sabato 10 dicembre 2022

CRISTO, VITA DELL'ANIMA

 


«Quando, dice S. Paolo, venne la pienezza dei tempi fissati dai decreti celesti, Dio mandò suo figlio, formato da una donna, per liberarci dal peccato e conferirci zione dei figli» (1). Riscattare l'umanità dal peccato e rendere, per mezzo della grazia, l'adozione divina, questa è, infatti, la missione fondamentale del Verbo Incarnato, l'opera che Cristo viene a compiere quaggiù.  

   Il suo nome, il nome di Gesù, che Dio stesso gli impose, non è senza valore né senza significato (2). Questo nome significa la sua missione speciale di salvezza e segna la sua opera: la Redenzione del mondo. «Voi gli darete il nome di Gesù, dice l'angelo mandato a S. Giuseppe, poiché egli salverà il popolo dai suoi peccati» (3).  

   Ed ecco che viene. - Contempliamolo in questo momento solenne, unico nella storia dell'umanità. Che dice? Che fa? (4). «Entrando nel mondo, Cristo dice a suo Padre: Voi non avete voluto né sacrifici né oblazioni, ma mi avete formato un corpo; voi non avete gradito, a parte degli uomini, né olocausti, né sacrifici pel peccato; allora ho detto: eccomi!». Queste parole, che abbiamo ricopiate da S. Paolo, ci rivelano il primo movimento del Cuore di Cristo al momento della sua Incarnazione. E, dopo aver fatto questo atto iniziale di oblazione totale, Cristo «si slancia come un gigante, a percorrere la via che si apre davanti a lui» (5).  

   Gigante, perché è un Uomo-Dio; e tutte le sue azioni, tutte le sue opere, sono di un Dio, e, per conseguenza, degne di Dio, al quale ne fa omaggio.  

   Secondo il linguaggio della filosofia, «gli atti partengono alla persona”.   

   Le diverse azioni, che compiamo, hanno la loro sorgente nella natura umana e nelle facoltà che derivano da questa natura; ma, in ultima analisi, noi le attribuiamo alla persona che possiede questa natura. Così io penso per mezzo dell'intelligenza, vedo per mezzo dell’occhio, sento per mezzo dell’udito: sentire, vedere e pensare sono azioni della natura umana; ma noi le riferiamo infine alla persona; sono io, lo stesso io, che sento, vedo e penso. Benché ognuna di queste azioni abbia per sorgente immediata una facoltà differente, esse si riferiscono alla stessa ed unica persona. Ora in Gesù Cristo, la natura umana, perfetta ed integrale in se stessa, è unità alla persona del Verbo, del Figlio di Dio. Molte azioni in Cristo non possono essere compiute che nella sua natura umana: se egli lavora, cammina, dorme, mangia, insegna, soffre, muore, è nella sua umanità, è per mezzo della sua natura umana; ma tutte le sue azioni appartengono alla persona divina, alla quale è unita questa umanità. È una persona divina che agisce ed opera per mezzo della natura umana.  

    Ne risulta che tutte le azioni compiute dall'umanità di Gesù Cristo, per quanto infime, ordinarie, semplici, limitate esse siano alla loro realtà fisica e nella loro durata terrestre, sono attribuite alla persona divina alla quale è unita questa umanità; sono le azioni di un Dio (1). Per questa ragione esse posseggono una bellezza ed uno splendore trascendentale, esse acquistano, dal punto di vista morale, un prezzo inestimabile, un valore infinito, una efficacia inesauribile.  

Il valore morale delle azioni umane di Cristo si misura dalla dignità infinita della persona divina, nella quale sussiste ed agisce la natura umana.  

    Se ciò è vero delle minime azioni di Cristo, quanto è più vero ancora di quelle che costituiscono propriamente la sua missione quaggiù o vi si riallacciano, e cioè: sostituirsi a noi come una vittima senza macchia per pagare il nostro debito e rendere a noi la vita divina, per mezzo della sua espiazione e delle sue soddisfazioni.  

     Poiché questa è la missione che deve compiere, la carriera che deve percorrere. «Dio ha posto su di lui», uomo come noi della progenie di Adamo, ma giusto, innocente e senza peccato, «l'iniquità di tutti noi» (1). Cristo ha meritato di renderci solidali della sua giustizia e della sua santità, poiché egli è diventato, per così dire, solidale della nostra natura e del nostro peccato. Dio, secondo l'espressione così energica di S. Paolo, «mandando per il peccato suo Figlio in una carne simile a quella del peccato, ha condannato il peccato della carne» (2); e, con una energia più stupefacente ancora: «Dio ha fatto peccato per noi Cristo, che non ha affatto conosciuto il peccato». (3). Che energia c'è in questa espressione: peccatum fecit! L'apostolo non dice; peccator «peccatore»: ma peccatum «peccato».  

   Cristo, da parte sua, ha accettato di prendere su di sé tutti i nostri peccati, al punto di diventare quasi, sulla croce, il peccato universale, il peccato vivente. Egli si è messo volontariamente al nostro posto, e per questa ragione sarà colpito a morte: «Il vostro riscatto sarà costituito dal mio sangue» (4). L'umanità sarà riscattata, «non da cose mortali, dall'argento e dall'oro, ma da un sangue prezioso, quello dell'Agnello senza difetto e senza macchia, il sangue di Cristo, che è stato designato fino da prima della creazione del mondo» ad un grande prezzo» (1). Gesù Cristo ha versato per noi fino all’ultima goccia del suo sangue. Eppure anche una sola goccia di questo sangue divino sarebbe bastata per riscattarci. La minima sofferenza, la più leggera umiliazione di Cristo, anche un solo desiderio uscito dal suo cuore, sarebbero bastati ad espiare tutti i peccati, tutti i delitti che potrebbero essere commessi; poiché ognuna delle azioni di Cristo, essendo l'azione di una persona divina, costituisce una soddisfazione di un pregio infinito. Ma Dio, «per far risplendere sempre più agli occhi del mondo intero l'immenso amore che gli porta suo Figlio» (2), e l'«ineffabile carità di questo stesso Figlio verso di noi» (3), per farci più vivamente toccare col dito quanto infinita è la santità divina e profonda la iniquità del peccato, per altre ragioni ancora che non possiamo scoprire (4), l'Eterno Padre ha reclamato, come espiazione dei delitti dell'umanità, tutte le sofferenze, la passione e la morte del suo divin Figlio. Infatti la soddisfazione è stata completa solamente quando, dall'alto della croce, Gesù con la sua voce spirante, ha pronunziato il Comsummatum est: «tutto è consumato». Allora soltanto la sua missione personale di Redenzione quaggiù è stata adempiuta e la sua opera di salvezza compiuta. 

Per mezzo di queste soddisfazioni, come del resto per mezzo di tutti gli atti della sua vita, Gesù Cristo ha meritato  per noi ogni grazia di perdono, di salvezza, di santificazione.  

Beato Dom COLUMBA MARMION 

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