venerdì 9 dicembre 2022

IL DISCERNIMENTO DEGLI SPIRITI

 


§. VII. 

55. Settimo mezzo sia l'esaminare esattamente le cose. Ponderarle bene, prima di darne giudizio. Giosue, quel gran capitano di Dio in vedersi comparire avanti un uomo armato, ch’era l’ angelo del Signore sotto sembianze umane fissogli lo sguardo in fronte, e lo interrogò con quelle parole: «Tu sei per noi o per i nostri avversari?» ed in questo modo scoprì ch'era l'angelo santo, mandato da Dio in difesa delle sue truppe: Rispose: «No, io sono il capo dell'esercito del Signore. Giungo proprio ora». Allora Giosuè cadde con la faccia a terra, si prostrò e gli disse: «Che dice il mio signore al suo servo?». (Jos. 5, 13,14). Ecco ciò che deve fare un direttore sollecito della salute o perfezione de' suoi discepoli: fissare sopra le loro operazioni l'occhio della mente, ed esaminare, se siano sante, e se appartengono a noi ch'essendo ministri di Dio siamo confederati con lui, o pure appartengono ai nostri nemici, mondo, carne, e demonio? Perciò non deve subito pronunziare sentenza e definire o contro o a favore del penitente (se pure non fosse uno spirito chiaramente buono o manifestamente cattivo), ma prima indagarne attentamente i moti, gl'impulsi, le azioni, gli andamenti e le circostanze che vi concorrono. 

 56. È necessario, dice S. Gregorio, che in tutte le nostre azioni ponderiamo con gran cura da quale impulso siamo spinti ad operare, se da inclinazione di carne, o da impeto di spirito (S. Greg. In Ezech, lib. I, homil. 5.). 

E ne arreca la ragione, perché spesso avviene, che l'impulso carnale si ricopre e si pallia sotto il manto dell'affetto spirituale: onde pare alla persona di operare spiritualmente, mentre illusa dalla falsa apparenza della interna mozione, opera carnalmente (Ibid.). Ma se sì diligente esame richiede il santo dottore per il retto discernimento de' propri affetti, quanto maggior ricerca, e ponderazione richiederassi per la discrezione degli altrui? mentre è molto più facile discernere le qualità de' moti, che insorgono nel nostro cuore, che di quelli che si nascondono ne' cuori altrui. 

 57. Vuole S. Ambrogio, che debba esser tale l’accuratezza di questo esame, che arrivi ad insinuarsi nell'intimo delle anime e delle loro coscienze per non errare ne' suoi giudizi. A questo fine apporta la saggia decisione, che diede Salomone su la controversia che vertea tra due donne sopra un tenero bambinello di cui ciascuna pretendeva esser madre. Gridava una, che quegli era il suo figliuolo. Menti, diceva l'altra, questo è parto delle mie viscere. Lo sanno gli occhi miei ripigliava quella, quante notti vegliarono per allevarlo. Lo sa il mio petto, soggiungeva questa, quanto latte gli somministrò per nutrirlo. In mezzo a questi clamori profferì la sentenza il savio re: Orsù, disse, giacché ambedue siete madri, si divida in due parti il bambino, ed a ciascuna se ne dia una metà (1Re 3,25). Dividetelo, dividetelo, - esclamò la falsa madre, che io son contenta. 

Oh questo no, ripigliò la madre vera, dura sentenza è questa per me. Stia piuttosto vivo il pargoletto tra le braccia della mia rivale, che morto nel mio seno. Allora Salomone, questa, disse è la vera madre: non si uccida il bambino: a lei si consegni (1Re 3,27). Allegato il fatto, soggiunge per nostra istruzione, il santo dottore che è proprio dell'uomo savio distinguere i moti occulti delle coscienze, e con la sottigliezza del suo spirito, quasi con una spada acuta, penetrare fin nelle viscere delle altrui anime, per separare il vero dal falso, il buono dal cattivo e ricavarne la verità (S. Ambr. De offic. min. lib. 2, cap. 8). Ma per far questo (chi non lo vede?) non può bastare un esame superficiale e precipitoso, ma si richiede una molto esatta e diligente perquisizione. 

 58. Ma perché è di pochi il penetrare nel segreto degli altrui cuori; per esaminare i moti e gl'impulsi quali sono in sé stessi, è necessario che osserviamo le operazioni esteriori, e negli indizi che queste ci danno, fondiamo il giudizio delle mozioni interiori dell'animo, in cui consiste la discrezione degli spiriti. Questa regola ce la dà il Redentore (Mt. 7, 17,18,20). Non possiamo, volle dire il divino Maestro, entrare nelle viscere dell’albero o nelle sue radici a mirare le qualità di lui: onde abbiamo ad osservare le frutta che quello produce, e dalle qualità di queste arguire se esso sia buono o pur cattivo. E conclude, che l'istessa regola dobbiamo tenere con le persone, cioè, arguire da ciò che apparisce al di fuori, quello che si cela di dentro. Dice Sant'Agostino, i tuoi pensieri; perché sebbene non penetrò con lo sguardo della mia mente dentro la tua coscienza, veggo però le tue opere che sono il frutto, cioè l'effetto, de' tuoi pensieri (S. August. In psal. 149). In questo, dunque, ha da impiegare il direttore tutta la sua accortezza e diligenza, in osservare attentamente le opere esterne de' suoi discepoli, per intendere da ciò che si vede, ciò che non può vedersi. ma che pur deve da esso giudicarsi. Deve anche indagare i fini a cui sono indirizzati i movimenti interiori dell'animo: perché siccome dal fine deriva tutta la malizia o la bontà de' nostri atti, così dal fine si arguisce rettamente quali essi in sé stessi siano, se buoni o rei. Sopra tutto deve accuratamente esaminare le circostanze: perché da queste rimangono spesso viziate o perfezionate le nostre operazioni. In somma siccome ne' proverbi una moglie diligente si chiama corona del suo marito (Prov.12, 4): così può dirsi, che un direttore diligente ed accurato in esaminare gli andamenti del suo discepolo, gli sia corona di meriti, perché lo conduce sicuramente ad una grande perfezione. 

G. BATTISTA SCARAMELLI SERVUS IESUS 

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