lunedì 5 aprile 2021

RABBUNI’ GESU’ IL MAESTRO INTERIORE

 


"A me basta questo Dio appeso a quattro chiodi» (Paul Claudel)

"Il giorno in cui tu non brucerai più di amore per Cristo, molti moriranno dal freddo" (Frangols Mauríac)


LA NOSTRA VITA VEGETATIVA E IL NOSTRO MAESTRO INTERIORE

La nostra vita vegetativa è quella parte di noi che vive vegetando, alla maniera delle piante. Di questa nostra parte noi non abbiamo un controllo se non indiretto, in quanto, cioè, abbiamo il dovere di prestarle quel tanto di cibo e di bevanda che le permetta di portare avanti quel suo processo vegetativo. Tuttavia, essa è quella parte di noi che, insieme al conforto di tante nostre gioie fisiche, ci offre anche, e forse con maggior generosità, lo sconforto di tanti nostri dolori fisici.

Ed è proprio qui che si inserisce, primariamente, l'attività didattica del nostro Maestro interiore, proprio perché qui ci imbattiamo in una delle conseguenze più evidenti del peccato originale.

Infatti quell'astuto Serpente che - invidioso di quella divina felicità che vedeva permeare, dentro e fuori, le belle membra dei nostri progenitori - si mosse per tentarli, sapeva molto bene cosa intendeva quando disse alla donna: "Voi sarete come Dio e conoscerete il bene e il male" (Gn 3, 5).

Sapeva molto bene, infatti, che quelle sue parole erano una perfida menzogna con la quale proponeva loro quella stessa tentazione, dalla quale lui stesso era stato vinto, quando volle sostituirsi a Dio; sapeva dunque per esperienza che, come non ci può esser che un Dio solo, così non ci può esser che una sola norma che stabilisce ciò che è bene e ciò che è male, sapeva tutte queste cose, eppure si riteneva certo che quella tentazione, dalla quale lui stesso era stato vinto, avrebbe fatto crollare anche la donna e, con lei, anche l'uomo.

Difatti, noi sappiamo che, dopo la disobbedienza, essi non solo non hanno potuto godere di alcuna conoscenza del bene e del male, ma si sono trovati dentro la drammatica esperienza di scoprirsi privati del loro bene e dominati dal male... Per fortuna, in tanta obbrobriosa colpa, avevano l'attenuante di essere stati ingannati; perciò la grave sentenza: 'Voi morirete!'; non ebbe effetto immediato, così che Dio ebbe modo di organizzare il suo piano per recuperarli.

È importante qui ricordare e comprendere bene il principio seguito da Dio per realizzare quel suo piano: sia quello relativo a tutta l'opera della redenzione, sia, quindi, anche quello relativo all'opera che poi continuerà in ciascuno di noi il nostro Maestro interiore. È un principio che pervade un po' tutta la Sacra Scrittura, e compare proprio qui, subito dopo il peccato originale, quando Dio dice al serpente: `poiché tu hai fatto questo (cioè hai ingannato la donna) io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: essa ti schiaccerà la testa. " (Gen. 3, 15).

Lo stesso principio viene poi ripreso dalla liturgia: "Colui che ha vinto dal legno (l'albero dell'Eden) sarà vinto dal legno (l'albero della Croce)". Sarà pure importante ricordare come Gesù, dopo aver vinto sulla Croce il Maligno e con lui tutti i mali, e aver insieme santificato per noi la Croce stessa e tutte le sue possibili espressioni, ha poi voluto che noi pure fossimo partecipi della sua vittoria, invitando tutti a seguirlo portando ciascuno la propria croce.

Così, obbedendo con Lui a Dio, con Lui saremo vincitori: conosceremo il bene e il male e potremo anche cambiare il male in bene.

Eccoci dunque alla scuola del nostro Maestro interiore, dentro la realtà della nostra vita vegetativa.

Come in una qualsiasi scuola avviene una lotta tra il sapere e il non sapere, per giungere in fine ad una composizione, cioè ad un sapere che elimini sempre più il non sapere, così anche a questa scuola avverrà una certa lotta tra quei tanti dolori fisici e gli altrettanti diletti fisici che caratterizzano questa nostra vita vegetativa.

Si tratterà tuttavia di una lotta singolare: perché, se sul piano fisico il dolore è vero male, e il diletto è vero bene, sul piano morale, invece, né l'uno né l'altro è male, né l'uno né l'altro è bene: saranno ambedue un bene se ambedue verranno accettati, dai discepoli di questa scuola, come un dono di amore della divina volontà; in caso contrario, ambedue resteranno un male, perché sul piano morale non ci può essere vero bene se non dentro l'ordine dell'amore.

Ora, in questa scuola del divino Maestro, sia il dolore che il diletto provengono dalla volontà divina, e perciò sono un vero bene sia l'uno che l'altro.

Se dunque il discepolo saprà accettare i diversi dolori fisici come un dono dell'amore divino, quei dolori avranno ancora il sapore di una medicina amara perché dovranno liberarlo dalla schiavitù dell'egoismo, ma, proprio per questo, quando lui in seguito verrà a trovarsi dinanzi ai diletti fisici, non si perderà più in essi egoisticamente, come per il passato, ma saprà accettare anche quelli come un dono dell'amore divino.

Raggiunto poi questo primo traguardo - dal quale appare chiaro che la croce serve anche per trasformare in bene lo stesso vano piacere - il discepolo che andrà mano mano accettando come dono dell'amore, ora i dolori e ora i diletti fisici, vedrà contemporaneamente crescere la sua stessa capacità di amare, così da avvertire ormai vicino lo stesso traguardo finale, cioè quella composizione dove tutto, il diletto come il dolore, avrà il sapore di un unico bene: dell'amore, appunto! Cioè di quella felicità che c'era prima del peccato e che conseguiva tutta dal compimento della volontà paterna di Dio!

Così, quel male con cui quell'astuto aveva avvelenato la nostra esistenza, nel disegno di Dio è stato il mezzo per riconquistare quella felicità che lui ci aveva rubato.

Ora, questa impresa è, certamente, possibile per tutti. Bisognerà solo ricordare alcune condizioni alle quali è già stato accennato; cioè: in primo luogo, una fede sicura nel credere che c'è questo Maestro interiore e, quindi, che è Lui e Lui solo che regola dentro di noi, cioè nella nostra vita vegetativa, quel poco simpatico alternarsi di gioie e di dolori che a ciascuno è riservato; in secondo luogo: una fede viva che ci faccia vedere nell'una e nell'altra cosa, nient'altro che un dono del suo amore; in terzo luogo: che anche noi ci sforziamo di rispondere all'amore con amore, ricordando le parole di Agostino: "Colui che ama, o non fa alcuna fatica, o la fatica stessa viene amata. ".

Infine, cercheremo anche di ragionare insieme al vecchio Giobbe: `Se abbiamo ricevuto dalla mano di Dio i beni, perché non dovremo accettare anche i mali?".

Sarà bene ricordare, in proposito, anche i santi, i quali non conoscevano altro bene fuori della volontà di Dio; perciò tutto quello che accadeva loro era sempre volere di Dio, e quindi sempre un bene. Naturalmente sono giunti a questa meta seguendo la via che ci è stata insegnata dal nostro Maestro, e vi sono giunti tanto bene che alcuni - come Santa Teresa di Gesù Bambino - si chiedevano come avrebbero potuto abituarsi alla vita del Paradiso, dove non avrebbero avuto più croci da portare.

La grande Santa Teresa, poi, percorrendo la stessa via, avrà presto la felice sorpresa di constatare che per lei le gioie e i dolori sono la stessa cosa, e scriverà: `Attualmente mi sembra di non aver altro motivo per vivere fuorché quello di soffrire e spesso dico con tutto il cuore: - Signore, o patire o morire!:

Queste non sono storie, questa è storia! Storia di tutti i santi, dei santi di tutti i tempi, dei santi di oggi: e basterebbe pensare a Padre Pio da Pietrelcina che ogni giorno soffriva la passione di Cristo!... Ci conviene fidarci!

 

"Che la vita sia negli uomini, negli animali o nelle piante, é sempre la Vita; e quando viene il minuto, il punto inafferrabile che chiamiamo morte, é sempre Gesù che si ritira, sia da un albero che da un essere umano." (Leon Bloy)

PADRE VIRGINIO CARLO BODEI C. D.


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