La ragione è certamente capace di grandi conquiste nel campo della conoscenza e di sicuri orientamenti nella scelta delle opere, ma, quando si trova ad esaminare Dio, tradisce
tutti i suoi limiti, che non sono pochi. Non può infatti da sola scandagliare la divinità e tutte le meraviglie che ad essa riconducono; più o meno direttamente. E’ come il sole che, mentre illumina
e rivela la terra, nasconde però il cielo. Non è il tutto dell'uomo, ma una parte, per questo rispettabile.
Se quindi vuol capire Dio o, meglio, qualcosa di Dio, non ha che da accettare la compagnia della Fede. Questa non le impedisce affatto di essere se stessa, di svolgere il proprio ruolo
e di svilupparsi con il progredire del tempo e della storia, anzi la Fede aiuta la ragione ad essere esattamente quella che essa è, senza trionfalismi come senza avvilimenti, e, restando quella che è, ad esaltare
le proprie capacità di scoperte e di successi. La luce non impedisce all'occhio di essere occhio, cioé di vedere, e nello stesso tempo ne fa più grande la forza visiva perché veda subito e meglio.
La Fede è la prima a volere che la ragione ragioni, per diritto e per dovere, anche quando si imbatte nel mistero e nel dogma, e in ogni credente. "Chi non vuol ragionare
è un fanatico; chi non sa ragionare è uno sciocco; e chi non osa ragionare è uno schiavo" (Drummond). D'altra parte, a ragionar di propria testa ci si guadagna perché ordinariamente ci
si persuade meglio con i motivi trovati da sé stessi che con quelli trovati dagli altri.
Il mistero è una verità superiore, ma non contraria alla ragione. Quando, per esempio, la Fede presenta l'Unità e Trinità di Dio, non dice che in Dio
tre persone sono una persona sola e una natura sono tre nature, ma riferisce il numero uno a una realtà (la natura divina) e il numero tre ad un'altra realtà (le persone divine): Dio infatti è uno
nella natura e trino nelle persone. - In ciò la ragione non trova nulla di assurdo, anzi ne trova un'immagine in cento cose della natura: ad esempio, nello spazio che è sostanzialmente uno anche se costituito
da tre termini di relazione, perfettamente distinti e indivisibilmente uniti, cioé da lunghezza, larghezza e altezza. Si possono allora capire le parole, soltanto in apparenza paradossali, di Chesterton: "Tutto
il segreto del misticismo, cioé della Fede è questo: l'uomo può capire tutto con l'aiuto di quello che non capisce. Il logico morboso vuol vedere chiaro in ogni cosa, con il bel risultato di rendere
ogni cosa inesplicabile. Il mistico lascia qualcosa nel mistero, e così gli diventa chiaro tutto il resto".
Il dogma è tutt'altro che la prigione del pensiero. Presentandolo, quale esso è, più come pista di lancio che come traguardo, la Fede spinge la ragione a dare
il meglio di se stessa contemplando ed esplorando la verità in esso definita. Ciò significa che la Fede rispetta la ragione, la esige, la difende e nello stesso tempo la aiuta portandola necessariamente per il
fatto stesso di impegnarla nello studio della teologia, ad una assoluta probità di pensiero, come nell'ordine speculativo naturale così nell'ordine soprannaturale.
È stato il buon Dio a porre i limiti alla ragione e il loro superamento nella Fede. E anche questo, come tutto quello che Dio fa, è giusto. Infatti l'uomo ammirerebbe
poco le opere divine se le comprendesse, avrebbe una fede senza merito se con la sua ragione non trovasse nessuna verità incomprensibile, non emetterebbe il più piccolo atto di libertà se tutta la rivelazione
brillasse della massima luce incantando l'intelligenza in modo da impedirle ogni possibile resistenza; d'altro lato, è ben naturale che l'Onnipotente possa fare e faccia più di quello che noi possiamo
arrivare a capire. Perciò accettare le rivelazioni divine, anche se non si riesce a vederne l'evidenza, è un atto eminentemente logico, degno di un essere provvisto di ragione.
S. Anselmo, Dottore della Chiesa, diceva: "L'intelligenza esercita nella fede la sua ricerca", e aggiungeva: la Fede ha bisogno dell'intelletto, e terminava: "Io
non cerco di capire per credere, ma credo per capire".
Più perentoriamente S. Teresa d'Avila affermava: "Più non capisco, più credo".
Per tutti conclude San Tommaso nella sua concisa semplicità: "La Fede non è contro la ragione, ma sopra la ragione".
Sac. Pasquale Casillo
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