domenica 27 dicembre 2020

LETTERE D'UN EREMITA

 


L'IMPERO ROMANO

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Allo sparire dell'Impero romano comincierà l'apostasia universale; di poi sorgeranno in gran numero i precursori dell'Anticristo; gli Ebrei si riuniranno nella Pa lestina, e ridiventati una nazione, si convertiranno. Dopo ciò avrà luogo l'ultima terribile persecuzione. Dio manderà Enoch ed Elia (e forse, come già vi dissi, anche San Giovanni evangelista) per sostenere gli eletti; imperocchè egli permetterà allora a Satana di far dei prodigi e di dare all'Anticristo una potenza straordinaria, acciocchè questi li seduca e li perseguiti. Verrà in fine Gesù Cristo a combattere, vincere, uccidere col suo soffio l'uomo del peccato, distrugge la razza maledetta, e porre un termine all'esistenza di questo mondo. Tale è il quadro che si para innanzi agli occhi di chiunque si mette a studiare la storia futura del mondo colla scorta dei libri sacri. Or bene, l'Impero romano disparve, e ben pochi fecero attenzione a questo fatto grave di tanto significato. Fermiamoci qui un momento per ammirare l'opera della Provvidenza, per riconoscere la sua alta giustizia e la sollecita cura che si prende degli uomini. Già prima che i discendenti di Rodolfo di Habsburg perdessero di fatto e di diritto, per le vicende politiche, il bel titolo d'imperatori cattolici, apostolici e romani, nella persona di Francesco II, questa famiglia, per opera di Giuseppe II, vi aveva già moralmente rinunziato. La condotta di quest'ultimo imperatore inverso il Papa e la Chiesa era un presagio ed un avvertimento a suoi eredi. Giuseppe II, non solo mostrò il più gran disprezzo per l'alta missione che questo titolo gli dava, ma in tutta la sua vita ne adempiè una contraria. Pareva ch'ei tutto mettesse in opera per cancellare fin le tracce delle tradizioni di famiglia, e sperdere ogni memoria di quanto ei doveva a Roma. E Dio scrisse sul libro eterno questa rinunzia spontanea, questa grande apostasia. Ma la provvidenza è clemente, l'Onnipotente è pieno di longanimità, e Giuseppe II, non ostante la sua apostasia, morì col titolo d'imperatore dei romani, che passò a suoi eredi. Questi potevano ancora mostrarsene degni, ma non fecero. Napoleone I, istrumento della vendetta celeste, coronato dalla vittoria, stabilisce la Confederazione germanica, e chiede a Fran cesco II di rinunciare al titolo d'imperatore dei romani. Questi accetta e diventa Francesco I imperatore d'Austria. Il 6 agosto del 1806 la cancelleria di Vienna pubblica un decreto di rinunzia spontanea, ove è detto che la dignità d'Imperatore dei romani rimane estinta; ed ecco di fatto finito l'Impero romano.

Napoleone I è vinto a sua volta anch'egli, ed i rappresentanti delle potenze si riuniscono a Vienna. Ivi l'imperatore d'Austria poteva bene rivendicare il suo titolo; nè la vacanza dell'Impero, dal 1806 al 1816, faceva ostacolo al suo rifiorire, imperocchè e Baronio e Muratori ed altri scrittori di annali fanno menzione di altre vacanze ben più lunghe; ma a Francesco I, dopo tante peripezie, probabilmente l'impero d'Austria parve già un'offa assai bella, e non insistè perchè l'Impero dei romani venisse ristabilito. A lui succede il suo figlio Ferdinando, il quale, nell'incoronazione fattasi a Milano, rinnova solennemente per sè e pe' suoi successori l'abdicazione alla dignità d'imperatore dei romani; così che l'oracolo del Vaticano, prendendo atto di questa rinunzia, proibì di fare più oltre menzione di questo impero nella liturgia, e soppresse le preghiere che erano solite farsi il venerdì santo per l'imperatore. Ma se il suo braccio secolare disparve, l'Impero romano dura tuttavia in diritto, e fino ad un certo punto anche di nome. Il Papa, che è quegli che conferiva altre volte il titolo d'imperatore dei romani, è imperatore romano egli stesso, perchè è il solo e vero protettore della repubblica cristiana. Egli non ha fatto che perdere il braccio secolare, la spada che faceva valere questo diritto; ma fintantochè sta a Roma, ed esercita il potere temporale e spirituale ad un tempo, per lo meno, il nome dell'Impero romano non è spento. Ora perchè il figlio di perdizione apparisca sulla terra, fa d'uopo, come dice Mal venda (De Antic., Lib. V., C. XX), che l'Impero romano scompaia di diritto, di fatto e di nome: funditus sublato nec no ºnen eactdt. Se il Nardi avesse posto mente a tutte le circostanze che vi ho esposte pur ora, egli non avrebbe creduto di veder sorgere l'Anticristo immediatamente dopo la rinuncia di Francesco II, come ei fa nel suo libro intitolato Della nostra epoca. D'allora in poi è corso un mezzo secolo, e più d'un Anticristo è venuto nel mondo. Costoro insegnarono che « Dio non è padrone dei regni della terra e che non si deve ubbidienza al potere legittimo » come previde Sant'Ireneo (contro gli eretici); costoro « si chiamarono salvatori e redentori, e si dissero cattolici per combattere la Chiesa; appellarono questo il secolo dei lumi, della scienza e del progresso, o come prediceva Origene nel suo trattato sopra San Matteo (Tratt. XXVIII); riempivano la Chiesa di eretici occulti perchè seminavano l'errore pur stando nel suo seno, preparando le dissensioni nel popolo, acciocchè questo sia più facile a ricevere il giogo del figlio del peccato, come annunziava San Cirillo (Catach. XV, sulla seconda venuta di Cristo); rapirono l'insegnamento alla Chiesa, si fecero fautori di una malintesa tolleranza, e fecero prevalere la sapienza e la politica mondana e carnale; sostennero che tutto è tenebre, ignoranza e notte nelle parole di Gesù Cristo, cosa appunto che si accorda a cappello con ciò che diceva San Gregorio Magno nel suo libro su Giobbe, a proposito degli ultimi tempi; costoro finalmente portarono ad un grado spaventevole il mistero dell'iniquità di cui parla San Paolo, il quale mistero, secondo Sant'Agostino, non è altro che l'opera dei cattivi e degli ipocriti, che cominciavano già ad ap parire nella Chiesa nei primi tempi e che sarebbero venuti crescendo al punto da costituire il popolo dell'Anticristo. Ma il figlio del peccato, l'uomo che deve racchiudere in sè, a detta di Sant'Ireneo, tutte le eresie, gl'inganni, le iniquità, le violenze, le tirannie più feroci di tutti i tempi, non è ancora comparso, perchè v'è una cosa che lo rattiene ancora, un baluardo di molto assottigliato, e rotto già in diverse parti dai furiosi colpi della rivoluzione, e questo è il potere temporale di colui che ha il diritto di consacrare gli Imperatori romani. E Satana ben conosce il valore di quest'ultimo baluardo, perocchè affine di affrettare la venuta del suo figlio di predilezione, egli slancia contro il Vaticano le sue legioni visibili ed invisibili.

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di J. E. DE CAMILLE

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