GESU’ OSTIA
All’incredulo perché sia meno scettico, e al sacerdote perché sia meno tiepido.
La conversione indica il passaggio netto da uno stato ad un altro, in cui si svela l'insufficienza e la precarietà dell'esistenza, immersi come si è, in una luce che proietta alle proprie spalle la realtà inconsistente e fragile delle ombre.
Questo stato di 'primavera spirituale' sboccia anche in chi passivamente ha ricevuto la fede sin dall'infanzia.
Ad un certo punto, infatti, nell'arco della vita, egli prenderà personale possesso della sua dimensione spirituale; e, come colui che prima non credeva, attraverso una porta aperta dalla misericordia divina, si affaccerà - con minore o maggiore coinvolgimento - su un mondo diverso, nuovo, suggestivo, incomparabile.
Questa porta si apre, lentamente o all'improvviso, mediante una lettura, una conversazione, una riflessione, un incontro... In queste pagine fisseremo l'attenzione su un incontro speciale: quello che mette l'uomo di fronte al Sole Eucaristico, i cui raggi di luce e di calore, penetrando nella sua mente e nel suo cuore, lo fanno sentire protagonista di una 'seconda nascita'. E la conversione diventa: abbandono del peccato, crescita nel bene, conquista di Dio.
A) SANT'ANTONIO, L'ERETICO E LA MULA
In una delle fonti più antiche della vita di Sant'Antonio da Padova, "Benignitas", si legge:
«Questo sant'uomo discuteva con un eretico di poca fede che era contro il sacramento di salvezza dell'Eucaristia e il santo l'aveva quasi condotto alla fede cattolica. Ma questo eretico, dopo i vari e numerosi argomenti a cui pensava di sottrarvisi, dichiarò: "Basta con le chiacchiere e veniamo ai fatti. Se tu Antonio, riesci con un prodigio, a dimostrarmi che nella comunione, vi è realmente il Corpo di Cristo, allora io, dopo aver abiurato totalmente l'eresia, mi convertirò subito alla fede cattolica".
Con grande fiducia, il servo di Dio rispose: "Credo nella misericordia del mio Signore Gesù Cristo, che ti esaudirà in ciò che tu domandi a favore della tua salvezza e per la conversione degli altri".
L'eretico allora si alzò e dopo aver invitato al silenzio con la mano, dichiarò: "Terrò rinchiuso per tre giorni una delle mie bestie e le farò sentire i tormenti della fame. Dopo tre giorni la porterò fuori in pubblico e mostrerò ad essa il cibo preparato. Tu starai di fronte con quello che ritieni sia il Corpo di Cristo. Se la bestia, trascurando il foraggio, si affretterà ad adorare il suo Dio, io condividerò la fede della tua Chiesa".
Sant'Antonio, pieno di fede, acconsenti subito e l'eretico gridò allora: "Ascoltate bene, voi tutti gente. Perché tergiversare con molteplici discorsi? Nel giorno stabilito raggiungeteci!".
La gente accorse in massa da tutte le parti verso la grande piazza. C'era lì Antonio, il servo di Cristo, accompagnato da una moltitudine di fedeli; c'era anche l'eretico con una deplorevole quantità di complici. II servo di Dio, che si era preparato a celebrare messa in una cappella vicina, ne comincia la celebrazione con grande fervore. Al termine della messa, esce in mezzo al popolo che lo attende portando con grandissimo rispetto il Corpo del Signore.
La mula affamata viene allora tirata fuori dalla scuderia dov'era rinchiusa e si dirige verso il cibo che si addice ad essa. Ma, dopo aver imposto il silenzio, l'uomo di Dio si esprime con grande fede ed ordina all'animale: "In virtù e in nome del tuo Creatore, che io per quanto ne sia indegno, tengo nelle mie mani, ti dico, bestia, te lo ordino: avanza prontamente, e rendi omaggio al Signore con il rispetto dovuto, affinché i malvagi e gli eretici comprendano che tutte le creature devono umiliarsi dinanzi al loro Creatore che i sacerdoti tengono nelle mani sull'altare".
Il servo di Dio non aveva ancora finito di parlare che la bestia, trascura il foraggio, piega la testa, abbassandola fino ai ginocchi, avanza e s'inginocchia dinanzi al sacramento vivo del Corpo di Cristo.
Ne consegue una gioia immensa per i fedeli cattolici; la tristezza e la confusione degli increduli e degli eretici. Dio è così lodato e benedetto; la fede cattolica onorata ed esaltata. L'iniquità eretica è confusa, si condanna da sola all'obbrobrio eterno. Quanto all'eretico di cui si è parlato egli abiurò l'eresia dinanzi a tutti e si sottomise in maniera esemplare ai comandamenti della Chiesa»".
Siamo nell'anno 1227, nella città di Rimini, in quella che oggi è chiamata 'Piazza Tre Martiri'. Sul luogo del prodigio sorge un santuario antoniano; e al suo interno si conserva il tronco della colonna da cui il Santo operò.
Per la tradizione, l'eretico è un càtaro di nome Bonovillo.
B) LA CONVERSIONE DI UN ATEO
André Frossard, prestigioso giornalista del "Figaro" e scrittore di talento, recentemente scomparso, in una delle sue opere, "Dio esiste, io l'ho incontrato", pubblicata con successo nel 1969, porta la testimonianza della sua conversione, del suo incontro improvviso e fortuito con Dio. Non una conversione lenta, evolutiva, ma un vero e proprio colpo di fulmine, da cui nasce una storia d'amore unica ed insuperabile.
Ecco le fasi salienti del suo racconto:
«Entrato alle cinque e dieci d'un pomeriggio in una cappella del Quartiere latino per cercarvi un amico, ne sono uscito alle cinque e un quarto in compagnia di una amicizia che non era di questa terra.
Entratovi scettico ed ateo di estrema sinistra, anzi - più ancora che scettico e più ancora che ateo - indifferente e preoccupato da ben altre cose che da un Dio che non pensavo neppur più a negare, tanto mi pareva ormai passato da un'infinità di tempo nel conto profitti e perdite dell'inquietudine e dell'ignoranza umane, ne sono uscito qualche minuto dopo "cattolico, apostolico, romano", trascinato, sollevato, ripreso, risucchiato dall'onda d'una gioia inestinguibile.
Al momento dell'entrata, avevo vent'anni. All'uscita, ero un bambino pronto per il battesimo...».
Prima di varcare la soglia di questa cappella delle suore dell'Adorazione Riparatrice, a Parigi, «Dio non c'era. Il cielo era vuoto, la terra una combinazione di elementi chimici riuniti a casaccio dal gioco delle attrazioni e delle repulsioni naturali».
Ma dopo, nella cappella, non sarà più così. Bastano cinque minuti: è il tempo sufficiente per una «divina imboscata». Cosa accadde?
Entrato, il suo sguardo si dirige verso il fondo illuminato della cappella, dove sopra l'altare maggiore, tra piante e candelabri, domina un ostensorio.
«Non ho mai visto ostensori abitati - confessa André Frossard - e neppure, credo, un'ostia, ed ignoro di trovarmi di fronte al Santissimo Sacramento, verso il quale salgono due file di candele accese».
Gli sfugge il significato di tutto questo apparato, e neppure si preoccupa di comprenderlo. I suoi occhi indagatori sono solo alla ricerca dell'amico, ma non riesce a riconoscerlo tra le religiose e i fedeli inginocchiati.
Ad un tratto, senza volerlo, il suo sguardo si ferma su una candela che brucia a sinistra dell'ostensorio, e «si scatena la serie di prodigi la cui inesorabile violenza smantellerà in un istante - scrive - l'essere assurdo che sono per far nascere il ragazzo stupefatto che non sono mai stato».
«VITA SPIRITUALE»: sono queste le due parole che gli vengono «suggerite». E precisa: «Non dette, e neppure formate da me stesso: sentite come se fossero pronunciate accanto a me sottovoce da una persona che veda ciò che io non vedo ancora».
È l'inizio di quella che lui definisce «valanga a rovescio»: «Non dico che il cielo si apre: non si apre, si slancia, s'innalza d'improvviso, silenziosa folgorazione, da quella insospettabile cappella nella quale si trovava misteriosamente rinchiuso».
E descrive ciò che vede e ciò che prova, nonostante il limite delle sue «povere parole»:
«Un cristallo indistruttibile, d'una infinita trasparenza, d'una luminosità quasi insostenibile (un grado di più mi avrebbe annientato) e piuttosto azzurrina, un mondo, un altro mondo d'uno splendore e d'una densità che rimandano di colpo il nostro tra le ombre fragili dei sogni irrealizzati. Questo mondo è la realtà, la verità: la vedo dalla sponda oscura su cui sono ancora trattenuto. C'è un ordine, nell'universo, ed alla sommità, al di là di questo velo di nebbia risplendente, l'evidenza di Dio, l'evidenza fatta presenza e l'evidenza fatta persona di colui che un istante prima avrei negato, colui che i cristiani chiamano «padre nostro», e del quale sento tutta la dolcezza, una dolcezza diversa da tutte le altre, che non è la qualità passiva designata talvolta sotto questo nome, ma una dolcezza attiva, sconvolgente, al di là di ogni violenza, capace di infrangere la pietra più dura e, più duro della pietra, il cuore umano».
Il miracolo di luce e di dolcezza durerà un mese, anche se con sempre minore intensità, fino a scomparire del tutto. Sarà un sacerdote, che lo preparerà al battesimo, a placare la sua sete di dottrina cristiana.
«Una cosa sola - ammette - mi sorprese: l'Eucaristia; non che mi sembrasse incredibile: ma mi stupiva che la carità divina avesse trovato questo metodo inaudito per comunicarsi, e soprattutto che avesse scelto, per farlo, il pane, che è l'alimento del povero e il cibo preferito dei ragazzi. Di tutti i doni profusi davanti a me dal cristianesimo, era certo il più bello».
C) MONS. HELDER CAMARA RACCONTA
Questa autorevole testimonianza è di Helder Càmara, arcivescovo di Recife e di Olinda, in Brasile.
Uomo di preghiera e di azione, è la voce dei diseredati di oggi, chiamato "vescovo dei poveri", "apostolo delle favelas", "profeta del Terzo mondo". Al servizio di tutti, fin dal suo arrivo a Recife nel 1964, è venerato come un santo.
Ed ecco il fatto che lui stesso racconta:
«Un giorno mi chiamano presso un medico che sta morendo, un ateo. Il malato mi dice: - Come medico, so che cos'ho, so di non aver più neppure un mese di vita. Allora io vorrei morire non come un animale, ma da uomo e, se possibile, da cristiano. Mi dia la fede!
Io cerco di spiegargli che la fede non è una puntura che si fa nel braccio. Ma aggiungo: - Ho un'idea. Ho la gioia di credere che durante la messa abbiamo Cristo con noi, vivo come al tempo degli apostoli. Verrò qui, per una messa, accanto al tuo letto. E ciò che non è possibile fare a me, Cristo non avrà forse problemi per realizzarlo.
Il giorno dopo vado a celebrare la messa. Conoscevo prima della messa la situazione matrimoniale del morente: lui e la sua donna vivevano more uxorio, ma erano liberi, non essendosi mai sposati. Durante la messa, c'erano tutti e due, mano nella mano... Al momento della comunione, rapidamente lei si stacca dalla mano del morente e si mette in ginocchio per ricevere la comunione. La madre del moribondo, istintivamente, mi grida: - Impossibile, padre, vive in stato di peccato!
Senza esitazione metto la mano sinistra sul capo della supposta peccatrice e le dico: - Noi tutti, purtroppo, siamo peccatori. Ma c'è stata la tua confessione pubblica. Sono certo che Cristo ti comprende.
Le impartisco la comunione e proprio in quell'istante il moribondo si alza sul letto ed esclama: - Credo, Dom Helder, credo che Cristo sia il Figlio di Dio e che sia presente nel Santo Sacramento.
Poi si confessa. I due si sposano. Mezz'ora dopo, è morto». Alla luce degli insegnamenti della Chiesa, il comportamento di questo vescovo potrebbe destare meraviglia, soprattutto ai nostri occhi, immersi da duemila anni nella culla del cristianesimo. Ma per comprendere pienamente questo fatto, dobbiamo tener presente due fattori: la realtà in cui vivono i missionari in terra di missione tra i non cristiani; Mons. Càmara aveva avuto certamente modo di capire il pentimento della donna.
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