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giovedì 2 settembre 2021

LE IMPOSSIBILITÀ

 


CHE LA DIVINA RIVELAZIONE SI SIA CONCLUSA NEL VECCHIO TESTAMENTO


1. Un popolo senza speranze ultraterrene

Con la parola « Vecchio Testamento » noi cristiani indichiamo il Testamento, (o Patto, o Alleanza) fatto da Dio col popolo ebreo, prima per mezzo di Abramo, poi rinnovato con Mosè. Con tale patto Dio, dopo aver dato a Mosè i dieci comandamenti e tutte le altre sue leggi, promise agli ebrei che, se li avessero osservati, egli avrebbe loro dato buone annate, pace, potenza ed ogni altro bene: furono tutte promesse che riguardavano soltanto questa vita.

Gli ebrei credevano alla sopravvivenza dell'anima: ma tale sopravvivenza non è altro che l'abitazione, dopo morte del corpo, dell'anima nella « Casa dei morti », nello sheol, ossia nel regno del silenzio e delle ombre, senza alcuna speranza, né alcuna gioia, neanche quella di poter lodare Dio.

D'altronde Dio non poteva promettere il paradiso che soltanto Gesú avrebbe aperto e potuto aprire; per cui gli ebrei, dovendosi chiudere la loro esistenza nello sheol, non concepivano il dovere di lodare e ringraziare Dio in esso.

« Non i morti lodano il Signore, né quanti scendono nella tomba. Ma noi, i viventi, benediciamo il Signore, ora e per sempre» (Ps 115,17).

« Compi forse prodigi per i morti? O sorgono le ombre a darti lode? Si celebra forse la tua bontà nel sepolcro, la tua fedeltà negli inferi? Nelle tenebre si conoscono forse i tuoi prodigi, la tua giustizia nel paese dell'oblio?» (Ps 88,12-13).

Quando Saul volle consultare Samuele sull'esito della prossima battaglia, si travesti e andò a Endor a fare evocare da una pitonessa la sua anima. La pitonessa la evocò. Saul allora le chiese cosa vedesse. La donna disse a Saul: « Vedo un essere divino che sale dalla terra ». Saul le domandò: « Che aspetto ha? ». Essa rispose: « È un uomo anziano che sale ed è avvolto in un mantello ». Saul comprese che era veramente Samuele e si inginocchiò con la faccia a terra e si prostrò. Allora Samuele disse a Saul: « Perché mi hai disturbato e costretto a salire? » (i Sam 28,13-15).

Per tale prospettiva di andare a finire nel regno sotterraneo delle ombre, l'ebreo aveva sommo orrore della morte e l'unica sua speranza era di poter continuare a vivere e, se ammalato, di guarire.

Ne è un esempio la preghiera del re Ezechia quando cadde ammalato: « Signore, in te spera il mio cuore; ravviva il mio spirito. Guariscimi e rendimi la vita. Ecco, la mia infermità è cambiata in salute! Tu hai preservato la mia vita dalla fossa della distruzione, perché ti sei gettato dietro le spalle tutti i miei peccati. Poiché non gli inferi ti lodano, né la morte ti canta inni; quanti scendono nella fossa non sperano nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente ti rende grazie, come io faccio oggi » (Is 38,16-19).

Per l'ebreo nessuna speranza: «Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira, finiamo i nostri anni come un soffio. Gli anni della nostra vita sono settanta, per i piú robusti ottanta, ma quasi tutti sono fatica, dolore; passano presto e noi ci dileguiamo » (Ps 9o,9-u).

Per questo Giobbe non fa altro che maledire la sua nascita: « Perisca il giorno in cui nacqui, e la notte in cui si disse: "è stato concepito un uomo" ... La maledicano quelli che imprecano al giorno ... Poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei? E perché non sono morto fin dal seno di mia madre e non spirai appena uscito dal grembo? ... Si, ora giacerei tranquillo, dormirei e avrei pace... Perché laggiú i malvagi cessano d'agitarsi; laggiú riposano gli sfiniti di forze. I prigionieri hanno pace insieme, non sentono piú la voce dell'aguzzino. Laggiú è il piccolo e il grande, lo schiavo è libero dal padrone » (Gb 3).

Ma allora valeva la pena di vivere? E se Dio è buono e misericordioso perché ha creato l'uomo intelligente se non aveva altro da potergli dare? La risposta è una sola: il Vecchio Testamento è la preparazione al Nuovo Testamento, ossia alla Nuova Alleanza. Dio ha creato gli uomini destinandoli a raggiungerlo, a contemplarlo faccia a faccia e raggiungere cosí la felicità piena; ma, per poterlo raggiungere occorreva un ponte tra la terra e il cielo, un ponte che nessun uomo avrebbe potuto costruire. Per questo Dio mandò il suo Figlio nel mondo e, occorrendo per tale beatitudine di tutti gli uomini, che sono sempre peccatori, un prezzo infinito per riparare la moltitudine infinita dei loro peccati, fece consegnare il suo Figlio ai suoi nemici perché lo crocifiggessero.

Un tale amore è inconcepibile; è infinito, ed è stato reso possibile perché Dio è amore. Questa è la grande rivelazione del Nuovo Testamento (1 Gv 4,16). Dio volle preparare gli ebrei ad accogliere la rivelazione del suo Figlio e ispirò, nel 165 circa, a Daniele la dottrina della resurrezione finale: « Ora in quel tempo sorgerà Michele, il gran principe, che vigila sui figli del tuo popolo. Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stata dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo; in quel tempo sarà salvato il tuo popolo, chiunque si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono nella polvere della terra si sveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. I saggi splenderanno come lo splendore del firmamento; coloro che avranno indotto molti alla giustizia, risplenderanno come le stelle per sempre (Dan 12,1A

E trent'anni prima della nascita di Gesú, Dio parla chiaramente del giudizio finale dei cattivi e del premio eterno dei giusti: « I giusti, al contrario, vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e l'Altissimo ha cura di loro. Per questo riceveranno una magnifica corona regale, un bel diadema dalla mano del Signore » (Sap 5,15).


 La Nuova Alleanza

Nell'ultima cena Gesú, preso un pane, lo spezzò e disse: «Prendete e mangiate: questo è il mio corpo ». Poi prese il calice col vino e, dopo aver reso grazie, lo diede loro dicendo: « Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti per la remissione dei peccati » (Mt 26,26); e promette di risuscitare nell'ultimo giorno quanti fanno la comunione (Gv 6,54).

Pagando il prezzo del nostro riscatto, Gesú dice al Padre: « Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato, poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo » (Gv 17,24).

Essendo Gesú una cosa sola col Padre, ossia un solo Dio, contemplare la sua gloria, significa contemplare Dio: questa è la felicità alla quale Dio ci ha destinati e per la quale ci ha creati. Dice s. Giovanni: « Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo cosí come egli è » (1 Gv 3,2).

La felicità della visione di Dio è tale, che fa dire a s. Paolo, che ebbe la fortuna di essere rapito ancora vivente in cielo, queste parole: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio sentí, né mai entrarono in cuore nell'uomo, Dio le ha preparate per quelli che lo amano » (1 Cor 2,9).

« Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria che dovrà essere rivelata in noi» (Rom 8,18).

« Desidero morire per essere eternamente con Cristo » (Fil 1,23).

Tale felicità, che già è immensa fin dal momento in cui l'anima giunge a contemplare Dio, sarà completa con la resurrezione dei morti, perché l'uomo è composto di anima e corpo e la sua felicità per essere completa deve essere spirituale e fisica.

Stando cosí le cose, si comprende il Vecchio Testamento nella sua sola funzione di preparazione al Nuovo Testamento; si comprende l'alleanza di Dio col popolo ebreo, perché, dovendo il suo Figlio farsi uomo, doveva nascere da un popolo, e quel popolo Dio preparò per accoglierlo e per fargli svolgere tutta la sua missione; nascita, vita pubblica ed evangelizzazione, passione e morte, fondazione della Chiesa; si comprende la creazione dell'uomo: siamo destinati non « alla casa dei morti, lo sheol », ma alla felicità infinita della visione di Dio e alla resurrezione alla fine del mondo, dopo la quale saremo sempre col Signore e con tutti i nostri cari.

Non potremo mai ringraziare Dio di averci creati e di avere dovuto farsi uomo e morire sulla croce per darci la felicità eterna del paradiso.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


martedì 13 luglio 2021

LE IMPOSSIBILITÀ

 


SPIEGARE LA BIBBIA SENZA GESÚ


Per gli ebrei la Bibbia è composta solo dai libri del Vecchio Testamento.

Per i cristiani ad essi vanno aggiunti i libri del Nuovo Testamento. Tutti sappiamo che la Bibbia è composta da 45 libri del Vecchio Testamento e da 27 libri del Nuovo Testamento. Ebrei e cristiani riconosciamo che la Bibbia è ispirata da Dio ed è quindi divina rivelazione.

1. È impossibile spiegare il Vecchio Testamento senza il Nuovo testamento

Il V.T. resta assolutamente inspiegabile senza il N.T.

Il N.T. completa e spiega il V.T. Senza il Nuovo, il V.T. resterebbe come una casa senza il tetto. Le prove di ciò si trovano quasi ad ogni pagina del V.T. Ne citiamo solo alcune.

Genesi 3,rs. Dio disse al serpente (il diavolo): « Maledetto sei tu, o serpente. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe. Essa ti schiaccerà la testa, e tu le insidierai il calcagno ».

Questa donna non può che essere Maria, e la sua stirpe non può essere che Gesú e i cristiani.

Su quale altra donna e su quale altro suo figlio gli ebrei possono applicare tali parole?

Genesi 18,3. Appaiono tre persone ad Abramo. Abramo non dice loro: « Miei signori », ma « Mio Signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi ... ». Da tutto il contesto si vede chiaro che quei tre sono Dio; ma il dialogo tra Abramo e i tre si svolge tutto al singolare, ed Abramo prepara loro tre focacce, una per ciascuno. Qui abbiamo la prima manifestazione delle tre persone della SS. Trinità, che però formano un solo Dio, ma che solo col N.T. si rende evidente; mentre gli ebrei, negando la SS. Trinità, sono costretti a dire, contro ogni regola di grammatica, che era Dio accompagnato da due angeli.

Genesi 15 ,5 e 22,17. Dio promette ad Abramo una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come le sabbie del mare e che per essa saranno benedette tutte le nazioni della terra. Questa discendenza non può che essere quella formata dal N.T. ossia il popolo cristiano, che in una sola generazione supera abbondantemente il miliardo, mentre gli Ebrei sono appena io milioni. Infine, gli Ebrei sono causa quasi continua non di benedizioni, ma di conflitti, dai tempi di Nerone ad oggi.

Dice David: « Disse il Signore al mio Signore: "Siedi alla mia destra". Queste parole hanno compimento in Gesú. Gli ebrei non sanno a chi attribuirle; e Gesú, quando un giorno, citandole, disse loro: "Se è suo Signore, come mai è suo figlio?" Ma gli ebrei non ardirono rispondere ». (Mt. 22,45).

E ancora Dio dice: « Lo giurai una volta sulla mia santità; non mentirò a Davide giammai! Rimarrà in perpetuo la sua stirpe, il suo trono come il sole innanzi a me, come la luna che sta in perpetuo, testimonio veridico nelle nubi » (Ps 89). Queste parole si possono applicare solo in Gesú; altrimenti si dovrebbe dire che Dio ha sbagliato perché il regno di Salmo 119,1 Davide e d'Israele non è durato in eterno, ma era già finito ai tempi di Gesú.

Esodo 34. Dio rivela a Mosè l'Alleanza col popolo ebreo: « Ecco io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessun paese e in nessuna nazione; tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché è terribile quanto io sto per fare con te »; gli promette di dargli la Palestina, di scacciare dinanzi a lui tutti i popoli che incontrerà e di dargli le buone annate e la pace.

Questa Alleanza resta incompleta e senza senso priva della Nuova Alleanza, di cui è figura, fatta da Gesú con tutti gli uomini nell'ultima cena, perché Dio, essendo Creatore e Padre di tutti gli uomini, non poteva creare tutti i privilegi per un piccolo popolo e trascurare o peggio aborrire e castigare tutto il resto dell'umanità. Egli infatti non ammette privilegi, né accettazione di doni (2 Cron. 19,7) e da vero Padre di tutti gli uomini, che provvede agli uccelli dell'aria e ai gigli dei campi, non vuole che alcuno di questi piccoli perisca (Mt.18,14), ma vuole che tutti gli uomini siano salvi e raggiungano la conoscenza della verità (1 Tim. 2,4).

L'alleanza di Dio col popolo ebreo e i grandiosi prodigi operati per fare ad esso raggiungere la Palestina acquistano un senso e una giustificazione soltanto con la nuova alleanza di Dio con tutti gli uomini, mediante la quale egli promette indistintamente a tutti, se osserveranno la sua legge e i precetti dati dal suo Figlio, mantenendosi sempre fedeli nel faticoso e doloroso cammino della vita, il necessario per vivere, la pace e il paradiso, di cui è simbolo la Terra Promessa.

2. È impossibile spiegare il Nuovo Testamento senza il Vecchio Testamento.

Per quale motivo tutti gli uomini sarebbero stati peccatori e avrebbero avuto bisogno della redenzione anche i bambini innocenti (Rom 3,23) senza il peccato originale che ha intaccato tutti i discendenti di Adamo?

In Abramo, che è disposto a sacrificare il suo Figlio per amore di Dio, Dio ci fa vedere il suo amore infinito che lo spinge a sacrificare il suo Figlio per amore degli uomini, cioè per salvarli.

In Isacco, che sale sul monte Moria portando la legna sulle spalle, sulla quale dovrà venire sacrificato, e che si lascia legare sopra la legna, Dio ci mostra il suo Figlio che sale sul monte Calvario, portando sulle spalle la croce, sulla quale si farà inchiodare. Isacco, che è la figura, viene liberato; Gesú, che è la realtà, viene sacrificato.

In Mosè, che libera il popolo ebreo dalla schiavitú del faraone e porta gli ebrei conservatisi fedeli alla Palestina, Dio ci mostra il suo Figlio che libera tutti gli uomini dalla schiavitú di Satana e porta con sé in paradiso tutti quelli mantenutisi buoni.

Nel serpente di bronzo innalzato da Mosè nel deserto perché venissero liberati dalla morte tutti quegli ebrei morsicati dai serpenti velenosi che l'avessero guardato, Dio ci mostra il suo Figlio crocifisso, innalzato sulla croce, che libera dalla morte eterna tutti gli uomini che si rivolgono a lui pentiti dei loro peccati. Senza Gesú crocifisso e senza questo significato, quel serpente di bronzo ordinato da Dio a Mosè resterebbe senza alcun significato, come gli amuleti dei maghi; né si spiegherebbe perché Dio non ha fatto altrettanto con tutti gli altri uomini morsi da serpenti o comunque avvelenati.

Nella manna mandata dal cielo per nutrire gli ebrei nel cammino lungo il deserto fino a farli giungere nella Palestina, Dio ci fa vedere il vero pane del cielo da lui mandato sulla terra, cioè il suo Figlio, che mediante la sua eucarestia nutre gli uomini lungo il cammino della vita e dà loro la grazia e la forza di giungere in paradiso.

Dice Davide: « Un branco di cani mi circonda, mi assedia una banda di malvagi; hanno forato le mie mani e i miei piedi, posso contare tutte le mie ossa. Essi mi guardano, mi osservano: si dividono le mie vesti, sulla mia tunica gettano le sorti » (PS 21,27). Queste parole di Davide si sono verificate tutte in Gesú crocifisso, cosí come la conclusione dello stesso salmo 21: « Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno a lui tutte le famiglie dei popoli »: senza Gesú queste parole non hanno alcun senso.

Infine, se il Messia non fosse Gesú e se Isaia non profetasse la sua passione sul « Messia servo di Jahvè » non avrebbe nessun senso tutta la sua profezia sulla passione del servo di Jahvè, che minutamente descrive tutta là passione di Gesú.

«Il Signore Dio mi ha aperto l'orecchio ed io non ho resistito, non ho indietreggiato, presentai il mio dorso ai flagellatori, le mie guance agli strappi, non nascosi la mia faccia alle ignominie e agli sputi. Ma il Signore Dio mi ha aiutato, perciò non cedetti ai peso dell'ignominia; ridussi la mia faccia come selce, perché sapevo che non sarei rimasto confuso » (Is 5o,57).

« Chi crederà a ciò che abbiamo annunziato e la potenza del Signore a chi sarà rivelata? Egli è cresciuto davanti a lui come un germoglio; come una radice da un solo arido; senza grazia, senza beltà da attrarre lo sguardo, senza aspetto da doversene compiacere. Disprezzato, rifiuto dell'umanità, uomo dei dolori, assuefatto alla sofferenza, come uno davanti al quale ci si copre il volto, disprezzato, cosí che non lo abbiamo stimato. Veramente egli si è addossato i nostri mali, si è caricato dei nostri dolori. Noi lo credevamo trafitto, percosso da Dio e umiliato, mentre egli fu piagato per le nostre iniquità, fu calpestato per i nostri peccati. Il castigo, che è pace per noi, pesò su di lui e le sue piaghe ci hanno guariti » (Is 53,1-5).

Queste parole che espressamente si riferiscono al Messia, non possono riferirsi al Messia glorioso che aspettano gli ebrei; si possono riferire solo a Gesú in cui si sono pienamente attuate.

Innumerevoli altre sono le profezie bibliche del V.T. che si riferiscono a Gesú; ma, per finire, ne citiamo soltanto un'altra, quella di Malachia: «Poiché dall'oriente all'occidente grande è il mio nome fra le genti, e in ogni luogo è offerto incenso al mio nome e un'oblazione pura» (Ml 1,11).

Questa profezia per gli ebrei non si è mai avverata e non si potrà mai avverare perché mai faranno convertire all'ebraismo tutte le genti e perché essi non potevano offrire incenso e vittime a Dio in nessun luogo, all'infuori del Tempio di Gerusalemme, e perché ora non possono offrirli neanche nel Tempio di Gerusalemme, che è stato distrutto nell'anno 70 d.C. dalle truppe di Tito; esso non potrà mai venire ricostruito perché in quel luogo è stata costruita la moschea di Omar; se gli ebrei volessero distruggere la detta moschea si scatenerebbero contro di essi i 500.000 milioni di musulmani e li annienterebbero. Invece, tale profezia si attua pienamente in Gesú e nella sua Chiesa: infatti in tutti i luoghi della terra vengono costruite Chiese, viene celebrata la S. Messa e vengono offerti a Dio incenso e la vittima pura, Gesú, del cui sacrificio sulla croce la S. Messa è precisamente la rinnovazione.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


martedì 15 giugno 2021

ACCETTARE LA BIBBIA SENZA ACCETTARE GESÚ

 


LE IMPOSSIBILITÀ

La ragione e la scienza postulano un Dio Creatore.

Gli ebrei vogliono questo Dio soltanto per loro. Per essi Dio si è rivelato; per essi ha dato la sua legge; per essi ha destinato la Palestina; per essi ha distrutto tutti i popoli sul loro cammino; ad essi debbono servire tutti i popoli della terra. Per essi tutte le cure e tutti i prodigi operati da Dio; solo il loro piccolo popolo di pochi milioni di persone è il « popolo eletto » e tutti i miliardi di uomini della terra non valgono nulla: non val la pena che Dio se ne occupi.

Nessun padre, a meno che non sia cattivo, fa cosí con i propri figli; e Dio è il Padre di tutti gli uomini.

Se i fatti esposti nei libri del Vecchio Testamento si dovessero esaurire negli ebrei, si dovrebbe negare l'esistenza stessa di Dio e relegare la Bibbia tra le favole, oppure tutti i non ebrei dovrebbero odiare questo Dio.

E, infine, fossero stati gli ebrei un popolo di santi! Il meno che si possa dire di loro è che sono stati un popolo di peccatori, come e piú degli altri popoli; basta leggere la Bibbia, specialmente i profeti, per vedere quante volte gli ebrei abbandonavano Dio, quali tremendi rimproveri rivolgono loro continuamente i profeti. Dai tempi di Mosè, quando gli Ebrei fecero il vitello d'oro, a quelli di Giuda Maccabeo, che perdette la guerra perché i suoi soldati nascostamente s'erano dati all'idolatria, tutta la storia degli ebrei è una storia di continue infedeltà con periodi piuttosto brevi di vera religiosità.

La storia del popolo ebreo e tutto il Vecchio Testamento trovano la spiegazione e la garanzia solo in Gesú: senza di lui non avrebbero senso alcuno. Gesú è la chiave di spiegazione di tutta la Bibbia, di tutta la storia e di tutta la creazione. Portiamo solo alcuni esempi:

1. Dio vigilò con estremo rigore per far conservare il monoteismo agli ebrei; ogni qualvolta essi cadevano nell'idolatria Dio interveniva mandando loro i profeti e, quando questi non bastavano, facendo piombare su di essi terribili castighi.

Ma se Dio è il Padre di tutti, perché non fece altrettanto con tutti gli altri popoli, i quali, inizialmente tutti monoteisti, pian piano, l'un dopo l'altro caddero nell'idolatria?

Egli non lo fece sia per la divina economia del miracolo, che ripetuto continuamente, perde il suo valore apologetico; sia perché il salvatore non poteva essere il popolo ebreo, ma soltanto Gesú. E necessariamente Gesú doveva nascere in un popolo monoteista, perché presso un popolo pagano sarebbe stato preso per uno dei tanti dèi, come avvenne a Paolo e a Barnaba a Listri dopo il miracolo fatto; e un popolo pagano mai avrebbe crocifisso un operatore di miracoli. Ora Gesú doveva morire per salvare tutta l'umanità.

2. Perché Dio liberò il popolo ebreo della schiavitú dell'Egitto ricorrendo a grandiosi segni e prodigi, quali le dieci piaghe, l'agnello pasquale, il passaggio attraverso le acque del Mar Rosso e il lunghissimo cammino di 4o anni nel deserto per raggiungere la Terra Promessa?

Perché tutto questo doveva essere il simbolo di ciò che avrebbe fatto Gesú per tutta l'umanità: « Egli è l'agnello pasquale che toglie i peccati del mondo » (Gv 1,a9); che col suo sangue avrebbe salvato coloro che l'avrebbero accolto e si sarebbero lasciati da esso purificare; che col suo battesimo avrebbe liberato dalla schiavitú di Satana e fatti diventare figli di Dio tutti coloro che lo avrebbero ricevuto; che col suo Vangelo avrebbe guidato tutti gli uomini che l'avrebbero accolto lungo tutto il viaggio della vita fino a giungere in paradiso.

3. Lungo il cammino nel deserto, durato 4o anni, tutti gli ebrei sarebbero morti di fame. Dio allora mandò loro la manna (una farina dolcissima e fortemente nutritiva) che faceva cadere dal cielo ogni notte sul loro accampamento. Gli ebrei al mattino la raccoglievano, la mangiavano e poi riprendevano il cammino. Cosí per tutto il lunghissimo viaggio nel deserto, fino a quando giunsero nella Palestina e poterono mangiare i frutti della terra.

Perché tutto questo enorme, continuato miracolo per un popolo infedele, che per di piú non aveva voluto fare la strada brevissima indicatagli da Dio per giungere in poche settimane nella Terra Promessa; che, disubbidendo, aveva presa la strada del deserto, e che lungo tutto il viaggio non fece altro che disgustare Dio con le sue continue infedeltà?

E perché questo Dio non fa nulla per i 30 milioni di uomini che ogni anno muoiono per la fame o per malattie provocate dalla denutrizione? Senza Gesú tutte queste domande sono destinate a restare senza risposta. Gesú invece spiega tutto. Egli dice agli ebrei dopo la moltiplicazione dei pani: « Io sono il pane di vita. I vostri padri mangiarono la manna nel deserto e morirono. Questo è il pane disceso dal cielo, affinché chi ne mangia non muoia. Sono io il pane vivo disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo ».

Discutevano fra loro i giudei dicendo: « Come può darci da mangiare la sua carne? » Gesú disse loro: « In verità, in verità vi dico: se non mangerete la carne del Figlio dell'uomo e non berrete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna, ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è veramente cibo e il mio sangue è veramente bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me ed io in lui » (Gv 6,48-57).

Con il miracolo della manna Dio ha voluto prefigurare il gran mistero dell'Eucarestia e ha voluto rivelarci che per giungere in paradiso dobbiamo fare spesso la comunione, senza della quale moriremmo lungo il viaggio della vita, ossia non avremmo forza di vivere in grazia di Dio, di servire Dio e di lavorare per la nostra santificazione e per l'avvento del suo regno.

4. Quando gli ebrei si misero a mormorare contro Mosè e contro Dio per i disagi del viaggio nel deserto, Dio mandò loro un'invasione di serpenti velenosi, che facevano morire subito quanti mordevano. Gli ebrei allora ricorsero a Mosè, e Mosè a Dio. Dio allora disse a Mosè di fare un serpente di bronzo, di innalzarlo su un palo nel mezzo dell'accampamento, e tutti quelli che, morsi dai serpenti, lo avrebbero guardato, sarebbero subito guariti.

Ancora qui domandiamo: « Perché tutto questo miracolo per un popolo ribelle? E perché Dio non fa nulla per tutti i milioni di uomini che muoiono avvelenati, per quelli che sono stati mangiati dai leoni, dalle tigri, dai coccodrilli, dai serpenti, e per tutti i miliardi di uomini che muoiono immaturamente? E che senso avrebbe senza Gesú, quale mezzo di salvezza dalla morte, proprio il serpente causa della morte di Adamo ed Eva e di tutti gli uomini?

Anche qui la risposta unica e soddisfacente è una sola: Gesú. Egli dice: « Come Mosè innalzò nel deserto il serpente, cosí è necessario che sia innalzato il Figlio dell'uomo, affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Poiché Dio ha tanto amato il mondo, che ha sacrificato il suo Figlio unigenito, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna » (Gv 3,14).

Il serpente è simbolo di Gesú, che ha preso su di sé il veleno di tutti i peccati degli uomini, ed è stato innalzato sulla croce per distruggerli con la sua morte. Tutti gli uomini che si volgono pentiti a Gesú Crocifisso e gli danno i loro peccati e per essi gli chiedono perdono vengono liberati dalla morte eterna e ottengono la salvezza e la felicità del paradiso.

Cosí si dica per tutto il resto della Bibbia. Dio ha parlato per tutti gli uomini; ha scelto gli ebrei, come avrebbe potuto scegliere qualunque altro popolo, soltanto in funzione di Gesú; e Gesú è venuto per salvare tutti gli uomini. Presso Dio non c'è accezione di persona.

« Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e raggiungano la conoscenza della verità » (i Tim 2,4).

« Chiunque accoglie Gesú, acquista la fortuna di diventare Figlio di Dio » (Gv 1,12).

« Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvo » (Gioele 3,5).

ILDEBRANDO A. SANTANGELO


domenica 4 aprile 2021

CHE VI SIA ALTRA LUCE FUORI DI GESÚ

 


LE IMPOSSIBILITÀ

Divenuto, nonostante le vaste lacune fossili, un domma l'evoluzione, gli evoluzionisti e i materialisti spiegarono cosí la religione: i selvaggi, non trovando una risposta alle forze della natura, le divinizzarono; quindi ne fecero dei feticci e poi costruirono, civilizzandosi, l'Olimpo delle loro divinità. Infine, la speculazione greca, si liberò di questi dei e raggiunse l'idea, intellettualmente e filosoficamente piú perfetta di un solo Dio infinito ed eterno. Infine, l'uomo moderno, giunto all'apice della civiltà, della tecnica e del progresso, si è accorto che non c'è nulla al di fuori della materia.

Questa concezione evoluzionistica e materialista urta contro la realtà. Infatti le cose stanno esattamente al contrario: tutti i popoli primitivi passati e i popoli primitivi che ancora sopravvivono hanno l'idea di Dio filosoficamente perfetta, anzi piú perfetta dell'idea dei massimi filosofi greci, in quanto credono in un solo Dio, non soltanto infinito, eterno e creatore, ma anche Padre degli uomini; cosicché l'animismo il feticismo e il politeismo rappresentano la caduta da un monte, verso il quale gli onesti filosofi greci sono riusciti a risalire. S. Paolo mostra come è avvenuta questa caduta dell'umanità nell'idolatria: «Si manifesta infatti dal cielo l'ira di Dio sopra ogni empietà e ingiustizia degli uomini, che tengono imprigionata la verità nell'ingiustizia; poiché ciò che è noto di Dio, è a loro manifestato, giacché Dio lo diede a conoscere. Le sue invisibili perfezioni, la sua eterna potenza e la sua divinità, appaiono fin dalla creazione del mondo, offerte dalla considerazione per mezzo delle sue opere. E cosí essi non hanno scuse, perché, dopo aver conosciuto Dio, non lo glorificarono come Dio, né gli resero grazie; ma i loro ragionamenti divennero vuoti e la loro intelligenza stolta si ottenebrò. Vantandosi di essere sapienti, divennero sciocchi, scambiarono la gloria incorruttibile di Dio con immagini di uomini mortali, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio, lasciando che essi seguissero i perversi desideri dei loro cuori, li abbandonò all'impurità, di modo che essi disonorarono i loro corpi tra di loro, scambiarono la verità di Dio con la menzogna e adorarono e servirono le creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli » (Rom 1,18-25).

La risalita riprende faticosamente con Platone e Aristotele. Entrambi arrivano all'idea di Dio, ma sconoscono la creazione. Platone descrive Dio come « il Bene », che emana una luce intellettuale che rende visibili le cose, come il sole, e come « Demiurgo » ordinatore della materia giusta il «Modello eterno » (Timeo 29); riconosce l'immortalità dell'anima perché indipendente dal corpo, capace di operare da sola, semplice, partecipe esenzialmente all'Idea della vita, capace di muovere se stessa; ma la concepisce preesistente al corpo, nel quale, con la nascita è entrata come in un carcere, e dal quale aspira a liberarsi (Fedone 106).

Aristotele (384-322) giunge a Dio attraverso il concetto di sostanza. La sostanza, egli dice, risulta dalla potenza e dall'atto. L'atto è la realizzazione di ciò che è puramente possibile, cioè della potenza, come principio di sviluppo e compimento di un ente; la potenza rappresenta la possibilità ad assumere forme diverse nel suo essere determinato dall'atto.

Il passaggio dalla potenza all'atto può avvenire soltanto in virtú di un ente che sia già in atto. In conseguenza, egli dice, il divenire della realtà dell'esperienza esige come fondamento e come ragione sufficiente una sostanza prima ed eterna, assolutamente immobile e, quindi, Atto puro, senza mistione con la potenza, questo ente è causa finale del divenire del mondo e, dunque, primo Motore Immobile. Dio, cosí inteso, è vita e intelligenza in grado eminente, volta alla contemplazione di sé come autopossesso; ma, in quanto Motore Immobile, è auto-coscienza assoluta. Per Aristotele Dio non è creatore del mondo, ma ne è la causa finale.

Duemila anni a.C. ci imbattiamo in un fatto non soltanto inspiegabile, ma addirittura contrario alle leggi dell'evoluzione: un popolo incivile, nomade, vivente nelle tende, proveniente direttamente da un popolo politeista, cioè dal popolo amorreo, raggiunge il concetto puro di Dio: Uno, eterno, creatore, infinito, onnipotente. Questo popolo è il popolo ebreo. Questa cognizione di Dio può spiegarsi soltanto con una Rivelazione di Dio stesso: è ciò che insegna e dimostra la Bibbia.

Tuttavia il Grande Rivelatore è Gesú, ossia lo stesso Dio fattosi uomo. Egli dice: « Io sono la luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita » (Gv 8,17). Egli è la causa, la spiegazione e il fine di tutta la creazione: di tutte le galassie, ossia della quantità critica di tutta la materia esistente; della Terra e di tutto quanto esiste in essa (tutto necessario, come c'insegna l'ecologia, per vivere noi); di tutti i popoli e di tutta la Storia. Egli è la luce che ci fa conoscere bene:

a) Dio, rivelandone la Trinità, e mostrandocene in se stesso le perfezioni: Dio non è soltanto il Creatore, ma è il nostro Padre, è la Provvidenza, è la Misericordia, è l'Amore infinito: « Chi vede me, vede anche il Padre mio » (Gv 14,9).

b) Lo scopo per il quale siamo stati creati: per raggiungere la felicità eterna del Paradiso; e a tal fine egli dispone tutte le vicende della nostra vita.

c) Lo scopo per cui sono stati creati tutti gli uomini: per formare il suo Corpo Mistico e per rendere piú completa la felicità di ciascuno di noi. Ma egli non tutto ci può dire: « Molte cose avrei ancora da dirvi; ma per ora non ne siete capaci. Ma quando verrà lui, lo Spirito di verità, egli vi guiderà verso tutta la verità » (Gv 16,12); « Vi ho detto queste cose mentre sono ancora con voi; ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre vi manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi farà ricordare tutto quello che io vi ho detto » (Gv 14,25).

Gesú ci insegna quindi cosa ci vuole per scoprire la verità:

1. Il suo aiuto: « Senza di me non potete fare nulla » (Gv 15,5); e a quanti fanno quanto è in sè, Dio non nega la sua grazia.

2. La volontà di cercare: « Chi cerca, trova; a chi bussa sarà aperto » (Mt 7,8).

3. La vista buona. Per quanto l'uomo voglia cercare, se la vista non l'ha buona, non vede nulla o vede male. Per questo dice Gesú: « Questa è la condanna: che la luce è venuta nel mondo; ma gli uomini preferirono le tenebre alla luce, perché le loro opere erano cattive. Infatti, chi fa il male odia la luce e non si appressa alla luce per paura che le sue opere vengano condannate. Chi invece opera la verità, si avvicina alla luce, affinché appaia che le sue opere sono fatte secondo Dio » (Gv 3,19). Per questo Pascal, a un suo amico che cercava sempre nuovi argomenti per credere, disse: « Se vuoi credere da cristiano, comincia a vivere da cristiano ».

Ed è per questo che coloro che comprendono meglio la rivelazione cristiana sono i piú buoni; e che coloro che meglio approfondiscono i misteri di Dio sono i santi: S. Agostino, S. Atanasio, S. Girolamo, S. Tommaso d'Aquino, S. Bonaventura, ecc.; anche se sono analfabeti, come S. Caterina da Siena, la beata Angela da Foligno, ecc.

Lo Spirito Santo va ispirando lungo i secoli Papi, Concili, Santi, asceti, teologi e tante anime innamorate di Dio, e va facendo ricordare quello che ha detto Gesú e lo fa loro maggiormente approfondire.

Questo lo intuí un ebreo sincero, Edmund Husserl. Egli proveniva dall'imperante filosofia dell'Idealismo, sfociata, negli ultimi tempi, nell'agnosticismo e nel materialismo. L'idealismo aveva avuto un precursore in Cartesio, e un caposcuola in Kant e il maggiore esponente in Heghel; nessuno dei quali, però, per un motivo o per l'altro, fu mai ateo. Husserl rilevò il peccato dell'idealismo: quello di ridurre il problema della conoscenza nel semplice « io pensante »; fece, contemporaneamente rilevare l'oggettività della verità e propose la sua « fenomelogia ». Per giungere alla verità, egli insegna, occorrono:

1. L'onestà intellettuale; e quindi il tendere con tutte le forze della propria interiorità alla ricerca onesta e sincera della verità; occorre, innanzitutto, non peccare contro lo spirito di verità. Ognuno di noi è una verità parziale, ossia un raggio della Verità Assoluta, e deve saper scoprire la verità che è negli altri per costruire insieme la « sinfonia della veri-

tà ». Husserl, riprendendo le parole di Gesú « Se il tuo occhio è puro, tutto il tuo corpo sarà illumintao » (Mt 6,22), insegna che, se il nostro intelletto è purificato da interessi e passioni, sapremo vedere la verità che è negli altri, in noi stessi e in tutta la realtà.

2. Essere convinti del realismo della verità: esiste tutto un mondo di cose e di persone attorno a noi, da cui non si deve mai prescindere. Bisogna ritornare alle cose, e quindi all'Essere. E questa è stata la caratteristica della filosofia aristotelica e scolastica. La verità è oggettiva; Husserl la chiama « intersoggettiva », nel senso che vive in tutti e si riflette in modi diversi in tutti; nel senso che, aprendoci agli altri, ci si apre alla verità. Cosí egli fondava la filosofia dialogica, secondo cui ogni sistema filosofico ha una parte di verità. Egli ha fondato quella nozione corale e sinfonica della verità, di cui hanno parlato filosofi e teologi, che vuole indicare come ogni uomo riflette solo un raggio della verità assoluta, la quale può essere colta solo in un processo incessante di apertura agli altri e in un dialogo continuo con tutti i cercatori di Verità nella Storia.

Egli, proseguendo in questa ricerca onesta, scoprí il cristianesimo e si fece cristiano; tuttavia, pur rilevando l'importanza dei sentimenti come fonte di conoscenza, dimenticò che, per vedere non ci vogliono soltanto la vista buona e gli oggetti da vedere, ma occorre necessariamente anche la luce.

E la luce è la grazia di Dio e la divina Rivelazione.

Senza la divina Rivelazione, specialmente senza la Rivelazione cristiana, ossia senza Gesú, manca il criterio con cui si può distinguere quello che è vero e quello che è falso negli altri; nè si può vedere quello che eventualmente manca agli altri; e restano inspiegabili infiniti perché dell'esistenza umana nella terra e della creazione intera.

Gesú solo è la luce che spiega ogni cosa e risponde a tutti i perché: egli è « il Rivelatore », « la luce del mondo ».

E giacché nessun uomo può pretendere di conoscere e possedere già tutta la verità (ciò che ci sarà concesso soltanto nella visione beatifica di Dio, in paradiso), tutti abbiamo il dovere e l'interesse di progredire giornalmente nella verità; ciò che potremo raggiungere: facendo la verità che già conosciamo, ossia vivendo secondo il Vangelo; scoprendo la verità che è negli altri; anche nell'errore c'è una parte di verità; nessun errore potrebbe durare a lungo se non l'avesse. Lo stesso Heghel intuí una verità profonda: « La Storia non è altro che la storia dell'incarnazione del Logos, ossia di Gesú.

Facendo la verità che essi già fanno, ossia cercando di fare il bene che essi fanno; ciò che vale anche per i vari Movimenti ecclesiali; scoprendo gli errori eventuali che ci sono negli altri e immunizzandoci da essi.

ILDEBRANDO A. SANTANGELO