MARIE des VALLEES
15.2.1590 - 25.2.1656 - ERMENGARDA HAUSMANN
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Il cielo aveva accettato Marie des Vallées come vittima, come risulta anche dalla rivelazione appena ricordata. Dal suo diciannovesimo anno fino a poco prima della sua morte, quindi per 46 anni, essa sopportò i suoi demoni con infinita pazienza.
« Perché sono ossessionata, e da dove viene questa cosa? » si domandava Maria.
«Io so benissimo di non essermi data al maligno; sono altrettanto sicura che nemmeno i miei genitori mi hanno data a lui... Allora è Dio che vuole così. Perciò io accetto la mia ossessione di gran cuore, e per amore verso di Lui, che si è dato a me, io voglio vivere e morire con essa, se così a Lui piace».
Un'altra volta essa pensò: «Se io avessi scelto la mia vita, non avrei certamente scelto quella di un'ossessa, ma Dio ha scelto meglio di me; e io non cambierei la mia vita con quella della Regina di Francia».
Da parte sua Gesù le disse: «Io ho riposto i miei tesori, cioè il mio oro, la mia corona e la mia gloria, in un cofano, in un luogo, in cui nessuno cercherà, cioè in un porcile. La stalla è suor Maria: i porci sono i demoni; il cofano è il mio cuore, la mia gloria sono le parole e le verità, che io dico alla mia sposa.»
Anche San Giovanni Eudes, richiamandosi a Marie des Vallées, era convinto che lo Spirito di Dio ha cura di nascondere le sue opere sotto la cenere e la polvere di coloro che gli uomini disprezzano e ritengono nulla.
Durante il primo anno della sua ossessione, come essa stessa affermò, Maria non poté mai chiudere occhio la notte. I suoi vicini, ai quali aveva fatto tanto del bene quando era stata sotto di loro, si misero d'accordo tutti assieme per provvedere al suo sostentamento. Dopo tre anni fu condotta a Coutances, dove il Vescovo Nicola Briroy (1587-1620) studiò il suo caso. Egli assunse anche nella parrocchia di st. Sauveur Lendelin accurate informazioni su di lei e sulla sua famiglia, e ben presto si convinse della grande virtù della giovane.
Nessuno però degli innumerevoli esorcismi tentati riuscirono a scacciare i demoni, che la martorizzavano. Interrogati dagli esorcisti, essi risposero che per espresso comando di Dio, essi non potevano ubbidire a loro.
Dopo due anni che Maria era a Coutances, nel 1614, essa fu accusata di stregoneria, e i giudici di Rouen ordinarono di prenderla. Il Vescovo di Coutances udito questo, la mandò a Rouen, ancora prima che si fosse fatto qualcosa contro di lei. Essa si fece spontaneamente mettere in prigione, ove passò metà dell'anno durante il quale fu indescrivibilmente tormentata. Anche qui si manifestò la sua straordinaria disposizione alla sofferenza e la sua grande capacità di sopportare il dolore. Quando la giovane, con tutto il corpo punto con degli aghi, fu minacciata di ulteriori tormenti dai parlamentari di Rouen seduti in toga rossa davanti a lei come giudici, ella rispose: «Io non ho alcun timore. Al contrario, credo che in tutto il mondo non ci siano abbastanza tormenti per me, e non ci sia una persona al mondo capace di farmi soffrire tanto quanto vorrei, per amore alla divina volontà...».
Benché i giudici avessero tentato di tutto contro Maria, alla fine essa fu dichiarata innocente, e poté tornare nella sua casa episcopale di Monsignor Briroy. Mai però la abbandonò il suo ardente desiderio della croce e del patire per l'infinito amore di Dio. Essa pregò perfino il Signore di farla patire le pene dell'Inferno. «Tu non sai quello che domandi», le rispose il Salvatore. «Perdonami», riprese lei, io chiedo i miei fratelli che si dannano. Io sono certa, anzi lo vedo, che l'Amore divino cerca ogni giorno qualcuno che sia disposto a soffrire nel tempo le pene dell'Inferno e l'ira di Dio, per liberarli così per l'eternità. Eccomi. Prendimi... Io non ho paura che tu non mi possa dare abbastanza tormenti...».
E quando una potenza infernale si servì delle sue stesse mani per schiaffeggiarla e colpirla senza pietà, anche allora non si spaventò, ma rimase sempre pronta al patire.
«È tutto qui, quello che puoi fare?» chiese al demonio che la tormentava. «Non sei molto forte! Vedi, io sono qui, non ho alcuna paura di te. Fa quanto di peggio puoi fare! Non aspettare a percuotermi che Dio te lo comandi, basta già che Egli te lo permetta. Bada bene a non risparmiarmi il minimo dolore che ti è concesso di infliggermi, perché io ho pregato con tutto il cuore che piombi su di te la sua collera e raddoppi i tuoi tormenti, se tu trascuri anche la minima parte di quel male che mi puoi fare. Ma sta attento a quello che fai perché io sono soltanto una povera formica, e tu sei un gran leone. Se il leone vince la formica, esso verrebbe ancora preso in giro e svergognato, perché si armò per combattere una creatura così minuta. Ma se la formica vincerà il leone, cosa che farà sicuramente, la vergogna ti brucerà in fronte per sempre. Non sei matto, non ti vergogni di fare quello che fai? Pfui, pfui contro la bestia dalle 10 corna!» (Apoc... ed ecco un grande drago rosso con sette teste e dieci corna...).
Marie aveva per il peccato un odio infinito, e lei chiamava se stessa una freccia avvelenata per la sua distruzione. «Se io sapessi di aver commesso un peccato», dichiarò, dal quale ricavassi uno straordinario vantaggio, io lo confesserei per tutte le strade accompagnata dal rullo dei tamburi perché fosse più grande la mia vergogna e così farei la mia penitenza e la riparazione del peccato.
Essa recitava ogni giorno una preghiera di Padre Coton SJ, che in seguito (1625) poté conoscere personalmente e del quale, a detta di san Giovanni Eudes, erano ben noti in tutta la Francia «i meriti, lo spirito, la dottrina, la pietà, la prudenza e l'esperienza». In questa preghiera, fra il resto, è detto: «Io rinuncio al diritto della mia libera volontà nella misura e tante volte che sono esposta alla tentazione e in pericolo di offenderti. Non cessare quindi di costringermi al bene, senza alcun riguardo per la mia libertà... Se vuoi tenerla in considerazione, sappi che la mia volontà deve essere considerata da te come non libera, e quindi trattata come tale, perché essa rinuncia con la tua grazia senza esitazione al suo naturale diritto; la libertà di fare il male non è affatto una perfezione. Come tu, mio modello, secondo la tua natura non puoi peccare, anch'io con la tua grazia devo non poter più peccare... come i beati, che ti devono amare, senza perder la loro libera volontà. Poiché veramente le tue opere non sono di vicendevole disturbo e la grazia e la gloria non danneggiano la Natura ma la perfezionano».
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