venerdì 29 maggio 2020

Pregare con i santi angeli



CREATI PER L'ADORAZIONE



Gli Angeli in cielo vedono costantemente il volto di DIO (cfr Mt 18,10). Per adorazione sono stati creati, l'adorazione è il loro compimento. Vivono per l'ingrandimento della gloria di DIO. Il loro intero essere e tutte le loro attività sono immersi nella santità di DIO. Sono eternamente uniti a DIO (cfr Gv 17, 21-22), godendo di una felicità assolutamente al di là della comprensione di chiunque tranne coloro che la ricevono. Anche mentre vegliano sull'intera creazione, anche mentre ci assistono nelle nostre prove e battaglie contro le forze dell'oscurità, non distolgono mai il loro volto da quello di DIO. In effetti, questa unione amorevole e adorante con DIO è la fonte, non solo di tutta la loro beatitudine, ma anche del loro amore per noi e di tutta la grazia, la luce e l'aiuto che ci comunicano.

Modelli per l'umanità

Soprattutto, dovremmo imparare l'adorazione dai santi angeli, poiché anche l'umanità è stata creata per l'adorazione e la glorificazione di DIO. Abbiamo un momento più difficile, perché non possiamo vedere DIO, perché possiamo adorare solo nell'oscurità della fede. Gli Angeli, quindi, ci aiutano e ci insegnano a pregare con loro: "Benedizione, gloria, saggezza, ringraziamento, onore e potere e potrebbero essere per il nostro DIO nei secoli dei secoli!" (Apoc 7, 12) L'Angelo può adempiere correttamente a tutti i suoi doveri solo perché non allontana il suo volto da DIO, perché rimane immerso nell'adorazione perpetua. Per la nostra preghiera possiamo imparare queste cose dall'esempio dell'Angelo:

1) pregare sempre,
2) non ritirare mai il nostro volto da DIO,
3) vivere costantemente alla presenza di DIO.

Ecco come possiamo pregare sempre:

1) rimanendo uniti e facendo la volontà di DIO;
2) offrendo preghiere durante il lavoro, indirizzando il nostro spirito a DIO,
3) offrendo tutte le nostre opere a DIO, in particolare ogni croce e difficoltà.


 GESÙ insegnò ai Suoi discepoli che "dovevano sempre pregare e non perdere il cuore" (LK 18,1). Lascia che la tua preghiera e il tuo lavoro siano un piacevole sacrificio davanti a DIO; e offrirlo in LUI e con LUI e tramite LUI.

Gli angeli portano le nostre preghiere davanti a DIO

L'adorazione dell'umanità è portata in alto dai santi Angeli. Attraverso il loro ministero la nostra preghiera è rafforzata e rafforzata quando viene presentata a DIO. San Raffaele parla così a Tobias: "Quando hai pregato con le lacrime e hai seppellito i morti e hai lasciato la cena in piedi, ... ho offerto la tua preghiera al Signore" (Tob. 12,12). Nella santa liturgia preghiamo che l'Angelo possa portare le nostre preghiere davanti a DIO. L'Angelo non solo presenta la nostra preghiera, ma la sopporta in alto in una nave preziosa. I quattro angeli "caddero davanti all'Agnello, avendo ciascuno un'arpa e ciotole dorate piene di incenso, che sono le preghiere dei santi" (Apoc. 5,8). La preghiera di un angelo è come un fuoco, che tiene in fiamme fuori dalla nave della sua natura spirituale. Questa nave rappresenta l'intero essere dell'Angelo.
Il fuoco della nostra adorazione brucia insieme al fuoco dell'angelo: "Un altro angelo venne e si fermò davanti all'altare, con un turibolo d'oro: e gli fu dato molto incenso, che poteva offrirlo con le preghiere di tutti i santi sull'altare che sta davanti al trono. E con le preghiere dei santi salì davanti a DIO dalla mano dell'Angelo il fumo dell'incenso "(Apoc. 8, 2-4).
Nel suo ministero l'Angelo è coscienzioso e fedele. DIO ci vede insieme al nostro Angelo Custode come se fossimo una cosa sola. Questa unità ha anche i suoi tratti specifici. Nessun essere in cielo o sulla terra è più adatto alla nostra individualità distinta del nostro Angelo custode. Questo è il motivo per cui la devozione all'Angelo custode è particolarmente redditizia. In lui troviamo aiuto e protezione; è il nostro complimento più bello. Le nostre preghiere povere e balbettanti ricevono la loro forma più perfetta nella sua adorazione. In futuro, ogni volta che preghiamo, ricordiamoci di invitare il nostro Angelo custode. Volerà sicuramente pregare con noi e ascoltare le nostre preghiere fino a DIO, prestando loro un po 'del suo splendore.

Questo ministero è una gioia per l'angelo

È un ministero arricchente per l'Angelo portare le nostre preghiere davanti a DIO. Considera, che la preghiera viene dal tuo cuore, da quel cuore che DIO ama e in cui dimora. Ecco perché l'Angelo porta così volentieri le nostre preghiere. Sente in esso l'amore e la presenza di DIO. Si rallegra di portare questo fuoco, anche se c'è solo un piccolo bagliore del calore dell'amore in esso. La mediazione è co-naturale per l'Angelo, e ora dalla sua unione soprannaturale con la grazia di DIO fluisce anche all'uomo. Questa comunicazione fluente di grazia è una beatitudine della vita celeste. Che gioia, poter sopportare, incanalare il flusso dell'amore di DIO verso un altro!

Non dimentichiamo di ringraziare l'Angelo per la sua assistenza!

Camminate per una grande guerra e solamente con la forza dell'Eucaristia potete raggiungere la vittoria.






Cari figli, l'Eucaristia è il Grande Tesoro della Chiesa, perché è Gesù stesso presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. In ogni battaglia la vittoria della Chiesa avviene per mezzo dell'Eucaristia. Non c'è vittoria senza Eucaristia. Camminate per una grande guerra e solamente con la forza dell'Eucaristia potete raggiungere la vittoria. L'Eucaristia è la Luce che brilla nella Chiesa senza la quale non potete camminare fino al Cielo. I nemici agiranno per spegnere lo splendore dell'Eucaristia. Difendete Gesù. Difendete la verità. Come già vi annunciai in passato, la Presenza del Mio Gesù nell'Eucaristia è una verità non negoziabile. Difendete il vostro prezioso alimento. DateMi le vostre mani e Io camminerò con voi nella difesa della verità. State attenti. Rimanete fermi nel cammino che vi ho indicato lungo questi anni. Coloro che rimarranno fedeli fino alla fine saranno proclamati Benedetti del Padre. Avanti senza paura. Questo è il messaggio che oggi vi trasmetto nel nome della Santissima Trinità. Grazie per averMi permesso di riunirvi qui ancora una volta. Io vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. Rimanete nella pace.

giovedì 28 maggio 2020

SOLDATI DI MARIA, È GIUNTA L’ORA DI RIUNIRVI TUTTI A ME. È GIUNTO IL TEMPO DELLA GRANDE SFIDA TRA IL SERPENTE ANTICO E LA DONNA VESTITA DI SOLE.



Vengo nelle vesti di Madonna di Fatima, preparate i vostri cuori ad accogliermi.
La Madre di Gesù e Madre vostra viene a liberare i suoi figli dalle catene di Satana.

Il cielo è per oscurarsi, è per mostrare la scritta “FATIMA” … segno che il Signore del Cielo e della Terra è al suo prossimo intervento Divino.
Avviatevi alla santità, o uomini, ravvedetevi! Convertitevi! Cercate Colui che è il Signore dei Signori, il Solo, l’Unico e Vero Dio! Credete in Lui e abbracciate la sua Dottrina perché Lui possa riconoscervi suoi e porgervi soccorso.
Il mondo è avvolto dalla tenebra, nulla ormai si salva più, il Demonio ha messo i suoi artigli su ogni cosa, l’uomo è divenuto suo schiavo senza accorgersene, … tanto grande è la sua astuzia, … ben nota da sempre!
Maria Corredentrice è al suo ingresso, Ella Guiderà il suo esercito fedele, quello che Lei stessa ha segnato sulla fronte con il segno della croce, quale appartenenza a suo Figlio Gesù.
Soldati di Maria, è giunta l’ora di riunirvi tutti a Me.
È giunto il tempo della grande sfida tra il Serpente Antico
e la Donna Vestita di Sole.

Tenetevi pronti, con il Rosario in mano e la fiamma della fede accesa. Ecco, discendo dal Cielo per preparare la via al ritorno di Gesù con voi, popolo fedele.
Quali cavalieri dello Spirito Santo, ornati dai mille colori dell’arcobaleno entrerete in battaglia, fieri di essere stati scelti quali guerrieri al fianco di Maria.
È la fine di un tempo antico, il Risorto è di ritorno, le cateratte dei Cieli già si aprono al suo passaggio. Egli si manifesterà al mondo con la Corona di Re dei re sul Capo e con in mano lo Scettro Regale, e grande sarà nella sua Potenza!
La sua vittoria è scritta nei secoli dei secoli. Amen!

Carbonia 26.05.2020

GESU’ AL CUORE DELLE MAMME



La prima anima che devi conquistarmi Sei maritata, è vero, ma per lo stesso Sacramento che ti unisce a tuo marito, questi rappresenta me, come tu rappresenti la Chiesa. Guarda tuo marito nella mia luce e, come avresti pietà di una statua tutta mutilata che mi rappresentasse, abbi pietà di quella creatura che è tutta mutilata nell'anima. Avvolgilo nella tua carità materna, con la delicatezza che avresti nel coprire una piaga. Vivi per me per trasfondergli per me la tua vita di amore. Santifica in me ogni tua espansione con lui, fa' che risorga dal suo torpore spirituale. È questa la prima anima che devi conquistarmi.

don Dolindo Ruotolo

Preghiera della notte a San Michele Arcangelo




Preghiera a Maria rifugio delle anime






Un Mondo secondo il Cuore di Dio



L’ANGELO CADUTO, CONTRO LA CHIESA 

«Porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe». Gesù è il Primogenito tra molti fratelli. Con Lui comincia il trionfo della stirpe della donna contro il suo “nemico”. Questi non ha prevalso contro Gesù, che fedele alle sue promesse ha mandato colui che aveva promesso, lo Spirito Santo, l’Avvocato, spirito di Amore, di Verità e di Unità, le cui “primizie” ha ricevuto la Chiesa. Questo Spirito è così forte che ha realizzato un miracolo che Gesù non poteva realizzare nei suoi Apostoli, benché lo desiderasse vivamente: quella unità tanto richiesta al Padre nell’ultima Cena: «Io in loro». In realtà, lo Spirito Santo ha realizzato un miracolo più grande del dono delle lingue: per mezzo di questo Spirito esiste ora un’unità tra Gesù già in cielo e i suoi Apostoli, come quella esistente tra il capo e le membra, o per dirla con un’espressione di Gesù stesso, come quella che esiste tra la vite e i tralci. È la stessa vita quella che circola nella testa e nelle membra; la stessa linfa quella che scorre dalla vite ai tralci. È lo stesso Spirito di Gesù quello che parla attraverso i suoi Apostoli. E quando il demonio, valendosi della rettitudine di Paolo, si lancia contro il resto della stirpe della donna, Gesù dal cielo si lamenta, come si lamenterebbe il capo se gli si ferisse una parte del corpo : «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?». Lo Spirito Santo ha realizzato questo miracolo intimo e nascosto: l’unione della stirpe della donna, che viene ad essere il Cristo Mistico di cui parla San Paolo, la Chiesa. 

La persecuzione della Chiesa nascente, dopo la Risurrezio- ne di Gesù, potremmo chiamarla “pazzia diabolica”. Il demonio vedendo discendere lo Spirito Santo perse quella fredda serenità che aveva quando offrì denaro ai soldati perché non rendessero pubblica la Risurrezione del suo Nemico. Adesso la situazione peggiorava per il suo regno, in un modo che egli probabilmente non si immaginava. Perciò tenta di schiacciare la Chiesa nascente servendosi della Sinagoga, come tentò di uccidere Gesù Bambino servendosi di Erode. Comprende che il suo regno si sgretola, poiché il seme che Gesù ha lasciato, irrigato col suo Sangue, comincia repentinamente a fiorire e a dar frutto. Il nemico, tentando di sradicare quel seme che è cresciuto, diventa, per la permissio- ne del Padre, un vero potatore. Così si adempiono le parole di Gesù: «E ogni tralcio che porta frutto, il Padre mio lo poterà perché porti più frutto» 1 . Dal sangue e dalla preghiera del protomartire Stefano, nasce l’infaticabile apostolo Paolo. La persecuzione del demonio contro «la stirpe della donna», sia per mezzo della Sinagoga, sia per mezzo dell’Impero Roma- no, non produce altro che questo effetto: «Il sangue dei martiri è seme di cristiani». Le catacombe furono il terreno che nascose per diversi secoli “il grano di frumento”, che a forza di morire – «Se il grano di frumento non muore...» – finì per esplodere in un immenso albero «su cui sono venuti gli uccelli del cielo a rifugiarsi». La lettura degli atti dei martiri rivela tutto il satanico che c’era in certi martiri. Considerarli semplicemente come avvenimenti storici, dovuti a divergenze di pensiero, è ignorare totalmente l’essenziale del vero dramma per il quale dovette passare il «seme del regno di Dio». La conoscenza di quest’essenziale si deve ad una grazia, che ci dà una visione “divina” e molto più ampia di quella che è racchiusa nei libri di storia. 

Abbiamo detto che il « seme del regno di Dio» è cresciuto in tal modo che è diventato un albero, ove, secondo l’espressione di Gesù «verrebbero a rifugiarsi gli uccelli del cielo». Bisogna anche far notare che altri “uccelli” hanno causato un gran danno all’“albero” perché sono stati attratti dal suo splendore esterno e dalla loro propria comodità. Questo comincia a succedere quando Costantino il Grande mette fine allo stato di agonia in cui viveva il primitivo Cristianesimo. Il regno di Cristo comincia ad aver contatto coi regni di questo mondo. Il demonio usa una tattica nuova: da furioso diventa politico-religioso. Se prima si serviva delle passioni disordinate di re e imperatori, ora utilizzerà la pietà dei convertiti; e comincia così la venerazione e la stima verso gli uomini che compongono il “regno di Cristo”. Cessa l’attenzione e vien meno l’idea che il regno di Dio non è di questo mondo. Quando viene loro dato il certificato di cittadinanza come a qualsiasi altro uomo, si comincia a pensare che si può vivere molto bene in questo mondo, e allo stesso tempo appartenere al regno di Cristo. Il “nemico” ha gettato il ponte: i seguaci di Gesù d’ora in poi vorranno installarsi in questo mondo, che è il suo regno. Con questa tattica otterrà di più, benché impieghi certamente più tempo. Non analizzeremo tutte le fasi per le quali è passata la storia del “seme del regno di Dio”. Basti dire che il “nemico”, Satana, si è valso di tutto per umiliarlo e allontanarlo dallo Spirito di Gesù, che è Spirito di Amore, di umiltà e di sacrificio. E tutto questo è avvenuto attraverso i secoli, e molti, veramente molti, hanno passato il “ponte” che il “nemico” ha teso loro, intendendo fare del regno di Cristo, un regno di questo mondo, ove la forza, il diritto e il potere sostituiscano l’amore, l’ umiltà e il sacrificio voluti da Gesù. 

“Permettendo” Dio che si formasse il “potere temporale” della Chiesa, potere che non è del-l’essenza della Chiesa, esso poteva essere utilizzato come un “mezzo” temporaneo o transitorio perché la Chiesa potesse compiere la sua missione salvifica in circostanze storiche di difficoltà per la penetrazio- ne del vangelo. Nella misura in cui gli uomini si vanno elevando moralmente il potere temporale della Chiesa sui suoi fedeli diventa meno necessario; una maggiore età dell’umanità rende più superflua l’azione di questo potere temporale e lascia un ampio margine alle decisioni personali. Diremmo che così ha operato Dio nello sviluppo progressivo del suo rapporto con gli uomini nella Rivelazione: dalle Leggi del Sinai fino al Sermone della Montagna c’è una differenza come dall’infanzia all’età matura. C’è senza dubbio una gran differenza in alcune situazioni e in altre; ma questa differenza non dipende da un cambiamento di Dio; chi è cambiato, chi si è evoluto, è l’uomo. 

Qualcosa di simile è successo per il potere temporale della Chiesa: man mano che gli uomini si sono educati nei concetti della libertà della persona, sempre meno ha ragione di essere questo potere temporale. 

Restando chiaro questo, che nei suoi piani Dio si avvale di mezzi tanto “umani”, non possiamo passare sotto silenzio che molti hanno potuto utilizzare quel “mezzo” per le proprie ambizioni personali, anziché servirsene per comunicare la salvezza. Basta leggere la storia della Chiesa del secolo X per vedere a che grado di abiezione cadde il potere temporale dei Papi, desiderato avidamente da diverse famiglie romane. 

Forse il potere temporale dei Papi era cattivo? In primo luogo diremo che quel “potere temporale” della Chiesa, come abbiamo detto prima, fu “permissione” e non VOLONTÀ di Dio. Quanto poi se era cattivo o no per i Papi, dipende dall’uso che essi hanno fatto di questo “potere temporale”. A parte quel che abbiamo detto, di essere un potere condizionato da alcune circostanze storiche, esso procurava anche alla Chiesa una grande indipendenza nella sua azione spirituale, perché essa non dipendeva da nessun re o imperatore. La lotta per le Investiture tra il Papa e l’Imperatore tendeva a raggiun- gere questa indipendenza. Che alcuni Papi abbiano utilizzato male il “potere temporale” non ci deve meravigliare, perché se si può utilizzare male il potere spirituale, quanto più il temporale! Pensiamo alla distribuzione delle indulgenze. 

Una meditazione profonda della parabola del grano e della zizzania ci porterebbe a quell’essenziale che abbiamo bisogno di conoscere e di non dimenticare tanto facilmente: che nello stesso campo in cui Uno seminò il grano, il “nemico” seminò zizzania, e che questo accadde «mentre i suoi uomini dormiva- no». Riflettere su questo sonno più o meno colpevole è trovare la misura della responsabilità di ciascuno. Pensiamo al rispetto umano, alle convenienze personali, a una falsa prudenza, ecc. Tutto ciò il nostro “nemico” l’ha utilizzato per continuare a seminare la zizzania. 

«Vigilate – ci dice San Pietro – perché il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare; resistetegli, saldi nella fede». Per disgrazia, dopo tanti secoli di lotta del “nemico” contro il genere umano, manca proprio la fede nella sua esistenza e nella sua nefasta influenza. Come gli resisteremo se non crediamo che esiste? Praticamente si vive senza tener in nessun conto questo formidabile nemico. La sua vittoria passata e presente sta nel passare inavvertito, facendo credere agli uomini “intelligenti” che è stupidità e mancanza di cultura pensare a lui come principio causale dei mali che l’umanità soffre. In questo modo egli ha più libera la via per la sua opera devastatrice. Solo i santi e le anime che si sono decise ad andar verso Dio, hanno conosciuto le insidie segrete che il demonio ha loro teso. Per conoscerlo è necessaria una vita spirituale seria; la sua conoscenza esatta richiede una maturità spirituale. San Paolo ci ha avvertito molti secoli fa: «Rivestitevi di tutta l’armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo, perché noi non abbiamo da combattere contro sangue e carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominato- ri di questo mondo di tenebra, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti». 

Dobbiamo riconoscere che non ci sappiamo armare “total- mente” – «rivestiti di TUTTA l’armatura di Dio» – usando degnamente il dono divino della libertà. Della nostra irrespon- sabilità approfitta il “nemico” per fomentare in noi una falsa libertà. Qui sta la radice di un male tanto antico come il peccato. Frequentemente le lettere degli Apostoli ci racco- mandano la libertà dei figli di Dio. Forse prima di conoscere in che consistono le virtù dei figli di Dio, sarebbe necessario conoscere, a fondo, in che consiste la vera libertà umana, che è il dono che più ci fa somigliare a Dio. Il non curarsi di questa conoscenza è utilizzato dal “nemico” per colpirci costantemente. 

JOSÉ BARRIUSO 

Santi Martiri del I – II e III Secolo



Dalla Gerarchia Cardinalizia di  Carlo Bartolomeo Piazza 
 e dalle Rivelazioni Private della mistica 
 Maria Valtorta 


Martirio e morte del piccolo Castulo e S. Messa  di S. Paolo al Tullianum. 

***
Il canto riprende: “Ho aspettato ansiosamente il Signore ed Egli a me si è rivolto ed ha ascoltato il mio grido”43. 

“Il Signore è il mio Pastore, non mi mancherà nulla. Egli mi  ha posto in luogo di abbondanti pascoli, m’ha condotto ad  acqua ristoratrice” (S. 22). 
“Fabio è spirato” dice una voce nel fondo del sotterraneo.  “Preghiamo”, e tutti dicono il Pater ed un’altra preghiera che si  inizia così: “Sia lode all’Altissimo che ha pietà dei suoi servi e  schiude il suo Regno all’indegnità nostra senza chiedere alla 
nostra debolezza altro che pazienza e buona volontà. Sia lode al  Cristo che ha patito la tortura per coloro che la sua misericordia  poteva conoscere troppo deboli per subirla, e non ha loro  richiesto che amore e fede. Sia lode allo Spirito che ha dato i  suoi fuochi per martirio ai non chiamati alla consumazione del 
martirio e li fa santi della sua Santità. Così sia “ (Maran ata) 
(non so se scrivo giusto). 
“Fabio felice!” esclama un vegliardo. “Egli già vede Cristo!”  Noi pure lo vedremo, Felice, e andremo a Lui con la doppia  corona della fede e del martirio. Saremo come rinati, senza  ombra di macchia, poiché i peccati della nostra passata vita 
saranno lavati nel sangue nostro prima d’esser lavati nel Sangue  dell’Agnello. Molto peccammo, noi che fummo per lunghi anni 
pagani, ed è grande grazia che a noi venga il giubileo del 
martirio a farci nuovi, degni del Regno”. 
“Pace a voi, miei fratelli” tuona una voce che mi par 
subito di avere già udito. 
“Paolo! Paolo! Benedici!” 
Molto movimento avviene fra la folla. Solo Plautina resta  immobile col suo pietoso peso sul grembo. 
“Pace a voi” ripete l’apostolo. E si inoltra sin nel centro  dell’androne. “Eccomi a voi con Diomede e Valente per  portarvi la Vita”. 
“E il Pontefice?” chiedono in molti.
“Egli vi manda il suo saluto e la sua benedizione. È vivo, per  ora, e in salvo nelle catacombe. Fanno buona guardia i fossores.  Egli verrebbe, ma Alessandro e Caio Giulio ci hanno avvisati  che egli è troppo conosciuto dai custodi. Non sempre sono 5 di  guardia Rufo e gli altri cristiani. Vengo io, meno noto e 
cittadino romano. Fratelli, che nuove mi date?” 
“Fabio è morto”. 
“Castulo ha subìto il primo martirio”. 
“Sista è stata condotta ora alla tortura”. 
“Lino lo hanno trasportato con Urbano e i figli di questo al 
Mamertino o al Circo, non sappiamo”. 
“Preghiamo per loro: vivi e morti. Che il Cristo dia a tutti la 
sua Pace”. 
E Paolo, con le braccia aperte a croce, prega - basso,  bruttino anziché no, ma un tipo che colpisce - in mezzo al  sotterraneo. È vestito, come fosse un servo lui pure, di una  veste corta e scura, ed ha un piccolo mantelletto con cappuccio  che per pregare si è buttato indietro. Alle sue spalle sono i due  che ha nominato, vestiti come lui, ma molto più giovani. 
Finita la preghiera, Paolo chiede: “Dove è Castulo?” 
“In grembo a Plautina, là in fondo”. 
Paolo fende la folla e si accosta al gruppo. Si curva a osserva.  Benedice. Benedice il bambino e la matrona. Si direbbe che il 
bambino si sia risvegliato ai gridi salutanti l’apostolo, perché 
alza una manina cercando toccare Paolo, il quale gli prende 
allora la mano fra le sue e parla: “Castulo, mi senti?” 
“Sì” dice il piccino muovendo a fatica le labbra. 
“Sii forte, Castulo. Gesù è con te”. 
“Oh! perché non me l’avete dato? Ora non posso più!”  
E una lacrima scende a invelenire le piaghe. 
“Non piangere, Castulo. Puoi inghiottire una briciola sola? 
Sì? Ebbene, ti darò il Corpo del Signore. Poi andrò dalla tua 
mamma a dirle che Castulo è un fiore del Cielo. Che devo dire 
alla tua mamma?” 
“Che io son felice. Che ho trovato una mamma. Che mi dà il  suo latte. Che gli occhi non fanno più male. (Non è bugia dirlo, 
non è vero? per consolare la mamma?). E che io ‘vedo’ il  Paradiso ed il posto mio e suo meglio che se avessi questi occhi  ancora vivi. Dille che il fuoco non fa male quando gli angeli  sono con noi, e che non tema. Né per lei, né per me. Il 
Salvatore ci darà forza”. 
“Bravo Castulo! Dirò alla mamma le tue parole. Dio aiuta  sempre, o fratelli. E lo vedete. Questo è un bambino. Ha l’età in 
cui non si sa sopportare il dolore di un piccolo male. E voi lo 
vedete e l’udite. Egli è in pace. Egli è pronto a tutto subire, 
dopo aver già tanto subito, pur di andare da Colui che egli ama  e che lo ama perché è uno di quelli che Egli amava: un  fanciullo, ed è un eroe della Fede. Prendete coraggio da questi 
piccoli, o fratelli. Torno dall’aver portato al cimitero Lucina, 
figlia di Fausto e Cecilia. Non aveva che quattordici anni, e voi  lo sapete se era amata dai suoi e debole di salute. Eppure fu una  gigante di fronte ai tiranni. Voi lo sapete che io mi faccio  passare, con questi, per fossor44 , per potere raccogliere quanti  più corpi posso e deporli in suolo santo. Vivo perciò presso i 
tribunali e vedo, come vivo presso i circhi e osservo. E m’è 
conforto pensare che io pure nella mia ora - faccia Iddio  sollecita - sarò da Lui sorretto come i santi che ci hanno  preceduto. Lucina fu torturata con mille torture. Battuta,  sospesa, stirata, attenagliata. E sempre guariva per opera di Dio. 
E sempre resisteva a tutte le minacce. L’ultima delle torture, 
avanti il supplizio, fu volta al suo spirito. Il tiranno, vedendola  presa di amore per il Cristo, vergine che aveva legata se stessa al  Signore Iddio nostro, volle ferirla in questo suo amore. E la condannò ad esser di un uomo. Ma uno, due, dieci che si  accostarono e dieci che perirono, percossi da folgore celeste.  Allora, non potendo in nessun modo spezzare e distruggere il  suo giglio, il tiranno ordinò fosse legata e sospesa in modo da  rimanere come seduta e poi calata precipitosamente su un  cuneo pontuto che le squarciò le viscere. Credette così il  barbaro di averle levato la verginità tanto amata. Ma mai tanto,  come sotto quel bagno di sangue, il suo giglio fiorì più bello e 
dalle viscere squarciate si espanse per esser colto dall’angelo di 
Dio. Ora ella è in pace. Coraggio, fratelli. Ieri l’avevo nutrita del  Pane celeste e col sapore di quel Pane ella andò all’ultimo 
martirio. Ora darò anche a voi quel Pane perché domani è  giorno di festa sovrumana per voi. Il Circo vi attende. E non  temete. Nelle fiere e nei serpenti voi vedrete aspetti celesti  poiché Dio compierà per voi questo miracolo, e le fauci e le 
spire vi parranno abbracci d’amore, i ruggiti e i sibili voci celesti, 
e come Castulo vedrete il Paradiso che già scende per  accogliervi nella sua beatitudine”. 
I cristiani, meno Plautina, sono tutti in ginocchio e cantano: 
“Come il cervo anela al rivo così l’anima mia anela a Te.  L’anima mia ha sete di Dio. Del Dio forte e vivente. Quando 
potrò venire a Te, Signore? Perché sei triste, anima mia? Spera  in Dio e ti sarà dato di lodarlo. Nel giorno Dio manda la sua  grazia e nella notte ha il cantico di ringraziamento. La preghiera 
a Dio è la mia vita. Dirò a Lui: ‘Tu sei la mia difesa’ (S. 41). 
Venite, cantiamo giulivi al Signore; alziamo gridi di gioia al Dio  nostro Salvatore. Presentiamoci a Lui con gridi di giubilo.  Perché il Signore è il gran Dio. Venite, prostriamoci ed  adoriamo Colui che ci ha creati. Perché Egli è il Signore Dio 
nostro e noi il popolo da Lui nutrito, il gregge da Lui guidato” (S. 94). 

***
A cura di Mario Ignoffo 

Preghiera di guarigione



"Gesù, per amor nostro, hai preso su di te i nostri peccati e le nostre infermità e sei morto in croce per salvarci e guarirci, per darci la vita.
Gesù, crocifisso, sei sorgente di ogni grazia e benedizione. Ora alziamo a te il nostro sguardo e la nostra preghiera per la guarigione nostra e di tutti i nostri infermi.

Gesù, abbi pietà di noi. 

Gesù, hai sofferto sul capo per la corona di spine e sulla faccia per gli schiaffi e gli sputi. Per questi tuoi dolori guariscici dal mal di capo, emicranie, artrosi cervicale, ulcere e da ogni malattia della pelle.

Gesù, abbi pietà di noi.

Gesù, hai sofferto agli occhi bagnati di sangue e li hai chiusi morendo per noi.
Per questi tuoi dolori guariscici dalle malattie agli occhi. Dà la vista ai ciechi.

Gesù, abbi pietà di noi.

Gesù, con la voce morente hai pregato il Padre di perdonare i tuoi uccisori e con l'udito quasi spento hai accolto la preghiera del buon ladrone. Per questo tuo amore tra sofferenze, guariscici dalle malattie alle orecchie, al naso, alla gola. Dà la parola ai muti e l'udito ai sordi.

Gesù, abbi pietà di noi. 

Gesù, ti hanno inchiodato mani e piedi alla Croce.
Per questo crudele dolore guariscici da paralisi, artrosi, reumatismi, dalle malattie alle articolazioni e alle ossa. Fa' camminare gli zoppi. Risana gli handicappati.

Gesù, abbi pietà di noi.

Gesù, nelle tre ore di agonia hai sofferto la sete, il soffocamento e poi sei spirato emettendo un alto grido, come pazzo d'amore per noi.
Per questi tuoi estremi dolori guariscici dalle malattie ai bronchi, ai polmoni, ai reni, alla mente e da ogni tumore e malattia strana. Solleva gli agonizzanti.

Gesù, abbi pietà di noi.

Gesù, ti hanno perforato con una lancia il costato, mentre il tuo corpo già morto era coperto di piaghe e di sangue.
Per il tuo Cuore trafitto e per il tuo Sangue versato fino all'ultima goccia, guariscici dalle malattie al cuore, al seno, allo stomaco, all'intestino, alla circolazione del sangue e da emorragie. Chiudi ogni nostra ferita. 

Gesù, abbi pietà di noi. 

Gesù, ti preghiamo per i malati qui presenti o nelle nostre intenzioni: familiari, parenti, amici, conoscenti.
Chiediamo la guarigione per il loro bene e per le necessità della loro famiglia.
In questo momento ti raccomandiamo in particolare (nome).
Te li raccomandiamo per l'intercessione della Vergine Maria che era accanto a te sotto la Croce.
Desideriamo la guarigione perché cresca la nostra fede, si estenda sempre più il tuo Regno attraverso segni e prodigi. Gesù, se è volontà del Padre che le malattie rimangano, in questo momento le accettiamo. Sul tuo esempio vogliamo accettare la nostra croce con amore.
Ma ti chiediamo la forza di sopportare ogni dolore e di unirlo al tuo grande dolore per il bene nostro, delle nostre famiglie, della Chiesa, del mondo.
Grazie, Gesù, per quello che farai per noi e per i nostri infermi, perché siamo convinti che qualsiasi cosa farai sarà sempre una grande benedizione per tutti noi."

Il problema dell'ora presente. Antagonismo tra due civiltà



LA FRAMASSONERIA DENUNCIATA

***
Nei cinque e sette anni che trascorsero fra la pubblicazione dei tre primi volumi e dei due ultimi, la sua opera fu letta e suscitò delle osservazioni da parte dei framassoni. "Secondo alcuni di questi FF
 - dice Barruel - io ne ho detto troppo; secondo altri, fu inevitabile che io dicessi tutto. Si sa che i primi sono del numero di quelli che io compresi nell'eccezione dei FF. troppo onesti per essere ammessi dentro gli ultimi misteri; e gli altri, del numero di quelli, i quali, dopo aver visto tutto nelle retro-loggie, si sono finalmente vergognati e si pentirono d'aver meritato gli onori massonici. Io sono debitore agli uni ed agli altri dei miei ringraziamenti, ma sono pure debitore d'una risposta". Questa risposta egli la dà, dimostrando che ha detto tutto ciò che doveva dire, e niente altro che ciò che doveva dire.

Altri massoni si adirarono per vedersi così scoperti ed accusarono Barruel di mala fede. Fu soprattutto l'opera d'un inglese, Griffith, redattore delle Monthly Review. Questo scrittore trova passabili, soddisfacenti anche, le prove che Barruel dà della cospirazione contro l'altare; ma dice che quelle della cospirazione contro i troni non sono perfettamente dimostrate. Specialmente l'abolizione della dignità reale in Francia è dovuta, dic'egli, a circostanze locali, più che ai voti e alle trame dei cospiratori della Rivoluzione. Dicendo ciò, egli non fa alcun cenno delle prove recate da Barruel a favore della sua tesi.

Per rispondere all'accusa di mala fede, Barruel fa osservare ch'egli ha dato e dà di nuovo i testi nel loro idioma originale a fianco della traduzione che ne fece. E per ciò che spetta ai documenti più importanti a cui si riferisce, egli dice che non solo è lodevole che ognuno consulti i volumi stampati, ma che confronti questi volumi coi manoscritti che si trovano negli archivi reali di Monaco. Barruel fa di più: egli offre al suo accusatore un convegno a Monaco per mostrargli negli scritti originali le prove evidenti della sua calunnia. Griffith non solo non vi si recò, ma rifiutossi di pubblicare nella sua Revue la risposta di Barruel.


Weishaupt, il fondatore dell'Illuminismo, venne a dar mano forte a Griffith, che era senza dubbio uno de' suoi adepti. Barruel diede pure a Weishaupt convegno a Monaco, ove avrebbe potuto rivedere gli originali delle sue proprie lettere di cui contestava l'esistenza, o il testo. "Ma - aggiungeva Barruel - siccome egli non poteva farvisi vedere senza esporsi ad essere impiccato per cagione de' suoi misfatti contro i costumi, egli potrà nominare un procuratore". Egli non vi andò né in persona, né per procura.

Delasuss, Henri;

MORTE AL CLERICALISMO O RISURREZIONE DEL SACRIFICIO UMANO




Monsignor Gaume

Domande frequenti sugli angeli - 1 - 2 - 3 -



1. Dovremmo dare un nome al nostro Angelo custode?

La breve risposta a questa domanda più frequente sugli angeli è semplicemente "no". Per la Congregazione per il Culto divino e i Sacramenti del Vaticano, nel documento Il Direttorio sulla Pietà Popolare e la Liturgia del 2001, si afferma che "la pratica di assegnare nomi ai santi angeli dovrebbe essere scoraggiata, tranne nei casi di S. Gabriele, San Raffaele e San Michele, i cui nomi sono contenuti nella Sacra Scrittura "(217).

Facciamo bene a riflettere, quindi, che il termine "Angelo custode santo" esprime profondamente il nostro legame con l'angelo assegnato a noi da Dio per la vita. Proprio come c'è solo una donna e un uomo in tutto il mondo che possono rispondere a noi quando diciamo "mamma" o "papà", così anche in tutti i cori degli angeli, c'è solo un angelo che può rispondere a quando gridiamo "Angelo santo custode, aiutami!"

2. Ogni essere umano ha un Angelo custode?

Che ogni battezzato abbia un Angelo custode è chiaro da ciò che insegnò San Basilio e il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica ribadì: "Ognuno dei fedeli ha un angelo che sta al suo fianco come educatore e guida, dirigendo la sua vita" (cfr. CCC 336). Questo passaggio non afferma specificamente che ogni essere umano, senza eccezione, abbia un Angelo custode. Tuttavia, in un altro passaggio, il Catechismo sottolinea senza mezzi termini che "Dal suo inizio fino alla morte, la vita umana è circondata dalla loro [vigile cura degli angeli] e intercessione" (CCC 336).

In accordo con ciò, l'insegnamento generale dei teologi sostiene che non solo ogni battezzato, ma ogni essere umano ha il proprio Angelo custode personale che insegna anche il YOUCAT (Catechismo giovanile della Chiesa cattolica) pubblicato di recente, approvato dalla Congregazione per la Dottrina della fede nel 2010, "Ogni persona riceve da Dio un angelo custode" (n. 55). Questa visione è biblicamente fondata e fondata sulle parole di Nostro Signore nei Vangeli, dove afferma con enfasi ai Suoi discepoli: "Vedi che non disprezzi uno di questi piccoli. Perché ti dico che i loro angeli in cielo vedono sempre il volto di Mio Padre che è nei cieli "(Mt 18:10). Inoltre, San Tommaso d'Aquino insegna che la protezione degli angeli è un dono non solo di grazia, ma anche un dono per l'umanità nell'ordine della natura. Finalmente, poiché ogni individuo, basato sul proprio libero arbitrio, ha un destino unico, è giusto che ci sia una relazione uno a uno con un angelo. Questa stessa posizione fu insegnata anche da San Gregorio Magico e San Girolamo, i quali sostenevano che ogni persona ha dalla nascita il suo speciale Angelo custode.

3. Quando ci viene assegnato il nostro Angelo custode?

San Tommaso d'Aquino sostiene che tutti ricevono un Angelo custode alla nascita. Inoltre, afferma che l'angelo custode della madre custodisce suo figlio mentre è ancora nell'utero. Altri padri e dottori della Chiesa, tuttavia, per esempio, San Girolamo e San Basilio il Grande, credono che il nostro Angelo custode sia assegnato al battesimo. Sant'Anselmo, d'altra parte, fa un passo avanti affermando che "ogni anima è impegnata con un angelo quando è unita a un corpo". In altre parole, crede, insieme ad altri santi e teologi, che tutti ricevano un Angelo custode al momento del concepimento. Per riassumere, quindi, ci sono tre opinioni su quando il nostro Angelo custode può essere assegnato a noi, vale a dire, 1.) al concepimento, 2.) alla nascita, o 3.) o al battesimo.

Il fatto che ogni persona umana abbia un Angelo custode esclude implicitamente che riceviamo l'Angelo custode al battesimo. Resta, quindi, una questione aperta alla speculazione se un essere umano riceve l'Angelo Custode al momento del concepimento o della nascita. Ma dal momento che la vita di una persona inizia nel momento del concepimento, non c'è motivo per cui l'angelo debba aspettare fino alla nascita della persona. Considerando l'importanza dell'assistenza prenatale, è ragionevole credere che l'Angelo Custode vorrebbe essere coinvolto. Può anche essere vero, che tutti beneficiano dell'assistenza angelica dall'inizio della vita secondo la naturale provvidenza di Dio, e che nel battesimo sorge un profondo legame soprannaturale con i santi angeli.

***

E così adornata, aspetterai il tuo Sposo



Le Rivelazioni Celesti di Santa Brigida di Svezia 


Parole della gloriosa Vergine alla figlia circa il modo di vestire e quali devono essere le vesti e gli ornamenti di cui deve adornarsi e vestire la figlia. 

Io sono Maria, che ho partorito il vero Dio e vero Uomo, il Figlio di Dio. Io sono la Regina degli Angeli. Il Figlio mio ti ama con tutto il cuore. Tu devi essere adornata di onestissime vesti. Ti mostrerò come e quali devono essere. 

Come dunque vesti prima la camicia, poi la tunica, le scarpe, il mantello e la collana sul petto, così devi vestire spiritualmente. 

La camicia è la contrizione. Come infatti la camicia è più vicina alla carne, così la contrizione e la confessione sono la prima via della conversione a Dio. Con esse è purificata la mente, che prima godeva nel peccato ed è frenata la carne immonda. 

Le due scarpe sono due sentimenti: la volontà cioè di emendare i difetti e la volontà di fare il bene e astenersi dal male. 

La tua tunica è la speranza in Dio, perché, come la tunica ha due maniche, così nella speranza vi sia la giustizia e la misericordia. Sicché, come speri dalla misericordia di Dio, così non dimentichi la sua giustizia. E così ricorda la sua giustizia e il giudizio in modo da non dimenticare la misericordia. Perché nessuna giustizia Egli fa senza misericordia, né misericordia senza giustizia. 

Il mantello è la fede: come infatti il mantello tutto copre e tutto tiene racchiuso, così con la fede l'uomo può tutto comprendere e ottenere. Questo mantello dev'essere immerso nei segni della carità del tuo Sposo; e cioè deve significare come ti ha creata, come ti ha redenta, come ti ha nutrita, come ti ha attratta nel suo spirito e ti ha aperto gli occhi spirituali. 

La collana è la considerazione della sua Passione. Essa sia sempre fissa sul tuo petto. Come fu deriso, flagellato, insanguinato e confitto vivo in croce con tutti i nervi spezzati. Come alla morte, ne tremò tutto il corpo per l'acutissimo dolore. Come nelle mani del Padre raccomandava lo spirito. Questa collana sia sempre sul tuo petto. 

La corona sul tuo capo significa la castità negli affetti, in modo tale da voler essere piuttosto percossa che macchiata. Sii dunque costumata e casta. Non pensare, non desiderar altro che il tuo Dio, avuto il quale tutto avrai. 

E così adornata, aspetterai il tuo Sposo

Benedetta sii tu, o Maria



Beata te, o Maria, vergine povera, figlia di poveri! Tu sei divenuta la Madre del Signore dei signori. Nel tuo grembo, santa Madre del Signore, ha dimorato santamente quel Figlio della cui lode sono pieni i cieli. Beata te, o Maria: con il tuo latte hai nutrito il Figlio di Dio! E beate le tue braccia che lo hanno stretto al petto. Lui, fiamma d'amore, hanno sostenuto le tue ginocchia. Beata te, o madre colma di ogni bene: in te è sbocciata la luce che ha vinto l'oscurità delle tenebre. Benedetta sii tu, o Maria, e benedetto il frutto che ci hai donato! Benedetto il Padre che ha inviato il Figlio per la nostra salvezza! E benedetto lo Spirito consolatore che ci ha insegnato il mistero di lui. Benedetto il suo nome in eterno. Amen.

SOTTO LA GUIDA DELLO SPIRITO



Esplorare la vita

Qual è la natura di questa avventura spirituale che non è assolutamente propria dei monaci ma che interessa ogni battezzato che voglia prendere sul serio il germe di vita deposto dalla grazia in fondo al suo essere? Si tratta, per l'appunto, di un germe, di un seme: di una vita, quindi, cioè di qualcosa che, di per sé, deve muoversi, crescere, svilupparsi se non vuole languire e morire. La vita non è mai statica: si evolve sempre, in un senso o nell'altro; di conseguenza, prendere sul serio la vita significa coltivarla, ascoltarla, circondarla di premure, liberarla dagli ostacoli, nutrirla e lasciare che sbocci e fiorisca in pienezza. Sarebbe estremamente più semplice per tutti se la vita cristiana si riducesse a una catechesi, all'insegnamento di alcune verità elementari e assolute: in tal caso basterebbe memorizzarle con assiduità per tirarne le logiche conseguenze a tempo opportuno. Lo stesso avverrebbe se la fede fosse costituita essenzialmente da un codice di precetti e di divieti o se si esaurisse in un grandioso progetto di azione o di conquista: sarebbe sufficiente conformarvi il nostro comportamento quotidiano. In realtà si tratta di qualcosa di molto più vasto, anche se la fede si esprime necessariamente in un corpo di dottrine, anche se genera un determinato comportamento morale e spinge il credente a un impegno effettivo e concreto a servizio del Regno già da ora. Ma prima e ben più in profondità di tutto questo, la fede è una vita - la vita di Dio in noi - che può essere soffocata dalle nostre membra carnali, cioè dall'orgoglio del cuore e da un corpo ribelle: è una vita che deve aprirsi un cammino per progredire. D'altronde non è innanzitutto a un insegnante, né a un catechista, né a un professore di morale e nemmeno a un manager di grandi imprese spirituali e apostoliche che pensa colui che cerca un aiuto spirituale. Pensa innanzitutto a qualcuno che conosca per esperienza diretta questa vita e sia capace di trasmetterla. Ebbene, la stessa trasmissione della vita è un affare di vita: non c'è nulla di più naturale e di meno sofisticato per la vita che sciamare e diffondersi. La vita diventa spontaneamente trasparenza e agisce per osmosi. Tra i primi monaci del IV e V secolo, dove la paternità spirituale costituiva la pedagogia fondamentale, un apoftegma circolava in diverse versioni. Eccone una, attribuita ad abba Poemen, uno dei più famosi padri del deserto: "Un fratello chiese ad abba Poemen: 'Dei fratelli vivono con me; vuoi che dia loro ordini?'. 'No - gli dice l'anziano - fa' il tuo lavoro tu, prima di tutto; e se vogliono vivere penseranno a se stessi'. Il fratello gli dice: 'Ma sono proprio loro, abba, a volere che io dia loro ordini'. Dice a lui l'anziano: 'No! Diventa per loro un modello, non un legislatore"'. Questo aspetto della tradizione monastica cristiana richiama singolarmente un altro detto - appartenente, questo, alla tradizione chassidica del giudaismo - in cui un discepolo spiega come gli sia bastato guardare il proprio maestro che si allacciava un sandalo per restare edificato: un semplice gesto e il messaggio è trasmesso! La guida infatti è molto più di un maestro: è lui stesso l'insegnamento, l'intera sua vita costituisce il messaggio. La vita desta la vita. E l'anziano o l'accompagnatore si presta a questo mistero di vita non con quello che sa e ancor meno con quello che può dire, ma molto semplicemente in forza di ciò che è e che di conseguenza può trasmettere, nel senso più forte di questo termine, in virtù della qualità del suo essere che irradia senza neanche che lui lo sappia e che delle parole debbano nascere.


***