Per la conversione d'Ars:
I. - Preghiere e penitenze.
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La quaresima del 1818, fu per il nostro asceta occasione eccellente per iniziare quel digiuno rigoroso che non cesserà che colla sua vita. Aveva già una preoccupazione di meno, avendo rinunciato alla domestica, ma riuscì anche a ridurre al minimo i suoi bisogni materiali. «Non ebbe mai molta regolarità nei suoi pasti» 15, ma il primo anno del suo ministero pastorale, nelle penitenze, aveva sorpassato ogni misura. Egli stesso più tardi, chiamerà questi eccessi «follie della sua gioventù», (fortunato chi non ne fa d'altre!) ammettendo anche che, in un certo senso, aveva passato i limiti: «Quando si è giovani - diceva ad un prete - si fanno delle imprudenze» 16.
Circa quindici giorni dopo il suo ingresso ad Ars, arrivava da Dardilly sua sorella Margherita, in compagnia della vedova Bibost, diventata cucini era onoraria della cura d'Ars. L'accoglienza dell'abate Vianney fu cordialissima, ma nulla più. «Cosa devo darvi?» - disse familiarmente alle due visitatrici. «Non ho niente». Dopo un momento di riflessione, pensò alla sua riserva personale, e si ricordò che gli rimanevano alcune patate un poco ammuffite, che egli stesso aveva fatto cuocere. Margherita, raccontando quel fatto ci ha detto: «Noi non abbiamo avuto il coraggio di mangiarne; egli invece ne prese due o tre e le mangiò davanti a noi, dicendo: «Non sono guaste, le trovo ancora buone». Poi aggiunse: «Mi aspettano alla chiesa e bisogna che vada: cercate di aggiustarvi come potete».
Gothon e la madre Bibost avevano avuto la felice idea di comperare un poco di pane nel villaggio di Trévoux. Trovarono poi nella casa un poco di farina, alcune uova, del burro che una persona caritatevole aveva portato al Curato e che egli aveva dimenticato in un angolo e ne fecero dei matefaims 17, - che sapevano di suo gradimento; - di più, uccisero due piccoli piccioni, che beccavano l'erba nella corte e li misero allo spiedo. Quando verso mezzogiorno il giovane Curato ritornò dalla chiesa trovò sulla tavola l'arrosto inatteso ed esclamò: «Povere bestie!... Le avete dunque uccise!... Volevo disfarmene, perché fanno danno ai vicini, ma non bisognava farle cuocere». Non volle prenderne e si accontentò di un matefaim 18.
Lo visitò anche il fratello Francesco, ma, meno previdente della sorella, venne senza alcuna provvista, e, per il pranzo, fu obbligato a raccogliere lui stesso le patate nel giardino ed a farle cuocere nella marmitta del presbiterio 19. Verrà tuttavia un tempo, come noi vedremo, nel quale l'abate Vianney si industrierà di trattare meglio i suoi famigliari.
Questo periodo di inizio, nel quale «egli era quasi solo, in balia di sé stesso» 20, fu certo il più austero della sua vita 21. Qualche volta, nel fervore della sua penitenza, lasciò passare anche due o tre giorni senza prendere nulla: così pure, durante un'intera Settimana Santa - forse quella del 1818 - non mangiò che due volte 22. Presto si abituò anche a non fare più alcuna provvista e non si mise mai in pena per il cibo del giorno seguente 23.
La vedova Bibost, prima di ritornare ad Ecully, aveva pensato di farsi sostituire dalla vedova Renard, la quale, nell'intento di prendere sul serio il suo ufficio, aveva portato nel presbiterio buon pane fresco; ma si accorse presto che il santo Curato, senza neppure averlo gustato, lo aveva distribuito ai poveri, accettando da quelli, e qualche volta comperando, quei pezzi di pane che essi avevano trascinato nelle loro bisacce 24.
La madre Renard gli preparò dei matefaims, e patate bollite che egli mangiava quando ne aveva tempo; ma più di una volta la buona donna «dovette ritornarsene in lagrime, piena di compassione col suo piatto ricolmo». Quando sapeva che era ritornato dalla chiesa andava a battere alla sua porta, ma egli non rispondeva: alle di lei insistenze, senza aprire la porta, gridava: «Non ho bisogno di nulla... non voglio nulla...». Molte volte le disse: «Non verrete più prima della tale data...» e si trattava sempre dello spazio di molti giorni. Quando la cuciniera, non ostante i suoi ordini precisi, veniva qualche giorno prima del tempo fissato, egli rimaneva inflessibile 25. La stessa, cosa doveva accadere ad altre persone, una delle quali diceva sospirando: «È molto difficile servire un santo» 26.
Alcune volte egli stesso fece cuocere nella sua marmitta, diventata leggendaria, le patate per un'intera settimana: le collocava in una specie di paniere di ferro, che sospendeva al muro e quando la fame lo tormentava, ne prendeva una o due (la terza, secondo lui, sarebbe stata per il piacere) 27 e le mangiava così, fredde, anche quando la provvista era quasi finita e le poche restanti si coprivano di muffa 28. Altra volta faceva cuocere un uovo nella cenere calda 29, oppure in una: casseruola dal manico lungo, si preparava indigesti matefaims, fatti con un pugno di farina, un po' d'acqua ed un po' di sale.
Continuò questo regime fino al 1827, epoca nella quale fu organizzata la casa della Provvidenza: da quel giorno l'abate Vianney prenderà i suoi pasti in questa casa. «Come stavo bene quando ero solo! - diceva scherzosamente. - Quando aveva bisogno di nutrimento cucinavo tre matefaims; quando mangiavo il primo, cuocevo il secondo; quando mangiavo il secondo, cuocevo il terzo e mangiavo il terzo mentre pulivo la mia casseruola e spegnevo il fuoco. Poi bevevo un buon bicchiere d'acqua e ne avevo abbastanza per parecchi giorni» 30.
Al mezzogiorno della domenica era più trascurato ancora e si accontentava di tre o quattro grammi di pane benedetto, senza per questo permettersi, alla sera, un nutrimento un po' più abbondante 31. Un giorno in cui la fame si faceva sentire più imperiosamente del solito, il «sublime imprevidente» trovò il suo paniere vuoto. Passando presso un vicino fu tradito dal suo aspetto anormale: «Cos'avete, Signor Curato?» gli domandò questi un po' spaventato. «Amico mio, è da tre giorni che non mangio più!». Il buon parrocchiano s'affrettò a portargli la metà di un pane 32. Un giorno in cui faceva visita alla casa di Giovanni Cinier, all'ora del pranzo, si portarono in tavola patate fumanti. «Sono molto belle» disse prendendone una, e dopo averla guardata un istante la rimise nel piatto. Antonio Cinier, uno dei figli presenti a questa scena, ha detto: «Era una penitenza che si imponeva» 33.
La sua vicina di casa ottenne il permesso di pascolare la vacca nel giardino del presbiterio, che era affatto trascurato. Un giorno sorprese in esso l'abate Vianney, che coglieva dell'acetosa. «Mangiate dunque erba?» gli domandò. Infastidito di essere stato scoperto, rispose: «Sì... provai a vivere d'erba, ma non potei continuare» 34.
A parte quanto poté dire in proposito nel villaggio la buona donna, il volto dimagrito diceva abbastanza agli abitanti d'Ars le penitenze che si imponeva il loro pastore. Per intuizione quest'anima mistica sapeva che lo spirito del Male esercita un potere tirannico sulle anime impure ed erano queste che egli doveva liberare. «Questo genere di demoni - dice il Vangelo - non si scaccia se non col digiuno e con la preghiera» 35. Il Curato d'Ars aveva preso la sua parola d'ordine dalle labbra del Maestro. Venti anni più tardi, il 14 ottobre 1839, in un colloquio confidenziale coll'abate Tailbades, giovane prete di Montpellier, che venne da lui per alcune settimane, onde formarsi all'apostolato direttamente alla sua scuola, rivelò così il segreto delle sue prime conquiste:
Amico mio, il demonio fa poco conto della disciplina e di altri strumenti di penitenza: lo turba invece la privazione volontaria nel bere, nel mangiare e nel dormire. Non c'è altra cosa che il demonio abbia maggiormente in orrore, che questo genere di penitenza, che, per conseguenza, è più gradito a Dio. Oh! quanto l'ho esperimentato! Quando ero solo nei primi otto o nove anni, ed ero libero di fare a mio piacimento, passavo giornate intere senza prendere nessun cibo, ed allora ottenevo da Dio tutto quello che domandavo per me e per gli altri.
Così dicendo, le lagrime gli cadevano dagli occhi. Poco dopo riprese:
Ora non è più la stessa cosa. Se rimango lungo tempo senza cibo, mi viene a mancare la parola. Ma come vivevo felice quando ero solo! Comperavo dai poveri i pezzi di pane che essi ricevevano in elemosina, passavo la maggior parte della notte in chiesa e non aveva tanti fedeli da confessare come al presente …. Ed il buon Dio mi faceva grazie straordinarie …. 36.
Così per il giovane Curato l'epoca delle grandi penitenze fu anche l'epoca delle grandi consolazioni.
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