giovedì 21 maggio 2020

Padre Pio di Pietrelcina, il primo Sacerdote stigmatizzato



STIGMATE VISIBILI  

Il miracolo divino delle stigmate visibili, doveva esattamente avvenire tre anni dopo, da che Egli aveva avuto le stigmate invisibili.  

Si trovava il mattino del 20 settembre 1918 nel coro, per ringraziare il Signore di avergli concesso il sommo bene di poter anche quel di dire la S. Messa, quando, fissando un Crocifisso, che oggi è stato tolto, e guardando i dolci occhi del Nazzareno, che dalla croce pare implori e preghi, vide il suo Cristo Dio, il suo Re, muoversi e guardarlo intensamente.  

- Gesù, Gesù mio infinito e grande; Gesù mio misericordioso e sommo; Gesù, Gesù mio, dammi un po' delle tue pene, fa che io possa soffrire un po' per Te, come Tu hai sofferto e soffri per me, fammi soffrire il Tuo dolore che non ha requie, se Tu, o mio Dio, me ne ritieni degno - deve certamente aver detto fra sé.  

Si era reso completo in Lui lo stato mistico, questo, cioè, aveva già raggiunto la sua più soave e pura perfezione, poiché attraverso i digiuni, le macerazioni, il ritiro e il silenzio, aveva inteso in Lui la voce del PADRE, segnandosi la fronte, del FIGLIO, segnandosi al cuore, e dello SPIRITO SANTO, toccandosi le spalle. Egli insomma era risalito a grado a grado, verso la divina sorgente colla sua anima, che col peccato mortale originario, si era allontanata.  

Egli aveva asceso le regioni supreme, in cui solo Dio impera.  

I pochi mesi di militare avevano arrestata la sua ascensione, che poi, invece, aveva perfezionata nel chiostro.  

Le apparizioni demoniache erano state superate dalle dolci visioni che gli erano apparse, visioni di mondi sconosciuti, che noi non possiamo immaginare né comprendere.  

Erano luci, erano suoni, erano parole, erano sensazioni vive e reali, quelle che vedeva o percepiva.  

La sua anima, una volta iniziato il cammino, non si fermò, ma volle salire, in alto in alto, verso le stelle, verso quel mondo infinito, che ha per unico reggitore Dio. Egli aveva già sorpassato la stasi che lo teneva legato alla terra, il suo sguardo, il suo orecchio, tutta l'anima sua era in un altro mondo, nel mondo sconosciuto solo a chi non ama veramente Dio.  

Non era più l'esterno che governava la sua anima, ma l'interno, era Dio, di cui tutto era permeato, che guidava i suoi atti. Il suo corpo non era più attaccato ai vincoli delle leggi di natura, ma era fuori del mondo esteriore, pur vivendo in esso.  

Egli infine ripeteva le divine parole di Cristo nell'Orto di Getsemani: «Signore, Dio mio, datemi ciò che volete, ed operate con me secondo il vostro beneplacito». Cioè: Padre, fate di me ciò che volete, non ciò che io voglio. Questa sua preghiera lo distaccava dalla natura che lo circondava, e purificava il suo spirito di proprietà.  

E riprendo.  

Mentre Padre Pio era estatico a mirare e adorare il suo Cristo, cinque raggi simili a folgore partirono contemporaneamente dal Crocifisso del suo Dio Uomo, penetrarono nelle sue mani, nei suoi piedi, nel suo costato.  

Tanta e così grande fu la gioia, più che il dolore, che l'umile fraticello gettò un urlo, più di meraviglia che di spasimo, per quanto questo dovette essere grande, che cadde stordito al suolo e rimase steso sul piancito del coro. Tutta la vita esteriore deve essergli scomparsa dinanzi agli occhi, il mondo intero forse si inabissò, e Lui pure deve aver udito un coro d'angeli, che osannavano al prediletto del Signore.  

Bianche colombe, invisibili agli altri occhi, avranno volteggiato sopra di Lui, e un'aureola dorata sarà scesa sopra il suo capo, a cui mancavano solo i segni delle spine, per essere simile a quello di Cristo.  

Le mani e i piedi gli furono trapassati, e dal costato gli uscì del sangue, copiosamente.  

L'urlo lacerante fu udito da quanti erano in chiesa.  

Accorsero i Padri del convento ed accorsero anche dei fedeli, e tutti poterono constatare la stigmatizzazione avvenuta.  

Un Padre, quando fu adagiato nella stanza, volle vedere le mani, ma Padre Pio lo pregò di lasciarlo stare in pace.  

La novella si sparse per il Paese, varcò i confini e giunse alle orecchie del Padre Provinciale di Foggia, subitamente avvertito. Questi volle che fosse sottoposto ad una fotografia, colle mani scoperte.  

«Padre Pio è un santo, è un santo», dicevano tutti, e tutti accorsero a Lui.  

La strada mulattiera che conduce al convento si riempì presto di pellegrini venuti da ogni parte, per vedere il miracolo divino delle stigmate.  

La gente piena di entusiasmo, attese delle intere giornate nella strada a capo scoperto e a ciel sereno, per vedere almeno il viso o per udire anche da lontano la voce di Padre Pio.  

La folla è facile all'entusiasmo e come esalta così abbatte. Occorreva quindi porre un argine e fu bene. Le Autorità dovettero intervenire per frenare la fiumana di gente che da Lui si recava. Furono inviati dei carabinieri di rinforzo e delle guardie di Finanza, che disciplinarono l'ingresso alla folla, che si recava dal Padre per essere da Lui confessata e comunicata.  

Padre Pio, sempre umile, sempre modesto, sempre paziente e pio, come il suo nome, affrontava la nuova fatica serenamente, lavorando in silenzio ben sedici ore su ventiquattro, senza contare gli esercizi spirituali, i mattutini ed altro, ai quali mai veniva meno. (Vedi tavola N. 4).  

Le stigmate gloriose e sante intanto emanavano sempre sangue profumato.  

Il lavoro assiduo, assillante, continuo, non era compensato però dal nutrimento, poiché gli bastavano poche erbe, che spesso non riusciva a digerire. Certamente, anche questo fatto della nutrizione ha un certo valore, poiché la sua spiritualità era giunta quasi alla perfezione.  

Colla nutrizione noi assimiliamo l'acqua che viene dal cielo e i frutti della terra elle vengono da essa, colla respirazione, invece, l'aria che viene pure dal cielo, e il fuoco che viene dalla terra.  

Solo dal regno organico alcuni Mistici traggono il sostentamento per la vita, escludendo quindi i cibi animali, poiché essi pure sono stati creati da Dio come l'uomo e soffrono colla morte, come noi soffriamo.  

Quanto compiono tali mistici, non deve essere considerato come un dogma, poiché è noto che S. Francesco non proibì mai ai suoi fratelli l'uso di mangiare carne.  

Si può rendere lodi a Dio e amarlo e venerarlo sempre e ovunque, anche mangiando carne nei giorni non proibiti dalla Chiesa o di precetto. Il perfezionamento spirituale non dipende da ciò che noi introduciamo nel nostro stomaco, ma dalla misura colla quale noi osserviamo le leggi di Dio e corrispondiamo alle sue ispirazioni.  

Solo gli stigmatizzati non possono mangiare tutto, poiché il loro organismo è diverso dal nostro e certi cibi non li possono assimilare.  

Padre Pio mangia pochissimo, starei per dire quasi nulla. È certo che il nutrimento materiale che Introduce nel suo stomaco, non sarebbe sufficiente se non fosse completato dall'Ostia Sacra, cioè dal Divino corpo del nostro Signore.   

Non dobbiamo meravigliarci di ciò, poiché Teresa Neumann da sei anni si nutre solamente della Sacra Particola, che le è sufficiente per vivere.  

Per ciò che riguarda la respirazione, di solito i monasteri si trovano o sui monti o in collina, cioè in parti elevate dalla terra, ove l'aria è più sana.  

Ne viene di conseguenza che respirando aria più pura, il corpo assume un aspetto più serafico.  

*** 

La eco del nuovo «Santo», così il popolo lo chiamava, si propagò oltre S. Giovanni, per la provincia, per la regione, per il regno, oltre ancora, cioè in Europa ed anche nelle lontane Americhe.  

Il Padre Provinciale dei Cappuccini Minori del Convento di S. Anna a Foggia, dopo aver fatte eseguire le fotografie delle mani scoperte, trasmise queste alle Autorità Superiori di Roma.  

Tali fotografie, insieme alla relazione inviata, sono conservate in Vaticano, e serviranno a suo tempo. Cronologicamente espongo i fatti, senza permettermi neppure lontanamente di fare degli apprezzamenti od altro. La S. Chiesa ha non solo il dovere, ma anche il diritto di controllare, e sindacare fino allo scrupolo, dirò meglio fino all'inverosimile, quanto ha l'aspetto di extra umano, e che esorbita dalle comuni manifestazioni.  

Il Padre Provinciale di Foggia invitò il Dottor Luigi Romanelli di Barletta per una visita di controllo, visita che tale dottore ripeté per ben cinque volte, nel periodo di due anni.  

Trascrivo solo una parte di quanto il dottore scrisse in merito alle stigmate.  

«Le lesioni che Padre Pio presenta alle mani) sono ricoperte da una membrana tenuente di colorito rosso bruno.  

Nessun punto sanguinante, nessun edema, nessuna reazione infiammatoria dei tessuti circostanti.  

Ho la convinzione ed anzi la certezza, che quelle ferite non sono superficiali. Esercitando una pressione con le mie dita e stringendo fra esse lo spessore della mano (in corrispondenza delle lesioni) ho l''impressione esatta del vuoto fra le mie dita.  

Non ho potuto constatare se premendo forte le dita, queste, traverso la membrana, si sarebbero unite, perché questo esperimento, come la forte pressione provocava intenso dolore.  

Pur riuscendo barbaro nell'esperimento (oh, San Tommaso) lo ripetetti parecchie volte la sera, poi volli ripeterlo la mattina e debbo confessare che feci sempre la stessa constatazione.  

Le lesioni dei piedi presentarono gli identici caratteri di quelle delle mani, però mi fu difficile, per lo spessore stesso del piede, fare un esatto esperimento come nelle mani. La ferita del costato, presenta un taglio netto parallelo alle costole, lungo da sette ad otto centimetri, con recisione dei tessuti molli, di profondità non apprezzabile e molto sanguinante. Il sangue ha il carattere di sangue arterioso ed i margini della ferita fanno vedere benissimo che essa non è superficiale.  

I tessuti circostanti alla lesione, non presentano alcuna reazione infiammatoria; e sono dolenti anche ad una leggera pressione. Ho visitato cinque volte Padre Pio in 15 mesi e se ho trovato modificazioni, non ho però trovato una nota clinica, che mi autorizzi a classificare quelle ferite».  

A proposito di queste «ferite» dirò qualche cosa di più preciso più avanti.  

Per ora continuo la narrazione.  

La notizia che a S. Giovanni Rotondo esisteva un Padre, che aveva i segni della Crocifissione, si sparse come ho detto per tutto il regno e fuori.  

Vennero a Lui i credenti e gli increduli, gli ammalati e i sani, e tutti tornarono alle loro case felici e contenti.  

Vennero coloro che bestemmiavano Dio e la Chiesa e tornarono adorando l'Uno e rispettando l'altra.  

La stampa pure se ne interessò e i primi giornalisti, gli ipercritici per eccellenza, dovettero chinare la testa e riconoscere che il fatto esisteva e non poteva essere negato.  

Non era fanatismo di folla meridionale, era un qualche cosa che poteva essere da tutti controllato, quindi non ammetteva discussione.  

Il «Giornale d'Italia», il «Corriere della Sera», senza contare i giornali locali, inviarono, allora e poi, i loro corrispondenti.  

Nel «Giornale d'Italia» del 9 gennaio 1926, in una lettera del suo corrispondente da Foggia, si può sempre leggere queste parole:  

«È noto in tutta la provincia un pio frate, a nome Padre Pio da Pietrelcina, che nel convento di S. Giovanni Rotondo, dicesi abbia compiuto numerosi miracoli. Il frate ha una simpatica figura mistica, con fronte alta, occhi neri e profondi, carnagione pallida e breve barba scura.  

Egli è venerato come un santo e da ogni parte accorrono a lui infelici e malati fisicamente e moralmente, che gli chiedono la grazia di guarirli o di racconsolarli.  

Egli ha per tutti un consiglio, un medicamento, un conforto, e tutti ritornano alle loro case confortati e guariti ... Il convento che ospite: Padre Pio è sempre affollato di postulanti».  

Andarono da Lui anche dei massoni e dei negatori di Dio, e di ogni idealità religiosa, tutti, tutti, tutti sono tornati credenti, alcuni anzi dirò di più, alcuni oggi sono essi pure monaci.  

Se mi fosse possibile, narrerei il fatto di un potentissimo «33», che è divenuto ... quasi un santo esso pure. Sempre nel 1926, sulla Rivista Trimestrale di teosofia «Gnosi», anno VII,- fascicolo 3°, 

Maggio-Giugno 1926, un brillante scrittore nostro, il sig. Nino Salvaneschi, pubblicava uno splendido articolo intitolato «La Messa di Padre Pio», articolo che riporto per intero, poiché non solo merita di essere letto per la purezza della lingua e per l'alta poesia di cui è permeato, ma perché si sappia cosa fino da allora si scriveva, e cosa si pensava di Padre Pio, anche da intellettuali, che militavano in campo avversario.  

ALBERTO DEL FANTE 

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