giovedì 22 ottobre 2020

DONATEMI LA PERFEZIONE O FATEMI MORIRE!

 


Dal dì primo febbraio 1815 fino al dì 6 del suddetto mese, il mio spirito si è trattenuto in conoscere i propri difetti, e nella cognizione di se stessa annientandosi, umiliandosi e confondendosi nel proprio nulla, piangendo amaramente le mie gravissime colpe, con abbondanti lacrime, che dalla grazia di Dio mi venivano compartite, per così purificare la povera anima mia.

Nelle orazioni e Comunioni dei suddetti giorni, si accresceva viepiù questa cognizione, e, detestando veracemente il mal fatto, desideravo ardentemente la perfezione. In questo tempo che il mio spirito si tratteneva in questi desideri, Dio gli dava a conoscere la differenza che passa dalle opere perfette alle imperfette. Oh, che gran diversità!

A questa cognizione, scolpivo chiaramente quanto sono lontana dalla vera perfezione, quando giustamente avevo ponderato qual fosse la vera perfezione, dando uno sguardo a me stessa, mi riconoscevo per la creatura più imperfetta, più ingrata che abita la terra; e, piangendo e sospirando amaramente, piena di fiducia nei meriti di Gesù, a lui mi volgevo piangendo dirottamente, lo pregavo incessantemente a volersi degnare di darmi la perfezione, la corrispondenza all’infinito suo amore, offrendomi a patire ogni qualunque pena per ottenere la grazia bramata.

Così andava dicendo la povera anima mia al suo Signore: «Mio Dio, mio amore, vi offro il sangue e la vita, donatemi il vostro amore, datemi la corrispondenza, donatemi la perfezione. Pongo ogni mia speranza in voi, mio bene, mio amore: o donatemi la perfezione, o fatemi morire! Scegliete a vostro talento quello che più vi piace. Gesù mio, vi chiedo la grazia per il solo vostro onore, per la vostra sola gloria. Rinunzio a tutti i vantaggi che mi porta il conseguimento della grazia; voglio diventar perfetta per potervi piacere. Gesù mio, non posso più soffrire di vedermi ingrata al vostro amore».

Intanto per parte di interna cognizione, lo spirito andava penetrando con somma apprensione quanto grande sia la mia ingratitudine, per non corrispondere alle tante grazie che mi va facendo Dio, per pura sua misericordia. Conoscendomi meritevole di mille inferni, chiedevo al mio Dio pietà e misericordia. In questa guisa si va struggendo la povera anima mia verso il suo amato bene, non cercando, non bramando altro che amore per pagare l’eterno amore.

Beata Elisabetta Canori Mora


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