Beati qui non viderunt et crediderunt !…
1. Quando il buon Gesù, per mettere e stabilire Tommaso nella credenza
della sua Risurrezione, comparve a porte chiuse nel Cenacolo in mezzo agli
Apostoli, e fece loro il solito saluto della pace: Pax vobis! rivolse subito
l’amorosa sua parola all’incredulo Discepolo, e gli disse: «Accostati a me,
Tomaso; stendi il tuo dito; osserva le mie mani, e metti la mano tua nel mio
costato; non voler essere più incredulo, ma fedele». Dicit Tomae: infer digitum
tuum hunc, et vide manus meas et affer manum tuam, et mitte in latus meum;
et noli esse incredulus, sed fidelis. Ed il Santo Apostolo, tutto esterefatto,
esclamò e confessò: «Oh sì, Voi siete il mio Signore, il mio Dio!» Dominus
meus, et Deus meus! Ah, Tomaso! (gli soggiunse allora Gesù con la sua
benignità) ah Tomaso, perchè mi hai visto hai creduto: però beati coloro che
non mi vedranno, e pur crederanno! – Quia vidisti me, Thoma, credidisti.
Beati quì non viderunt et crediderunt.
2. Dunque, sulla parola di Gesù stesso, noi possiamo riputarci più
fortunati e felici di S. Tomaso; perchè siamo tra quei beati che credono a
quel che non veggono; anzi crediamo contro la evidenza di quel che vediamo
con gli occhi del corpo, e tocchiamo con la mano: contra spem in spem
credidi. Vediamo nel Santissimo Eucaristico Sacramento un semplice Pane;
ma crediamo che in quel Pane celeste non solo ci sta nascosto Gesù Cristo,
ma che lo stesso Pane è Gesù Cristo medesimo in Anima e Corpo quale lo
vide S. Tomaso. La sostanza di quel Pane è trasmutata nella sostenza del
suo Corpo Divino e glorioso: Hoc est Corpus meum! Sicchè quel Pane
trasustanziato non è che Pane apparente sotto agli occhi nostri corporali, ma
contemplato col lume della fede è la Persona vera e viva dell’amorosissimo
Gesù Signor nostro, e nostro Dio: Dominus meus et Deus meus. Oh, dunque
la fede nostra quanto dev’essere più meritoria di quella di S. Tomaso! Lo
stesso Gesù arrivò a dichiararci beati per essa: Beati qui non vidderunt et
crediderunt! Ma cotesta fede è pure un dono del medesimo Dio Signore
nostro; e noi dobbiamo pregarlo che ce lo spiri ed infonda nella mente e nel
cuore, che quivi la faccia radicare e crescere con la speranza e con la carità,
per arrivare poi a consumarla in Cielo: Da nobis fidei, spei et charitatis augmentum, et ut mereamur assequi quod promittis, fac nos amare quod
praecipis.
3. Anima mia, quale e quanta è la tua fede in Gesù Sacramentato? È
dessa soda e profonda, oppure leggiera e superficiale? Credi realmente
ch’Egli è il tuo Dio? Dominus meus et Deus meus?… Ma la tua condotta verso
di Lui corrisponde a questa fede? Se poco; è segno che la tua fede è molto
debole, e solo appariscente. Li tuoi portamenti, il tuo procedere, le opere tue
testimoniano bene della tua fede? Se sì; beato te! Ricordati che: Fides sine
operibus mortua est. Quando ti trovi a salmeggiare ed a pregare cogli Angeli
nel suo cospetto: in conspectu Angelorum psallam tibi, procura di emularli, o
almeno d’imitarli? Quando entri nella sua Casa d’orazione, e comparisci
dinnanzi a Lui, lo adori e lo veneri con quel sentimento di fede interiore ed
esteriore ch’Ei merita? La esteriore è per lo più la spontanea espressione
dell’interno: onde, allorchè ti rechi a fargli visita, qual’è il contegno almeno
civile e religioso del tuo rispetto, della tua riverenza e venerazione verso di
Lui?… Quando vai a conversazione in qualche nobile Società usi forse
riguardi maggiori, e più studiate cerimonie?… Confronta da ciò la tua fede
verso il tuo Dio e Signore. Certamente che non oseresti di presentarti davanti
a qualsivoglia Personaggio con gli abiti sudici, con le mani e il volto maculati,
con i piedi impantanati di fango, non dico solo terrestre, ma spirituale. O
Dio! trovi nessun motivo da confonderti; nessuna colpa da rimproverarti?
4. Probet autem seipsum homo, dice S. Paolo; e vuol dire: quando ti
accosti all’altare, al Sacramento d’amore, a Gesù che è quel Pane Divino e
vivo che conserva e sazia gli Angeli in cielo, chiama prima a sindacato la tua
coscienza a fine di vedere se sia monda, e tale quale richiede che sia la
Maestà Sua, o almeno quale la Fede e l’Amore riverenziale ti detta di doverla
avere. Credi realmente di presentarti dinanzi al tuo Signore e Padrone:
Dominus meus? al tuo Dio? Deus meus. Questo solo titolo gli dà infinito
diritto alla tua servitù, alla tua venerazione, al tuo amore. Ben glielo devi
confessare di sovente col reale salmista: O Domine, quia ego servus tuus, et
filius ancillae tuae!… Ma ti porti poi verso di lui da servo buono e fedele?
Puoi sperare che ogni volta che lo visiti, Egli si compiaccia di dirti: Euge
serve bone, et fidelis?… Oh! qual padrone più dolce e più amabile poteva
toccarti in questa terra?
5. Ah, Gesù mio, lo servire a Voi è troppo grande onore; giacchè servire
Deo regnare est! Perchè mai il vostro Cuore s’interessa e si occupa tanto
intorno all’uomo? Quid est homo, quia magnificas eum, et apponis erga eum
cor tuum ?
6. O Signore, io vado fuor di me quando considero, che essendo Voi il Re
dei re, e il Signore dei signori: Rex regnum, et Dominus dominantium; vi siete
degnato di scendere dal cielo per servire e beneficare all’anima mia, ed tutta
l’umana generazione! O Dio! Il Padrone, il Creatore serve alla sua creatura,
ed al suo servo; e questi ricusa di servire al suo Creatore e Signore!?… Voi
Padrone Divino, ubbidite a pochi accenti del Sacerdote quando vi chiama dal
cielo tra le sue mani; ed io vostro miserabile servo tante volte resisto ai vostri
comandi? O caro il mio Gesù, perdonate, vi prego, alla mia troppa alterigia e
renitenza! Voi siete e sarete sempre il mio Signore e mio Dio; Dominus meus,
et Deus meus. Ecco, io rassegno ed assoggetto a Voi la mia volontà; e per
affezione, per divozione e per riconoscenza vi ratifico la mia dedizione e
servitù. Aiutate Voi l’infimo de’ vostri servi ad esservi costantemente fedele
ed affezionato sino all’ultimo respiro della vita: e così sia.
Francesco Spinelli