venerdì 30 ottobre 2020

«Voglio divenire un santo: voglio suscitar santi. Lo posso, lo voglio, lo devo, o Gesù!».

 


ONORE AL CROCIFISSO


DOTT. GUIDO NEGRI (1888 + 1918).

«Voglio divenire un santo: voglio suscitar santi. Lo posso, lo voglio, lo devo, o Gesù!». Ecco lo anelito costante di questo professore universitario. di questo medico, di questo capitano che, per l'alta virtù e dedizione, meritò ancor vivente lusinghieri e innumerevoli encomi e dai più oscuri amici e dai più augusti personaggi. Nel giovane dalla cravatta svolazzante e margherita all'occhiello, frequentatore di circoli cattolici e ritrovi secolareschi, nel brillante ufficiale, palpitava un'anima che si librava verso le vette della perfezione.

E chi gli dava ali per i voli dello spirito? Il Crocifisso!

«Ecce Homo! - esclamava indicando il Crocifisso - ecco l'Uomo! Sinora era ideale l'uomo sazio di gioia, coronato di rose. Ora il sogno, la vita convergono in un Doloroso, cinto di spine, vestito di sangue, scettrato di canna. I Santi, cui farà bandiera e modello il Doloroso, saranno flagellati, coronati, crocifissi... Oh potessi un giorno riposarmi su di una Croce!... deve essere divino! ... ».

Ed eccolo alla pratica realizzazione.

Guido, come ogni figlio di Adamo, sentiva in sè il fermento del peccato originale, e le basse sollecitazioni. Ma per ispegnere gli ardori dell'appetito

e conservare tutto il profumo al giglio della sua purezza, si valse di una mortificazione severa. E non solo fuggiva i diletti peccaminosi, procurava altresì di sentire un riverbero dei dolori espiatori e santificatori di Gesù. Dal 1910, ogni venerdì cingeva il cilizio e nel segreto della sua stanza si flagellava a sangue. Solo l'autorità del confessore poteva moderare il suo spirito di penitenza. Il giovedì sera, dalle undici alla mezzanotte, entrava in orazione e si univa con tutta la sua anima all'agonia del Redentore nel Getsemani.

Amava santificare il venerdì anche con la Comunione Eucaristica. Un Cappellano militare narrò quest'episodio: «Un giovedì sera ricevetti da lui un biglietto così concepito: - Per domani, venerdì, alle ore tre pomeridiane, vengo da lei per fare la S. Comunione -. Celebrata la Messa, preparai una particola consacrata e la deposi nel tabernacolo di sassi, sotto la mia tenda. All'ora stabilita ecco il capitano, tutto trafelato, venir da me per ricevere il Signore. .- Spero, gli dissi, che non avrà voluto rimanere digiuno fino a quest'ora. - Sì, sono digiuno, rispose, ma la S. Comunione basta da sè sola a ,saziare la mia fame -. E la ricevette con la devozione di un angelo. Ho poi saputo che aveva vegliato tutta la notte precedente coi suoi soldati, e che quella mattina aveva lavorato per rafforzare le trincee. E per venire da me aveva dovuto camminare per due ore tra picchi e rocciose scoscese».

Il Crocifisso lo rese ardente e infaticabile apostolo tra studenti, amici, soldati, ammalati. Il Crocifisso non si dipartiva mai dal suo pensiero o dalla sua azione. «L'immagine del Calvario - scriveva - nella vita di ogni giorno si fissa vivamente in me: ogni giornata mi pare un piccola Golgota».

Avuto in dono un Crocifisso, vi costruì un piedistallo a mo' di calvario, perchè meglio parlasse al suo cuore. Il suo diario, come per dire che la sua vita camminava giornalmente per le vie del sacrificio, era intitolato «Itinerario della Croce». Il Crocifisso gli ispirò zelo ardente per la Chiesa e per la Patria e poteva scrivere ad un amico: «La Chiesa Santa e la Patria diletta, unite e fuse nel solo amore dei miei vent'anni, sono come due grandezze che si integrano».

Sui vari campi di battaglia diede infinite prove di coraggio e di abnegazione. Il 27 giugno 1916, sul Colombara, cadeva colpito al cuore. Cristo e la Patria accettarono quel sangue uscito da un cuore tanto generoso.

(G. Gribaudo: Un Capitano Santo - S. E. I. Torino, 1919).

Presso il Crocifisso, il desiderio della santità s'infiamma, ed un cuore generoso non può non ripetere col Negri: «Posso divenir santo, lo voglio, lo devo, o Gesù! ».


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