IL SOVRANO DI ROMA
Pio V coll'eminente sua santità seppe imporsi ai suoi stessi avversari. Non vi è nulla che sia più atto ad ottenere venerazione e obbedienza, che sottomettersi per primo agli ordini o ai consigli che si danno. L'autorità acquista prestigio, e non si lascia guidare dal capriccio. Così ha fatto Gesù; prima d'insegnare diede l'esempio.
Quando si vedeva il capo della Chiesa osservare rigorosamente le leggi del digiuno, menare una vita austera, consacrare lunghe ore all'orazione, mostrare una fede viva nell'Eucaristia, come non si sarebbe ubbidito alle sue raccomandazioni e alle sue pie direttive? Nessuno poteva essere tentato di dire al riformatore che vegliasse prima sulla propria condotta, vedendo come egli, eliminando quanto sapeva di vanità e leggerezza, menasse una vita tutta abnegazione e fervore.
Egli voleva che i membri della gerarchia ecclesiastica facessero altrettanto; convocò i cardinali e i principali dignitari, per esortarli alla divozione e allo spirito di mortificazione. “Noi, diceva, non potremo arrestare i progressi dell'eresia, se non facendo violenza al cuore di Dio. Voi siete la luce del mondo e il sale della terra, ha detto il Divin Salvatore, e dovete tirare al bene le anime coll'esempio della vostra divozione e dei vostri santi costumi. La Chiesa si glorierà assai più delle vostre buone opere, che dello splendore dei vostri palazzi”.
E unendo l'esempio al consiglio, Pio V non si contentò di pregare nella sua cappella privata, ma colle sue pratiche esteriori di pietà edificò e fece meravigliare tutta Roma. Una delle sue visite preferite, era la visita alle Sette Chiese. Il popolo commosso al vedere il S. Padre uscire senza apparato e camminare a piedi, s'abituò a poco a poco agli esercizi di devozione che venivano ispirati da un si alto esempio.
Non trascurava nemmeno le manifestazioni solenni di fede e di riparazione. Fu visto, mentre era in lotta contro i turchi, ordinare delle funzioni religiose e presiederle. “Da Urbano VI in qua, esclamava il popolo, vale a dire da duecento anni, non si era più visto un Papa fare come lui delle processioni di penitenza”.
I miracoli coi quali Iddio ricompensava la santità del suo Vicario, attiravano tanta moltitudine di gente, che le chiese non potevano contenerla. Nel tempo di carnevale, ch'egli non volle proscrivere per un riguardo al suo predecessore, raddoppiava il fervore, quasi protesta contro la sfrenatezza dei divertimenti. Ogni giorno, senza curarsi delle maschere, attraversava la città recitando il Rosario, e si dirigeva verso l'Aventino per assistere alle Quarantore celebrate a Santa Sabina e fare ammenda onorevole.
Verso il SS. Sacramento nutriva una divozione casi ardente, che nelle processioni, nonostante la lunghezza del percorso e i dolori cagionatigli dal mal di pietra di cui soffriva, non volle mai servirsi della sedia gestatoria.
A vederlo così umile e raccolto portar devotamente l'ostensorio, il popolo sentiva ravvivarsi la fede nella presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia, i cattivi si convertivano, e molti inglesi, che si fermavano qua e là lungo il corteo per burlarsi del cattolicesimo, mossi dalla fede quasi trasparente del Papa, finivano per abiurare l'eresia. Così Roma si trasformava rapidamente. “L'eterna città, scriveva S. Francesco Borgia il 22 aprile 1569, presenta un aspetto ben diverso da quello d'una volta”. Gli stranieri, anche quelli che avevano maggiori pregiudizi, sentivano un soffio novello passare sulla città e disperdere gli antichi disordini.
Un signore tedesco scrivendo a un principe della sua nazione, diceva che i pregiudizi sulla incredulità e sul libertinaggio di Roma svanivano davanti allo spettacolo della compostezza e della pietà del popolo.
“Oh come la realtà, diceva ingenuamente costui, contrasta con la voce che corre! lo so per testimonianze certe che i digiuni del Papa, la sua umiltà e santità il suo zelo per la fede risplendono d'una luce sì viva, che il popolo crede di veder rivivere in lui Leone o Gregorio Magno, e rimane come trascinato dal suo esempio a praticare le stesse virtù... Io non dubito d'affermare, che se Calvino stesso, morto nell'ultima domenica di Pasqua, avesse visto questo pontefice, senza fasto, nell'atto di benedire la folla, avrebbe dovuto con tutti i presenti riconoscere il vero rappresentante di Cristo. I benefici ecclesiastici non vengono più concessi alla potenza, alla ricchezza, al favore, ma a un profondo spirito di religione e alla virtù. Quantunque il Papa soffra penuria di denaro, e non manchi chi lo consigli ad aprir la porta ad entrate di somma importanza, egli non 'ha mai voluto saperne. Osserva scrupolosamente i decreti del Concilio, e so da buona fonte che egli ha sdegnosamente rifiutato molte migliaie di pezze d'oro, che gli vennero offerte come prezzo d'una dispensa che prima di lui veniva concessa abitualmente”.
Tanti utili cambiamenti e riforme, tanta giustizia, carità e abnegazione, e un si ardente zelo gli conciliarono naturalmente la venerazione dei romani. “Non presta il fianco a ironie” scriveva cavallerescamente 1'Ambasciatore di Venezia. La città si gloriava del suo santo Pastore; un nuovo raggio di gloria circondava la fronte del Pontefice. Tutto il popolo aveva in lui piena fiducia; e quando infieriva qualche flagello, si rivolgevano a lui preghiere, perché intercedesse presso il Signore per la cessazione del castigo.
Il Senato, interprete officiale dei romani, per dimostrargli la riconoscenza del popolo voleva erigergli una statua. Ma egli non lo permise. Per questa sua rinuncia Iddio lo ricompenserà con tali onori, che Pio V, intravedendoli, rimarrà quasi costernato.
Del Card. GIORGIO GRENTE
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