domenica 7 giugno 2020

Del diritto e giustizia, che ha Dio, perché gli uomini facciano non la propria, ma la volontà divina.



LA VOLONTÀ DI DIO 
 O 
STRADA REALE E BREVE 
PER ACQUISTAR LA PERFEZIONE 

Non v'ha dubbio che uno schiavo deve fare la volontà del suo padrone, e un vassallo quella del  suo principe, un figliuolo quella di suo padre, una sposa quella di suo marito, senza preferir punto il  proprio gusto. Ora Dio é Signor nostro, Re nostro, Padre nostro, Sposo nostro, e noi siamo suoi per  mille obbligazioni: perché ci ha comprati col suo sangue, perché noi ci siamo dati in suo potere e  perché ci ha creati. Che se un vignaiolo ha dominio nell'albero, ch'egli pianta, un pastore in un  agnello, che nasce nella sua greggia, e un artefice nella statua, che ha fatto, qual diritto avrà Iddio  nelle sue creature, avendole fatte di niente? Poiché, siccome dicono i filosofi, che dal fare una cosa  di qualche altra cosa e farla di niente, v'è una infinita distanza nella potenza e causa di tali effetti,  cosi il diritto e dominio, che Dio acquista nelle sue creature, per averle fatte di niente, eccede  infinitamente ogni altro diritto. Or se un uomo ha giusta azione e dominio sopra un altro uomo, per  far di lui quello che vuole e per far che il suo schiavo non possa neppure muoversi a suo gusto,  solamente perché lo vinse in guerra, o perché nacque in casa sua di una schiava, o perché lo comprò  con prezzo vile e transitorio; che diritto avrà Iddio sopra la nostra volontà, acciocché ci soggettiamo  al suo gusto, avendogli noi questa tanto grande obbligazione di averci creati di niente e aver ci oltre  di ciò ricomprati e redenti? Chiaro à che per molti capi è grande l'obbligazione, che abbiamo, di fare  la volontà di Dio: e tale è anche il diritto ch'egli ha sopra la volontà nostra. E se uno schiavo, per  tanto picciola obbligazione che ha al suo padrone, non è signore delle sue azioni e voglie; noi, con  tanto immense obbligazioni e tanto grande e supremo dominio, che Dio ha in noi, come vogliamo  essere padroni di noi medesimi e della nostra volontà, e non soggettarla al nostro Dio e Signore?  Consideriamo dunque come per questa causa noi non abbiamo titolo giustificato di seguire in cosa  veruna, per minima che sia, il nostro gusto, né pur di serrare e aprir gli occhi, né di muovere un dito,  né di respirare; perché conforme alla giustizia e secondo ogni legge, tanto si deve, quanto si riceve;  e avendo noi ricevuto da Dio tutto quello che siamo, tutto anche quello che siamo, abbiamo a  impiegare in suo servizio e a dipendere dal suo comando. Oltre che l'obbligo che abbiamo a Dio, è  infinito, e l'infinito non ha termine, né eccettua cosa veruna, e non ci lascia luogo di essere nostri in  cosa alcuna, ma tutti di Dio: il cui diritto sarà subito ingiustamente violato da chi vorrà far qualche  cosa secondo il suo gusto, e non tutto, senza eccezione alcuna, secondo il gusto divino, sia azione  esteriore, sia movimento interiore dell'anima, fino ad un minimo pensieruccio. Per il che disse S.  Anselmo questa notabile e verissima sentenza: Solo Dio deve volere con propria volontà quello che  vuole, né ha sopra di sé altra volontà, la quale debba seguire; e però quando un uomo vuole qualche  cosa di sua propria volontà, toglie a Dio la sua corona; poiché, in quella maniera che solamente un  re ha diritto di mettersi la corona, così Dio solo ha diritto di fare la propria volontà; e sì come  disonorerebbe il suo re colui, che gli strappasse di capo la sua corona, nella medesima maniera usa  un bruttissimo termine con Dio e lo disonora chi gli toglie il privilegio della propria volontà,  volendo avere quello che solo a Dio conviene: e siccome la propria volontà di Dio è l'origine e la  fontana di ogni bene, così la propria volontà dell'uomo è il principio d'ogni male. Tutto questo è di  S. Anselmo. Ma acciocché ponderiamo questo un poco meglio, è bene che torniamo a considerare a  uno a uno questi titoli, pei quali Dio ha diritto sopra di noi, poiché se a questa obbligazione infinita  di non cercar noi in cosa veruna il nostro gusto, e a tutto questo diritto di Dio di fare noi in tutto il  suo volere, sotto pena di essere ingiusti, ladri e sleali, è sufficiente il titolo della creazione, per esser  noi stati fatti dal niente, con amore immenso e potenza infinita, e per essere Iddio nostro padre e  signore, che sarà, oltre di questo, per gli altri titoli, per i quali ancora è signor nostro?  Primieramente perché ci comprò, come ho detto, non in qualsivoglia maniera, ma sborsando per noi un prezzo infinito. Poiché se un uomo, per i denari dati per uno schiavo, ha titolo di giustizia e  azione in lui, perché faccia in tutto la sua volontà, al medesimo modo, per l'infinito prezzo che Dio  ha dato per noi, ha somigliante diritto: e questo diritto é infinito, e per causa di esso dobbiamo stare  infinitamente soggetti a Dio e fare la Sua volontà: con il che si esclude totalmente l'aver noi diritto  di fare la nostra, eziandio nella minima operazione non solo del corpo, ma anche dell'anima; poiché  avendo Iddio, con questo prezzo infinito, comprate le nostre anime più che i nostri corpi, noi non  abbiamo azione né diritto di usurparci per nostro gusto neppure un movimento interiore del cuore. 
   Oltre di ciò noi siamo di Dio per esserci dati in sua podestà per accordo e contratto, che abbiamo  fatto, ancorché per altro rispetto noi fossimo suoi, in quella guisa che S. Paolino, essendo libero, si  diede per ischiavo a un uomo barbaro, obbligandosi a servirlo e a far la sua volontà in ciò che  comandasse. E però, giacché noi di propria volontà ci siamo dati a Dio, e adesso io ratifico mille  volte questa consegna e la faccio di nuovo, Iddio acquista per questo un nuovo diritto sopra di noi,  acciocché facciamo il suo e non il nostro gusto: il qual diritto parimenti é infinito, e per causa di  esso noi siamo infinitamente obbligati a fuggire di fare la nostra volontà e a far solamente quella di  Dio. La ragione, per la quale é infinito questo diritto, é perché noi ci siamo dati nelle mani di Dio,  per gli infiniti debiti che abbiamo con lui, per i suoi infiniti beneficii. E siccome appresso alcune  genti, se i debiti arrivavano ad essere tanto grandi, che il debitore non li potesse soddisfare, egli  restava schiavo del creditore, il quale aveva nel suo debitore tanto diritto, quanto era il debito, così  ci siamo noi stessi soggettati a Dio, per non poter pagare i beneficii e i debiti con lui contratti, che  sono infiniti. L'obbligazione, che di qua ne nasce, e il diritto, che perciò gli abbiamo dato sopra di  noi, è infinito, obbligandoci in tutto il possibile a servirlo, e soggettandoci ad esso per infinite  ragioni, per le quali noi non siamo nostri in cosa alcuna, né abbiamo alcun diritto di fare la volontà  nostra, ma solo quella di Dio. 
   Per questo ancora, se un uomo ha diritto sopra il suo servo per il salario che gli promette, di  servirsene a sua volontà, nella medesima maniera acquista Dio diritto che noi facciamo la volontà  sua per la mercede eccessiva, che ci ha promesso e ci vuol dare; e siccome un servitore deve tanto  più servire al padrone, quanto meglio lo paga; e il premio che Iddio ci ha a dare e che ha giurato di  darci, cosa in sé, come dicono i teologi, oggettivamente infinita, poiché è il medesimo Iddio e il  possesso di lui e la chiara visione della sua natura infinita; ed essendo questo possesso eterno, con  una durazione infinita, l'obbligo, che di qui nasce, si ha a giudicare parimenti infinito. Ma ancorché  Iddio né ci avesse creati, né ricomprati con la sua vita e sangue, né noi ci fossimo a lui obbligati di  propria volontà, né gli fossimo obbligati per alcun bene, e ancorché non ci avesse a pagare tanto  liberalmente la nostra servitù, solo per l'autorità ed eccellenza del suo essere, re e signore nostro, gli  dobbiamo stare infinitamente soggetti senza aspettare altra ragione. né titolo maggior di questo.  Poiché, secondo Aristotele, il dominio naturale si fonda nell' eccellenza della natura, per la quale  l'uomo è signore degli animali, e il marito comanda alla moglie, e al più savio devono stare soggetti  gli ignoranti. E però eccedendo l'eccellenza e sapienza di Dio infinitamente tutte le altre cose, la  signoria che ha per questo, è infinita, e noi anche per questo rispetto dobbiamo mostrarci  infinitamente soggetti alla sua volontà. 
***

P. EUSEBIO NIEREMBERG, S. J. 

Nessun commento:

Posta un commento