Alla luce delle Rivelazioni a Maria Valtorta
L’ottavo Comandamento: “Non dire falsa Testimonianza”.
Passa del tempo e un giorno Gesù incontra nuovamente Abele di Betlemme, ormai Suo Discepolo:
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[…] E lavora finché ad un incrocio di via un gruppo di discepoli non vede il Maestro e gli si affolla intorno.
Fra essi è Abele di Betlemme, che si getta subito ai piedi di Gesù dicendo: «Maestro, ho tanto pregato l'Altissimo perché mi facesse incontrare con Te. E non lo speravo più.
Ma Egli mi ha esaudito. Ora Tu esaudisci il tuo discepolo».
«Che vuoi, Abele? Vieni là, al limitare del campo. Qui vi è troppa gente e diamo noia».
Vanno in massa dove Gesù indica, e là Abele dice ciò che vuole.
«Maestro, Tu mi hai salvato da morte e da calunnia e hai fatto di me un tuo discepolo. Dunque Tu mi ami molto?».
«Lo puoi chiedere?».
«Lo chiedo per essere certo che Tu esaudisci la mia preghiera. Quando Tu mi hai salvato, hai castigato i miei nemici con orribile castigo. Tu lo hai dato, giusto è certo. Ma, oh! Signore! è molto orribile! Io ho cercato quei tre. Ogni volta che venivo da mia madre li cercavo. Sui monti, nelle caverne presso la mia città. E non li trovavo mai».
«Perché li cercavi?».
«Per parlare loro di Te, Signore. Perché, credendo in Te, ti invocassero e ottenessero perdono e guarigione. Solo nell'estate li ho trovati, e non insieme. Uno, quello che mi odiava per causa di mia madre, si è separato dagli altri che sono andati più su, verso i monti più alti di Jiftael. Loro mi hanno detto dove egli è... E di loro mi hanno dato la traccia dei pastori di Betlemme, quelli che ti hanno ospitato quella sera. I pastori coi loro greggi girano tanto e sanno tante cose. Loro sapevano che nel monte della Bella Sorgente erano i due lebbrosi che cercavo. Sono andato. Oh!...».
L'orrore si dipinge sul viso del giovane uomo, quasi ancor giovinetto.
«Continua».
«Essi mi hanno riconosciuto. Io non potevo riconoscere in quei due mostri i miei concittadini... Mi hanno chiamato... e mi hanno pregato, come fossi un dio... Il servo più di tutti mi ha fatto pietà. Per il suo puro pentimento. Non vuole che il tuo perdono, Signore... Aser vuole anche la guarigione. Ha una vecchia madre, Signore, una vecchia madre che muore di dolore in città...».
«E l'altro? Perché si è diviso?».
«Perché è un demonio. Principale colpevole, adultero già quando divenne omicida, eccitatore di Aser, corruttore del servo di Gioele, che è un poco stolto e facilmente dominabile, continua ad essere un demonio. Dalla sua bocca odio e bestemmie, dal suo cuore odio e crudeltà. Ho visto anche lui... Volevo farlo buono. Rovinò su me come un avvoltoio e solo nella fuga, in me rapida e resistente perché giovane e sano, ebbi salvezza. Ma non dispero di salvarlo. Tornerò... Una, due, tante volte con soccorsi, con amore. Mi farò amare. Egli crede che io vada a schernire la sua rovina. Io vado per riedificarla. Se può giungere ad amarmi, mi ascolterà; se mi ascolterà, finirà per credere in Te. Questo voglio. Gli altri, oh!, fu facile perché da loro hanno meditato e compreso. E il servo è divenuto il semplice maestro dell'altro, perché nel servo è tanta fede, tanto desiderio di perdono. Vieni, Signore! Io ho promesso loro di condurti a loro quando ti avessi incontrato».
«Abele, il loro delitto era grande, molti delitti in uno. Poco è il tempo che hanno espiato...».
«Grande è stato il tormento e il pentimento loro. Vieni».
«Abele, essi ti volevano morto».
«Non importa, Signore. Io voglio per loro la vita».
«Quale vita?».
«Quella che Tu dài, quella dello spirito, il perdono, la redenzione».
«Abele, erano i tuoi Caini e ti hanno odiato come più non si può. Ti volevano levare tutto: vita, onore e madre...».
«Sono stati i miei benefattori, perché per essi ho avuto Te. Io li amo per questo loro dono e ti chiedo che siano dove io sono, al tuo seguito.
Voglio la loro salvezza come la mia, più della mia, perché più grande è il loro peccato».
«Cosa offriresti a Dio in cambio della loro salvezza, se ti chiedesse un'offerta?».
Abele pensa un momento... poi dice sicuro: «Anche me stesso. La mia vita. Perderei un pugno di fango per possedere il Cielo. Una perdita felice. Un acquisto grande, infinito: Dio, il Cielo. E due peccatori salvati: i primogeniti del gregge che spero condurti e offrirti, o Signore».
Gesù fa un atto che non fa mai così in pubblico. Si china, perché è molto più alto di Abele, e prendendogli il capo fra le mani lo bacia sulla bocca dicendo: «Così sia», almeno credo che così voglia dire il suo «Maranatà». E aggiunge: «Per i tuoi sentimenti ti sia fatto secondo che chiedono le tue parole. Vieni con Me. Mi condurrai. Giovanni, vieni con Me. E voi andate avanti. Per la via di Mageddo ad Engannim. Là mi attenderete, se ancora non mi avrete incontrato».
«E predicheremo Te e la tua dottrina», dice l'Iscariota.
«No. Mi attenderete. Semplicemente. Tenendo condotta di giusti e umili pellegrini e nulla più. Essendo fra voi come fratelli. E passerete, nell'andare, dai contadini di Giocana, dando loro ciò che avete e dicendo che il Maestro, se potrà, passerà da Jezrael all'aurora di due giorni da oggi. Andate. La pace sia con voi».
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a cura del Team Neval
Riflessioni di Giovanna Busolini