lunedì 28 dicembre 2020

Preghiera di fine anno / Don Alberto Strumia, ricordando il cardinale Caffarra: “Siamo ostaggi del tempo, ma cittadini dell’eternità. La fede nel Figlio di Maria vince il tempo”

 


Cari amici di Duc in altum, dopo quelle di don Nicola Bux e di Ettore Gotti Tedeschi, vi propongo la preghiera di fine anno che mi è stata inviata da don Alberto Strumia.

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Caro Aldo Maria, come preghiera, alla fine di questo difficile (per non dire “apocalittico”) anno 2020, e affidamento alla Vergine Maria per il prossimo 2021, non ho potuto trovare altro di più significativo e “profetico” di questa omelia tenuta dal cardinale Carlo Caffarra, allora arcivescovo di Bologna, nella basilica di San Petronio, in occasione del Te Deum di ringraziamento. Il testo si dimostra, oggi, di portata universale. In parentesi quadra mi sono permesso di aggiungere qualche brevissima nota di esplicitazione dell’attualità emersa negli anni successivi al testo stesso. Ecco le parole del cardinale.

Ancora una volta il Signore ci dona di ritrovarci nella basilica del nostro Santo Patrono, in questa sera così carica quest’anno di inquietudini e al contempo così bisognosa di speranza. L’augurio che ci scambiamo non nasce forse da questo bisogno?

1. Se viviamo non superficialmente questo momento, prendiamo coscienza in primo luogo della fragilità della nostra vita [oggi ancora più visibile a tutti, almeno per paura, a causa della pandemia]; di come essa si distenda e si disperda nel tempo. È il segno, questo, di una condizione mortale. In fondo, il passare degli anni ci tiene desti in questa consapevolezza.

Abbiamo celebrato i Vespri della divina maternità di Maria, dando così inizio alla celebrazione dell’Ottava del Natale. La coincidenza dell’ultima sera dell’anno con il mistero della maternità di Maria ci fa capire che il tempo, dopo il parto della Vergine, non è più come prima. Dio, diventando uomo nel grembo di Maria, ha voluto come vestirsi del tempo; come ogni uomo è soggetto al tempo, così anche Dio vi si è assoggettato.

Entrando nel tempo, ha reso il tempo umano un tempo di salvezza, poiché esso ormai è pieno della sua Presenza. L’evento dell’incarnazione del Verbo e della sua morte e risurrezione non appartiene infatti solo al passato. Esso nella predicazione e nella liturgia della Chiesa è una Presenza sempre attuale. All’uomo di ogni luogo e tempo è data la possibilità di incontrarla mediante la fede e di essere liberato dalla sua condizione mortale. Di questo dobbiamo prendere coscienza, specialmente l’ultima sera dell’anno.

Non siamo più consegnati agli esiti incerti ed oscuri della storia; un evento fortuito dell’evoluzione della materia. “Stat Crux dum volvitur mundus”: abbiamo la roccia sicura in quell’evento che è accaduto nel grembo di Maria. In esso Dio si è alleato per sempre con l’uomo.

In ogni momento pertanto ci vengono offerte due possibilità; o ritenere che il tempo sia il nostro destino invincibile oppure incontrare Colui che si è assoggettato al tempo, ma per introdurci nell’eternità. Siamo ostaggi del tempo, ma cittadini dell’eternità. La fede nel Figlio di Maria vince il tempo.

2. La sera dell’ultimo dell’anno, o comunque in questi giorni siamo anche soliti fare bilanci del passato anno e previsioni per l’anno che domani inizia. [Servirà almeno a qualcuno, tra coloro che contano, la “lezione” di quest’anno 2020 per interrogarsi in maniera meno superficiale di quanto non si stia facendo pressoché ovunque, nei “media”, nella politica e perfino nella Chiesa, sulle vere cause profonde di tutto il male e su quale sia l’unica vera via di salvezza sulla quale fondare tutto il resto? O si aspetterà che tutto sia finito per ricominciare come prima; anzi, peggio, finendo per legittimare una dittatura universale basata sulla paura sanitaria, su un ambientalismo ideologico, sulla “religione” falsamente “umanitaria” del naturalismo panteista?].

Anch’io non mi rifiuto a questa consuetudine. Lo faccio però dal punto di vista di una lettura credente della vicenda umana [chi oggi è ancora capace di una “lettura credente”, anche nella Chiesa dei nostri giorni? Perché non imparare dagli ultimi maestri che lo hanno saputo fare?]. Mi riferisco alle vicende che abbiamo vissuto in questi ultimi mesi, anzi in questo anno [e altre più pesanti ancora si sono aggiunte dopo e soprattutto nel 2020], alle quali anche la nostra città non poteva rimanere estranea.

La situazione in cui siamo entrati non può essere compresa se ci limitiamo alle pur necessarie analisi economiche, sociali, e politiche. Essa ci provoca ad una lettura più profonda. E a questo livello che deve porsi l’interpretazione del Vescovo. [Questo è il punto che neppure nella Chiesa oggi sembra più essere detto! Ma una chiesa che non sa sfidare il mondo su questo punto, è morta in se stessa…]

Il grave travaglio che stiamo vivendo non ha la sua origine ultima nel mercato, come se il suo sviluppo comportasse ipso facto la morte dei rapporti autenticamente umani. Ha la sua origine nell’aver pensato che l’unica forza motrice della produzione fosse e dovesse essere il proprio esclusivo interesse privato [oggi divenuto addirittura, e ancor peggio, una dittatura statalista fin formato mondialista sotto il controllo del potere di pochi, non voluti neppure da elettori facilmente manipolabili]. È la concezione dell’uomo che sta alla base del nostro sistema economico, la causa ultima della situazione in cui ci troviamo.

“La sapienza della Chiesa ha sempre proposto di tener presente il peccato originale [chi ne sa ancora parlare, in chiesa, spiegandone la vera natura e la vera portata culturale per la vita personale e sociale degli esseri umani?] anche nell’interpretazione dei fatti sociali e nella costruzione della società. All’elenco dei campi in cui si manifestano gli effetti perniciosi del peccato, si è aggiunto ormai da molto tempo anche quello dell’economia” [Benedetto XVI, Caritas in veritate 34, 1].

Non è entrato quindi in crisi un sistema economico semplicemente, ma un sistema etico-culturale. Bisogna prenderne coscienza, e rispondere a questa “provocazione”.

“Nel ventre tuo si raccese l’amore”, canta il Poeta per dirci l’evento che celebriamo questa sera e domani: la divina maternità di Maria. È questa la forza associativa: l’amore che si raccese nel grembo di una Donna. Lo sviluppo economico, sociale, e politico ha bisogno di questa forza se vuol essere veramente umano. “Nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità” [ma qui non si intende certo la “fratellanza massonica umanitaria” che si vuole spacciare, oggi nella anche Chiesa, perfino per cristiana (!), ma quella basata sulla “legge morale naturale”, dataci dall’unico Dio Creatore, riconoscibile anche dai non credenti dotati di una sana ragione. E che noi credenti sappiamo essere stata perfezionata da Cristo Redentore] possono e devono trovare posto nella normale attività economica” (Ibid. 36,4).

3. Questa meditazione sul tempo abitato da una Presenza e sulle due forze che in esso operano, ci conduce finalmente a dare a questa celebrazione il suo vero carattere: di ringraziamento per tutto il bene che l’anno trascorso ci ha portato; la richiesta di perdono per tutte le colpe personali e sociali commesse in questa città [e nel mondo intero] durante l’anno trascorso.

Dobbiamo avere tutti il coraggio di guardare, senza pregiudizi, dove sta andando la nostra città [e più in grande l’Italia, l’Europa, l’intera civiltà degli uomini e la stessa comunità ecclesiale]; quale attenzione essa presta, a tutti i livelli, alla difesa e promozione della famiglia fondata sul matrimonio [oggi ci tocca perfino aggiungere tra un uomo e una donna], elemento fondamentale del bene comune; quale attenzione essa presta al lavoro, perché non ne sia limitata la possibilità (disoccupazione; sotto-occupazione); quale attenzione presta ai poveri, in preoccupante crescita numerica; quale attenzione presta ai giovani, ai quali stiamo impedendo di guardare al loro futuro con speranza: gli ultimi dati sulla disoccupazione giovanile sono spaventosi; come non pensare che in questo modo distruggiamo il nostro futuro? In nome di Dio, scongiuro tutti coloro che hanno responsabilità pubbliche: mettete al primo posto del vostro impegno l’accesso dei giovani al lavoro [e oggi agli imprenditori piccoli e meno piccoli che non ricevono gli aiuti adeguati per dare lavoro; a non sprecare il denaro pubblico disperdendolo in spese  inutili e improduttive come avete fatto, per incompetenza e ideologia, nel 2020!]. Questa sera dunque dobbiamo anche chiedere perdono di tutto ciò che ci spacca dentro, e ci disgrega gli uni dagli altri. Bene perciò facciamo a dire al Signore fra poco: “sia su di noi la tua misericordia, Signore, poiché in te abbiamo sperato”.

Che la Madre di Dio, la Vergine di San Luca [protettrice della città di Bologna], non cessi di essere “presidio ed onore” della nostra città. Così sia.

Card. Carlo Caffarra

Omelia in occasione del solenne Te Deum di fine anno

Basilica di San Petronio

Bologna, 31 dicembre 2011

Fonte: caffarra.it

       

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