione agli studenti di teologia, che vivevano sotto l'influsso di idee ben lontane dalla loro vocazione. Ma appena si vide comparire la veste rossa del prelato, e si comprese il motivo della sua 

visita, gli uni, come uno sciame spaventato, corsero a nascondersi nella loro camera, altri si tennero in disparte, mentre alcuni mormoravano a bassa voce …. e fu solo con grande pena che i due Vicari generali poterono raccogliere un piccolo gruppo al quale parlò il Cardinale. Il quale però, dopo aver rivolto ad essi alcune parole di prudenza e di sapienza, comprese che non gli conveniva neppure ragionare con questi esaltati e si ritirò, sempre più disperando della causa di suo nipote.  

Intanto che saliva nella sua miserabile vettura, che risentiva delle strettezze del momento, uno di questi seminaristi scrisse col gesso bianco all'esterno della vettura il grido preferito del 1814: Viva il Re! ed il Cardinale fece il giro della città con questa strana dicitura, che poteva essere interpretata come sediziosa da un principe della famiglia imperiale, che non riconosceva che l'aquila ed i trofei 6.  

 Quando il Cardinale prese la via di Parigi il 29 maggio, non si persuadeva ancora che tutto potesse sembrare compromesso. La sera del 18 giugno, a Waterloo, l'aquila era ferita a morte. Mons. Fesch seppe la notizia del nuovo disastro nella capitale, e fuggì a Roma ove piamente moriva venticinque anni più tardi, il 13 maggio 1839.  

Non tutto il male viene per nuocere. Giovanni Maria è lontano da simili agitazioni e non può quindi esservi compromesso; l'abate Balley, constatando questa penosa condizione, dovette certo benedire la Provvidenza, che con l'esame disastroso dell'anno prima aveva provveduto ad allontanare dal seminario questo studente, che era l'ultimo per studio, ma anche il migliore. Verso la fine del maggio 1815, l'abate Vianney veniva accettato al diaconato ed entrava quindi di nuovo nel seminario; ma là non ebbe parte a nessuna discussione, anzi non uscì mai dalla sua solitudine interiore.  

Il 23 giugno, vigilia della sua festa, riceveva il Diaconato ancora nella primaziale di Lione, dal Vescovo di Grenoble, Mons. Simon, e lo spirito di fortezza discendeva in lui come aquila e penetrava fino alle ultime fibre della sua anima già sì robusta.  

In quel mattino, durante il canto delle Litanie, si trovavano prostrati accanto a lui Giovanni Claudio Colin, futuro fondatore dei Maristi e Marcellino Champagnat, fondatore dei Piccoli Fratelli di Maria, che dovevano ancora venire al seminario di Sant'Ireneo per la preparazione al Sacerdozio.   

Per un favore insperato, dovuto senza dubbio ai passi fatti dal suo affezionato maestro, ma anche alla fama delle sue virtù, subito dopo l'ordinazione al diaconato, si trattò di promuovere l'abate Vianney al Sacerdozio.  

Per questa occasione fece di nuovo il suo esame canonico al presbiterio di Ecully, al quale era venuto il. Vicario generale Bochard, che constatò con piacere i reali progressi che il nostro «teologo») aveva fatto in un anno. Per più di un'ora il distinto esaminatore interrogò il nostro santo sui punti più difficili della teologia morale e fu non solo contento, ma meravigliato che l'abate Vianney fosse tanto sicuro e preciso. Stabilì che il nuovo diacono, dopo un ritiro di alcuni giorni andrebbe a Grenoble per ricevere l'ordinazione sacerdotale 7, mentre gli altri del suo corso, gli abati Pansut, Bezacier, Champagnat e Colin, avrebbero dovuto attendere, per essere ordinati sacerdoti, fino al 22 luglio dell'anno seguente 8.  

Canonico FRANCESCO TROCHU 

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