La censura interiore
Abbiamo visto sopra che il ruolo del padre spirituale consiste nel risvegliare nel discepolo il Maestro interiore, cioè lo Spirito santo. Prima di arrivarci, entrerà inevitabilmente in conflitto con un'istanza interiore che, in ciascuno di noi, rappresenta il nemico giurato del Maestro interiore. Chiamiamo questa istanza la censura interiore, il censore interiore. Chi possiede qualche nozione di psicologia avrà già capito a cosa ci si riferisce: si tratta del super-ego, struttura necessaria di ogni psiche umana, che svolge un ruolo preponderante nella nostra vita morale. Nessuno sfugge alla sua influenza il cui risultato può essere sia paralizzante che liberatore. In ogni caso anche il super-ego dev'essere modellato e guarito dalla grazia. In ciascuno di noi agisce come un'istanza inconscia che esercita una certa autorità sulle nostre opzioni concrete. E’ una sorta di cristallizzazione dei ricordi che ogni autorità esercitata nei nostri confronti, soprattutto nella prima infanzia, ha lasciato in noi. Ancor oggi noi percepiamo, senza saperlo, l'eco di disapprovazione o di incoraggiamento di ordini, comandi o divieti ricevuti nel passato, di punizioni che ci sono state inflitte e di sensi di colpa da cui siamo stati schiacciati. Inutile dire che la figura del padre o, meglio, le tracce che nostro padre, a torto o a ragione, ha lasciato in noi hanno svolto un ruolo determinante nella formazione di questo super-ego. Ma anche tutti quelli che hanno esercitato qualche autorità su di noi - insegnanti, educatori, preti - hanno lasciato la loro impronta, positiva o negativa. Come una volta sotto il controllo più o meno severo del padre, così ora mi trovo sotto il dominio altrettanto vincolante di questa istanza interiore che chiamiamo censore interiore: essa svolge il ruolo di spauracchio che mi vieta certe cose, mi impedisce di riuscire e a volte mi fa fallire. E’ ancora lei che mi minaccia e mi incute timore, che mi punisce e mi schiaffeggia, che suscita in me il sentimento di colpa e di vergogna. Se proviamo difficoltà a svelare i nostri sentimenti e i nostri desideri, non è innanzitutto perché sono cattivi, ma perché ci sentiamo inconsciamente giudicati, per quanto li concerne, dal nostro censore interiore. Sentirsi intimiditi o vergognosi di fronte al nostro consigliere spirituale deriva dal fatto che attribuiamo a lui i giudizi di valore di cui soffriamo a ogni istante a causa della nostra censura interiore. Questa identificazione del padre spirituale con il censore interiore, compiuta inconsapevolmente dal discepolo, racchiude da un lato la possibilità di autentica liberazione e, dall'altro, il rischio di un fallimento senza alcuna speranza. Rischio notevolmente aggravato se l'accompagnatore prende inconsciamente e anche solo in parte il posto del censore interiore, ingrandendo e rafforzando l'influenza nefasta di quest'ultimo, seppur con le migliori intenzioni. Questo capita molto più velocemente e più spesso di quanto si pensi e, nella maggior parte dei casi, molto prima che lo si sospetti. D'altronde, se il colloquio spirituale non conduce alla libera manifestazione dei desideri e dei sentimenti più profondi, ci sono scarse possibilità che possa succedere qualcosa di diverso. Consideriamo per un momento lo svolgimento classico di un colloquio spirituale come lo si praticava fino ad alcuni anni orsono, senza per questo negare che spesso sia stato fruttuoso: vi era un grosso pericolo che l'accompagnatore prendesse il posto del censore interiore. Si trattava innanzitutto di inculcare nel figlio spirituale alcune ferme convinzioni. L'accompagnatore gli proponeva quindi un ideale attraente. Il giovane non deve forse sognare un ideale e applicarsi per realizzarlo? La volontà del candidato veniva fortemente stimolata: se era abbattuto, lo si incoraggiava; se avveniva qualche scivolone o passo falso, si faceva appello al repertorio classico delle minacce, in cui il concetto di peccato mortale aveva un ruolo obbligato e insostituibile. Nel migliore dei casi, per favorire la guarigione, veniva stilato un piano concreto di mortificazioni, in cui la tattica di "allenarsi a cose faticose e difficili" per non più cedere alle tentazioni faceva la parte del leone. Tutto questo, naturalmente, con l'aiuto della grazia di Dio: aiuto che era sempre supposto ma scarsamente messo in rilievo da una simile strategia. Il punto nevralgico di una direzione spirituale di questo tipo è indubbiamente il fatto che l'accompagnatore è portato a dare il cambio al super-ego, al censore interiore del discepolo. Insieme corrono così il rischio di non raggiungere mai il Maestro interiore, né la grazia dello Spirito santo, fonte di ogni autentica libertà. Un simile accompagnatore non solo non farà mai opera di risveglio alla vita, ma aumenterà l'ansietà e irrobustirà la censura interiore, anche se userà spesso la parola libertà. Anche il concetto di libertà, infatti, può essere adoperato con il tono dell'obbligo, il che non fa che rendere ancora più confusa la situazione. Abbracciare il ruolo del censore interiore nel corso di un colloquio è cosa relativamente frequente e non si esagera mai nell'evitarlo. E quello che avviene se l'accompagnatore si permette di dire: "E ancora colpa tua", "Dovresti aver vergogna", "Non ci sono scuse per la tua debolezza". Ma il risultato è altrettanto funesto se approva o rassicura con generosità: "Bravo! Molto bene", "Non c e niente di male in questo", "L'intenzione era buona", "Al giorno d'oggi questo è permesso": frasi simili sono anch'esse graditissime dal super-ego. Se l'accompagnatore se ne lascia trascinare, cade sempre nel tranello dello stesso ruolo: non ha preso le distanze e si colloca ancora nel ruolo di chi stabilisce cosa si può o non si può fare, ciò che è permesso e ciò che è vietato. Non fa altro che dare il cambio al censore interiore. Il caso dello scrupoloso è assolutamente tipico. Un uomo simile si trova letteralmente schiacciato sotto il peso della censura interiore, incapace di scegliere tra il bene e il male. Gli resta una sola via d'uscita: eseguire con timore e tremore gli imperativi dell'istanza interiore, eventualmente anche in contrasto con il buon senso, cosa di cui sovente si rende perfettamente conto. Per aiutare quest'uomo è inutile calmare i suoi scrupoli con frasi come: "Questo non è male", "Non volevi veramente fare questo", "Non eri pienamente libero in quel momento". L'esperienza dimostra che la tregua è di breve durata. Non c'è da stupirsi: parlando in quei termini, l'accompagnatore si è identificato con il censore interiore. Dove questi di solito condanna, ora pronuncia un'assoluzione. Ma la calma relativa che ne consegue non dura: voltate le spalle, l'angoscia ritorna al galoppo, l'aguzzino interiore si rimette all'opera e tutto ricomincia da capo. Come aiutare la persona prigioniera della propria censura interiore, anche se questa non è sempre così forte come nel caso dello scrupoloso? Il primo aspetto importante è la qualità del rapporto. Questo suppone una forte dose di amore autentico. Nel discepolo l'affetto si esprime in una profonda fiducia; nell'accompagnatore, in un'oggettività e in una capacità di ascolto e di valutazione. Solo così il legame affettivo tra il maestro e il discepolo potrà controbilanciare gradualmente il legame che incatena il discepolo al suo super-ego. Quest'ultimo legame infatti, per quanto intessuto di colpevolezza e di timore, ha anch'esso a che fare con l'affettività. Quello che un tempo ci veniva comandato o proibito dai genitori o da qualsiasi tipo di autorità aveva sempre a che fare con l'affetto che ricevevamo da loro. Dietro ogni sentimento d'angoscia inculcato dal censore interiore riecheggia quello che un tempo percepivamo implicitamente negli ordini ricevuti: "Se non ti comporti come ti dico, non sarai più amato, non ti amerò più". Ecco perché il legame affettivo ha un'importanza così grande nel rapporto tra accompagnatore e discepolo: solo un amore autentico sarà finalmente in grado di mettere in crisi la posizione di forza occupata dal censore interiore. In seguito, basandosi su questo affetto, l'accompagnatore avrà il compito di neutralizzare il censore interiore del discepolo. D'altronde sa già in anticipo che questo censore se la prenderà con lui, tentando innanzitutto di tirarlo dalla sua parte e di cedergli il posto. Come abbiamo già visto, il padre spirituale dovrà stare attento a non cadere nel tranello, evitando tutto ciò che potrebbe portare a questa sostituzione. Farà attenzione a evitare frasi come: "Insomma, dovresti...", "Le cose dovrebbero andare così Non susciterà angoscia né senso di colpa, però si guarderà anche dal giustificare. In questo modo ci sono buone probabilità che la censura interiore allenti la presa sulla sua vittima: la sua dinamica languisce e muore e i suoi colpi vanno a vuoto. Verrà il momento in cui l'accompagnatore potrà, al cuore stesso del rapporto, dare il colpo di grazia al censore interiore dell'altro e metterlo in rotta. In che modo? Impossibile descriverlo, ma questo succede, e succede molto semplicemente aderendo alla vita. E’ qualcosa che scaturisce all'improvviso dall'accompagnatore, come una scintilla di vita e di libertà che si comunica all'altro: è qualcosa che proviene molto semplicemente dalla vita e da un inizio di autentica libertà che deborda dall'accompagnatore. All'improvviso gli è dato di mettere fuori combattimento il censore interiore e di raggiungere il discepolo a un livello molto più profondo della sua personalità, là dove la vera vita si nasconde dietro questo schermo di vergogna e di, angoscia. Tutta l'abilità consiste nel liberare questa vita e nel consolidare ciò che è nascosto dietro lo scrupolo e che, a prima vista, sembrava essere un male. Il male assoluto, infatti, è raro negli uomini: nella maggior parte dei casi il male è solo un bene distorto e deformato. L'arte del padre spirituale consiste nel raddrizzare con amore ciò che è distorto; una volta raddrizzata la stortura, il male svanisce e la vita autentica può sgorgare liberamente. Emerge allora che il peccato non si trovava là dove avevamo l'abitudine di collocarlo, così come il bene non si trovava sempre là dove eravamo soliti cercarlo. Il bene e il male erano altrove, non alla superficie della nostra personalità ma ben più in profondità, in un luogo in cui Dio è presente in noi. Senza la luce e lo sguardo di Dio non saremmo capaci di identificarli: ci riusciremmo a fatica in noi stessi, e ancor meno negli altri. "Non giudicate, e non sarete giudicati" (Mt 7,1). Quanto abbiamo appena descritto non avviene di colpo, fin dal primo incontro: implica il processo di tutta una vita, di cui il padre spirituale non è l'attore principale, si presta solo all'opera della potenza di Dio in lui. Il colpo di grazia inferto a questa malformazione sarà alla fine il frutto della Parola di Dio, del suo Spirito, del suo amore incredibile. Essere accolti come si è nell'affetto del padre spirituale, con tutti i propri peccati e la propria debolezza, è il segno - osiamo dire il sacramento - dell'accoglienza che ci viene fatta dalla misericordia di Dio. Dove c'è l'amore, c e una gioia inesprimibile: là incontriamo anche l'autentico pénthos, il pentimento secondo l'evangelo. Nulla è maggiormente liberatore e più costruttivo del vero pentimento. Questo non ha nulla in comune con i sensi di colpa suscitati dal censore interiore: ed è, senza dubbio alcuno, quest'ultimo che sbarra la strada all'autentico pentimento. Il senso psicologico di colpa e la conoscenza evangelica del nostro peccato sono due realtà radicalmente diverse: il vero pentimento è accolto nell'amore e con infinita gratitudine, al cuore della nostra debolezza e del nostro peccato. La forza di Dio infatti non si manifesta altrove che nella nostra debolezza. Una volta messo fuori combattimento il censore interiore, l'accompagnatore può agevolmente prendere in mano la situazione. Intendiamoci: l'autentico accompagnatore, cioè lo Spirito santo, davanti al quale la guida umana potrà presto ritirarsi. Questo potrà avvenire senza rischi non appena il discepolo avrà stabilito il contatto con lo Spirito e avrà, a partire da questo contatto, imparato a vivere da uomo libero. Eccoci alla sorgente della coscienza cristiana e dell'autentica libertà: "Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio sono figli di Dio" (Rm 8,14).
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