In specie propria e in specie sacramentale
«“Il vivificante Verbo di Dio unendosi alla propria Carne la rese vivificante. Era dunque conveniente che egli si unisse in qualche modo ai nostri corpi per mezzo della sua santa Carne e del suo prezioso Sangue, che noi riceviamo in una vivificante benedizione in pane e vino”»[168].
San Cirillo
Affronteremo ora altre due nozioni che S. Tommaso utilizza in modo frequente nel trattato sull’Eucaristia: la differenza esistente tra ciò che lui chiama in specie propria e in specie sacramenti, o con altri nomi. Di fatto la parola species, o il suo plurale, compare nel trattato 50 volte, dunque è un’idea che lavora anche come una chiave nel pensiero eucaristico del santo Dottore.
Vediamo prima i nomi, poi il significato e infine, una sorte di confronto tra l’una e
l’altra, e le differenze.
1. I nomi
In specie propria: Con la libertà che lo caratterizza S. Tommaso usa termini
equivalenti anche molto belli, per es.:
in sua specie visibili[169],
visibili specie[170],
sub specie propria[171],
in sua specie[172]…
Per non ridondare, leggiamo semplicemente un passo dove l’Angelico dà i motivi per cui Nostro Signore, nel momento in cui sta per lasciare questo mondo, cenando con loro per l’ultima volta, istituisce il sacrificio eucaristico in altra specie, a motivo di ciò che racchiude quello che istituisce, cioè Cristo sacramentato contenuto in esso: «Quando Cristo nella sua propria specie stava per separarsi dai discepoli lasciò a loro se stesso sotto la specie sacramentale, come in assenza dell’imperatore si espone alla venerazione la sua immagine»[173].
Sub aliena specie: utilizza poche volte questa espressione[174]. Mentre invece
impiega altri sinonimi:
in sacramentali specie (due volte)[175];
sub specie sacramenti, quae est species panis et vini[176];
sed specie panis et vini (quattro volte)[177];
sub utraque specie sacramenti[178]…
Questi sono i nomi che usa. In altri punti, essendo un tema strettamente collegato, parlerà di in propriis dimensionibus, nelle dimensioni proprie, e in dimensione diversa, continuando la stessa linea di pensiero[179].
2. Il significato
Lo stesso San Tommaso ci spiega il significato: «Il Corpo del Cristo […] è in cielo nella propria specie e in molti altri altari sotto le specie del sacramento»[180]. Significa proprio questo.
Dirà pure: «Nell’Eucaristia è presente Cristo stesso, non già nella sua propria specie
[in specie propria], ma sotto la specie del sacramento [in specie sacramenti]»[181]. Perciò nello sviluppo dell’argomento, nella risposta alla prima difficoltà, spiega per quale ragione si dice che gli uomini mangiano il Pane degli angeli: perché per primo e principalmente godere di Gesù Cristo in specie propria è proprio degli angeli e dei santi che stanno in cielo e godono di Lui vedendolo faccia a faccia: «l’occhio glorificato vede sempre Cristo com’è nella sua propria specie…»[182]. Poi lo è degli uomini, che lo godono sub sacramento, che lo ricevono nel sacramento. Per questo c’è differenza tra le due nozioni[183].
3. Differenze
In primo luogo bisogna dire con tutta chiarezza che la sostanza del Corpo e Sangue di Nostro Signore sta tanto in specie propria come nella specie del sacramento. La differenza si presenta nel modo, perché in specie propria c’è Cristo con i suoi accidenti, e in specie aliena (diversa) c’è pure Cristo, ma sotto le specie sacramentali; e avrà inoltre i suoi accidenti, ma dovrà tenerli in modo diverso. Qualche citazione: «Il Corpo di Cristo e lo stesso nella sua sostanza tanto in questo sacramento come nella propria specie, ma non sta nello stesso modo: infatti nella propria specie esso viene a contatto con i corpi circostanti mediante le proprie dimensioni, il che non avviene, come si è visto sopra, in questo sacramento»[184]. E questo ha un’applicazione interessante e molto importante per noi: «Quindi tutto ciò che appartiene a Cristo in se stesso (nella sua sostanza) gli può essere attribuito sia nella propria specie che nella presenza eucaristica: p. es. vivere, morire, soffrire, essere animato [con l’anima] o inanimato [senza l’anima] e cose simili. Tutto ciò che invece gli conviene per i suoi rapporti con i corpi esterni gli può essere attribuito se viene considerato come esistente nella sua propria specie e non in quanto è presente nel sacramento: come essere deriso, coperto di sputi, crocifisso, flagellato e cose simili»[185].
Quindi «per Cristo non è la stessa cosa essere in sé ed essere nel sacramento»[186].
Differenza che diventa visibile anche nel mangiare: «Ciò che viene mangiato nella propria specie, viene anche franto e masticato nella propria specie. Ma il Corpo di Cristo non viene mangiato nella propria specie, bensì sotto le specie sacramentali. Perciò S. Agostino, spiegando le parole evangeliche, “La carne non giova a nulla” [Gv 6,64] scrive: “Esse si riferiscono a coloro che le interpretavano carnalmente. Avevano capito cioè che si trattasse di carne come quella fatta a pezzi in un animale ucciso, o venduta al macello”. Quindi lo stesso Corpo di Cristo non si frange, se non sotto le specie sacramentali. - Ed è in questo senso che va intesa la professione di Berengario: la frazione e la triturazione dei denti si riferiscono alle specie sacramentali, sotto le quali è presente veramente il Corpo di Cristo»[187].
Altra caratteristica che distingue questi due concetti è quella delle dimensioni: in specie propria Cristo sta con le sue dimensioni proprie, in specie diversa con le dimensioni delle specie del pane e del vino[188], al modo della sostanza.
Un’altra differenza: in specie propria Cristo è visibile, in specie aliena è invisibile, sta sotto le specie del pane e del vino [189]. Questo riguarda anche la passibilità, come San Tommaso dice molto bene: «Infatti [quando erano nell’ultima cena] era certamente il vero e identico Corpo di Cristo quello che vedevano allora i discepoli nella sua specie e quello che veniva ricevuto sotto le specie del sacramento. Esso non era impassibile nella specie propria in cui lo vedevano, anzi era pronto alla passione [perché si preparava proprio alla passione]. Quindi nemmeno il Corpo di Cristo sotto la specie del sacramento era impassibile»[190]. Il Corpo che ricevevano nel sacramento non era impassibile, bensì passibile. «Tuttavia quel Corpo, che in se stesso era passibile, si trovava in modo impassibile sotto le specie sacramentali: come vi si trovava in modo invisibile, pur essendo in se stesso visibile. Infatti come la visione richiede il contatto tra l’oggetto visibile e il mezzo interposto, così la passione richiede il contatto tra il corpo passibile e le cose che agiscono su di esso. Ora, il Corpo di Cristo, secondo il modo in cui è presente nel sacramento, e di cui abbiamo parlato sopra, non è in relazione con l’ambiente circostante mediante le proprie dimensioni, con le quali i corpi si toccano tra loro, ma mediante le dimensioni delle specie del pane e del vino. Di conseguenza a essere immutate e viste sono le specie, non già il Corpo stesso di Cristo»[191].
È in rapporto con questo, come vedremo più avanti, ciò che riguarda la differenza tra
in specie propria e in altra specie con riferimento a se Cristo è presente in maniera locale o no, cioè qual è il movimento del Corpo di Cristo, com’è la presenza definitiva dovuta a quella circoscrittiva, che certo non è quella che ha nel sacramento.
Questa realtà segna pure la differenza esistente tra il sacrificio della Croce e la sua perpetuazione nel sacrificio della Messa: quest’ultimo è un sacrificio incruento, sacramentale, mistico[192]. San Tommaso lo esprime così: «Poiché questo sacramento è segno della passione di Cristo, e non la passione stessa, così bisogna che la passione significata dalla “frazione” non sia nel Corpo di Cristo, ma nelle specie, che lo significano»[193].
Alcuni sacerdoti, come abbiamo visto in 2 Maccabei, hanno dimenticato l’ufficio dell’altare. Che non siamo noi di questi. Non dimentichiamo mai ciò che è più importante nelle nostre vite: l’ufficio dell’altare, l’Eucaristia, il Signore nel sacramento. Specialmente in questo anno dell’Eucaristia. E rinnoviamo sempre le nostre promesse di svolgere il nostro ufficio nel modo migliore.
Perché alla fine, come diceva il santo Curato d’Ars: «la causa del rilassamento del sacerdote sta nel fatto che non dedica sufficiente attenzione alla Messa»[194].
Padre Carlos Miguel Buela
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