giovedì 8 dicembre 2022

La Missione Sacerdotale di Conchita

 


II. SACERDOZIO MINISTERIALE E SACERDOZIO COMUNE 

In questa comunione di Chiesa spiegheremo la differenza e la relazione tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale. 

 Cristo è stato capace di compiere personalmente il perfetto culto esistenziale (Eb 9,14), ma il cristiano non è capace di compierlo da solo, ma solo in unione con Cristo, solo in dipendenza da Lui può elevare la propria vita a Dio in un'autentica carità verso i fratelli.  Tutti i testi che parlano di questo esercizio sacerdotale affermano: in Lui... con Lui... per mezzo di Lui... cioè, attraverso Gesù Cristo, è possibile per la Chiesa accedere a Dio (1 Pt 2,5.9; Eb 13,15-16; Ap 1,6 e 20,6). 

 Questo indica che l'aspetto della mediazione appartiene solo a Gesù Cristo ed Egli ha voluto comunicarlo ai suoi ministri che, per sua volontà, diventano "sacramento della mediazione di Cristo" (2 Cor 3,6); essi attualizzano la sua presenza attraverso i luoghi e i tempi (2 Cor 3,5; 5,18-20), continuando la funzione di Cristo mediatore.  Ora, senza relazione con il sacerdozio di Cristo la loro mediazione non avrebbe alcun valore o contenuto, e senza relazione con il sacerdozio comune il loro servizio non avrebbe alcun significato o utilità.  La sua funzione è quella di mettere in relazione le esistenze reali di Cristo e dei cristiani.  Il sacerdozio ministeriale è quindi un mezzo indispensabile, perché senza questo mezzo di relazione l'esistenza dei cristiani non sarebbe effettivamente sottoposta alla "mediazione di Cristo" e non potrebbe, quindi, essere trasformata in un degno sacrificio a Dio. 

 Così presentati, vediamo che i due sacerdozi sono correlati e ordinati l'uno all'altro, sebbene ciascuno partecipi in modo particolare all'"unico sacerdozio di Cristo" (LG,10). L'esercizio del sacerdozio ministeriale è sempre ordinato al sacerdozio comune o universale del Popolo di Dio; il primo è essenzialmente legato al secondo; il sacerdozio ministeriale è un servizio, un ministero, di cui Cristo si serve per mettere a disposizione dei suoi discepoli la forza soprannaturale, l'istruzione, la formazione, il sostegno e la direzione di cui il popolo sacerdotale ha bisogno per vivere la propria fede e compiere la propria missione. Ma, d'altra parte, il sacerdozio universale è esso stesso orientato verso il sacerdozio ministeriale; i due si aiutano e si edificano a vicenda nella comunione dell'unico Corpo di Cristo, e uniti nella missione al mondo.  Il sacerdozio comune, tuttavia, ha come missione più specifica quella di rendere presente Cristo in tutti gli ambienti mondani e quindi di santificare la terra costruendo il Regno di Dio. 

 Cristo, che dona il suo Spirito, comunica ininterrottamente il suo sacerdozio a tutto il Popolo di Dio per continuare la sua testimonianza e offrire il culto spirituale, che è la gloria del Padre e la salvezza degli uomini (LG, 34). 

In relazione a quella che il Concilio definisce una differenza essenziale tra i due sacerdozi (LG, 10), possiamo dire che il sacerdozio ministeriale è più specificamente sacerdotale, "perché è il sacramento della mediazione di Cristo a favore degli uomini" (segno e strumento); ma è meno veramente sacerdotale del sacerdozio comune o battesimale, proprio perché è un "segno", cioè mi rimanda a un'altra realtà, e questa realtà è il sacerdozio di Cristo.   La realtà è conferita proprio dalla "vera offerta sacerdotale" fatta a Dio di un'esistenza, in docilità e gratuità, nella vita quotidiana.  Per questo il ministro sacerdotale deve vivere anche il suo sacerdozio comune, cioè in tutto deve unire la sua esistenza a quella di Cristo, tutto ciò che fa deve coinvolgerlo "personalmente", in tutto deve mettere il suo "cuore"... la sua santificazione è quindi legata al servizio ministeriale che rende quotidianamente alla Chiesa, al Popolo di Dio e al mondo; è il modo proprio in cui vive la solidarietà salvifica del buon pastore. D'altra parte, il laico vive il suo sacerdozio donando il suo "essere" per la trasformazione evangelica delle realtà temporali, in solidarietà con Dio e con gli uomini nel mondo (LG, 34-36). Non dimentichiamo che in questo mondo i laici vivono una "ministerialità". 

 Nessuna delle due forme di partecipazione al sacerdozio di Cristo deve essere assolutizzata, né si deve stabilire un rapporto di identità, ma devono integrarsi e completarsi a vicenda, perché è solo attraverso l'unità nella diversità che si può essere veramente "segno di salvezza". 

 Vediamo chiaramente come la Chiesa, che nasce dallo Spirito Santo, sia un popolo sacerdotale che deve vivere la comunione e la partecipazione all'interno e, come forza espansiva, donarsi all'esterno. 

Se concordiamo su questi presupposti, consapevoli che lo stesso Spirito anima clero e laici, possiamo fare un cammino insieme, con il chiaro motto che "un membro non cresce bene se gli altri membri non crescono allo stesso tempo".

Manuel Rubín de Celis, M.Sp.S.


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