domenica 27 dicembre 2020

La Stolta Superbia e Soave Umiltà

 


L’umiltà in persona

è la perfetta Bambina che giubila nel Regno dei Cieli” (Poema 2°, p. 659). “Impara da Maria a toccare i vertici dell’umiltà che abbassa la creta (il corpo) e innalza l’anima” (Quad. ‘43, p. 343).

“L’umiltà e il sacrificio sono le due potenti calamite che Mi attirano con tutti i miei doni. Maggiore l’umiltà della creatura, maggiore la presenza del Creatore”.

“Maria ha avuto Dio in sé, non solo spiritualmente, ma corporalmente, perché ha raggiunto il vertice dell’umiltà” (Quad. ‘43, p. 437). Gli è piaciuta la sua verginità, ma l’ha concepito la sua umiltà: “Virginitate placuit, humilitate concepit” (S. Bernardo).

Quando Lucifero, capo degli Angeli, si accorse della propria bellezza, salì in superbia, dicendo: “Darò l’assalto al Cielo, mi siederò sul trono dell’Altissimo e mi farò adorare come dio, in dispetto di Dio”. Maria invece, cosciente del proprio nulla e dell’infinita bontà di Dio da cui aveva tutto ricevuto, più si vedeva innalzata e più si abbassava. Con l’incanto della sua umiltà ha rapito il cuore di Dio e dal suo seno paterno ha attirato il Figlio nel proprio seno materno.

L’energia elettrica è forza di attrazione tra polo negativo e polo positivo. Così l’umiltà, riconoscimento del proprio nulla, ha attirato il Verbo, riconoscimento del proprio essere infinito nel seno della Vergine con la maternità divina.

“Se io non fossi stata umile in maniera perfetta, non avrei meritato di concepire l’atteso Salvatore che viene annullare la colpa di superbia che ha rovinato l’uomo, l’Angelo e il mondo. Se non fossi stata umile fino all’estremo limite, non avrei meritato di portare Dio che per cancellare la superbia della nostra razza annientava se stesso fino all’umiliazione di essere uomo” (Poema 1°, p. 172).

“Alla santa e benedetta Madre mia fu concesso di essere portatrice del Verbo con la divina maternità, non tanto per la sua natura immacolata quanto per la sua umiltà superperfetta. Tutte le umiltà umane non raggiungono il tesoro di umiltà dell’Umilissima che è rimasta sempre tale, anche quando ha saputo il suo destino di essere la più alta di tutte le creature.

Maria ha consolato le Tre Persone divine rimaste ferite per la superbia di Lucifero e della prima Coppia, con la sua umiltà seconda solo a quella del Verbo Incarnato. Cara mia Madre, eterna nostra gioia, potessi tu vederla ora in Cielo, mentre tutto il Paradiso l’avvolge del suo amore! Vedresti un abisso di gloria sprofondata in un superabisso di umiltà. La luce inconcepibile di Maria sfavilla doppiamente per la sua verginità e umiltà.

Raccogliendosi in adorazione dinnanzi a noi e umiliandoci tutti gli osanna celesti, Ella ci ripete: “Signore, non sono degna!”. Indegna Lei, la santa e prima sacerdotessa, per la quale creeremmo un secondo Paradiso perché avesse raddoppiate lodi”! (Quad. ‘43, p. 342).

“Avere portato nel mio seno il Figlio di Dio non poteva suscitarmi vampe di superbia. Egli avrebbe potuto venire sulla Terra ed essere Evangelizzatore e Redentore senza avvilire la sua Divinità incarnata ai naturali bisogni di un infante. Com’è salito al Cielo dopo la sua missione, così, per iniziarla, poteva scendere dal Cielo, dotato di un corpo adulto, perfetto. Tutto può il mio Signore e Figlio! Non sono stata che uno strumento per rendere più comprensibile e persuasiva la reale sua Incarnazione.

L’essere madre di Gesù fu, quindi, una grazia di cui non mi era lecito gloriarmi. Fra milioni e milioni di anime create dal Padre, Egli scelse per un decreto imperscrutibile la mia ad essere senza macchia. Se lo permettesse, io sarei in eterno prostrata dinnanzi al suo fulgore per umiliargli tutta me stessa in ricordo del suo decreto di bontà che mi ha dato un’anima battezzata in anticipo su tutte le altre, non con l’acqua e col sale, ma col fuoco del suo Amore. L’Eterno non vuole che in Cielo io mi umilii, perché mi ha fatto Regina nell’istante in cui, lasciata la Terra, sono stata cinta dall’abbraccio di mio Figlio” (Quad. ‘43, p. 632).

“Umiliandomi fino in fondo, ho vinto la superbia. Mi sono umiliata dinnanzi a tutti. Non parlo della mia umiltà dinnanzi a Dio, dovuta all’Altissimo da ogni creatura. L’ha avuta il suo Verbo o Figlio, la dovevo avere io, donna. Ma, hai mai riflettuto quali umiliazioni dovetti subire da parte degli uomini, senza difendermi in nessuna maniera?”.

“Tutti avevano peccato per sospetto o mormorazione verso il mio stato di gravidanza. Il rumore delle loro parole era venuto, come onda amara, a frangersi contro la mia delicata sensibilità. Furono le prime delle mie infinite umiliazioni che la mia vita di Madre di Gesù e del Genere umano doveva procurarmi: umiliazioni di povertà, umiliazioni per rimproveri di parenti e amici che, non sapendo la verità, giudicavano debole il mio modo di essere madre verso Gesù fatto giovane uomo, umiliazioni nei tre anni del suo ministero, umiliazioni crudeli nell’ora del Calvario, umiliazioni fino nel dovere riconoscere che non avevo di che comperare il posto e gli aromi per la sepoltura di mio Figlio!” (Poema 1°, p. 191).

“Vorrei che quando pensate a Maria, meditaste questa sua umiliazione durata 33 anni e culminata ai piedi della Croce. Tutto ha sofferto per voi: le derisioni della folla che la giudicava madre di un pazzo, i rimproveri dei parenti e delle persone d’importanza, la mia apparente sconfessione: Mia madre e i miei fratelli sono coloro che fanno la Volontà di Dio! E chi la faceva meglio di lei la tremenda Volontà che le imponeva la tortura di vedere suppliziare suo Figlio! E tutte le altre umiliazioni...” (Poema 9°, p. 16).

“Umiltà, prontezza, pudore, preghiera, cosa di eccelso non ha trovato in Maria il saluto di Gabriele, prima scintilla dell’incendio dell’Incarnazione. Grande il dono dell’Immacolata Concezione fatta alla Prescelta per essere il primo Tabernacolo del Corpo del suo Figlio, ma quanta umile corrispondenza da parte di Maria!” (Quad. ‘43, p. 303).

“Maria, l’umilissima, non osava neppure lontanamente pensare di essere la creatura perfetta. Ignorava la sua immacolatezza e il suo destino. Lo ha capito solo nell’Annunciazione, nell’abbraccio nuziale con lo Spirito Santo” (Poema 1°, p. 247).

“Se ad altra creatura fossero stati elargiti, non dico i doni segreti che solo Dio sapeva di avere dato a Maria, ma i doni palesi di cui uno si accorge, quali la somma intelligenza, le soprannaturali illuminazioni, le accese contemplazioni, ecc., non si sarebbe quella creatura, almeno ad intervalli, gloriata di tanto dono? In Maria, nulla di questo! Più Dio l’innalzava verso il suo trono, e più aumentavano in lei riconoscenza, amore, umiltà. Più Dio le faceva capire come su di lei era stesa la sua mano a protezione contro ogni insidia del male, e più in lei aumentava la vigilanza contro il male. Maria non ha commesso lo sbaglio che fa crollare tante anime dotate di una certa perfezione, non disse mai: “Sento che Dio mi ha scelta e mi veglia, lascio a Lui la cura di difendermi dal nemico”. Pur riconoscendo in sé l’opera di Dio, agiva come se fosse la più sprovvista di doni spirituali. Dall’alba al tramonto, persino nel suo sonno verginale vegliato dagli Angeli, la sua anima rimaneva umilmente vigilante” (Quad. ‘43, p. 303).

Perché umile, Maria sa aspettare e tacere. “Io sono la Vergine dell’attesa. Dagli anni più teneri, ho atteso l’Aspettato delle genti. Sono la Corredentrice che aspetta l’ora del martirio ai piedi della Croce per darvi la vita. Infine sono la Madre che aspetta il vostro amore, non il culto superficiale che si esaurisce in molte parole. Pregare non significa recitare molte formule, ma fare parlare il proprio cuore, amare” (Quad. ‘43, p. 614). “La preghiera è come acqua che svapora sotto i raggi del sole e poi scende con la grazia per dare nutrimento alla terra, all’anima” (Quad. ‘43, p. 664).

Io sono la Silenziosa. Eva nuova, v’insegno il silenzio. Dal parlare è penetrata la seduzione in Eva, dal mio tacere è entrata la Redenzione nel mondo. Imparate da me la virtù del silenzio, perché, nel silenzio, il cuore parla al Signore e il Signore parla al cuore. Il mio silenzio non era il vuoto silenzio di un’anima morta, ma una intensa attività spirituale.

Silenzio innanzi tutto interiore. Avete, stolti, la testa piena di mille inutili rumori. Sentendo parlare Gesù, mi sprofondo nel mio nulla e con semplice sguardo contemplo la Verità eterna” (Poema 2°, p. 439).

“Maria è come il piccolo fiore che odora al punto che tutta l’aria intorno n’è profumata. Così la Vergine Santissima, umile, ignorata, chiedeva solo di rimanere nascosta, ma il suo profumo di santità fu di tale intensità da attirare in sé l’Altissimo dal Cielo” (Poema 6°, p. 785).

Maria ha riassunto il suo pensiero e tutta la sua spiritualità nel Magnificat, capolavoro di poesia e di dottrina, sintesi biblica ed evangelica, filosofica e teologica, ascetica e mistica, oltre che storica, poema del trionfo dell’umiltà, la preferita di Dio, e della bancarotta della superbia, suo antagonista.

René Vuilleumier


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