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venerdì 24 settembre 2021

Commento all‟Apocalisse

 


La settima ed ultima epoca della Chiesa, quella della Desolazione, che inizia con la nascita dell‟Anticristo e dura fino alla fine del mondo. 

 

Cap. III, v. 14-22. 

I. Vers. 14. E all‟Angelo della Chiesa di Laodicea, scrivi: L‟Amen, il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio. Il settimo ed ultimo stato della Chiesa inizierà con la nascita dell‟Anticristo e durerà fino alla fine del mondo. Sarà un‟epoca di desolazione, durante la quale avverrà la totale apostasia dalla fede, come predetto in San Luca, al cap. 18: Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà ancora la fede? In questo periodo si compirà l‟abominazione della desolazione descritta da S. Matteo al cap. 24, e da Daniele ai capp. 11 e 12: E si consumerà il mondo e la parola della volontà di Dio. A questa epoca si adatta il settimo Giorno della Creazione del mondo, nel quale Dio completò la sua opera e riposò in questo giorno da tutte le opere che aveva intrapreso. Cfr. Gen. Cap. 2. Così nel settimo stato della Chiesa si compirà la sua opera spirituale, che aveva stabilito di operare per mezzo del suo Figlio Gesù. E riposerà quindi in eterno con tutti i suoi Santi. Alla medesima epoca conviene il settimo dono dello Spirito Santo, ossia quello della Scienza. In quel tempo infatti si apprenderà chiaramente, dopo che l‟Anticristo sarà stato abbattuto e gettato nell‟inferno, che Gesù Cristo si era fatto Uomo, e allora i Giudei restanti faranno penitenza. Come dice Daniele, inoltre, al cap. 12, molteplice sarà allora la scienza sulla terra, quando apparirà il segno del Figlio dell‟uomo in cielo e ogni occhio lo vedrà. A questo settimo stato conviene pure la settima ed ultima età del mondo, quella in cui si avrà la fine della creazione, per cui sarà anche l‟ultima epoca della Chiesa. La figura di questo periodo è la Chiesa di Laodicea, che significa „vomito‟, e tale sarà l‟ultimo stato, perché, mentre l‟Anticristo crescerà in età, la carità andrà raffreddandosi, vi sarà la generale apostasia, si perturberanno i Regni, sconvolti dalle guerre intestine, gli uomini non ameranno altro che se stessi, saranno accidiosi, tiepidi, mentre i pastori, ossia i Prelati e i Principi, saranno mediocri, alberi autunnali, senza foglie e frutti di opere buone, erranti come le meteore, nubi senza pioggia. E allora Cristo comincerà a vomitare la sua Chiesa dalla sua bocca, e permetterà che Satana sia sciolto ovunque e che il figlio di perdizione entri nel mondo. 

II. Queste cose dice l‟Amen, il testimone fedele e verace, il principio della creazione di Dio. Queste parole contengono quelle caratteristiche  e prerogative di Cristo, che come al solito, vi sono premesse. Queste cose dice l‟Amen. L‟Amen è un modo di dire della lingua ebraica ed altro non significa che „veramente‟, e viene attribuito a Cristo in quanto è la prima verità per la sua Divinità e la sua essenza. S. Giovanni infatti al cap. 14, scrive: Io sono la verità, la via e la vita. A nessun semplice uomo può attribuirsi questo titolo, perché ogni uomo è menzognero e solo Dio è verace. Testimone fedele e verace della paterna maestà e gloria, a cui diede testimonianza fino alla morte nella fedeltà e perfettissima divina verità, in quanto suo Figlio. Che è il principio della creazione di Dio, poiché tutte le cose furono fatte per mezzo suo, e senza di lui nulla fu fatto, S. Giovanni cap. 1. Questi attributi e divine insegne si pongono qui in principio per confermare gli animi dei suoi servi nella verità del Vangelo di Cristo contro la falsa empietà dell‟Anticristo, il quale, magnificandosi al di sopra di Dio Signore del cielo e della terra, bestemmierà terribilmente che Gesù Cristo non è Dio, non si è incarnato, e che né la sua testimonianza, né il suo Vangelo sono veri. 

Vers. 15. Io so le tue opere. Con il consueto modo di esprimersi biasima qui le opere del settimo stato, come è chiaro dalle parole che seguono: perché non sei né freddo, né caldo, ovvero non hai né timor di Dio, né fervore di carità, per il cui impulso tu possa seguire la giustizia e la verità (metaforicamente freddo e caldo significano appunto quelle due virtù), poiché negli ultimi giorni abbonderà l‟iniquità, e si raffredderà la carità di molti, come descritto in S. Matteo, cap. 24, v. 12. giustamente quindi quest‟epoca della Chiesa è definita né fredda, né calda. Oh fossi tu freddo, oppur fervente! Il modo desiderativo indica che Cristo Signore piange col suo paterno affetto questo stato della sua Chiesa, come suole un padre od una madre piangere suo figlio, e lo sposo piangere la sposa che amava. 

Vers. 16. Ma poiché sei tiepido e non fervente, né freddo, sto per vomitarti dalla mia bocca. Langui e vieni meno nella fede, nella speranza e nella carità, per cui non pratichi le opere della giustizia e non osservi i miei precetti. Sto per vomitarti dalla mia bocca: quello che viene sputato dalla bocca è di solito qualcosa di schifoso e spiacevole, come soprattutto l‟acqua tiepida, a cui con bella similitudine viene paragonato il cristiano tiepido nella fede, nella speranza e nella carità, e colui che non ha altro che il nome di cristiano. Per cui segue: Sto per vomitarti dalla mia bocca, inizierò a poco a poco a gettarti lontano da me, ad abbandonarti e lasciarti cadere nell‟eresia. Sto per vomitarti dalla mia bocca, col permettere di essere conculcato dalle genti e dall‟Anticristo, come lo sputo e l‟acqua tiepida, espulsa dalla bocca, è calpestata dai piedi. Il popolo cristiano è nella bocca di Cristo per la fede alla sua parola e al Vangelo, e lo vomita, quando permette che cada nell‟eresia e nell‟apostasia per l‟insipienza delle sue abominazioni. Questo Cristo comincerà a fare sul finire della sesta epoca e continuerà nella settima, quando infatti la carità si raffredderà e l‟iniquità abbonderà, e vi sarà la generale apostasia. 

Vers. 17. Perché dici: Son ricco e mi sono arricchito e non ho bisogno di nulla – e non sai che tu sei meschino e miserabile e pitocco e cieco nudo? 

Vers. 18. Ti consiglio a comprar da me oro purgato col fuoco perché tu arricchisca, e vesti bianche perché tu le indossi e non appaia la vergogna della tua nudità e collirio da ungere i tuoi occhi perché tu ci veda. Con questa paterna riprensione rivela i vizi e i difetti di quest‟epoca, dando contemporaneamente il salutare consiglio e l‟opportuno rimedio per evitarli. Il primo vizio è una certa perversa presunzione dello spirito e della propria sapienza, per cui in quei giorni gli uomini accecati non sapranno riconoscere i loro peccati ed errori, ed incalliti nei delitti, nei piaceri e nei loro errori si giustificheranno, incapaci di accogliere la sana dottrina. Per questo qui Cristo parla così: Perché dici? Perché ti vanti falsamente e male presumi, son ricco, ovvero dotato di perfette e magnifiche scienze, della giustizia e della verità, e mi sono arricchito, nella pratica e nell‟esercizio di tutte le arti ed esperienze, come mai altro secolo, e non ho bisogno di nulla, ovvero nessuno ha da insegnarmi alcuna cosa. Questo perverso spirito satanico hanno anche ai nostri giorni gli pseu- dopolitici e i falsi cristiani, i quali, disprezzata ogni vera scienza e sana dottrina, ed irrisi i pastori d‟anime, si giustificano in ogni cosa, seguendo il loro amor proprio e la loro malvagia volontà nella perdizione. Per cui segue: E non sai? Non riconosci che sei misero. Sei misero per la tua cecità e mancanza della grazia e della vera luce, per cui sei misero pure per la tua inimicizia con Dio, miseria più grande della quale non può esserci, e quindi sei ancor più misero, perché non sai, ovvero non riconosci la miseria, in cui ti trovi e non vuoi che Io, o altri, vi ponga rimedio, e sei miserabile per il reato della pena, come conseguenza di quei peccati; e pitocco, povero di meriti per i beni spirituali, che non possono acquisirsi da chi è nemico di Dio; e cieco, perché non vedi e non riconosci i tuoi difetti, i vizi, la tua povertà e miseria; e nudo, spogliato delle virtù della vera fede, della speranza, della carità, giustizia e religione, poiché l‟abito delle virtù è il vestito e l‟indumento dell‟anima. 

Il secondo vizio sarà la vana fiducia nelle ricchezze, nei tesori, nei vasi d‟oro, negli ornamenti e nelle magnifiche costruzioni dei templi, nell‟esterno splendore delle cose spirituali e temporali, le quali tutte, poiché mancheranno della carità di Dio, non piaceranno a Cristo Gesù, come i sacrifici dell‟antica legge, eseguiti senza misericordia, non furono accetti al Signore Dio. Tutte queste cose saranno preda e bottino dell‟Anticristo, che s‟impossesserà dei tesori delle Chiese, dei Re, dei Principi, dei ricchi, e conculcherà ogni cosa santa e sacra, incendierà le chiese, distruggerà dalle fondamenta i magnifici palazzi, e farà di tutte ciò un‟estrema distruzione e profanazione, quale non vi fu mai, e infine tutto brucerà col fuoco e ridurrà in cenere. Per cui segue il salutare consiglio e la soave ammonizione di Cristo: Ti consiglio in quanto già sei impegnato nel combattimento, a comprar da me al posto di tutte quelle cose oro purgato col fuoco della carità e della celeste sapienza con le opere di misericordia e le elemosine a vantaggio dei poveri e dei santi, purgato, perché il tiranno non potrà sottrarlo né alcuno potrà contraffarlo. Questo fece San Lorenzo e altri santi di Dio. Quando infatti vedevano che incombeva il combattimento della loro morte e l‟ora della prova, distribuivano ai poveri tutti i tesori della Chiesa, e si compravano l‟oro purgato dalla fiamma della carità, con la quale fervorosi andarono ad incontrare con gioia i roghi ardenti e le pene dei crudeli tiranni. Così devono fare i servi di Dio, soprattutto in quei tempi di persecuzione, poiché non vi sarà né occasione, né necessità, né alcuna possibilità d‟impiegare altrimenti l‟oro, l‟argento, i vasi, i tesori, come paternamente li esorta in questo passo Cristo;  perché tu arricchisca, tesaurizzando con queste cose caduche e presto passeggere un tesoro nei cieli, che nessuno potrà sottrarti, e non lo potrà in eterno. E vesti bianche perché tu le indossi, le vesti delle virtù e dei doni di Dio, che conseguono alle opere della carità e della misericordia; e non appaia la vergogna della tua nudità, ossia si scoprano i tuoi peccati, che sono la nudità dell‟anima, mentre la carità copre la moltitudine dei peccati. E collirio da ungere i tuoi occhi: il collirio è la medicina degli occhi, gli occhi sono la memoria e l‟intelletto dell‟anima; questi divengono ottusi e ciechi per la vista delle cose presenti. Questo collirio, che è la medicina spirituale, con cui sanare quei due occhi e preservarli da quella cecità, è la meditazione dei Novissimi, l‟investigazione delle Sacre Scritture, cose che ai soldati di Cristo in quei giorni saranno massimamente necessarie per la futura crudeltà dei tormenti, per gli errori e gli inganni dei pseudoprofeti, e per gli scandali e la generale apostasia dalla fede di Cristo. per cui qui come assai salutarmente preavvisa, dicendo: E collirio da ungere i tuoi occhi perché tu ci veda, applica gli occhi della mente, sia a ricordare sempre nel giorno della tribolazione i novissimi che ti attendono, sia a studiare le Scritture, per vedere la vanità delle cose presenti, la stabilità di quelle future, la malvagità di quel che ti promette e con cui ti blandisce il tiranno, e la falsità dei segni e dei prodigi che compirà allora. 

Vers. 19. Io quanti amo, li riprendo, come un Padre che corregge, ammonisce e punisce i suoi figli diletti dei difetti che devono emendare e dei pericoli che devono evitare. E castigo, permettendo che loro accadano in questa vita avversità, tribolazioni, disavventure, persecuzioni e che cadano in potere di uomini empi. Il Salmista dice al riguardo nel Salmo 65, v. 12: Ci hai lasciato pestare il capo dagli uomini, siam passati per il fuoco e l’acqua, poi ci hai menati fuori al refrigerio. 

III . Abbi dunque zelo e fai penitenza. Con queste parole Cristo propone ai suoi soldati che vinceranno nell‟ultima tribolazione due cose da imitare, ossia il suo esempio e far penitenza. Abbi dunque zelo, imita i buoni, i forti e sapienti miei soldati, che vinsero in una simile persecuzione sotto Diocleziano e i suoi predecessori. E fai penitenza dei tuoi peccati, pentiti, ossia sorgi presto dalle tue cadute, come fece il Papa S. Marcellino, che per paura della morte e dei tormenti aveva sacrificato agli idoli. 

Vers. 20. Ecco io sto all‟uscio e picchio: se uno ascolta la mia voce e apre l‟uscio, entrerò da lui e cenerò con lui e lui in me. Queste parole  contengono la venuta e la cena dell‟Agnello alla quale ci invita, dicendo: Ecco io sto all‟uscio e picchio. Si dice che Cristo sia all‟uscio della sua Chiesa quando è prossimo a venire per il giudizio e la rinnovazione del mondo. Picchierà in vero quando gli uomini vedranno compiuti i segni e la tribolazione predetti in San Matteo al cap. 24, do- ve aggiunge: Dall’albero del fico apprendete quindi… così anche voi quando vedrete tutte queste cose, sappiate che è vicino alle porte. Se uno ascolta la mia voce e apre l‟uscio: in quei giorni vi saranno due voci, quella vera di Cristo, e quella falsa ed empia dell‟Anticristo e dei suoi seguaci, che lo proclamerà il Messia. Contro questa voce ci avverte Cristo in San Matteo al cap. 24: Allora, se qualcuno vi dirà: Ecco qui è il Cristo, o lì, non gli credete. L‟altra voce è quella di Cristo, che si contiene nella Sacra Scrittura, che dice che lui è il vero Messia e il Figlio di Dio. Questa voce sarà fatta risuonare dalla bocca di Enoch ed Elia e degli altri servi di Dio, che resisteranno allora all‟Anticristo e predicheranno che Gesù Cristo è il vero Messia, Dio e Uomo, che si è incarnato. Di- ce quindi appropriatamente: Se uno ascolta la mia voce e apre l‟uscio del suo cuore per la fede in me, entrò in lui colla grazia della consolazione in tutti i tormenti e le avversità. Entrerò da lui e cenerò con lui e lui in me. La cena corporale è la refezione dell‟uomo prima di dormire, quella spirituale è il conforto dell‟anima prima della morte. In questo senso dice: Cenerò con lui, lo ricreerò e lo conforterò in morte con la grazia della perseveranza, e lui in me, ossia persevererà in tutti i tormenti fino al sopraggiungere della morte. 

Vers. 21. Chi vince il mondo, la carne, il diavolo e la morte, gli darò di seder con me sul mio trono, come anch‟io ho vinto e mi son seduto col Padre mio sul suo trono. Si promette con queste parole ai soldati di Cristo, che nell‟ultimo combattimento di questo mondo vinceranno il potere e la dignità di giudicare i vivi e i morti, come Cristo promise agli Apostoli in S. Matteo, cap. 19: In verità vi dico, voi che mi avete seguito nella rigenerazione, quando il Figlio dell’uomo sederà sul trono della sua gloria, sederete anche voi sopra dodici toni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Così anche qui promette ai suoi servi, a motivo della difficoltà della vittoria che conseguiranno in quella estrema persecuzione e tribolazione, la massima dignità dei cieli, che è il potere giudiziario, che viene indicata nell‟espressione „sedere sul trono‟. 

Chi ha orecchie, ascolti che cosa lo Spirito dice alle Chiese . Questo già è stato spiegato. Per cui qui finisce il Primo Libro. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser 

giovedì 19 agosto 2021

Commento all‟Apocalisse

 


§. II. 

La sesta epoca della Chiesa, quello della Consolazione, che va dal tempo del celebre Pontefice santo e dal potente Monarca  fino alla nascita dell‟Anticristo. 

Cap. III. v. 7-13. 
 
Vers. 7 
 
I. E all‟Angelo della Chiesa di Filadelfia scrivi. La sesta epoca della Chiesa prende inizio dal celebre forte Monarca e dal Pontefice santo e durerà fino alla nascita dell‟Anticristo. Questo sta- to sarà quello della consolazione, perché in questo Dio consolerà la sua santa Chiesa per l‟afflizione e le estreme tribolazioni che patì nella quinta epoca. Tutti i popoli infatti saranno condotti all‟unità dell‟ortodossa fede cattolica, e fiorirà al massimo grado il ceto ecclesiastico e il sacerdozio, e gli uomini cercheranno il Regno di Dio e la sua giustizia con ogni sollecitudine. Dio infatti darà loro dei buoni pastori, così che gli uomini vivano in pace, ciascuno contento del suo, poiché vi sarà la pace sulla terra, pace che Dio concederà agli uomini, riconciliati con Lui, sotto le ali protettive del celebre forte Monarca e dei suoi successori. La sesta età del mondo, che andò dalla liberazione del popolo d‟Israele e dalla restaurazione del Tempio e di Gerusalemme e durò fino alla venuta di Cri- sto, prefigura esemplarmente questa epoca della Chiesa. Come infatti in quell‟epoca il Signore Id- dio confortò al massimo grado il popolo d‟Israele con la liberazione della sua schiavitù, la restaura- zione del Tempio e di Gerusalemme, e rese sudditi dell‟Impero Romano tutti i regni, i popoli e le nazioni, sotto lo scettro di Cesare Augusto, Monarca fortissimo e sagacissimo, il quale, sconfitti e sottomessi tutti i suoi nemici, regnò da solo 56 anni e più, diede la pace a l‟universo mondo, fino al- la venuta di Cristo Signore. Così nel sesto stato Dio consolerà la Chiesa cattolica con la consolazio- ne più grande; poiché, nonostante nel quinto stato vediamo dappertutto le più grandi disgrazie, men- tre tutto è devastato dalla guerra, i Cattolici sono oppressi dagli eretici e dai cattivi cristiani, la Chiesa e i suoi ministri perdono la loro libertà, le Monarchie sono soppresse, i Re vengono assassi- nati, i sudditi si ribellano, tutti macchinano per erigere delle Repubbliche, avverrà tuttavia per mano di Dio onnipotente un così meraviglioso cambiamento, che non può umanamente immaginarsi. Il celebre forte Monarca, infatti, che deve venire, sarà inviato da Dio, distruggerà le Repubbliche dalle fondamenta, sottometterà ogni cosa e sarà zelante della vera Chiesa di Cristo. Tutte le eresie saranno gettate nell‟inferno, l‟impero dei turchi sarà stroncato, e lui regnerà in Oriente e in Occidente. Tutte le genti verranno ad adorare il Signore loro Dio nella vera e ortodossa fede cattolica. Sulla ter- ra fioriranno moltissimi uomini giusti e dotti, e gli uomini ameranno la giustizia e l‟onestà. Vi sarà pace su tutta la terra, poiché la potenza divina legherà Satana per molti anni, finché non venga colui che deve venire, il figlio di perdizione, quando Satana verrà nuovamente sciolto. A questa sesta epoca corrisponde nella somiglianza della perfezione il sesto giorno della Creazione, nel quale Dio creò l‟uomo a sua somiglianza e gli sottomise tutte le creature della terra, affinché fosse loro Signo- re. Così il famoso Monarca dominerà su tutte le bestie della terra, ossia, sulle genti barbare, sui po- poli ribelli, sulle repubbliche eretiche, e gli uomini domineranno le loro disordinate passioni. A questo sesto stato corrisponde pure il sesto dono dello Spirito Santo, ossia lo Spirito della Sapienza, che Dio effonderà abbondantemente su tutta la terra in quest‟epoca. Gli uomini infatti temeranno il Signore loro Dio, custodiranno la sua legge e lo serviranno con tutto il cuore. Vi saranno pure sulla terra varie e perfette scienze e la sacra scrittura verrà interpretata unanimemente senza controversie ed errori eretici. Vi saranno uomini illuminati tanto nelle cose naturali quanto in quelle celesti. Infi- ne la Chiesa di Filadelfia è tipo di questa sesta epoca. Filadelfia infatti significa in lingua greca „amore salutare verso il fratello‟, che salva l‟eredità che appartiene a Dio. Questo ben si addice al sesto stato della Chiesa, nel quale vi sarà amore e concordia e pace somma, e il forte Monarca salu- terà quasi tutto il mondo come sua eredità, e, con l‟aiuto del Signore Dio suo, lo libererà di tutti i suoi nemici, delle sue disgrazie e di ogni male. 
II. Dice questo il Santo e il verace, colui che ha la chiave di Davide, colui che apre e nes- suno chiude, che chiude e nessuno apre: Io so le tue opere. Con queste parole, come per descrive- re ciascuna delle epoche, si premettono di nuovo alcune delle prerogative di Cristo Signore, non so- lo in quanto Egli le possiede interiormente, ma anche perché splendono all‟esterno in questo sesto stato nei suoi membri e nel suo Corpo, che è la Chiesa. Dice questo il Santo dei Santi, e il verace Dio e uomo. Questo eccellentissima prerogativa deriva a Cristo Signore dall‟unione ipostatica, per cui ogni ginocchi si piega davanti a lui nei cieli, sulla terra e negli inferi. Si dice del pari Santo e ve- race come capo nei membri e nel suo Corpo che è la Chiesa, la quale nel sesto stato sarà davvero santa e vera. Santa poiché gli uomini cammineranno nelle vie del Signore con tutto il loro cuore e cercheranno con sollecitudine il Regno di Dio e serviranno il Signore loro Dio in letizia. Vera, poi- ché, cacciate nell‟inferno tutte le sette, sulla faccia della terra non vi sarà che la vera Chiesa. Colui che ha la chiave di Davide. S‟intende la regale e universale potestà di Cristo sulla sua Chiesa fino alla fine del mondo, nel compimento della volontà e dei segreti di Dio Padre, come dice S. Matteo al cap. 28: Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Nel Libro II, al cap. 4  si diranno altri rag- guagli su questo punto. Inoltre qui si dice che Cristo possiede la chiave di Davide, perché Davide e il suo regno furono figura di Cristo e del suo regno, come scrissero i profeti. Colui che apre e nes- suno chiude, che chiude e nessuno apre. Con queste parole si indica quale sia il potere di questa chiave di Cristo, ossia onnipotente, posta solo alla sua discrezione, sia riguardo al bene, sia al male. Colui che apre la porta per il bene, concedendolo, o per il male, permettendolo. E nessuno chiude, ovvero nessuno può impedire o proibire, né in cielo, né in terra, né negli inferi, né i malvagi che ac- cadono le cose buone, né i buoni quelle cattive, in quanto sono stati decretati dalla divina volontà. Così riguardo ai malvagi abbiamo il passo di S. Matteo al cap. 16: e le porte dell’inferno non pre- varranno contro di essa. Per quel che riguarda gli uomini giusti e buoni si legga il profeta Ezechiele al cap. 14 dal versetto 14 fino al 21. Chiude e nessuno apre, ossia toglie a suo tempo dalla sua Chiesa i mali e dà i beni, e dopo i beni permette le cose malvagie, e non v‟è nessuno che possa sfuggire alla sua mano, o impedire che quelle cose avvengano. Così dice il Salmo 103: Quando tu lo dai, lo raccolgono. Quando tu apri la tua mano, tutte le cose son ricolme di bene; ma quando tu rivolgi altrove la tua faccia, si turbano; se togli loro lo spirito, vengono meno e ritornano nella loro polvere. Manderai il tuo spirito e saranno create, e rinnoverai la faccia della terra. Io so le tue opere. È un modo di dire con cui viene qui lodata in generale la condotta di questa sesta epoca, co- me sopra nel quinto stato era invece rimproverata. Io so le tue opere, che sono tutte sante, buone, perfette, e piene di carità, come si deduce dal versetto che segue. 
Vers. 8. Ecco, t‟ho messo davanti una porta aperta, che nessuno può chiudere, perché hai poca forza, e tuttavia hai serbato la mia parola e non hai negato il mio nome ecc. Piene di conso-lazione sono le parole che descrivono la futura felicità di questa sesta età della Chiesa, la quale con- siste: 1) nel vero, chiaro e unanime interpretazione delle SS. Scritture, per cui quest‟epoca risplen- derà, fugate e dissipate le tenebre e le erronee e false interpretazioni degli eretici, che sono la dottri- na dei demoni, mentre invece i fedeli di Cristo, diffusi per tutto il mondo, aderiranno nell‟unità del- la fede e dei santi costumi all‟unica interpretazione data dalla Chiesa cattolica. Per cui dice: Ecco, t‟ho messo davanti una porta aperta, ovvero, l‟interpretazione chiara e aperta della S. Scrittura, che nessuno può chiudere, il cui senso nessun eretico può pervertire, poiché nel sesto stato si cele- brerà il maggior concilio ecumenico di tutto il mondo, nel quale, per singolare grazia di Dio, per la potenza del celebre Monarca e l‟autorità del S. Pontefice santità, e in unione con Principi piissimi, ogni eresia e ateismo sarà condannato e bandito dalla terra, e la legittima interpretazione della S. Scrittura contro tutte le sette eretiche sarà dichiarata e proposta a credere, alla quale tutti aderiranno, avendo Dio aperto la porta della sua grazia. 2) Questa felicità consiste nel numerosissimo gregge dei fedeli. Confluiranno infatti in quel tempo tutte le genti, i popoli e le nazioni nell‟unico ovile, e entreranno per quella sola porta, che è la vera fede cattolica e ortodossa, e si compiranno le parole di S. Giovanni al cap. 10, quando dice: Vi sarò un solo Pastore ed un solo ovile, e quelle di S. Mat- teo, al cap. 24: Questo Vangelo sarà predicato in tutto il mondo, in testimonianza di tutte le genti, e allora verrà la fine. In questo medesimo senso qui si dice: Ecco, t‟ho messo davanti una porta aperta, la porta aperta della fede e della salvezza delle anime, che nel quinto stato era chiusa per un numero sconfinato di uomini, a causa delle eresie e delle abominazioni dei peccatori, e perciò l‟ovile era esiguo, avvilito, umiliato e oggetto di disprezzo. Ora invece è aperta davanti a te, ossia accessibile a tutti, come la porta di un palazzo reale che è sempre spalancata per tutti, poiché non v‟è timore di nemici o di sedizioni ecc. 3) Il terzo motivo di felicità sta nel gran numero dei salvati. Moltissimi infatti si salveranno in quel tempo, poiché la vera fede risplenderà e abbonderà la giusti- zia. Ecco, t‟ho messo davanti una porta aperta del cielo, che nessuno può chiudere fino ad un tempo determinato, per cui la frase è preceduta dalla particella: Ecco, la quale eccita gli animi nostri a qualche grande e meraviglioso intervento di Dio, alla consolazione, alla letizia e al gaudio spiri- tuale; perché hai poca forza, e tuttavia hai serbato la mia parola e non hai negato il mio nome. Si toccano qui con queste parole le tre cause, ovvero i tre meriti, per cui Dio ha avuto pietà della sua Chiesa e degli uomini sulla terra, aprendo misericordiosamente nel sesto stato della Chiesa la porta del cielo. Il primo motivo è detto al presente, perché hai poca forza, volendo tali parole indicare lo zelo apostolico dei suoi servi, i quali impiegheranno bene, prudentemente e con massimo frutto la poca forza concessa loro da Dio, ossia convertendo i peccatori e gli eretici soprattutto all‟inizio del- la sesta epoca della Chiesa, quando inizierà la loro conversione, sforzo che Cristo Signore benedirà. Il secondo e terzo motivo sono posti invece al tempo passato: hai serbato la mia parola e non hai negato il mio nome. Queste parole indicano la costanza e la perseveranza nella carità e nella fede dei medesimi servi di Dio, i quali sul finire della quinta epoca si leveranno con poca forza, quando gli uomini negheranno la fede a causa dei beni temporali, e i ministri della Chiesa a causa dei piace- ri carnali e della bellezza e delle attrattive delle donne abbandoneranno il celibato, e il diavolo sarà sciolto quasi ovunque e una tribolazione estrema incrudelirà sulla terra, ma costoro uniti fortissi- mamente conserveranno la propria vocazione e si manterranno immacolati da questo mondo, e per- ciò saranno giudicati da nulla dagli uomini, e disprezzati e fatti oggetto di ludibrio. La benignità del nostro Salvatore Gesù Cristo guarderà però alla loro pazienza, attività, costanza e perseveranza e li ricompenserà nel sesto stato, aiutando il loro impegno per la conversione dei peccatori e degli ereti- ci. Perché hai poca forza, ovvero sei privo di dignità e potestà ecclesiastica, privo di ricchezze, e di gloria sublime. Anche la grazia di Dio sarà loro concessa in modo moderatamente distribuito e or- dinato. Il loro impegno tuttavia, mosso da un‟intensa carità e zelo, nei confronti del Nome di Gesù Cristo, della sua Chiesa e della salute delle anime, sarà massimo. La misericordia di Nostro Signore, infine, li aiuterà aprendo loro nel sesto stato la porta della conversione degli eretici e dei peccatori alla vera fede e alla penitenza. Hai serbato la mia parola: la parola di Cristo qui indica quella dot- trina e scienza speciale riguardo ad un qualche precetto e consiglio, che non era stata rivelata nell‟Antico Testamento e che è del tutto opposta allo spirito del mondo. Nel Vangelo si trovano tre di questi precetti e consigli rivelati da Gesù Cristo: il primo riguarda il precetto di amare i nemici e di amarsi gli uni e gli altri (cfr. S. Matteo, cap. 5). Il secondo è il consiglio evangelico di conservare il celibato, come in S. Matteo al cap. 19: ci son di quelli che si son fatti eunuchi da se in vista del regno dei cieli. Il terzo infine è la pazienza da esercitare, come in S. Matteo al cap. 5: A chi ti per- cuote nella guancia destra, porgigli anche l’altra; a chi vuol muoverti lite per toglierti la tunica, cedigli anche il mantello. Per questo qui si dice hai serbato la mia parola, ossia dell‟amore frater- no, del celibato, della pazienza e della mansuetudine, che è propriamente la parola di Dio, pronun- ciata dalla sua bocca benedetta e messa in pratica. E non hai negato la mia fede. La fede si nega per lo più a causa delle ricchezze, degli onori e delle donne, tre cose che quei servi di Cristo di- sprezzeranno, poiché condurranno una vita umile senza dignità, e se saranno nominati a cariche pubbliche, saranno disprezzati dai loro superiori, e ne godranno. Impiegheranno tutti i loro beni, an- che più del necessario, a vantaggio dei poveri e nella restaurazione della Chiesa cattolica, la quale ameranno teneramente come loro madre, camminando con semplicità davanti a Dio e agli uomini, e perciò la loro condotta di vista sarà stimata pazzia e stoltezza, poiché la sapienza di questo mondo insegna  a conservare le cose acquisite e si accaparrare e tesaurizzare sempre di più. Si conserve- ranno puri, poi, da illeciti rapporti colle donne, vivendo conforme alla condizione della loro santa vocazione. Per cui, mentre vi sarà un‟apostasia generale e i più negheranno la fede di Cristo a moti- vo delle ricchezze, degli onori e dei piaceri carnali, costoro gemeranno nel loro cuore a Dio loro Si- gnore e persevereranno nella fede cattolica. Costoro così ricevono qui la giusta lode: non hai nega- to la mia fede. 
III. Vers. 9. Ecco farò che quelli della sinagoga di Satana, quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono, ecco, farò che essi vengano e si prostrino ai tuoi piedi, e sappiano che io ti ho amato. Segue la copiosissima manifestazione della potenza di Dio, con la quale infine suole proseguire a aiutare benignissimamente i pii sforzi, la fedeltà, la costanza e la perseve- ranza  dei suoi servi. Si pongono tre Ecco. Ecco ti ho dato. Ecco ti darò. Ecco farò. Per cui la no- stra mente si innalza quasi al cielo, a meditare una qualche grande e ammirabile opera di misericor- dia e di compassione, colla quale sta per manifestare la ricchezza della sua grandissima gloria, della sua grazia e della sua immensa bontà. Ecco! Parla ai suoi servi, come dicesse: Ecco il frutto della tua fatica e delle tue opere. Ecco ti darò quello che hai a lungo desiderato con lacrime e pii gemiti. Ecco, farò quello che nessuno credeva possibile. Ecco! Ora dunque consolati. Ecco farò che quelli della sinagoga di Satana, quelli che dicono di essere Giudei e non lo sono, ma mentono. La Sina- goga di Satana sono i Giudei e tutti coloro che errano nella fede, che aderiscono a Satana padre del-la menzogna a causa dei suoi falsi dogmi. Similmente qui s‟intende con il termine Giudei allegori- camente e figuratamente gli eretici e gli scismatici, che si vantano d‟essere cristiani, ma non lo so- no, e mentono. Qui promette quindi la conversione degli eretici, degli scismatici e di coloro che er- rano nella fede, che avverrà nella sesta epoca, quando anche la Chiesa greca si unirà alla latina. Ec- co, farò che essi vengano e si prostrino ai tuoi piedi. Queste parole esprimono la forza, l‟efficacia e l‟abbondanza della grazia e della bontà di Dio, che farà sì che intere nazioni e popoli vengano, ado- rino e si sottomettano alla Chiesa Cattolica, loro madre. Farò per mezzo della luce della grazia, che vengano spontaneamente, e non costretti né dalla guerra, né dalla spada, e si prostrino ai tuoi piedi, ovvero si umilino e sottomettano alla sua potestà spirituale. Da ciò si ricava quanta fede e confiden- za tutti i Prelati e i Pastori d‟anime debbano collocare nella grazia di Dio, senza la quale ogni cosa claudica, senza la quale nulla si porta a compimento. Da circa cinquecento anni non solo si è dispu- tato acremente e si pubblicarono numerosi dotti libri contro gli eretici, ma anche si fu costretti a combatterli con le armi. Tutto fu tentato, ma senza frutto. Non rimane altro allora di levare il nostro grido al Signore Do nostro, d‟umiliare le nostre anime, riformare la nostra condotta di vita, e affati- carci strenuamente per conservare i pochi Cattolici, finché Dio non avrà pietà della sua Chiesa, di cui non può dimenticarsi mai, e guardi agli sforzi dei sui servi, che ancora lo temono, lo servono. Poniamo una viva fede e confidenza nell‟onnipotente grazia di Gesù Cristo, il quale con un unico raggio del suo santo lume può illuminare le accecate menti dei miseri peccatori e degli eretici. A questa confidenza ci esorta il Salmo 36: Spera nel Signore, fa’ il bene; e dimorerai nel paese e godrai dei suoi abbondanti frutti. Fa’ del Signore la tua delizia, ed egli soddisferà i desideri del tuo cuore. Esponi al Signore il tuo stato, spera in lui; egli provvederà. Farà risplendere la tua giustizia come la luce, e il tuo diritto come luce meridiana. Stai sottomesso al Signore e pregalo, non ti ri- scaldare a causa di chi prospera nelle sue imprese, a causa dell’uomo che fa scelleratezza. E sap-piano che io ti ho amato , ovvero confesseranno che tu sei la sola mia diletta sposa, da me scelta, la vera Chiesa, al di fuori della quale non v‟è salvezza e non si può ereditare il regno celeste. nella se- sta epoca la Chiesa cattolica sarà sublime, e gloriosa, e sarà magnificata per tutto il mondo, e non vi sarà più alcuna controversia o disputa su quale sarà la vera Chiesa. Per cui dice: farò che sappiano, ossia sarà manifestato, quello che nel quinto stato sarà oggetto di controversie e dispute. Così suole accadere, e può la divina bontà trarre il bene dal male, permettendo il sorgere delle eresie e delle avversità contro la verità divina, affinché sia più ancora manifestato il suo santo Nome. Ciò si dedu- ce dal fatto che tutte le eresie, sorte nei più diversi tempi, una volta manifestata la verità divina sva- nirono nuovamente, benché fossero pertinaci, come ad esempio l‟eresia ariana che negava la divini- tà di Gesù Cristo, alla quale anche le eresie contemporanee son simili nell‟ostinazione di negare la sua Santa e vera Chiesa.. 
Vers. 10. E siccome hai salvata la parola della mia pazienza anch‟io salverò te dall‟ora della tentazione  che sta per piombare su tutto il mondo, per mettere alla prova gli abitanti della terra. L‟ora della tentazione, che qui si predice debba venire, è il tempo della persecuzione dell‟Anticristo, che Cristo Signore descrive in S. Matteo al cap. 24 e Daniele al Cap 11, 12. Si dice ora della tentazione per indicare la brevità del tempo, poiché, come vedremo, il settimo periodo della Chiesa non durerà a lungo. La divina bontà è solita preservare i suoi servi in due modi dall‟ora della tentazione e dal tempo cattivo, 1) portandoli a se con la morte naturale in pace, prima che i mali e le tribolazioni si scatenino, misericordia che Dio usò con Ezechia, Josia e altri, sia nel Nuovo che nel Vecchio Testamento, 2) non togliendoli dal mando, ma preservandoli dal male, come in S. Giovanni al cap. 17, v. 15: Non prego che tu li tolga dal mondo, ma che li preservi dal male. Così inviò i suoi apostoli e discepoli in mezzo ai lupi. Dio preservò la sua Chiesa in entrambi i modi nel settimo stato al momento della persecuzione dell‟Anticristo. 1) Chiamandola a sé, poiché sul finire della sesta epoca la carità si raffredderà e cominceranno ad abbondare i peccati, sorgerà a poco a poco una generazione perversa e figli infedeli, saranno tolti con la morte naturale gli uomini giusti e santi e i pastori e gli ottimi prelati, e ne prenderanno il posto i tiepidi, gli uomini carnali, pieni di amor proprio, alberi autunnali, stelle erranti, nubi senz‟acqua; 2) preservandola dal male, poiché la Chiesa durerà fino alla fine del mondo, quando rimarranno solo pochi uomini santi e dotti tra il po- polo (rispetto alla stragrande moltitudine di malvagi). Questi Dio invierà in mezzo ai lupi per inse- gnare ai molti la verità e la giustizia al tempo dell‟Anticristo nel settimo ed ultimo stato della Chie- sa, e affronteranno la spada, il fuoco, la prigionia, e la malvagità dei giorni, come predisse Daniele al cap. 11. E così il Signore li preserverà nell‟ora della tentazione, salvandoli dal male, affinché non acconsentano all‟empietà del crudele tiranno, ma muoiano per la verità e la giustizia e la fede di Cristo.  
Vers. 11. Ecco, io vengo presto: tieni forte quel che hai, che nessuno prenda la tua corona. Queste parole contengono la premonizione dell‟improvvisa e insperata venuta di Cristo, e l‟esortazione a perseverare nel bene, cose che entrambe qui premette come scudi sommamente ne- cessari nell‟ultima tribolazione descritta da San Matteo al cap. 24. 1) Il regno dell‟Anticristo, infatti, per il suo straordinario buon successo e potenza sarà considerato dagli uomini come lunghissimo. Anzi, i Giudei e gli altri suoi seguaci, che lo acclameranno Messia, riterranno che il suo regno sarà eterno. Per questo qui dice contro questa presunzione e menzogna: Ecco, io vengo presto. 2) Come al tempo della persecuzione dell‟Imperatore Diocleziano (che fu un vivo prototipo dell‟Anticristo) molti apostatarono la fede di Cristo per la crudeltà della persecuzione e sacrificarono agli idoli, co- me accadde anche al Sommo Pontefice S. Marcellino, il quale tuttavia poi, dopo aver fatto dura pe- nitenza, affrontò il martirio. Del pari al tempo dell‟Imperatore Licinio di quaranta uno abbandonò la fede, la cui corona guadagnò poi Janitor, così accadrà, e molto più, nell‟ultima persecuzione dell‟Anticristo, che supererà le precedenti. Contro questa defezione qui Cristo, come sommo duce, premunisce ed esorta i suoi soldati ad armarsi dello scudo di una pertinace costanza e perseveranza, che in quel tempo saranno estremamente necessarie. Per cui dice: 
Vers. 12. Tieni quel che hai, che nessuno prenda la tua corona. Chi vince lo farò colonna nel tempio del mio Dio, e non ne uscirà più fuori. E scriverò su lui il nome del mio Dio, e il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende giù dal cielo dal mio Dio, e il mio nome nuovo. Per dar maggior conferma e forza ai suoi diletti soldati che combatteranno nella pre-detta ultima terribile persecuzione, segue la promessa dei beni sublimi, paragonabili alle vittorie ri- portate sul tiranno, la prima delle quali è la fermezza d‟animo e la costanza tenace, con la quale i giusti perseveranti si ergeranno come colonne nella Chiesa di Cristo contro ogni crudeltà del tiran- no, contro i suoi prodigi e le sue arti diaboliche, opponendo alla morte il corpo, la vita e il sangue. La seconda sarà la confessione del vero Dio, che creò il cielo e la  e terra, e tutto ciò che esiste, con- tro di cui incrudelirà all‟estremo l‟Anticristo, che si costituirà Dio degli Dei. La terza sarà la ferma fede e fedeltà alla Chiesa di Cristo, che l‟Anticristo rigetterà come un‟impostura, e la disperderà con la sua tirannide ai quattro venti, nei monti deserti e nelle grotte. La quarta infine sarà la confessione del Nome di Gesù Cristo, contro il quale il tiranno, vantandosi per l‟esecuzione dei suoi falsi miracoli, prodotti di arte diabolica, si proclamerà Messia, che i Giudei accoglieranno, come predetto dal- lo stesso Cristo Signore, in San Giovanni al cap. 5: Io vengo nel nome del Padre mio, e non mi ricevete, se un altro verrà nel suo nome, quello lo riceverete. A questa quadruplice virtù, insegne per il merito e per la vittoria, si promette un quadruplice premio e gloria condegna. Per primo si dice: Lo farò colonna nel tempio del mio Dio, e non ne uscirà più fuori. Le colonne si pongono nei palazzi dei Re per sostenere la mole degli edifici e per il fasto, il decoro e lo splendore della casa, così i giusti di Dio, i quali nel tempio di Cristo (che è la Chiesa militante) furono le colonne per la fer- mezza della verità, della fede e della giustizia di Gesù Cristo, combattendo per essa, difendendola, predicandola, e affrontando per essa la morte, costituiranno nel tempio di Dio (che è la Chiesa trion- fante) le colonne, perché saranno stabili in eterno e saranno nella gloria davanti a tutti i Santi di Dio e ai suoi Angeli, e perché qui rimasero fedelmente nel tempio di Dio, ossia nella Chiesa Cattolica, e non vi uscirono fuori, per seguire l‟Anticristo e gli altri eretici, apostatando. Di lì anzi non usciran- no più fuori in eterno, ma saranno immortali, impeccabili, stabili, e sicuri in eterno da ogni persecu- zione, dolore, pianto, morte, fame, sete, e dalle altre miserie, sia del corpo che dell‟anima. E per se- condo si legge: E scriverò su lui il nome del mio Dio, perché saranno simili a lui. Cfr. 1 a lettera di S. Giovanni, cap. 3, v. 3. Per cui saranno anche chiamati Dei, come si legge nel Salmo 81: Ho detto: siete Dei e tutto figli dell’Altissimo. Per terzo dice: E il nome della città del mio Dio, della nuova Gerusalemme che scende giù dal cielo dal mio Dio, ossia saranno tempio di Dio, nel quale si de- gnerà abitare il Re dei Re e Signore dei Signori, e lo possiederà in eterno mediante la visione beati- fica. Per quanto si legge: E il mio nome nuovo, ovvero Dio li onorerà del suo nome, infatti saranno chiamati figli di Dio, come nella 1 a lettera di San Giovanni, cap. 3, v. 1.  


Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser

lunedì 12 luglio 2021

Commento all‟Apocalisse

 


SUL CAPITOLO TERZO DELL’APOCALISSE 

 

Le ultime tre epoche della Chiesa militante 

 

§. I. 

La quinta epoca della Chiesa militante, quella afflittiva, che dal tempo di Leone X e Carlo V  giunge al Santo Pontefice e al forte Monarca. 

 

Cap. III, v. 1-6. 

 

  I. Vers.1. E all‟Angelo della Chiesa, che è in Sardi, scrivi: che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, dice questo: “Io so le tue opere”. 

La quinta epoca della Chiesa cominciò sotto Carlo V Imperatore e il Sommo Pontefice Leo- ne X circa l‟anno 1520. Durerà fino al Pontefice santo e alla venuta del famoso grande Monarca, che verrà al mondo per restaurare ogni cosa, e sarà chiamato «aiuto di Dio». Quest‟epoca è epoca di afflizione, desolazione, umiliazione e povertà della Chiesa, ed è appropriatamente chiamata epoca purgativa, durante la quale Cristo Signore ha vagliato, e vaglierà ancora il suo grano, con guerre immani, sedizioni, carestie ed epidemie, ed altri orribili malanni; affliggendo, del pari, e impoverendo la Chiesa latina con molte eresie e cattivi cristiani, che le sottrarranno numerosi episcopati, e un numero sconfinato di monasteri, con le loro ricchissime prebende; ovvero gli stessi principi cattolici vesseranno e spoglieranno la chiesa con gravami e altre tasse, di modo che veramente possiamo lamentarci e dire con Geremia (Lamentazioni, cap. 1): La sovrana delle province fu sottoposta al tributo, la Chiesa è divenuta umile e vile, poiché gli eretici la bestemmiano e i cattivi cristiani ingiuriano gli Ecclesiastici, non v‟è più per loro onore e rispetto. E per mezzo di queste cose Dio vaglierà il suo grano e la pula getterà a bruciare nel fuoco, mentre il suo grano raccoglierà nei suoi granai. Insomma questo quinto stato della Chiesa è quello dell‟afflizione, dell‟assassinio, della defezione, pieno di tutte le sventure, e pochi sulla terra saranno risparmiati dalla guerra, dalla carestie e dalle epidemie; combatterà regno contro regno; e altri divisi in se stessi si dissolveranno; i principati e le monarchie saranno distrutte e quasi tutti saranno impoveriti e vi sarò una desolazione estrema sulla terra, cose che in parte sono già accadute e ancora dovranno avverarsi. E questi fatti saranno permessi dal giustissimo giudizio di Dio a causa della misura colma dei nostri peccati, in quanto noi e i nostri padri abbiamo compiuto il tempo della misericordia, in cui Dio attese che noi facessimo penitenza. Quest‟epoca è figurata nella Chiesa di Sardi, che significa „inizio della bellezza‟. Poiché, infatti, questa quinta epoca è quella delle tribolazioni, e delle sventure, e perciò purgativa, vien detta giustamente dal testo sacro „principio della bellezza‟, ovvero della perfezione, che seguirà nel sesto stato. Le tribolazioni, infatti, e la povertà e altre avversità sono inizio e causa della conversione, e l‟inizio della sapienza è il timore del Signore. Temiamo, quindi, Dio e apriamo gli occhi quando le acque e i flutti delle sventure ci sommergono; mentre quando ce ne stiamo felici, ciascuno sotto il suo fico e la sua vite, sotto l‟ombra dell‟onore, delle ricchezze e della quiete, ci dimentichiamo di Dio nostro Creatore e pecchiamo nella sicurezza. Per questo la Divina Provvidenza, che ha previsto sapientemente che la sua Chiesa, che vuole si conservi fino alla fine del mondo, sia sempre irrigata in determinate occasioni con l‟acqua delle tribolazioni, come fa l‟ortolano quando in tempo di siccità irriga il suo orto. A questo periodo corrisponde il quinto dono dello Spirito Santo, ossia il Consiglio, che è necessario per evitare i mali, o impedire mali maggiori, e per con- servare e promuovere il bene o beni maggiori. La Sapienza Divina sparse sulla Chiesa questo Spirito di Consiglio soprattutto nella quinta epoca 1) per affliggerla, in modo che non si impigrisca com- pletamente nelle ricchezze, nei piaceri e negli onori, e così vada in rovina; 2) per svergognare e con- fondere le numerose sette, che l‟eresiarca Lutero propagò nel mondo, contrapponendo il Concilio di Trento come lucerna in un luogo oscuro, guardando la quale i Cristiani sapessero, che cosa dovesse- ro credere. E se detto Concilio di Trento non si fosse opposto a quegli errori, molto più grande sarebbe stato il numero di coloro che avrebbe abbandonato la vera Fede. Tanta, infatti, era a quel tempo la babele delle opinioni, che gli uomini conoscevano a mala pena, quel che dovevano credere; 3) in contrasto con quell‟eretico e tutta la sua accolta di empi seguaci gli fu a ragion veduta opposto S. Ignazio di Loyola con la sua Congregazione, grazie alla cui attività apostolica, santità e dottrina è certamente avvenuto che la fede cattolica non si sia estinta in tutta l‟Europa; 4) con sapiente disegno, mentre la fede cattolica e la Chiesa venivano meno in gran parte dell‟Europa, si trasferivano nelle Indie, in Cina, in Giappone e presso altre lontanissime genti, tra le quali oggi è assai fiorente e il santo Nome di Dio è conosciuto e glorificato ecc. A quest‟epoca della Chiesa corrisponde la quin- ta età del mondo, che va dalla morte del Re Salomone fino alla cattività Babilonese inclusa, e 1) come in quella età per consiglio del Re Geroboamo Israele cadde nell‟idolatria, rimanendo cultori del vero Dio solo le tribù di Giuda e di Beniamino, così nel 5° stato della Chiesa una grandissima parte della Chiesa latina ha abbandonato la vera fede ed è caduta nell‟eresia, rimanendo solo un piccolo numero di buoni cattolici; 2) come allora la Sinagoga e tutto il popolo ebraico fu vessato dalle genti e spesso abbandonato alle spoliazioni, così ora i Cristiani e l‟Impero Romano e tutti gli altri regni di quali calamità non sono afflitti? Forse che l‟Inghilterra, la Boemia, l‟Ungheria, la Polonia, la Francia, ed altri regni non piangono oggi calde, anzi, lacrime di sangue, testimoniando quel de- plorevole stato? 3) Come infine Assuero si mosse da Babilonia coi Caldei, prese Gerusalemme, smantellò il Tempio, incendiò la città, infranse il Santo dei Santi, e ridusse il popolo eletto in schiavitù ecc., così oggi nel quinto stato della Chiesa v‟è da temere che tra non molto, in verità, i Turchi faranno un‟invasione, i quali meditano di fare alla Chiesa latina cose meno feroci, poiché è ormai giunta al colmo la misura di gravissimi delitti e abominazioni; 4) come nella quinta epoca del mondo il regno d‟Israele e quello di Giuda erano assai deboli e andarono sempre più declinando, finché prima il regno d‟Israele, poi quello di Giuda furono completamente annientati; così in questa quinta età della Chiesa constatiamo che l‟Impero Romano è un regno diviso, pieno di disordini, al punto che corre il pericolo di andare totalmente in rovina, come è già accaduto all‟Impero d‟Oriente nell‟anno 1453. Corrisponde infine a questo quinto stato il quinto giorno della creazione del mondo, in cui Dio creò gli animali striscianti dell‟acqua e gli uccelli del cielo, che significano la più gran libertà. Che cosa infatti v‟è di più libero dei pesci che nuotano nell‟acqua e degli uccelli dell‟aria? Così nel 5° stato della Chiesa la terra e i mari sono pieni di animali striscianti e di volatili. Costoro sono gli uomini meschini e carnali, i quali, grazie alla permessa libertà di coscienza e di religione, che anche nell‟ultimo trattato di pace fu concessa, strisciano e volano dietro ai loro piaceri e desideri carnali. Ognuno infatti agisce e crede come vuole. Di costoro bene scrisse l‟Apostolo San Giuda nella sua Lettera [vv. 10, 12, 13, 16, 19]: Costoro bestemmiano quel che ignorano, e quelle che cose che conoscono come i muti animali, son quelle che li conducono a perdizione. Questi sono macchie nelle loro agapi, ponendosi insieme a mensa senza rispetto, pascendo se stessi, nuvole senz’acqua, portate qua e là dai venti, alberi d’autunno, senza frutti, due volte morti, sradicati, onde furiose del mare, che spumano le proprie turpitudini, stelle erranti, ai quali son riservate in eterno le tenebre più profonde. E sotto: Costoro sono mormoratori queruli che vivono secondo i loro appetiti, e la lo- ro bocca parla di cose superbe, e se lodano qualcuno è per fini interessati. Costoro son quelli che generano le divisioni, animaleschi, privi dello Spirito. In questo miserabile epoca della Chiesa si in- fiacchisce e snerva l‟osservanza  dei divini e umani precetti; non si tengono in nessun conto i sacri Canoni; la disciplina ecclesiastica nel Clero, come quella politica tra il popolo, non è osservata. Per cui siamo come i rettili della terra, i pesci del mare e i volatili del cielo, poiché ciascuno è trascinato dalla ruota della propria nascita ad operare e credere quel che vuole. 

 II. Per cui aggiunge: Colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, dice questo. Per sette Spiriti s‟intende il settiforme Spirito Santo, il quale operò in ogni terra per rivelare alle genti la veri-tà della fede. Le sette stelle invece indicano l‟insieme dei Vescovi e dei Dottori, come si ricava dal sopracitato versetto, Colui che ha i sette spiriti di Dio e le sette stelle, non è altri che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, a cui è stato dato ogni potere in cielo ed in terra, che può disporre dei sette Spiriti del- la vera Fede e delle sette stelle, ovvero i Prelati e i Dottori, così da poterceli togliere a causa dei no- stri gravissimi delitti e delle durezza del nostro cuore, e trasferirli a genti lontanissime, come in par- te è avvenuto, visto che abbandonò gran parte dell‟Europa, mentre ricevettero la luce della vera fede i popoli delle remotissime Indie, che sedevano nelle tenebre, per mezzo di S. Francesco Saverio e di altri Dottori; e pure è da temere che non si allontani del tutto da noi, se presto non facciamo peni- tenza e viviamo una vita degna di Cristo. Con queste parole iniziali, dunque, vuole eccitare la sua Chiesa ad un salutare timore, poiché il timore del Signore è l‟inizio della sapienza. E poiché non v‟è, né può esservi, punizione peggiore, di quando Dio percuote con furore il suo popolo, gli toglie il dono della vera fede, e permette che invece di veri Dottori abbia dei seduttori, e Cristo ha l‟assoluto potere e la libera volontà di togliere lo spirito buono e il dono della fede e può trasferirlo ad altri in pena delle abominazioni e del nostro cuore impenitente, dovremmo noi tutti, percossi giustamente da un santo timore, in sacco e cenere di vera penitenza, prostrarci umiliati ai piedi di Gesù Cristo, e dire col Regale salmista: Non mi rigettare dalla tua faccia, e il tuo santo Spirito non toglier via da me; rendimi la gioia della tua salvezza, e con nobile spirito confortami ecc. (Ps 50, 13- 14). So le tue opere: con queste parole condanna le opere di questa quinta epoca. So: ben conosco le tue opere malvage, piene di imperfezioni, false ed ipocrite, che hanno una certa qual apparenza di pietà, ma mancano di vera carità. Le tue opere: la loro apparenza, lo splendore e l‟esteriore santità. So le tue opere: non mi è nascosto (a me che scruto nell‟intimo i cuori) che esternamente le tue ope- re hanno una certa apparenza di bene, ma internamente sono malvage e letali. Per cui dice e aggiunge: hai nome di vivo, e sei morto. Possiamo aver nome di vivere spiritualmente in Cristo come nostro principio vitale in tre modi: 1) per la fede in Cristo, per cui ci diciamo Cristiani; 2) con le opere di giustizia e di carità in Cristo, come vive colui che non è in peccato mortale e sta in grazia di Dio; 3) con l‟osservanza dei consigli evangelici, nell‟episcopato, nel sacerdozio e negli ordini clericali, con quella consacrazione speciale che si fa con la professione dei voti religiosi, vita che professano tutti coloro che, abbandonati i fasti, le ricchezze e i piaceri di questo mondo, si dedicano e vivono solo per Dio e per Cristo, ma, poiché altri falsamente si attribuiscono il merito di vivere in questo santo modo, qui accusa soprattutto la quinta epoca della Chiesa, che è singolarmente proclive a que- sto vizio. Il che si prova dalle seguenti deduzioni: 1) tutti gli eretici, che in questa quinta epoca han- no devasto come cavallette la terra, si gloriano del nome di Cristiani, dicono di esser loro i veri Cristiani e di vivere in Cristo, e tuttavia sono tutti morti e moriranno in eterno se non si pentono; poi- ché hanno Dio e il suo Figlio Gesù solo sulla bocca, il diavolo invece nel cuore, e il mondo in ma- no. 2) Quanti sono le miglia di Cristiani freddi nella carità in questo sventurato periodo? Costoro in- fatti, osservando il felice successo mondano degli eretici, e considerando i costumi degli ecclesiasti- ci e il loro successo, si dicono cattolici per un certo rispetto e timore umano; ma internamente sono morti nell‟ateismo e indifferentismo, nel calvinismo, e macchiavellismo, e nell‟odio verso il ceto ecclesiastico. Hanno il nome di vivi in Cristo, quelli che fingono la pietà, simulano la religione, e fanno mostra di esser pii, mentre davanti ai Principi e ai loro Signori si comunicano e confessano con i Cattolici; si danno ad opere pie; frequentano padri religiosi; danno il loro apporto con la paro- la, l‟esempio e il consiglio nella costruzione di monasteri e collegi, e tutto questo fanno per vantarsi del nome di veri cristiani, per trovar grazia presso gli uomini e i grandi, di modo che i propri occulti disegni e progetti sotto l‟apparenza di devozione e di pietà possano realizzarsi più facilmente, sicu-ramente e senza rischi, cosicché poi vengano loro affidati e commissionati molti prestigiosi incari- chi. 3) Se poi passiamo a considerare il piccolo numero dei Cattolici, la loro giustizia è imbrattata come il panno della donna mestruata; i più infatti sono schiavi dei piaceri, e morti nei loro peccati. Sono schiavi delle apparenze; si gloriano delle cose esteriori; ma non si tiene una pecora che non dà lana, poiché la carità si è raffreddata e ci si cura solo dei propri comodi. La giustizia, l‟onestà e l‟equità sono per lo più bandite dai tribunali, ma vi  regna il favoritismo e la corruzione, e le liti non hanno mai fine. Al posto dell‟umiltà si insediò il fasto e la superbia, che chiamano condizione di- gnitosa. Si irride alla semplicità cristiana, che vien detta fatuità, e la sapienza consiste per loro in un sapere astruso, e il diritto, i canoni, i precetti e i principi della fede vengono ingarbugliati in que- stioni futili e stolte. Così non vi è ormai alcun principio dottrinale, per quanto santo, autentico e an- tico, che non sia sottoposto a censure, interpretazioni, limitazioni e umane disquisizioni. Si va in chiesa, ma senza rispetto per la presenza di Dio onnipotente; si ride, si chiacchera, si gioca, si vaga e si provoca con lo sguardo. Il corpo è ornato di vesti, l‟anima insozzata da sordide sconcezze; si di- sprezza e disdegna la parola di Dio; la Sacra Scrittura non è per nulla stimata; mentre Machiavelli, Bodino ed altri simili autori sono molto considerati e stimati; i figli sono educati nella disobbedien- za, nella scostumatezza, nella futilità, nella volgarità, nell‟irreligione, poiché vengono amati dai ge- nitori in modo disordinato; tutto vien lasciato correre, mai sono puniti, non vien osservata la santa disciplina della famiglia. I padri dovrebbero educare i figli perché siano semplici, retti, veraci e pii Cristiani, ma si preoccupano maggiormente che divengano uomini di mondo, e stimano essere un fanciullo di belle speranze, un ragazzo di indole ottima, colui che sa parlare lingue straniere e cono- sce usi di vari popoli, colui che sa usare la dissimulazione e la finzione; che dice una cosa con la bocca e pensa l‟opposto nel cuore; che sa adattarsi a tutte le circostanze come un istrione; che sa fa- re il faceto in modo elegante ecc.; e così quest‟epoca pone a fondamento della giustizia e della vita la menzogna, l‟apparenza esterna, il fasto e il favore degli uomini, trascurando l‟interna e vera giu- stizia, che sola piace a Dio. 4) Altro non dirò dei prelati e religiosi se non che versano in uno stato miserabile. Molti „hanno il nome di vivi‟, ma sono morti. Da ciò è chiaro come Cristo accusi questa quinta epoca della Chiesa con le parole seguenti: Hai nome di vivo, e sei morto. Quanto pochi infatti sono coloro in quest‟epoca che vivono veramente e servono il Signore Dio suo e sono amici di Cri- sto? Ecco, dunque, il senso delle parole: hai nome di vivo, e sei morto nei falsi dogmi; sei morto nell‟ateismo e machiavellismo; sei morto nell‟ipocrisia e menzogna delle tue abominazioni; sei morto nei piaceri e nelle delizie; sei morto nell‟arroganza, ambizione e superbia; sei morto nei pec- cati carnali, e nell‟ignoranza dei misteri e delle cose necessarie a sapersi per salvar l‟anima; sei morto nell‟irreligiosità e nel disprezzo della parola di Dio e perché la tua carità s‟è raffreddata, che è la sola e vera vita in Gesù Cristo. 

 III. Vers. 2. Sii vigilante, e conferma quel resto che stava per morire. Con queste parole si esortano i Papi, i Vescovi ed i Prelati, che vivranno durante tale epoca della Chiesa, perché siano pastori vigili e solleciti, dato che tanto più lo devono essere,  quanto incombono tempi più pericolo- si, in cui compaiono molti più lupi mescolati alle pecore, le quali, se non sono confermate dalla do- verosa sollecitudine e vigilanza degli ecclesiastici sono più facilmente corrotte, rapite e uccise. Per cui si dice espressamente: Sii vigilante, ossia nella preghiera a Dio a favore di chi ti è stato affidato, per i deboli nella fede, nell‟amore per i peccatori. Il fondamento infatti della vera vigilanza, cura e sollecitudine pastorali è l‟umile, frequente e fervente preghiera per le proprie pecore, per quelle sa- ne, in vero, per conservarle, per quelle male, per guarirle, per quelle traviate, per ricondurle sulla via della verità ecc. Sii vigilante riguardo alla tua persona, affinché le tue parole, i tuoi pensieri e le opere siano buone, sante ed irreprensibili, affinché tu sia casto, sobrio, pudico, mite, pacifico e in- dulgente. Sii vigilante, affinché in ogni cosa tu appaia modello di opere buone. Sii vigilante, riguar- do alla tua casa e ai tuoi domestici, affinché la tua casa sia come un luogo santo, incontaminato dal- le fornicazioni e dalle sozzerie. Sii vigilante nella sana dottrina e ortodossa, così da proclamarla al popolo nelle prediche e ai bambini nel catechismo. Sii vigilante, in modo che ciascuno compia il suo dovere, Vescovi e Prelati. Sii vigilante, proteggendo, consolando, esortando, correggendo, esa- minando, e visitando con sollecitudine i parroci, gli ecclesiastici tuoi sudditi ed i predicatori. Sii vi- gilante, in modo da accogliere coloro che sono ben istruiti nella sana dottrina, così farne buoni ve- scovi, canonici, prelati, parroci e pastori delle anime che ti sono affidate. Sii vigilante, contro la pravità eretica, contro le false pubblicazioni degli eretici, contro i cattivi e falsi cristiani, contro i malvagi costumi, i pubblici vizi, gli scandali, i furti e gli adulteri. E conferma, ovvero conserva i pochi cattolici, che muoiono a poco a poco  e cadono nell‟eresia e nell‟ateismo a causa della scarsa vigilanza dei pastori. Il testo dice significativamente: quel resto che stava per morire. Usa il verbo all‟imperfetto 1) perché in Europa, come detto più volte, grazie al Concilio di Trento, alla Compa- gnia di Gesù e ad altri uomini pii, fu conservato nella vera fede un resto di Cattolici, i quali, se non si fossero impiegati tali rimedi, sarebbero senz‟altro caduti nell‟eresia e spiritualmente morti; 2) di modo che Vescovi, prelati e pastori d‟anime intendano che la salvezza e la morte delle anime, re- dente dal prezioso Sangue di Cristo, non dipende dal caso, o da una cieca predestinazione di Dio, come pensano scioccamente i pigri e gli empi, ma la vita eterna proviene dalla vigilanza, cura e sol- lecitudine pastorale, e la dannazione dalla negligenza, dallo scandalo e dalla trascuratezza dei pasto- ri. 

 IV. Sii vigilante, e conferma quel resto che stava per morire. Anche questo ci viene incul- cato e gridato alle nostre orecchie dal Profeta, affinché siamo vigilanti, poiché ci troviamo in un‟epoca malvagia, in un tempo pieno di pericoli, calamitoso; rifiorisce, infatti, ovunque l‟eresia, e alza la testa e prende forza e corpo sempre più, come non mai. Gli eretici dovunque prevalgono, e trionfano nell‟Impero, nei regni, negli stati, ingrassati delle spoglie dei beni della Chiesa. Per questo molti cattolici s‟intiepidiscono nella fede, molti tiepidi vengon meno, moltissimi sono scandalizzati in cuor loro. Anche le guerre sono fomite di ignoranza riguardo a quel ch‟è necessario sapersi della fede, e la corruzione dei costumi s‟accresce tra le armi e i soldati, i quali raramente hanno buoni pa- stori, predicatori e catechisti. Ne segue che l‟intera generazione rimane del tutto incivile e rozza, di dura cervice, che si cura e sa poco o nulla di Dio, del cielo, della vita onesta. Apprendono le rapine, i furti, le bestemmie, le menzogne, l‟inganno del prossimo. La maggior parte dei cattolici sono tie- pidi e ignoranti, circondati dagli eretici, i quali si gloriano e giubilano del loro buon successo, e se- ducono i cattolici, i quali al contrario sono scoraggiati, poveri e sconsolati. Frattanto nessuno studia la Sacra Scrittura, poiché i genitori sono privi di mezzi, i seminari giacciono per lo più in abbando- no, perché non beneficiano delle consuete e dovute entrate con cui vennero istituiti. Da queste cose e altre miserie appare chiaramente quanto grave pericolo di perdere la fede cattolica incomba nell‟Impero Romano. Siate quindi vigili, o Vescovi e Prelati della Chiesa di Dio, e badate con sag- gezza a voi stessi e a tutto il vostro gregge, in modo che possiate avere durante la cattiva stagione assennati, pii e dotti sacerdoti e pastori, che con la sana dottrina e il buon esempio illuminino le loro pecorelle, e le nutrano e confermino nella fede cattolica. Sii vigilante e conferma quel resto che stava per morire: perché infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio. Cri- sto Signore qui parla come uomo e capo della Chiesa invisibile, a cui la Divinità dall‟abisso infinito della sua eterna prescienza gli rivelò i peccati e le cadute dei pastori e di tutti i membri a venire, af- fidandogli anche la loro correzione. Rimprovera qui l‟insufficienza e la carenza di quella vigilanza e cura pastorale, che Dio pretende dai Vescovi e Prelati della Chiesa. Per questo significativamente si aggiunge la particella infatti, che connette la frase antecedente con la successiva. Sii vigilante … infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio: ossia non fai il tuo dovere come potresti e dovresti fare, non sei abbastanza vigile e sollecito riguardo alle pecore che ti sono state affidate, poiché le tue opere non sono compiute, ovvero non sono perfette nella carità, e perché hai pochissima cura della salute delle anime. Non ho trovato compiute le tue opere, riguardo alla disciplina, all‟educazione, all‟incremento e alla visita di quelle. Non ho trovato compiute le tue opere, poiché non cammini, come anch‟io feci su comando del Padre mio, cioè nell‟umiltà, nella povertà e rinuncia della magnificenza di questo mondo. Per questo dice: Infatti non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio. Non sono secondo la sua volontà, contro la quale tu operi, pascendo te stesso,  mentre, accecato dall‟amor proprio, indulgi ai piaceri, ti abbandoni al fa- sto, ti gonfi per gli onori, sperperi il mio patrimonio in banchetti, nella corte, nello splendore dei pa- lazzi, nel numeroso seguito, in carrozze e cavalli, nell‟innalzare e arricchire i parenti e in uno sfarzo che mal s‟addice anche ad un secolare, anziché impiegarlo nel sostenere i poveri, consolare le ve- dove e gli orfani, e aiutare quelle regioni dove i Cattolici sono privi di mezzi, e, spogliati dei beni dalle depredazioni degli eretici ed altri, vivono oppressi a causa della mancanza di aiuti umani. O nell‟educare i giovani poveri negli studi, in modo da supplire alla carenza di buoni pastori; o nella ricostruzione delle chiese diroccate. E dato che tutte queste opere sono proprie dell‟ufficio pastora- le, e tuttavia non sono state fatte, non ho trovato compiute le tue opere al cospetto del mio Dio, al cui sguardo appare tutto ciò, e per questo sarai senza scuse quando ti giudicherà. 

 V. Vers. 3. Prosegue poi: Ricordati dunque che cosa hai ricevuto e udito, e osservalo, e fai penitenza. Qui si contrappone il rimedio alla ferita, rimedio che consiste in cinque cose. 1) Ricorda- ti. Queste parole indicano la frequente considerazione e stabile e ferma memoria di una cosa seria e di grande importanza, ovvero del dovere e dell‟impegno pastorale, il quale essendo di massima rile- vanza, è pure un obbligo gravissimo, che Vescovi, Prelati, e tutti gli altri pastori d‟anime devono sempre volgere nell‟animo, scriverlo nella memoria a caratteri di fuoco. Il primo rimedio fonda- mentale quindi è la correzione dei peccati e della negligenza degli uomini di Chiesa, in modo che abbiamo ben fermo e ben sappiano quale sia il loro dovere e obbligo. Per cui si dice secondariamen- te 2) ricordati dunque che cosa hai ricevuto, ad indicare l‟eccellenza dell‟ufficio e incarico episco- pale e pastorale, che è santo, accettato per mano degli Angeli su ordine di Dio, non in ordine ad un qualche regno terreno, ma a favore delle anime, per la cui salute Io, eterno Figlio di Dio, Re dei Re e Signore dei Signori, sono disceso dal Cielo, mi son fatto uomo, son nato in una stalla, posto tra dei giumenti, ho vissuto 33 anni in povertà e umiltà, sono morto in croce tra due malfattori. Per cui non hai ricevuto quest‟incarico per essere adorato o onorato dagli uomini, per passar il tempo tra i piace- ri e i banchetti, per ammassare oro e argento, innalzare e arricchire la tua famiglia, per imitare il fa- sto e la vanità del mondo, ma per essere imitatore mio e dei miei santi, e per mostrarti santo e im- macolato, e tanto più separato dagli uomini, quanto più alto, santo e perfetto è il ministero che hai ereditato. Che cosa hai ricevuto, ovvero un grave incarico, pieno di preoccupazioni, assilli e perico- li, per il quale si esige una sollecita vigilanza, il timor di Dio, una continua preghiera e una casta so- brietà ecc. Che cosa hai ricevuto, a qual fine sei stato istruito e formato, ossia per il Papato, l‟Episcopato e il Sacerdozio, ovvero per pascere il gregge che ti è stato affidato, e illuminare come una lampada in un luogo oscuro, e come il sale della terra dar sapore spiritualmente alle anime e al- le menti dei uomini, e come il capo vivificare le membra e il corpo ecclesiastico. Che cosa hai rice- vuto, ossia tanti doni di natura ricevuti dal mio Dio, e doni di grazia avuti senza merito, ma non co- me loro padrone, ma perché li impieghi come il buon fattore; non per nasconderli nel sudario dell‟amor proprio, o sotterrarli nella terra dei piaceri e degli onori, ma per farli lucrare spiritualmen- te al mio Dio in opere di misericordia, di carità, nel consolare le vedove e gli orfani, nel nutrire i poveri e i miserabili sull‟esempio dei mie Santi. Per cui si aggiunge per terzo: E hai udito, pensa come io camminai e diedi la mia vita per le mie pecore, come narra il Vangelo. E hai udito, nelle vite e negli Atti dei miei Apostoli, qual vita condussero. E hai udito, come si comportarono i tuoi predecessori, i Papi, i Vescovi, e i Prelati della mia Chiesa. Senza dubbio umili, poveri, prudenti, sobri, casti, zelanti, e ornati di tutte le virtù. Per cui allo stesso modo in cui vissero e si condussero in questo mondo il tuo Signore e Maestro, gli Apostoli, gli altri Santi, e amici di Dio e i Padri tuoi predecessori, così cammina e comportati anche tu. E hai udito, memore della disciplina stabilita nei Sacri Canoni, negli scritti dei SS. Padri, nei Concili ecumenici, provinciali e diocesani. E hai udito, soprattutto ciò che è stato stabilito da osservarsi riguardo alla vita e onestà e riforma dei costumi nell‟ultimo Concilio Tridentino. Per cui subito si aggiunge in quarto luogo: E osservalo, parole che ci incitano ad attenersi alle predette cose, e in pari tempo riprendono il particolare difetto di quest‟epoca, che consiste proprio nella mancata osservanza di quelle. È infatti un‟epoca carnale e delicata, che si gloria di molte e sublimi conoscenze, poiché conosce molte cose buone, ma non le mette in pratica. Abbiamo tanti Sacri Canoni, tanti salutari decreti di Concili ecumenici e Sinodi, tante raffinate leggi civili, tanti libri spirituali, tanti esegeti della Sacra Scrittura, tanti scritti dei SS. Padri, pieni di zelo ed unzione, tanti esempi di Santi, eppure mettiamo in pratica così poco, perché siamo figli di un tempo carnale. Per cui Cristo ci ammonisce e riprende perché lo imitiamo, e met- tiamo in pratica i suoi insegnamenti, seguendo la via buona che conosciamo, e camminiamo come Lui camminò e sui Santi con lui. Dice poi in quinto luogo: E fai penitenza, far penitenza comporta tre cose: 1) che l‟uomo riconosca e confessi il suo peccato; 2) che con cuore contrito ed umiliato chieda perdono a Dio; 3) espii i suoi peccati e difetti con una piena soddisfazione, e cambi in me- glio vita e costumi. Ma poiché questa pessima generazione del quinti stato della Chiesa è comple- tamente manchevole su questi tre punti, Cristo esorta assai convenientemente in primo luogo la sua Chiesa alla penitenza, quale unico e necessario rimedio per risuscitare l‟anima, che è morta, alla vita spirituale, ma non solo, anche come mezzo per placare e allontanare da noi l‟ira di Dio, che già si versò sopra questa generazione e che si verserà fino alle estreme conseguenze, se non fa penitenza. E tuttavia nessuno vuol pentirsi. Il che si dimostra dalle seguenti deduzioni: 1) gli eretici, infatti, che sono morti nella loro eresia, disprezzano la penitenza, e non riconoscono, né vogliono rendersi conto della loro miserabile condizione, anzi se ne gloriano, e dicono di star ottimamente, e tuttavia sono morti; 2) tra i Cattolici pochi se ne trovano che riconoscano i loro difetti e peccati. Tutti i Ve- scovi, Prelati e pastori d‟anime e della Chiesa sostengono di far sempre il loro dovere, di essere vi- gilanti, di vivere conforme al loro stato. Allo stesso modo gli Imperatori, i Re, i Principi, i Consi- glieri e i Giudici si vantano delle loro buone azioni passate e presenti. Tutti i membri degli ordini sacri parimenti pretendono di essere innocenti. Infine lo stesso popolo, dal piccolo al grande, suole dire: Che ho fatto o faccio di male? Così tutti si giustificano. La divina sapienza e Bontà, allora, per condurre alla penitenza questa pessima generazione, mandò quasi continue sventure di guerre, epi- demie, carestie ed altre sciagure, e ultimamente afflisse l‟intera Germania con trent‟anni  di conti- nue e straordinarie calamità, affinché infine aprissimo gli occhi, riconoscessimo i nostri peccati, chiedessimo perdono a Dio con cuore contrito e umiliato, ed emendassimo la nostra vita e i nostri costumi (ciascuno conforme alla propria condizione) cambiandola in meglio. Invece siamo divenuti peggiori, e così accecati, da non credere neppure, che questi mali ci son piovuti addosso per i nostri peccati, come insegna la Sacra Scrittura: Non vi è male (pena) in Israele, che non abbia fatto il Si- gnore. Per cui è da temere che l‟ira di Dio si scateni ancor più contro di noi, come ci minacciano i seguenti versetti. 

 VI. Vers. 3. Se non vigilerai, verrò da te come un ladro, e non saprai a che ora verrò da te. Dopo aver indicato il rimedio, segue una grave minaccia contro la Sua Chiesa. Se non vigilerai, destandoti una buona volta dal pesante sonno dei piaceri, dei peccati e della tua ignavia, nei quali fin adesso hai dormito. Verrò da te, suscitando dei mali contro di te. Parla al futuro, perché, come detto più volte, la longanime Bontà di Dio cerca sempre di differire e procrastinare la sua ira. Ma perché non ci illudiamo, che per questo ritardo noi ci troviamo fuori tiro, aggiunge: Verrò da te, certamente e infallibilmente. Del pari in altro luogo ci ammonisce la S. Scrittura: Aspettalo. perché certamente verrà e non differirà (Ab., II, 3). Come un ladro: paragona alla venuta di un ladro la vi- sita e l‟invio del castigo. Il ladro, infatti, 1) di solito viene improvvisamente e in modo inaspettato; 2) mentre gli uomini dormono, 3) scassina la casa, 4) e compie la rapina. Così sarà il castigo che Dio susciterà contro la sua Chiesa. Questo male sono gli eretici e i tiranni, che giungono all‟improvviso e in modo inaspettato, e, dormendo i Vescovi, i Prelati e i pastori, scassinano la Chiesa, la casa di Dio, e prelevano e rubano gli Episcopati, le Prelature e i beni ecclesiastici, come vediamo essere accaduto in Germania e nel resto dell‟Europa. E v‟è pure il rischio che rapinino e s‟impadroniscano anche del poco che è rimasto. Verrò da te come un ladro, suscitando contro di voi popoli barbari di tiranni, che, come il ladro, verranno d‟improvviso e inaspettatamente prenden- do il sopravvento, mentre voi dormite nei vostri inveterati piaceri, sordidezze e abominazioni. Scas- sineranno le fortezze e i depositi. Entreranno in Italia e devasteranno Roma, incendieranno le Chie- se e si impossesseranno di ogni cosa, se non farete penitenza e vi desterete dal sonno dei peccati. E non saprai a che ora verrò da te. Qui si tocca l‟accecamento, con cui Dio è solito colpire i Principi del popolo, affinché non sappiano prevedere, e di conseguenza neppure provvedere ai malanni che incombono. Nasconde loro infatti con il sonno dei piaceri la gravità del castigo, affinché improvvi- samente e non aspettato li colpisca per vendicarsi. Così dice: E non saprai a che ora verrò da te. È nascosto ai tuoi occhi il momento della mia visita, e non potrai più provvedere alla sciagura, né pre- pararti al combattimento, poiché arriverà in fretta, sommergendoti come la piena di un fiume, come la freccia scagliata, come il tuono, e un cane impetuoso.  

Vers. 4. Hai però alcune pochi nomi in Sardi, che non hanno contaminato le loro vesti. Segue l‟elogio dei pochi fedeli rispetto alla restante moltitudine sulla terra. Benché infatti la Chiesa sia nella desolazione, e il mondo posto sotto l‟influenza del maligno, sempre però il Signore Iddio ha e si riserva dei suoi santi amici, affinché non si corrompa del tutto ogni cosa, e costoro, come la luce del mondo e la lampada ardente, brillino in questo mondo, affinché le tenebre non avvolgano tutto. Che non hanno contaminato le loro vesti. Con queste parole s‟indica la peculiarità delle sor-dide e immonde passioni, delle quali tutto il mondo è in preda, è come coperto e in modo miserabile infetto, a parte quei pochi che rimangono immuni da tale contagio. Ma si prende la metafora della „contaminazione delle vesti‟, per indicare le sozzure che ci insudiciano: 1) il fango e lo sterco nel camminare; 2) le sconcezze di varie sporcizie per conservare la vita materiale, 3) la lebbra e la pe- stilenza. Con queste tre metafore si indicano qui la generalità dei gravissimi peccati e delle sconcez- ze nelle quali tutto il mondo (eccetto pochi) giace miseramente, langue e patisce fino a morirne. Questa generazione è infatti oltremodo malvagia, delicata, effeminata, molle, carnale, avara e su- perba. Per cui giace immersa nel fango dei piaceri e delle godimenti, e delle eresie, è dimentica del Signore suo Creatore, eccetto quei pochi, in tale diversità di condizioni diverse e moltitudine di uo- mini sulla terra, che ancora credono con tutto il loro cuore nel Signore Dio suo nei cieli, sperano nella sua Provvidenza, servono Gesù Cristo secondo la vocazione del loro stato e amano Dio e il prossimo. Per cui aggiunge: nomi, ossia coloro che per il loro scarsissimo numero possono facil- mente esser chiamati per nome. Così dice: il cui nome è scritto nel libro della vita, per la scarsezza di coloro che si salvano. Molti sono infatti i chiamati, ma pochi gli eletti. E cammineranno con me in vesti bianche, perché ne sono degni. Qui si riferisce al modo di vivere di Cristo sulla terra, al cui esempio questi pochi si conformano. Cristo camminò in vesti bianche, 1) perché si comportò con gli uomini con somma mansuetudine, purezza, umiltà, povertà, pazienza e disprezzo di sé, cose in- dicate appunto con l‟espressione in vesti bianche; 2) camminò vestito di bianco quando, durante la sua benedetta Passione, disprezzato da Erode, gli si fece indossare un veste bianca, e, giudicato un uomo stolto, fu rimandato a Pilato; così i pochi, che si mantengono immacolati in questo mondo, cammineranno ad esempio di Cristo sulla terra in grande umiltà, povertà, e mansuetudine. Alzeran- no gemiti nel loro cuore all‟indirizzo del loro Signore e Dio, sopporteranno innumerevoli affronti, e saranno disprezzati ed irrisi dai mondani, poiché la loro vita e la loro condotta sarà stimata pazzia e fatuità. Così il mondo suole fare e sempre ha fatto nei riguardi dei Santi di Dio, anzi non temette di farlo anche nei confronti del suo Figlio suo Unigenito, che inviò dai cieli per salvare il mondo. Per cui dice in consolazione dei suoi amici: Vi do questo comando, che vi amiate gli uni gli altri. Se il mondo vi odia, sappiate che prima il mondo odiò me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe quel che è suo, ma poiché non gli appartenete, ma io vi scelsi dal mondo, perciò vi odia. Ricordatevi del- le parole che vi ho detto. Non v’è servo maggiore del suo padrone. Se hanno perseguitato me, per- seguiteranno anche voi. (Giov., V). L‟amicizia di questo mondo è inimicizia agli occhi di Dio e vi- ceversa. Per cui prosegue: Perché ne sono degni. È infatti un ammirabile atto di amicizia e di de- gnazione di Dio nei confronti dei giusti, suoi amici, volere e permettere che essi in questo mondo andassero in giro coperti di pelli di pecora e di capra, disprezzati, poveri, vili, afflitti da tribolazioni e persecuzioni, offese e ingiurie, da tentazioni, al freddo e nudi ecc. Al contrario il mondo, e quelli che gli appartengono, prosperano tra i godimenti, vivono nello sfarzo, tra le ricchezze; ridono, si al- lietano in mezzo ad ogni bene, mentre il giusto patisce. E questa è l‟amicizia di Dio verso i suoi eletti, di cui il mondo è indegno, come si legge nell‟Epistola agli Ebrei: Altri poi furono torturati, non accettando la liberazione loro offerta, per ottenere una migliore risurrezione. Altri, infine, su- birono scherni e flagelli, catene e prigionia. Furono lapidati, torturati, segati, furono uccisi di spa- da, andarono in giro coperti di pelli di pecora e di capra, bisognosi, tribolati, maltrattati - di loro il mondo non era degno! (11, 35-38).  Consapevoli di questo gli Apostoli del Santissimo Iddio si pre- sentavano ilari avanti coloro che dovevano giudicarli, poiché erano stimati degni di patire per il Santo Nome di Gesù. 

VII. Vers. 5. Chi vince sarà così vestito di bianco. In queste parole si contiene la promessa del premio, della retribuzione e della piena consolazione, che vi sarà nell‟altra vita, con la qual promessa esorta noi suoi soldati e ci stimola alla vittoria. Chi vince, ossia il mondo, la carne e il diavolo. Chi vince, sottraendosi al giogo del demonio (a cui era soggetto per i peccati e i piaceri) con la penitenza, l‟amor di Dio e del prossimo, che copre la moltitudine dei peccati. Chi vince, per- severando nella vera fede cattolica in mezzo a tante defezioni, scandali, e afflizioni che patiscono i Cristiani. Chi vince le persecuzioni, le tribolazioni, le angustie, e le calamità promosse dagli eretici e dai cattivi cristiani. Chi vince le malignità, gli inganni e le menzogne colla prudenza e la vera semplicità cristiana, e persevererà nella sana dottrina, nei santi costumi, e nella carità sincera. Sarà così vestito di bianco, ovvero con lo splendore della gloria eterna, col candore della luce eterna, con la veste dell‟immortalità, della santità, della purezza e dell‟impeccabilità. Sarà così vestito di bian- co, gli sarà corrisposto in maniera piena secondo la misura dei suoi patimenti. Quanto infatti sarà stato disprezzato in questo mondo, altrettanto avrà di gloria in cielo, quanto avrà patito tribolazioni, altrettanto godrà di consolazioni, e quanto più sarà stato su questa terra vessato e oppresso dal di- sprezzo, dalla povertà, dalla nudità, dalla sete, dalla miseria per le persecuzioni, le tribolazioni e le avversità, tanto più sarà ivi esaltato, abbonderà dei tesori celesti, sarà vestito dalla stola dell‟immortalità, saziato dalla pienezza di ogni delizia, cose che gli verranno più tolte per tutta l‟eternità. Per cui il testo aggiunge, per massima consolazione degli afflitti, il versetto: E non can- cellerò il suo nome dal libro della vita. Il libro della vita è la predestinazione, ossia l‟eterna pre- scienza di Dio, che dall‟eternità ha costituito e preordinato il suo regno in modo certo ed infallibile a vantaggio dei suoi eletti secondo le opere di ciascuno. Così in consolazione dei suoi amici e dei giusti promette qui: E non cancellerò il suo nome dal libro della vita, rimarrà scritto come erede nel testamento dell‟eredità eterna, che nessuno gli potrà sottrarre per i secoli dei secoli. E confesse- rò il suo nome al cospetto del Padre mio e al cospetto dei suoi Angeli. La confessione di Cristo sa- rà il massimo onore per i santi in cielo, la quale, come in altri numerosi passi dei Vangeli, così an- che qui è promessa a coloro che confessarono sulla terra il nome Santo di Cristo, e non lo tennero solo sulle labbra, ma anche nel cuore e nella pratica. E poiché proprio questo è del tutto estraneo al- la malvagia generazione di quest‟epoca della Chiesa (quasi tutti infatti dicono di confessare e cono- scere Cristo, ma nei fatti lo negano) promette come premio speciale e speciale incitamento per i suoi soldati alla vittoria, questo massimo onore, ossia la proclamazione e la lode del servo al cospet- to del Re dei Re e del Signore dei Signori e davanti alle mille miglia degli Angeli e dei Santi di Dio. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser

domenica 9 maggio 2021

Commento all‟Apocalisse

 


IV 

La quarta epoca della Chiesa militante, quella pacifica, che dal Sommo Pontefice San Leone III e Carlo Magno Imperatore giunge al Papa Leone X e a Carlo V (800-1520) 

 

Capitolo II v. 18-28 

I. Vers. 18. E all‟Angelo della Chiesa di Tiatira scrivi: Ecco quanto dice il Figlio di Dio. 

La quarta epoca della Chiesa iniziò con l‟Imperatore Carlo Magno e Papa San Leone III, e si estese fino al regno di Carlo V e al pontificato di Leone X. Durante questo periodo fiorirono molti santissimi Re, Imperatori e Prelati, chiarissimi per dottrina e santità. Per oltre duecento anni non sorse alcun‟eresia. Meritatamente quindi quest‟epoca è chiamata pacifica e illuminativa, di cui fu figura la Chiesa di Tiatira, che significa illuminata o vittima vivente, come appunto fu questo periodo. Gli corrisponde il quarto giorno della creazione, quando Dio fece i luminari e le stelle del cielo. Così in quest‟epoca Dio pose prudentissimi e santissimi Re, Imperatori, Principi e uomini di Chiesa eccellenti per la santità della loro vita. La Chiesa da loro illuminata non ebbe le tenebre dell‟eresia. Al quarto periodo corrisponde anche il dono dello Spirito Santo della Pietà, che Dio infuse abbondantemente nella sua Chiesa, concedendole tali piissimi Re, Imperatori, Principi e Prelati. Quest‟epoca del pari corrisponde alla quarta età del mondo, che da Mosè giunse al compimento del tempio di Salomone. Come infatti Re Davide compose i Salmi, abbellì il culto divino, e suo figlio Salomone costruì un tempio imponente, lo arricchì di vasi preziosissimi per il servizio dell‟altare e del tempio, introdusse inoltre un ordine assai acconcio nei riti, stabilì la disciplina dei ministri sacri e accrebbe la maestà dei sacrifici, regnando pacificamente senza alcun nemico, così nel quarto pe- riodo della Chiesa furono celebrati salutari Concili per sua istruzione, dappertutto fiorì la religione cristiana, e la Chiesa libera da ogni nemico e dall‟eresia, rimase sempre in pace. I canti, i salmi, il Breviario, i riti, le sue cerimonie, l‟ordine nel servizio dell‟altare per svolgervi il culto divino furono  accresciuti e condotti alla più gran perfezione. Per cui aggiunge: E all‟Angelo della Chiesa di Tiatira scrivi: Ecco quanto dice il Figlio di Dio, che ha gli occhi come fuoco fiammante, e i piedi simili all‟oricalco. Si chiama qui Figlio di Dio, poiché i misteri riguardanti la sua Divinità e Umanità già erano stati maggiormente precisati e [ventilati], e i tenebrosi errori di Ario e di altri eretici erano così stati confutati. Meritatamente quindi, in questo quarto periodo della Chiesa illuminata dalla luce della verità del dogma dell‟Incarnazione del Verbo, Cristo, come vincitore dei suoi nemici, dice trionfante: Ecco quanto dice il Figlio di Dio.  

Che ha gli occhi come fuoco fiammante , parole che indicano la perfetta cognizione della verità. I piedi simili all‟oricalco: indica qui la stabile solidità del corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa. Sconfitti infatti i tiranni pagani e dissipate le tenebre delle eresie, la Chiesa si riposò nella cognizione perfetta della verità della cattolica fede fortissimamente stabilita e rafforzata dal potere dei Principi e dei Re. Perciò non dice, come sopra, simili all‟oricalco in una fornace ardente, ma semplicemente simili all‟oricalco, ossia ormai purgata per tante persecuzioni dei tiranni pagani e temprata dalla lunga crudeltà di quelli e degli eretici. Quest‟immagine dei piedi simili all‟oricalco indicano anche le insigni spoglie della vittoria che Cristo riportò sui suoi nemici per mezzo dei membri e fedeli soldati della Chiesa sua diletta sposa. S‟aggiunge l‟espressione poi: Ha gli occhi come fuoco fiammante. La fede di Cristo e la verità scintillava e splendeva in lungo e in largo per il mondo in questo periodo, come la fiamma del fuoco. 

Vers. 19. So le tue opere, la fede, la carità, i servigi e la pazienza, e le tue ultime opere più numerose delle prime. Segue l‟elogio che si dispiega in sei punti: 1) le opere; 2) la perfezione della fede; 3) la carità; 4) il ministero; 5) la pazienza; 6) il progresso nel bene. Il primo punto è indicato dalle parole: So le tue opere do giustizia, pietà e misericordia, perché sono sante e procedano da un‟intenzione retta. Il secondo è la fede. La Chiesa viene qui lodata per la sua fede come di una speciale prerogativa e perfezione. Nel quarto periodo infatti la fede cattolica era unanime, assai per- fetta e diffusa in quasi tutto il mondo. La Chiesa inoltre non conobbe eresia alcuna per più di due- cento anni fino al tempo di Berengario, che sorse in Francia nell‟anno 1048, durante il regno dell‟Imperatore Enrico III, insegnando che nella SS. Eucaristia non era presente il Corpo e il San- gue di Gesù Cristo. Sconfitta anche questa  eresia, la Chiesa rimase tranquilla fino al 1117, come si ricava dalla Storia ecclesiastica. Il terzo punto riguarda la carità sia verso Dio che verso il prossimo. Il quarto invece il ministero dell‟altare e dell‟ospitalità, che in quel tempo venne particolarmente praticato. Non soltanto infatti v‟erano molti santissimi prelati, ma anche Imperatori, Re, Principi ed altri uomini altolocati, che fondavano ospizi, raccoglievano i poveri, somministrando loro di perso- na cibo e bevande. Edificavano poi nuove Chiese, restauravano quelle in rovina, fondavano monasteri, collegi, Vescovadi, santuari ed altari. Tutto ben ordinavano insomma per promuovere il culto divino. Il ministero dell‟altare e dei poveri, quindi, fu considerato cosa santa, ben fatta e preziosa al cospetto di Dio. Uomini e donne con il canto e la lode servivano anche di notte Dio con tutto il loro cuore nei monasteri e nelle collegiate delle Chiese. Il quinto aspetto è la pazienza nei digiuni, cilici, nelle veglie, e in altri rigori ascetici, che i santi di quel tempo praticavano con costanza per amore di Gesù Cristo, come San Vigilio, San Ruperto con i suoi dodici compagni, San Wilibaldo, San Guni- baldo, Santa Walpurga, San Ludovico Re di Francia, Ottone Vescovo di Bamberga, Lotario Impera- tore, Ottone il Grande, San Nilo, il Re d‟Ungheria Santo Stefano, San Venceslao Duca di Boemia, ed altri, grazie all‟infaticabile loro pazienza e fatica furono convertite alla fede cattolica le restanti popolazione d‟Europa. Per sesto infine le tue ultime opere più numerose delle prime: si lodano con queste parole la lunga e fiorente perfezione e santità di questo periodo, durante il quale continua- mente e succedendosi l‟uno all‟altro sbocciarono sant‟uomini come Sant‟Enrico Imperatore e la moglie S. Cunegonda, San Bruno, San Romualdo, San Roberto, San Bernardo, San Francesco, San Domenico con i loro compagni. Poi ancora il Vescovo Sant‟Ivo ed altri che in progresso di tempo illustrarono mirabilmente la Chiesa, per un beneficio davvero speciale ed una prerogativa eccezionale che Dio concesse in quel tempo. Si dice quindi: Le tue opere di giustizia, fede, pietà, carità, ministero, fatica, pazienza e santità. Opere più numerose delle prime: si lodano qui l‟ubertà di frut- ti, la moltiplicazione di beni, la perfezione, fedeltà e costanza nell‟esercizio delle virtù e delle buone azioni.

II. Vers. 20. Ma ho contro di te poche cose. Dopo la lode segue il rimprovero, poiché tu permetti alla donna Gezabele, che si spaccia per profetessa, d‟insegnare e sedurre i miei servi, affinché s‟abbandonino alla fornicazione e mangino cose immolate agli idoli.  

Mentre infatti la Chiesa siede nella pace, tra le ricchezze, onorata e difesa da piissimi Imperatori, Re e Principi, a poco a poco va rilassandosi la disciplina ecclesiastica, e s‟insinua tra i cristiani una certa mollezza femminile, significata dalla donna del versetto. Anche tra i ministri sacri andò quindi diffondendosi la concupiscenza carnale, quella degli occhi e la superbia. Vedendo in- fatti che i piaceri carnali arrecavano diletto, e che loro nulla accadeva di male a causa dell‟indulgenza verso i peccatori, caddero nella sicurezza e nella presunzione di peccare, come spesso accade, vizi che ebbe Gezabele, moglie di Achab (chiamata meretrice dalla S. Scrittura): ecco la concupiscenza della carne. Quindi sottrasse la vigna a Naboth, che ordinò d‟uccidere: ecco la concupiscenza degli occhi. Si tinse il volto e gli occhi col bistro: ecco la superbia della vita. Infine stimando d‟essere impunita, cominciò a presumere di sé, fece assassinare dei profeti, e attentò alla vita di Elia, non credendogli quando questi profetò alla sua casata un duro castigo, che vide poi rea- lizzato in sé stessa, come il patimento della fame. Disse infatti in cuor suo: questi mali non verranno mai sopra di noi. Così noi miseri mortali invescati nelle cose di quaggiù siamo soliti dormire in peccato mortale, finché non venga l‟ira di Dio sopra di noi. Gezabele è qui indicata come esempio. Permettete: non chiudendo diligentemente le porte dei cinque sensi esterni, a poco a poco per queste finestre entra la morte. Permettete: trascurando la disciplina ecclesiastica, senza ispezionare, senza vegliare, con poca o nessuna cura dei fedeli. Permettete: senza castigare quando occorre, ma tiepidi e conniventi, dissimulate il male per una falsa prudenza e lasciate impunemente che tutto vada a suo modo. Permettete: tralasciate la correzione fraterna, attendete solo ai casi vostri, indulgenti verso l‟amor proprio e per nulla amanti del bene pubblico. Permettete: siete facili nel dispensare in qual- sivoglia causa senza tener conto dei SS. Canoni. Permettete: senza brillare per il buon esempio e trascurando di ammaestrare i fedeli con la sana dottrina. Permettete: col praticare ciò che non giova. Così sottentrarono i disordini e i vizi: la promiscuità delle donne diffuse nella Chiesa la lussuria e il concubinato, mentre le ricchezze personali e superflue produssero l‟attaccamento al danaro, che non è altro che la schiavitù degli idoli. A causa degli onori e delle dignità con cui Imperatori, Re e Prin- cipi avevano innalzato gli ecclesiastici, s‟introdusse la superbia della vita, mentre una condotta libe- ra e il rilassamento della disciplina comportò l‟ozio e i costumi disordinati. Permettete che la donna prenda campo, ossia la mollezza e un‟effeminata ed eccessiva rilassatezza di vita, che in genere so- no indicate con la parola “donna”. Si aggiunge Gezabele per indicare dei vizi specifici come la lus- suria, l‟avidità di ricchezze, la superbia e la presunzione, vizi che in questo periodo della Chiesa a poco a poco s‟introdussero. La quale si dice Profeta: ossia questo stile di vita dissoluto si crede im- punito, come se la Chiesa di quest'età dicesse: non vedrò più tiranni ed eretici incrudelire contro di me, poiché sono illuminata dalla verità e sostenuta dai misteri divini sono ricca, potente e in pace. Ho pii e potenti Imperatori, Re e Principi che mi difendono. Quindi non ho nulla di cui piangere. Codesta vita licenziosa fece dire tale profezia. 

III. Seguono quindi le parole: insegnare e sedurre i miei servi con il cattivo esempio, la lus- suria, l‟avidità e la superbia. Insegnare e sedurre promettendo sicurezza e felicità nella pace, e ta- cendo al popolo l‟ira di Dio e la pena che incombevano a causa dei peccati della carne, dell‟avidità, dell‟irreligiosità e della dimenticanza di Dio e dei suoi benefici. Cose che la Chiesa e tutti noi mise- rabili stiamo ancora sperimentando nel quinto periodo e restiamo attoniti per il dolore. A fornicare e cibarsi delle carni degli idoli. L‟errore della fornicazione giunse a tale nella Chiesa orientale che insegnavano essere lecita. Mentre in quella latina di fatto si tennero gli stessi errori dei greci, unen- dosi alle donne, cosa che, ahimé, avviene ancora adesso e non accenna a cessare. Cibarsi delle carni degli idoli. Già San Paolo indicò l‟avidità nella schiavitù degli idoli. Infatti i guadagni disonesti, la vessazione del povero, l‟ottenimento della carica ecclesiastica con la simonia, i doni e il danaro, metaforicamente sono le carni degli idoli, delle quali si cibano coloro che vogliono far carriera in- degnamente e gli avari. 

IV. Vers. 21. E le diedi del tempo per fare penitenza. Queste parole indicano la longanimità e misericordia di Dio, che attese alcuni secoli che la Chiesa Greca facesse penitenza, fino a quando infine rifiutandosi di pentirsi e ritornare in seno alla Chiesa cattolica nell'anno 1453 i Turchi guidati da Maometto II, assassinarono l'Imperatore Costantino Paleologo, e conquistarono Costantinopoli e distrussero l'impero orientale e la Chiesa Greca. Con la stessa pazienza durante il quarto periodo at- tese il pentimento della Chiesa latina dal tempo dell'Imperatore Carlo Magno fino all‟eresia sacra- mentaria di Berengario di Tours, avvisaglia del futuro flagello di Dio, dopo il quale Dio concesse nuovamente alla Chiesa un periodo di quiete fino al tempo dell‟Imperatore Enrico V, sotto il cui re- gno nell‟anno 1117 sorse Marsilio Durando di Vuldoch e dopo di lui ad un‟eresia ne successe subito un‟altra (anche queste anticipazioni del futuro flagello) ma la bontà dei Principi e la provvidenza fecero sì che tutti quegli errori fossero sconfitti, fino all‟anno 1517 durante il regno di Carlo V e il pontificato di Leone X, quando Lutero flagello della Chiesa latina e orribile eretico, richiamò dall‟inferno tutte le eresie e le vomitò con la sua maledetta bocca in quasi tutta l‟Europa. Dice poi: E le diedi tempo, per far penitenza, ma non vuole pentirsi della sua fornicazione, con cui aveva for- nicato. Da ciò si ricava che la Chiesa Latina sarebbe precipitata nei vizi sopra descritti, e che non, alla vista di tali sventure, si sarebbe data alla penitenza, si aggiunge perciò anche la pena futura che nei precedenti periodi era soltanto minacciata. Per cui segue. 

V. Vers. 22. Ecco la getterò a letto. Ossia: tra le tribolazioni, in un letto di dolore e di lutto, in un letto di lebbra e di malattie spirituali, che sono le eresie; in un letto di peste, fame e guerre, in un letto di caligine e angustia e povertà, in un letto di lacrime e desolazione, di oppressione e ama- rezza, e prigionia, da cui non potrà levarsi; in un letto di eterna dannazione. E chi fornicherà con lei, avendo in comune con lei le cattive opere (il che accade quando si imitano le sue opere malvagie, o consigliandole, o tollerandole, e non punendole da parte di chi vi è tenuto) sarà nella tribolazione estrema, ossia in quella temporale, e, come detto, in quella eterna, che è la massima. In questa mi- naccia si dice poi: a meno che non si pentano delle loro opere, che hanno in comune con lei. Spesso infatti una certa pena temporale,  e rovina, è stata da Dio determinata efficacemente a danno degli stati e dei regni della Chiesa, come è raffigurato nel letto sopra descritto; ma i singoli membri pos- sono evitare i mali con una salutare e degna penitenza, almeno la colpa e la pena del fuoco eterno. 

Vers. 23. E metterò a morte i suoi figli. Con queste parole si minacciano guerre, ribellioni, spada, fame, e peste, che la vendetta della giustizia divina è solita scagliare come frecce, per punire la posterità e i figli dei figli impenitenti, il che noi in questo quinto periodo esperimentiamo di con- tinuo, come, senza dubbio, scorgiamo vedendo per tutto il mondo nient‟altro che guerre, ribellioni e stragi, come si dirà meglio più sotto. E conosceranno tutte le chiese che io son colui che scruta i re- ni e i cuori, per reni, s‟intendono le opere della concupiscenza e della carne, per cuori, invece, i cat- tivi pensieri, nei quali gli uomini, abusando della longanimità di Dio che li aspettava a pentimento in considerazione dei meriti e dell‟intercessione dei Santi, che vissero nella quarta epoca, si ingolfa- rono del tutto e dimenticarono il Signore loro Creatore, peccando con tal libertà come se Dio non esistesse e come se non potesse vedere i peccati e le nostre occulte abominazioni, permise nella quinta epoca della Chiesa, non solo il sorgere di molte mai viste sette, ma richiamò dall‟inferno per mezzo di uomini carnali molte di quelle sorte all‟inizio della Chiesa, dalle quali provennero terribili flagelli, guerre, sedizioni, stragi, carestie ed epidemie e altri innumerevoli mali, che fino ad oggi af- fliggono la Chiesa, in modo che apriamo gli occhi e riconosciamo, che non non v‟è male in Israele che non derivi dal permesso di Dio, per cui dice: E conosceranno tutte le chiese che io son colui che scruta i reni e i cuori, ovvero, esaminando e punendo la concupiscenza e i malvagi pensieri. E darò a ciascuno di voi secondo le vostre opere. Prima parlò delle pene temporali, in quanto per lo più ac- cade che i giusti, per permesso di Dio, in vista di un maggior merito patiscono con gli iniqui, o me- glio, talora, come prova la quotidiana esperienza, i giusti altrettanto degli empi sono toccati dalle tribolazioni.; ora si parla della pena eterna che è dovuta solo agli empi e agli impenitenti, il che, se è di somma consolazione per i giusti, riesce di sommo terrore agli empi. Per cui aggiunge: E darò a ciascuno di voi secondo le vostre opere: senza alcuna eccezione di persone, la pena eterna a coloro che servono il mondo, la carne e il diavolo; la gloria eterna invece a chi vive per Dio e secondo i suoi comandamenti. 

VI. Vers. 24. A voi poi, agli altri di Tiatira, che non hanno tale dottrina, i quali non han conosciuto le profondità, com‟essi dicono, di Satana, io dichiaro: Non vi getto addosso alcun pe- so. Qui Cristo consola i suoi amici (dei quali ve ne furono moltissimi, come dissi, in questa quarta epoca della Chiesa del Santo Dio) sul male che starà per inviare sulla sua Chiesa. A voi – amici miei - poi, dichiaro e agli altri di Tiatira, ovvero a tutti coloro che vissero in questa quarta epoca e furo- no illuminati e vissero in sacrificio al Padre Suo. Che non hanno tale dottrina, che quindi temono Dio e non sono stati sedotti dalla facilità di peccare. Questa facilità è chiamata dottrina, derivando dalla falsa sicurezza che hanno i malvagi nei loro peccati, che non accadrà loro nulla di male, con- siderando la loro prosperità e il lungo possesso dei beni temporali come dipendente dalla longanimi- tà della divina bontà. I quali non han conosciuto le profondità di Satana: la profondità di Satana è triplice, ossia, la concupiscenza della carne, degli occhi e la superbia della vita, con le quali il de- monio osò tentare Cristo, eterna Sapienza del Padre. È detta „profondità‟ per la difficoltà delle ten- tazioni con cui Satana mette gli uomini alla prova, così da riempire gli occhi degli uomini in modo che li considerino come il solo e concreto bene, trascurando la contemplazione e considerazione dei beni futuri. Conoscere qui sta metaforicamente per attaccarsi, amare smodatamente, congiungersi, come si dice che il marito „conosce‟ sua moglie. Poi dice: I quali non han conosciuto le profondità di Satana, alludendo a coloro che non hanno fornicato con questi tre idoli di Satana, come insegna la figura di Jezabele. Com’essi dicono: Non vi getto addosso alcun peso: qui si tocca la presunzione degli eretici e dei cattivi cristiani, per cui sono soliti profetizzare e così ingannare il popolo, quando dicono che la Chiesa non durerà, che diverrà sterile, che perirà, che sarà distrutta. Contro questa fal- sa opinione (la quale, dato il permesso di Dio a tali mali e sventure,  ingenera nelle persone pie poi la desolazione) qui Cristo consola la sua Chiesa, dicendo: Non vi getto addosso alcun peso, ossia troppo gravoso, come è scritto nel Salmo LXXXVIII: Se i suoi figli abbandoneranno la sua legge ecc. Visiterò le loro iniquità con la verga ecc. Ma la mia misericordia non disperderò ecc. 

 Vers. 25. Ma ciò che avete, ritenetelo finché io venga. Esorta qui i buoni in modo che, vin- cendo il male col bene e le sventure del tempo, conservino l‟innocenza di costumi, e perseverino come il buon frumento che il Padre di famiglia sempre conservò, anche ora, in mezzo alla zizzania. L‟innocenza è una virtù estremamente necessaria, che piace a Dio nei che i prelati della Chiesa, quando sovrastano tempi malvagi e la prevaricazione è universale, si studino di conservare, vincen- do con prudenza il male col bene, la propria coscienza e quella dei sottoposti immacolata ed integra. Con questo quadra la parabola in Matteo, c. 13, riguardo alla zizzania che deve essere tollerata fino alla mietitura. Poi dice: Ma ciò che avete, ritenetelo finché io venga, ovvero per sterminare gli empi, per punire i malvagi, nella mia ira e nei castighi che ho preparato per rinnovare ed emendare la mia Chiesa a suo tempo; del pari l‟espressione finché io venga, allude al giudizio universale, quando Dio renderà a ciascuno in base alle sue opere. Finché io venga, per restaurare la Chiesa per mezzo di santi ed incontaminati costumi ecc. 

Vers. 26. E chi vincerà e custodirà fino alla fine le mie opere. Con queste parole ci esorta alla costanza e alla longanimità, virtù che saranno sommamente necessarie alla Chiesa cattolica e ai suoi servi, in se difficili per la durata dei mali e la potente malvagità degli eretici e degli altri falsi cristiani, che si protrarranno per tutto il quinto periodo. Poi segue: E chi vincerà e custodirà fino al- la fine le mie opere, non a caso aggiunge le mie opere, poiché, come in ogni epoca i cattivi si oppor- ranno a qualche mistero della Fede, così nel quinto periodo contrasteranno soprattutto al vero con- cetto della libertà umana, della grazia e della predestinazione. Le mie opere, la mia provvidenza sul- le creature, i sacramenti della SS. Eucaristia e della Penitenza, i dieci Comandamenti, il celibato dei preti e ogni cosa onesta ecc. Le mie opere, cioè i miracoli, la Canonizzazione dei Santi ecc, che so- no opere di Cristo, e perciò significativamente si aggiunge che saranno custodite da tutti coloro che vinceranno in questa quinta epoca della Chiesa. 

Vers. 27 . E chi vincerà e chi custodirà fino alla fine le mie opere gli darò potestà sulle genti, e le pascerà con bastone di ferro, e come un vaso d‟argilla saran frantumate. 

  Vers. 28. A quel modo che ho ricevuto anch‟io potestà dal Padre mio. Segue in queste pa- role (per confermare i suoi servi nella sopportazione dei mali) una massima consolazione spirituale, ovvero l‟inizio della conversione delle genti e degli eretici alla vera fede, che avverrà nel sesto stato della Chiesa, il quinto essendo, infatti ,quello afflittivo, punitivo e difettoso, come poi vedremo. Per cui si dice: Gli darò potestà sulle genti, spirituale ai prelati nell‟unità della Fede, e temporale ai Re nella monarchia e unione del popolo; e come un vaso d‟argilla saran frantumate, dalla durezza del loro cuore si convertiranno al pastore delle loro anime. Del pari, si dissolveranno le repubbliche che si erano andate indebolendo, e il potere dei ribelli verrà meno, per essere distrutto dal mio invincibi-le Unto, che sto per inviare ecc. A quel modo che ho ricevuto anch‟io potestà dal Padre mio, que- sto paragone è detto per conforto, il che non potrebbe essere maggiore, dei suoi servi. Cristo, infatti, si fece obbediente fino alla morte, e alla morte di Croce, per cui Dio lo esaltò e gli diede quel No- me, che è al di sopra di ogni altro nome, così che nel Nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra e nell‟inferno, e ogni lingua proclami che il Signore Gesù è nella gloria di Dio Pa- dre (Fil. 2). A quel modo che ho ricevuto anch‟io potestà dal Padre mio, colla sua pazienza, infatti, vinse ogni cosa, ogni cosa sottomise, e con i gloriosi combattimenti dei martiri abbatté tutte le genti come vasi d‟argilla ingiuriosi e senza gloria ecc. E gli darò la stella del mattino: qui si promette la nuova Luce, che spunterà nella sesta epoca della Chiesa Cattolica, indicata dal simbolo della Stella del mattino; la stella del mattino infatti significa che la notte è trascorsa e sta per sorgere il giorno, per cui dice E gli darò la stella del mattino, ossia la luce della vera fede Cattolica, che, gettate nell‟inferno le tenebre notturne di tutte le eresie, risplenderà grandemente, ovvero all‟inizio della sesta epoca. E gli darò la stella del mattino: a ciascuno poi, darò, dopo le tenebre di questa vita, la luce eterna, nella quale si contemplerà senza fine l‟eterna  verità. 

Venerabile Servo di Dio Bartolomeo Holzhauser