Consapevole di questa straordinaria dignità, l’apostolo delle genti Paolo afferma: "Ho accettato di perdere tutto, per Lui!", indicando così qual’é l’insidia che mina alla radice la fedeltà e la fecondità del ministero sacerdotale: è la dimenticanza abituale di quella dignità e responsabilità sovrumana, che custodisce anche una enorme promessa di libertà!
Ogni giorno e ogni notte il sacerdote può trovare e gustare il proprio senso profondo nella storia se riconosce con convinzione e afferma con gioia, e con umile fierezza, di essere "differente" dal mondo e dalle sue leggi, ben più differente di quanto non sia il giorno dalla notte. Scelto nel cuore di questo mondo fatto di tenebra e di peccato, l’uomo sacerdote è collocato da Dio "nella Luce, quella che illumina ogni uomo". Non ha altra identità che questa: essere "luce del mondo" con la stessa fisionomia di Cristo risorto.
Questa divina luce "fatta persona" nel sacerdote è mandata dal Padre a testimoniare il tempo nuovo, il tempo della relazione nuova, della cooperazione tra Creatore e creatura. In questo mistero, cioè nella congiunzione del divino con l’umano, il sacerdote è consacrato a proclamare, con la vita personale e con la Parola del Vangelo e delle opere, che la "creazione nuova" è iniziata e che l’unica vita veramente umana e felice é quella vissuta con Cristo "nello Spirito".
La chiave di tutto è quel "per Lui!". La chiamata di Dio offerta al sacerdote realizza nel tempo un mistero eterno di Amore, di assoluta predilezione. Ma la fedeltà presbiterale alla vocazione e alla missione non è solo questione di coerenza con gli impegni ricevuti ed assunti, nel dono totale di sé. E’ una questione di riconoscenza, fatta di espropriazione a se stesso "secondo la carne" e di radicale appartenenza a Lui "secondo lo Spirito", a Lui Crocifisso Risorto "che ha dato tutto se stesso per me"!
Non "funzionari di Dio" ma "immagini viventi di Cristo" !
Aiuto al Sacerdote
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