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domenica 11 luglio 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


ROMA ED IL M0ND0

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Sono queste davvero le prime pennellate del ritratto del nostro secolo; ma il quadro non è finito; ascoltate ancora per poco:

« La tempesta è per tutto, per tutto la defezione. Giammai la Chiesa, neppure ai primi suoi tempi, fu così abbandonata dalle potestà umane: perchè essa allora aveva da lottare contro l'ignoranza, non contro la perversità degli ingrati; essa era una follia, cui si voleva impedire di allargarsi, non una potenza che si volesse finire d'ab battere; i nèmici di lei non erano, come al giorno d'oggi, dei parricidi, essi non avevano a vendicarsi di diciotto secoli di benefizi. Per lottare contro questa passione im placabile e trionfante non rimane più un solo regno cattolico, non rimane più, benchè la moltitudine sia ancora cristiana, un solo popolo cristiano, non v'è più una forza organizzata, conscia del suo dovere! Gli uni l'hanno voluto dimenticare, gli altri hanno ancora da impararlo, ed una congiura prepotente fa sì che tutti l'ignorino sempre più. Agli occhi di queste turbe che ostina tamente onorano ed amano ancora Gesù Cristo si vuol far vedere la Chiesa come un'istituzione vecchia e screditata, come un trovato degli uomini, la cui stagione è passata, e da cui il mondo deve e può scio gliersi (Ibid.). » Questo quadro che rappresenta sì fedel mente e al vivo la fisonomia di questo se colo, ci fornisce ad un tempo la prova del l'immenso progresso, che ha fatto l'apostasia. E qui intendetemi bene, o signore, dico l'apostasia e non una apostasia, ed in ciò m'at tengo strettamente all'esempio di S. Paolo che nella sua Epistola seconda ai Tessalo nicesi ha, nel testo greco l'articolo d per indicare che l'apostasia la quale dee pre cedere l'ora fatale del mondo deve essere piena, generale, che ogni specie includa e non ne escluda alcuna, nè di sostanza, nè di luogo, nè di genere (come osserva Cor nelio A Lapide), e sia completa ribellione contro ogni autorità religiosa e civile. Delle rinuncie ad una parte di vero, sotto il nome d'eresie, di ribellioni ed altro, ve ne furono sempre dai tempi di S. Pietro in poi, per non parlare che dell'Era Cristiana. Ma l'apostasia finale indicata da S. Paolo deve consistere, secondo i Padri, in una defezione e ribellione quasi universale delle nazioni e massime dei governi che le rappresentano, dalla fede di Cristo e dalla soggezione ed ub bidienza al Sommo Pontefice. () Fermatevi ora un momento a studiare quest'apostasia ne' suoi effetti. Vediamo qual è lo stato in cui essa ha posto l'Europa ed il mondo, giacchè l'Europa è ancora alla te sta del mondo civile. Prencipi e popoli tremano, gli uni cinti di baionette, gli altri maledicendo; ma in tanto i prencipi pretendono di non obbedire più ad altro che alla volontà popolare, ed i popoli protestano di non voler subire più oltre un'autorità che venisse loro imposta. Secondo le promesse dei novatori, tutti do vrebbero essere contenti ed invece non v'ha chi sia tranquillo. Le zone cristiane non hanno più alcun diritto alla direzione della cosa pubblica; si rassegnano, tacciono e lasciano fare. I letterati, gli agitatori spa droneggiano e non badano ai cristiani, più che i patrizi dell'antica Roma agli schiavi. Costoro hanno le mani libere, eppure l'opera loro non li soddisfa. Essi sono inquieti, si sentono a disagio, v'ha qualche cosa che loro stringe il cuore. Essi riformano, trasformano e deformano per riformare, trasformare e deformare di bel nuovo; mai non trovano un assetto com modo alla società; stimolati da un pun golo incessante, essi corrono d'una in altra innovazione, tentando di afferrare dei sogni; tirano fuori e smettono da un giorno al l'altro ogni sorta di utopie. Non indietreg giano dinanzi a nulla; non li spaventano le rovine nè il sangue; non si arrestano dinanzi al diritto nè dinanzi alla giustizia nè dinanzi alla verità; lacerano i trattati, cambiano le costituzioni, violano le leggi e vanno e vanno sempre, ed è così che in tendono il progresso. Non è cosa che opponga loro valida re sistenza, ed il loro grido continuo è: vit toria. Essi trionfano, eppure si sentono ab battuti; s'inebbriano della propria gloria, ed in fondo al cuore portano fitta una spina; accumulano l'uno sull'altro quantità im mensa di materiali, e non giungono a edi ficar mai nulla; sanno troppo bene d'avere in mano la somma delle cose, per non te mere che i cristiani giungano a scavalcarli, ma sentono ad un tempo che l'avvenire non sarà per loro. Chi sa che una voce segreta loro non dica che non v'è più alcun avve mire per la società? Ed invero uno dei caratteri più spiccati della nostra epoca è codesta non curanza dell'avvenire che si manifesta per tutto. Sagace ai nostri giorni è quello statista che provvede alle difficoltà del momento; con tente le moltitudini del trionfo d'un'ora. Per nulla si fanno gli evviva, ed in men che non si dice eccoli dimenticati. Si decretano corone ai grand'uomini del giorno, s'innal zano loro statue lì su due piedi. Sembra che tutti diffidino del domani; si gode la vita con precipitazione; non si edifica più la casa per la propria famiglia, ma purchè duri per chi la fa; si direbbe quasi che questo nome di famiglia non contenga più il concetto della posterità. E così appunto ci dipingono i santi pa dri gli ultimi tempi del mondo. Secondo loro regnerà dappertutto un'inquietudine, un'agitazione indicibile; niuno più spererà nell' avvenire. La rabbia, che è uno dei principali attributi di Satana, invaderà il cuore dei suoi seguaci. Nelle lotte, nel tumulto che produrranno le passioni scatenate all'ultimo periodo del l'esistenza degli uomini sulla terra, gli eletti si stringeranno sempre più intorno al vi cario di Cristo, mentre gli apostati, di ca tastrofe in catastrofe, prepareranno la ca tastrofe finale. La venuta stessa, del figlio di perdizione, non darà neppur essa un istante di tregua ai malvagi. Da quanto ne dicono i libri sacri intorno alla sua breve dominazione, si vede che tanto lui quanto i suoi partigiani saranno ognora in preda ad un'agitazione febbrile, ad una sete di sangue, di carneficina e di sterminio che nulla varrà a saziare Avanti! Avanti! Cammina! Cammina! Tale sarà il programma di questo ebreo errante dell'empietà; tale è già la formola dei suoi precursori, i quali mettono il progresso nel distruggere senza posa. Sì, l'Europa si prepara ad un grande e lugubre avvenimento, e il fa senza accor gersene, come era preveduto da quelli che ce ne trasmisero i segni precorritori. Se voi, o signore, non siete ancora con vinto di questa verità, non avete che a con siderare la situazione rispettiva di Roma e del mondo in questo momento. Il Papa sta ritto in piedi al suo posto, a quel posto che Dio gli ha assegnato per la difesa di tutte le verità religiose e sociali. Ma fra tutti i potenti della terra, fra tutti i prencipi che dividono con lui l'onore ed il terribile incarico della sovranità, chi è che si trovi al suo fianco? Sia impotenza a resistere, sia conformità di sentimento, essi sono tutti nel campo de' suoi nemici. Alcuni ci stanno di mala voglia, e gemono di non poter fare come bramerebbero, altri menano vanto della loro apostasia; ma tutti, tutti son là nelle medesime file: Roma è isolata. Questo isolamento della città santa non dice egli nulla alla vostra mente, nulla al vostro cuore?

domenica 9 maggio 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


ROMA ED IL M0ND0

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Guardando le cose con semplice occhio umano, io rispondo francamente di no. Ma Dio nella sua misericordia ci può accordare una tregua, e sono inclinato a credere che essa verrà. Questa questione la tratterò in una delle prossime mie lettere. Ma, umana mente parlando, io dico con profondo convincimento, che non ci sarà più alcun Impero cristiano, ed ecco le mie ragioni. L'umanità, rispetto al grado d'intelligenza, si può dividere in quattro zone. La prima è quella delle barbarie. Essa comprende gli uomini che non hanno mai avuta alcuna idea del Creatore, o che ne hanno una falsa, oppure che, avendo avuto la grazia del battesimo, dimenticarono affatto i precetti del Cristianesimo, e non professano più fede alcuna, nè obbediscono ad alcuna legge morale; quale è per esempio la feccia della popolazione delle grandi città europee, non diversa per nulla dai selvaggi dell'Australia, se ne togli il raffinamento del vizio. La seconda è la zona cristiana, che il mondo chiama ignorante, perchè essa non conosce altro che ciò che è necessario alla salute eterna. - Questa ubbidisce ai precetti del cristianesimo, tutto che spesso non sappia nè leggere nè scrivere correntemente. Questa gente si trova per l'ordinario sparsa nelle campagne. La terza zona si compone di letterati, vale a dire d'uomini che acquistarono abbastanza cognizioni ed orgoglio con esse, per non ammettere più umilmente le verità rive late, ed obbedire alla semplice alle leggi morali che ne derivano. I meglio di costoro non s'occupano punto di Dio; gli altri, che sono la maggior parte, il fanno per negarne l'esistenza e gli attributi. Sta al di sopra di tutte la quarta zona; in essa gli uomini che si elevarono col proprio genio, collo studio e con le virtù sino ad avere una più viva intuizione della grandezza dell'Onnipotente, un più profondo rispetto della legge morale, una più vasta conoscenza del vero che gli altri uomini comunemente non abbiano, Ora le nuove istituzioni politiche, che tutta Europa va via via abbracciando, oltre ai difetti teorici che ho già segnalati, hanno quest'altro difetto pratico, che lasciano alla prima ed alla terza zona sopra indicate una grande preponderanza, che dico? la direzione su prema degli affari dello Stato. È la terza zona che trionfa nei Parlamenti. Essa ha quasi tutti i giornali nelle sue mani, essa regge l'opinione pubblica a suo talento, essa crea i ministri. Ed è la prima zona che trionfa per le piazze colla sommossa e la rivoluzione. Non è questo lo spettacolo che ci presenta l'Europa nel nostro secolo? Principi malvagi e governi tristi ve n'ebbero in ogni tempo; ma egli è specialmente in questo secolo che, grazie alle novelle istituzioni sociali, il male è penetrato dappertutto. Non si tratta più qui d'una malattia acuta che scoppia qua e là in qualche Stato, ma d'una malattia cronica, che affligge l'intera società. Dinanzi a questo spettacolo non v'ha osservatore imparziale che non si senta invaso da lugubri presentimenti, quand'anche ei non voglia tener conto di quanto fu rivelato in torno al futuro destino del mondo. Per noi poi, per noi che abbiamo la fortuna di possedere queste rivelazioni, la nostra indifferenza è davvero imperdonabile.

Il primo effetto che nasce dall'applicazione delle istituzioni moderne è d'obbligare i governi a disfare tutto ciò che fece e fa tutt'ora la Chiesa. Ora costoro che distruggono quel che ha fatto la Chiesa fondata da Gesù Cristo, e da lui assicurata della sua esistenza fino alla fine dei secoli, per chi lavorano essi? Date uno sguardo intorno a voi, o signore, e vedete quanta parte della terra si è sottoposta a questo lavoro, quanta gente vi mette la mano, e poi maravigliatevi ancora ch'io parli dell'Anticristo. Grazie alle istituzioni moderne l'apostasia è per ogni dove, e domina tutto. Coteste istituzioni mettono per principio fondamentale, che l'autorità non viene da Dio, ma dagli uomini; ed è questo appunto il segno che ci lasciò S. Ireneo per conoscere l'apostasia. In fatti questo santo padre nel suo libro contro le eresie, dice che il demonio ha sempre cercato di persuadere agli uomini che l'autorità non viene da Dio; ma soggiunge che una dottrina così poco ragionevole non sarà accolta dagli uomini che all'avvicinarsi della venuta dell'Anticristo. « La Chiesa e lo Stato sono di fatto separati, come dice l'Univers, 11 luglio 1868. « Lo Stato è laico, o giusta l'espressione del signor Guizot; esso « è libero, giusta l'espressione del conte di Cavour: due modi di dire ipocriti che involgono la confessione che lo Stato, la testa della società, non ha e non vuole più avere culto veruno. Ed anche questa è un'ipocrisia fatta per coprire una cosa più formidabile e più contraria all'umanità, la negazione di Dio. » Sono queste davvero le prime pennellate del ritratto del nostro secolo; ma il quadro non è finito; ascoltate ancora per poco:

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di J. E. DE CAMILLE

lunedì 15 marzo 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 



ROMA ED IL M0ND0

Che il mondo sotto la fresca impressione del terrore che aveva sparso per ogni dove la rivoluzione francese, abbagliato dalla sfolgorante meteora della gloria di Napoleone, abbia prestata poca attenzione al grande avvenimento della caduta del braccio secolare della Chiesa, alla disparizione dell'Impero romano, è cosa di cui fino ad un certo punto ci possiamo dare una qualche ragione; ma per noi, signore, per noi che viviamo a un mezzo secolo di distanza da quegli avveni menti, per noi che abbiamo già visto svolgersi in gran parte le loro tristi conseguenze, qual ragione si può dare della nostra indifferenza, se non è quella detta da uno dei padri della Chiesa, che io ebbi già l'occasioe di citare più volte, vale a dire che uno dei caratteri dell'avvicinarsi degli ultimi tempi sarà la viva ripugnanza che avranno gli uomini ad occuparsi dell'Anticristo? Supponiamo per un momento che la tradizione della Chiesa rimanesse sepolta nella più profonda oblivione, che non ci rimanesse più un solo esemplare della Bibbia di Vence, ove si legge: « La tradizione è concorde nell'insegnare che l'Anticristo non apparirà fintanto che l'Impero romano non sia di strutto; la ruina di quest'Impero sarà dunque uno dei segni principali che annunzieranno la venuta di quell'empio; o supponiamo che si possano abbruciare tutti i libri santi, gli atti degli apostoli, la bibilioteca dei santi Padri, e che niuno più ricordi quello che diceva, in fra gli altri, Tertulliano: « anche per un'altra ragione più grande egli è necessario che noi preghiamo per gli imperatori e per l'Impero, e questa è perchè noi sappiamo che il grande commovimento il quale deve sconquassare l'universo, ed i mali orribili che debbono accompagnare la fine dei secoli sono ritardati dal conservarsi del l'Impero romano; 9 supponiamo che ogni traccia di queste autorità, venerabilissime per un cristiano, possa sparire, con tutto ciò, rimarrà pur sempre a noi presente lo stato d'Europa ai nostri giorni. E poichè abbiamo parlato dell'Impero romano, guardiamo un momento all'Austria. Ecco l'erede di Giuseppe II, di quell'imperatore che non voleva sottomettersi alla Chiesa, inchinarsi dinanzi alla falsa opinione pubblica, ed affidare le sorti della sua monarchia a due protestanti, Benedeck e De Beust. - Si sa quel che n'è seguito: la direzione della cosa pubblica posta in mano dei dottori del Parlamento; invaso il paese al di qua ed al di là della Leitha da tumulti, dissensioni, baruffe, cose tutte che sono il prodotto più naturale delle istituzioni moderne. Ma i Freischützen d'Alemagna radunati a Vienna, ieri ancora sede degl'imperatori cattolici, apostolici e romani, per esercitarsi nel tiro della carabina, poterono rallegrarsi con Francesco Giuseppe, in un banchetto fraterno, per la sua abilità nel colpire nel punto nero, e con ciò intendevano congratularsi con S. M. I. per le sue belle gesta contro i neri, cioè contro Roma ed il clero. Spettacolo di desolazione! « Egli è un Impero cristiano quello che se ne va, ben diceva Le Monde (31 luglio 1868), egli è il baluardo dell'occidente che rovina. La caduta dell'Impero d'Austria condanna immediatamente la Francia a passare in seconda linea, e toglie ogni preponderanza, quasi quasi ogni influenza all'elemento cattolico in Europa. La politica del signor De Beust assicura il trionfo della rivoluzione, e fa discendere la Chiesa dal trono per tornare alle catacombe. Vi sarà ancora d'ora innanzi un Impero cristiano ? »

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di J. E. DE CAMILLE

lunedì 11 gennaio 2021

LETTERE D'UN EREMITA

 


L'IMPERO ROMANO

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Ora, signore, risalite meco di grazia il corso dei secoli, e cerchiamo di fare un raffronto, che io non credo senza importanza per la nostra questione. Il popolo ebreo aveva anch'esso una profezia, quella di Giacobbe, che gli prometteva la venuta del Messia, quando venisse a sfasciarsi il regno di Giuda (Genesi, C. XLIX, Vers. X). Cotesto regno parve effettivamente distrutto assai tempo prima, cioè quando il popolo eletto fu tratto in ischiavitù e disperso. Tornati in Palestina, gli Ebrei sono posti sotto il governo dei pontefici, i papi-re di quell'epoca, ed il potere temporale e spirituale viene esercitato ora dai discendenti di Levi ed ora da quelli di Giuda. Questi papi-re segnano i trattati, dichiarano la guerra e governano senza troppi contrasti il popolo nel corso del XVII e XVIII secolo di quell'epoca. La setta dei Saducei non si mostra in pubblico che sotto Eleazzaro, verso l'anno 1720, e quella dei Farisei appare soltanto un secolo dopo, sotto Onia III. Egli è in questo tempo, vale a dire nel secolo XIX della seconda epoca del mondo, che ha realmente principio quella serie vertiginosa di lotte, di tumulti, di disordini e di persecuzioni contro il sacerdozio e contro l'autorità civile, continuata sino alla distruzione di Gerusalemme. - Il regno di Giuda adunque, distrutto nel fatto dal tempo della cattività di Babilonia, continuò ad esistere di diritto nelle persone di Ieconia, di Salatiele e di Zorobabele, poi si ristabilì di fatto coi re pontefici e non cadde definitivamente che sotto i colpi dei rivoluzionari della Giudea, i quali combattendo i pontefici in nome della nazionalità e dell'indipendenza, condussero i Greci e gli Egizi nella fortezza di Sion e nella città di Gerusalemme. I sostenitori del diritto, gli Asmonei, tentarono bene di frenare i ribelli, ma, come ho accennato altrove, il solo Giovanni Ircano vi riusci, ed il suo regno che durò oltre trenta anni, fu il solo periodo di tregua che s'ebbe in quei tristi secoli. Dopo la sua morte ricominciarono le lotte, gli Egizi intervennero nuovamente, ed i sostenitori del diritto, ebbero quasi sempre la peggio. Finalmente Antipatro Idumeo, usurpato il regno, spartì la Giudea in due Stati, che lasciò ai due suoi figli Erode e Fasaele. Erode, aiutato dai Romani, combatte ed atterra tutti quelli che si oppongono alla sua assoluta dominazione. In quel tempo i re della stirpe reale della tribù di Giuda o di Levi sono scomparsi, scomparsi di diritto, di fatto e di nome, ed ecco che pochi anni dopo appare il Messia. In questi studi io mi sono tenuto alla cronologia comune, pur sapendo che questa è ancora assai controversa; basti dire che l'autore, o gli autori della Bibbia di Vence accennano, credo, ottanta diverse opinioni. Quanto a me, colpito dall'armonia che si ravvisa nell'opera della provvidenza seguendo questa cronologia l'ammiro e l'accetto senza darmi cura di troppo sottilizzare, persuaso come sono che Dio terrà sempre insoluta questa questione perchè appunto l'uomo non ardisca indagare troppo oltre i suoi segreti. Abbiamo oramai tante ragioni di credere che il mondo non debba oltrepassare i sei mila anni di vita (la settima epoca, da sei mila in su, essendo riserbata al riposo come il settimo giorno della creazione) che non sarebbe difficile il conget turare l'anno della tremenda catastrofe. Ma di questa nemo scit ha detto il Redentore, e perchè nessuno ne sappia, Iddio abbandonerà sempre probabilmente alle dispute dei dotti la vera e precisa età del mondo, destinata forse a restar velata ed incerta allo sguardo dell'uomo.

Io sono altamente persuaso che noi viviamo nel secolo 59º dell'età del mondo, sono persuaso che se quest'anno in cui siamo non è precisamente il 5869 (perchè del mese che desse principio all'anno di quei nostri antenati non si è ancora certi) il secolo nostro è sicuramente il 59°; sono egualmente persuaso che il mondo non durerà più di sei mila anni, e ben sapete su quali autorità mi appoggio. Ma non ignoro che gli ultimi giorni saranno abbreviati, e sventuratamente, niuno sa di quanto. Intanto un Impero è scomparso, o quanto meno l'autorità di lui si è ristretta nelle mani dei re pontefici. Dei settari oscuri sbucano dai loro sotterranei, vanno gridando per le strade libertà ed indipendenza e cercano di ribellare il popolo contro l'autorità legittima; il popolo si lascia sedurre, il castello della città santa, e la città stessa sono quasi sempre occupati da eserciti stranieri, in comseguenza delle cospirazioni dei settari..... – Ma questa è la storia d'Italia dei nostri giorni ! vi sento qui esclamare. – No, signore, questa è la storia del popolo ebreo nel secolo XIX.

di J. E. DE CAMILLE

domenica 27 dicembre 2020

LETTERE D'UN EREMITA

 


L'IMPERO ROMANO

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Allo sparire dell'Impero romano comincierà l'apostasia universale; di poi sorgeranno in gran numero i precursori dell'Anticristo; gli Ebrei si riuniranno nella Pa lestina, e ridiventati una nazione, si convertiranno. Dopo ciò avrà luogo l'ultima terribile persecuzione. Dio manderà Enoch ed Elia (e forse, come già vi dissi, anche San Giovanni evangelista) per sostenere gli eletti; imperocchè egli permetterà allora a Satana di far dei prodigi e di dare all'Anticristo una potenza straordinaria, acciocchè questi li seduca e li perseguiti. Verrà in fine Gesù Cristo a combattere, vincere, uccidere col suo soffio l'uomo del peccato, distrugge la razza maledetta, e porre un termine all'esistenza di questo mondo. Tale è il quadro che si para innanzi agli occhi di chiunque si mette a studiare la storia futura del mondo colla scorta dei libri sacri. Or bene, l'Impero romano disparve, e ben pochi fecero attenzione a questo fatto grave di tanto significato. Fermiamoci qui un momento per ammirare l'opera della Provvidenza, per riconoscere la sua alta giustizia e la sollecita cura che si prende degli uomini. Già prima che i discendenti di Rodolfo di Habsburg perdessero di fatto e di diritto, per le vicende politiche, il bel titolo d'imperatori cattolici, apostolici e romani, nella persona di Francesco II, questa famiglia, per opera di Giuseppe II, vi aveva già moralmente rinunziato. La condotta di quest'ultimo imperatore inverso il Papa e la Chiesa era un presagio ed un avvertimento a suoi eredi. Giuseppe II, non solo mostrò il più gran disprezzo per l'alta missione che questo titolo gli dava, ma in tutta la sua vita ne adempiè una contraria. Pareva ch'ei tutto mettesse in opera per cancellare fin le tracce delle tradizioni di famiglia, e sperdere ogni memoria di quanto ei doveva a Roma. E Dio scrisse sul libro eterno questa rinunzia spontanea, questa grande apostasia. Ma la provvidenza è clemente, l'Onnipotente è pieno di longanimità, e Giuseppe II, non ostante la sua apostasia, morì col titolo d'imperatore dei romani, che passò a suoi eredi. Questi potevano ancora mostrarsene degni, ma non fecero. Napoleone I, istrumento della vendetta celeste, coronato dalla vittoria, stabilisce la Confederazione germanica, e chiede a Fran cesco II di rinunciare al titolo d'imperatore dei romani. Questi accetta e diventa Francesco I imperatore d'Austria. Il 6 agosto del 1806 la cancelleria di Vienna pubblica un decreto di rinunzia spontanea, ove è detto che la dignità d'Imperatore dei romani rimane estinta; ed ecco di fatto finito l'Impero romano.

Napoleone I è vinto a sua volta anch'egli, ed i rappresentanti delle potenze si riuniscono a Vienna. Ivi l'imperatore d'Austria poteva bene rivendicare il suo titolo; nè la vacanza dell'Impero, dal 1806 al 1816, faceva ostacolo al suo rifiorire, imperocchè e Baronio e Muratori ed altri scrittori di annali fanno menzione di altre vacanze ben più lunghe; ma a Francesco I, dopo tante peripezie, probabilmente l'impero d'Austria parve già un'offa assai bella, e non insistè perchè l'Impero dei romani venisse ristabilito. A lui succede il suo figlio Ferdinando, il quale, nell'incoronazione fattasi a Milano, rinnova solennemente per sè e pe' suoi successori l'abdicazione alla dignità d'imperatore dei romani; così che l'oracolo del Vaticano, prendendo atto di questa rinunzia, proibì di fare più oltre menzione di questo impero nella liturgia, e soppresse le preghiere che erano solite farsi il venerdì santo per l'imperatore. Ma se il suo braccio secolare disparve, l'Impero romano dura tuttavia in diritto, e fino ad un certo punto anche di nome. Il Papa, che è quegli che conferiva altre volte il titolo d'imperatore dei romani, è imperatore romano egli stesso, perchè è il solo e vero protettore della repubblica cristiana. Egli non ha fatto che perdere il braccio secolare, la spada che faceva valere questo diritto; ma fintantochè sta a Roma, ed esercita il potere temporale e spirituale ad un tempo, per lo meno, il nome dell'Impero romano non è spento. Ora perchè il figlio di perdizione apparisca sulla terra, fa d'uopo, come dice Mal venda (De Antic., Lib. V., C. XX), che l'Impero romano scompaia di diritto, di fatto e di nome: funditus sublato nec no ºnen eactdt. Se il Nardi avesse posto mente a tutte le circostanze che vi ho esposte pur ora, egli non avrebbe creduto di veder sorgere l'Anticristo immediatamente dopo la rinuncia di Francesco II, come ei fa nel suo libro intitolato Della nostra epoca. D'allora in poi è corso un mezzo secolo, e più d'un Anticristo è venuto nel mondo. Costoro insegnarono che « Dio non è padrone dei regni della terra e che non si deve ubbidienza al potere legittimo » come previde Sant'Ireneo (contro gli eretici); costoro « si chiamarono salvatori e redentori, e si dissero cattolici per combattere la Chiesa; appellarono questo il secolo dei lumi, della scienza e del progresso, o come prediceva Origene nel suo trattato sopra San Matteo (Tratt. XXVIII); riempivano la Chiesa di eretici occulti perchè seminavano l'errore pur stando nel suo seno, preparando le dissensioni nel popolo, acciocchè questo sia più facile a ricevere il giogo del figlio del peccato, come annunziava San Cirillo (Catach. XV, sulla seconda venuta di Cristo); rapirono l'insegnamento alla Chiesa, si fecero fautori di una malintesa tolleranza, e fecero prevalere la sapienza e la politica mondana e carnale; sostennero che tutto è tenebre, ignoranza e notte nelle parole di Gesù Cristo, cosa appunto che si accorda a cappello con ciò che diceva San Gregorio Magno nel suo libro su Giobbe, a proposito degli ultimi tempi; costoro finalmente portarono ad un grado spaventevole il mistero dell'iniquità di cui parla San Paolo, il quale mistero, secondo Sant'Agostino, non è altro che l'opera dei cattivi e degli ipocriti, che cominciavano già ad ap parire nella Chiesa nei primi tempi e che sarebbero venuti crescendo al punto da costituire il popolo dell'Anticristo. Ma il figlio del peccato, l'uomo che deve racchiudere in sè, a detta di Sant'Ireneo, tutte le eresie, gl'inganni, le iniquità, le violenze, le tirannie più feroci di tutti i tempi, non è ancora comparso, perchè v'è una cosa che lo rattiene ancora, un baluardo di molto assottigliato, e rotto già in diverse parti dai furiosi colpi della rivoluzione, e questo è il potere temporale di colui che ha il diritto di consacrare gli Imperatori romani. E Satana ben conosce il valore di quest'ultimo baluardo, perocchè affine di affrettare la venuta del suo figlio di predilezione, egli slancia contro il Vaticano le sue legioni visibili ed invisibili.

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di J. E. DE CAMILLE

domenica 20 settembre 2020

LETTERE D'UN EREMITA

 


L'IMPERO ROMANO

Non v'ha più luogo a dubbio, signore, l'Anticristo, od a parlar più esatto, l'ultimo Anticristo, imperocchè ve ne sia già stato più d'uno in questo mondo, l'ultimo Anticristo ha da venire, e precederà di poco l'estrema catastrofe ("). E son certo che non troverete più così strano come v'apparve a tutta prima, che io m'accinga a trattare questa questione. E veramente come il potreste, voi che vi pregiate d'esser cattolico, quando Cristo si è degnato di parlare di questo avvenimento, quando i profeti ce l'hanno descritto, quando gli apostoli se ne sono occupati, quando i santi Padri l'hanno studiato con diligente cura, quando i commentatori e gli apologisti fecero lavori importanti intorno al medesimo, quando la Chiesa lo accolse fra le sue sacre tradizioni? Ma non ve l'abbiate per male, signore, se vi dirò che intorno a questa questione, cui si attende sì poco ai nostri giorni, a me par di scorgere un resto di dubbio ancora nel vostro pensiero. Ammetto, mi direte con tanti altri, ammetto che il figlio della perdizione debba apparire un giorno, e che la fine del mondo sia cosa che accadrà certamente; ma è egli forse possibile conoscere l'epoca di cotesti avvenimenti? Simile alla vostra era l'interrogazione degli apostoli al Divin maestro: Quando hoec erunt? 

Simile alla vostra erano le ripetute domande dei primi fedeli agli Apostoli. Ed il Salvatore rispondeva, e gli apostoli ripetevano: nè il figliuol dell'uomo nè gli angeli sanno l'ora nè il giorno. Cristo però, e quelli che da lui ricevettero la missione d'istruire i popoli, non tralasciarono di descrivercene l'epoca; che anzi, come ne fanno fede gli evangeli, il Divin maestro ce ne fece un'ampia pittura, e gli apostoli lo imitarono. 

E perchè tanta cura a soddisfare una curiosità che poteva parere inutile? Perchè tante vive raccomandazioni di non dimenticare ciò che essi dicevano a questo proposito? Non erano i cristiani dei primi tempi abbastanza lontani dalla catastrofe, perchè i vaticinii sulla medesima non potessero considerarsi come superflui? Chi sa che ciò non avvenisse appunto perchè l'uomo Dio sapeva, ed i suoi discepoli presentivano che sarebbe venuto un giorno, in cui altri cristiani più vicini ad essa avrebbero bisogno d'uno stimolo potentissimo per riconoscerne i segni e prepararvisi? Le sacre pagine ci pongono sott'occhio delle indica azioni precise; non solo ci danno un'immaggine viva e spirante dei tempi anticristiani, ma ne indicano per l'appunto l'epoca in cui avranno principio, e quella in cui toccheranno il fine. Quando hoec erunt ? Dite voi. Ma che? Non siete voi cristiano, che non lo sappiate? A questa interrogazione è già stato risposto da lungo tempo, e con una chiarezza che non ammette equivoci. Hoec erunt quando l'apostasia invaderà il mondo. E se volete una indicazione ancor più precisa, anche questa la troviamo. 

Alla caduta dell'Impero romano comincieranno i tempi anticristiani, e il mondo non durerà più di seimila anni. Ecco qui due termini fissati ben nettamente, senza che s'indichi nè il giorno, nè l'ora, che Dio volle a tutti nascosta. Del resto che bisogno c'era, per la salute delle anime, di conoscere quest'ora e questo giorno? Importava bensì conoscere l'epoca, poichè è in questa appunto che sta scritto, dover nascere una persecuzione contro la fede e contro la Chiesa, di cui non si sarà mai vista nè si vedrà mai più l'eguale, poichè è in questa appunto che gli eletti medesimi correranno gran rischio di perdersi. Eccola dunque cotesta epoca fatale bene determinata nel suo cominciare e nel suo finire. I suoi due termini sono segnati, non già dall'immaginazione d'un poeta, ma da tali autorità, innanzi a cui il cristiano non può a meno d'inchinarsi. 

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