1. Dopo alcune settimane di pace la famiglia di Nazareth è sconvolta dal turbine scatenato da un potente di questo mondo: Erode. E’ costretta a fuggire in Egitto.
E’ un quadro esemplare di fragilità: un Bimbo che non ha ancora fatto le ossa, sballottato da un cammino che non finisce mai; una donna e un uomo sbalzati su una strada che faceva tremare i soldati di Gabinio, console romano, perché esposta alle insidie del deserto e agli assalti dei briganti. Sullo sfondo l'incognita di un soggiorno in Egitto: come esprimersi in lingua straniera? Come guadagnarsi il pane per mantenere la famiglia?
E Dio non risparmia al suo Figlio, a Maria e Giuseppe queste angosce: sembra proprio che Dio ceda il campo al prepotere di un uomo.
Questa piccola carovana di fragilità, tuttavia, è tenuta insieme e condotta da un filo d'acciaio: l'obbedienza al comando di Dio: «Prendi con te il bambino e la madre sua, e fuggi in Egitto». E’ il filo che farà emergere, dal groviglio delle sofferenze umane, il disegno santificante di Dio.
2. Così è della nostra vita: lanciata verso l'ignoto, spesso sull'orlo di abissi pericolosi. E noi la percorriamo con tutto il peso della nostra fragilità. Sappiamo che «Dio ci conosce e ci chiama per nome», e questo ci basta. Sappiamo che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio». La nostra crescita in Dio avviene proprio attraverso il groviglio delle vicende umane, il crogiolo che vaglia la nostra fedeltà: «Al vittorioso darò da gustare dell'albero della vita nel Paradiso di Dio. Al vittorioso darò un nome nuovo».
3. Consacrarsi a María vuol dire affidarsi a lei per questo cammino carico di incognite: affidarsi con la stessa fiducia, con lo stesso abbandono di Gesù tra le sue braccia. La nostra sicurezza sarà la stessa Madre di Dio!
Come in Maria questo camminare nella fede opera in noi anche un consolidamento esistenziale, che ci avvolge verso passi più impegnativi, fino al salto finale nel Mistero visto faccia a faccia.
In questo cammino assume importanza la virtù dell'obbedienza. Essa è dovuta a chi ci rappresenta Dio e ci esprime la sua volontà: genitori (e quanti figli cadono in condizioni disastrose per la loro ribellione!), superiori, e sopratutto la Chiesa, maestra infallibile di verità.
Dio non ci ha affidati all'interpretazione individualistica della Scrittura: essa ha generato un nugolo di sette una contro l'altra. Ci ha affidati a un Magistero garante della Verità, fondato sulla continuità apostolica e incentrato in Pietro. Qualora la verità venisse meno, nel magistero del Papa, le porte dell'inferno prevarrebbero ed esploderebbe la confusione religiosa e morale; ma Gesù ha assicurato: «Le porte dell'inferno non prevarranno».
Gesù disse agli Apostoli: «Predicate il Vangelo ad ogni creatura: chi crederà sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc 16, 15 s). Poteva Gesù esigere questa fede sotto pena di perdizione, se non avesse garantito l'infallibilità apostolica sino alla fine dei tempi?
Se vogliamo una garanzia di verità, guardiamo al Magistero di Pietro, obbediamo al Papa!
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