I DUE FRATELLI TEOBALDO E JOSEF BURNER
Illfurt, Alsazia, 1864-1869
La liberazione di Josef: 27 ottobre 1869
Abbiamo di proposito scritto «liberazione» e non «guarigione» del piccolo Josef — nell’anno in cui ci troviamo, 1869, egli aveva 12 anni — perché il malessere che lo aveva colpito non era, come sappiamo, una malattia che si potesse curare con medici e medicine, ma una «possessione» che lo teneva schiavo da quattro anni e da cui doveva essere liberato. Liberazione, quindi, non guarigione.
Pochi giorni dopo il ritorno di Teobaldo da Strasburgo il demonio gridò a un tratto per bocca di Josef:
— I miei due compagni (i due diavoli) sono stati dei paurosi, ma adesso sono io il padrone e il più forte. Per sei anni resterò qui e non me ne andrò. Non ho paura dei pretacci.
— Sei proprio tanto forte? — gli domandò il Signor Tresch.
— Certo. Qui mi sono istallato e qui resto. Qui mi piace. Mi faccio un nido e me ne vado quando mi pare e piace.
Il parroco Brey, dopo la felice conclusione della vicenda di Teobaldo, aveva nuovamente sollecitato il suo vescovo per ottenere il permesso di esorcizzare anche Josef Le condizioni del paziente diventavano di giorno in giorno sempre peggiori e più penose per lui e per i familiari. Il permesso non tardò a venire e il parroco fissò per l’esorcismo la data del 27 ottobre, tre settimane dopo la liberazione di Teobaldo.
La cerimonia fu tenuta nella cappella del cimitero di Burnenkirch distante un quarto d’ora dal villaggio, in grande segreto per evitare la pubhlicit e l’afflusso dei curiosi. Testimoni erano i signori Tresch, Martinot, Lachernann e Spies. Altri invitati i genitori, il signor Frindel, maestro di scuola, il capo stazione e una suora.
Il 27 ottobre, di buon mattino, la piccola comitiva si recò alla cappella. Alle 6 iniziò la santa Messa celebrata dal parroco Brey alla presenza di Josef il quale cominciò subito a agitarsi, a smaniare, a fare strepito, a urlare con tale impeto che dovettero legargli le mani e i piedi. Il celebrante era ancora all’introito quando il ragazzo riuscì a liberarsi dei suoi lacci e scagliarsi con violenza contro il prete tentando poi di fuggire. Rincorso e riacciuffato dal signor Martinot, fu tenuto per mano durante tutta la Messa. Il poveretto abbaiava come un cane bastonato e grugniva come un porcello, gridava con voce arrochita parole mozze e inarticolate. Dopo il Sanctus si calmò e rimase tranquillo fino alla fine della Messa.
L’esorcismo fu iniziato dal parroco Brey subito dopo la Messa seguendo il formulano del rituale romano. Alla lettura del vangelo di san Giovanni l’indemoniato, dopo aver insultato coi peggiori titoli il parroco, gridò:
— Non partirò!
e malgrado i suoi sforzi il parroco non riuscì a farlo tacere, posava reliquie sulla sua testa, gli metteva in mano la candela benedetta, lo aspergeva con acqua santa, gli rivolgeva le più energiche formule dell’esorcismo, tutto era inutile.
La cerimonia durò tre ore. Gli astanti avevano ormai perso la speranza del successo, ma non il parroco che volto all’ossesso gli intimò:
— In nome di Maria Vergine, l’Immacolata, ti comando di abbandonare questo fanciullo.
— Bisogna proprio che si portasse dietro la Grande Signora — grugnì satana al colmo dell’ira — Ora non mi resta che andarmene.
Don Brey ripeté lo scongiuro un’altra volta.
— Se devo partire voglio entrare in un branco di maiali,
— disse.
— All’inferno! — rispose il parroco ripetendo lo scongiuro.
— Voglio entrare in un branco di oche, — replicò ancora il demonio.
— All’inferno! — insisté il parroco.
— Non so la strada per andarci, — ebbe l’audacia di rispondere il demonio —. Voglio almeno entrare in un branco di pecore.
— All’inferno!
— Adesso non mi resta altro da fare. Devo partire, — gridò il diavolo con un grido disperato che sembrava un lungo ruggito.
A quel grido il ragazzo si distese, si contorse più volte, cadde in convulsione e finalmente si calmò e rimase immobile. I lacci che Io tenevano avvinto gli furono tolti. Le braccia gli caddero, il capo si abbassò dolcemente e dopo qualche istante si scosse come uno che si svegli d’improvviso, aprì gli occhi che erano chiusi durante tutta la cerimonia, e si guardò intorno, meravigliato di trovarsi in una chiesa e con tante persone sconosciute intorno.
Anche Josef era finalmente libero dal demonio.
L’assemblea era profondamente commossa. Fu cantato subito un Te Deum di ringraziamento, cantate le litanie della Madonna, la Salve Regina e recitate altre preghiere, accompagnate sempre e spesso interrotte dalle lacrime dei presenti. Il parroco dovette fermarsi più volte per dar sfogo alla sua commozione.
Il ritorno del piccolo graziato a Illfurt fu un trionfo. In un giardino vicino alla piazza municipale di Illfurt, di fronte alla casa dei Burner, si vede ancora oggi una colonna di granito, alta 10 metri, sormontata dalla statua della Madonna, con ai piedi un’iscrizione latina che dice:
A perpetuo ricordo della liberazione dei due indemoniati
Teobaldo e Giuseppe Burner
dovuta all’intercessione della Beata
Vergine Immacolata
nell’anno del Signore 1869
Conclusione
Davanti a questi fatti viene spontanea la domanda: Perché il Signore l’ha permesso? Di chi la colpa, dei genitori o dei bambini?
La risposta, se cercata con ragionamenti umani, non è facile, non è possibile. Un accenno di spiegazione si ha nel capitolo 9 del vangelo di san Giovanni che parla della guarigione del cieco nato. Dio permette il male per ricavarne un bene. Una vittoria su satana è sempre un grande bendicio, fa vedere l’onnipotenza di Dio e seme a rassodare la fede e la fiducia dei credenti. Se non ci fosse il male non ci sarebbe neppure la vittoria sul male. Se non ci fosse il pericolo non ci sarebbe neppure la liberazione dal pericolo, se non ci fosse la necessità non ci sarebbe neppure il sollievo dalla necessità. Dio sa quello che fa e sa fare bene tutte le cose.
Alcune notizie sulle ultime vicende dei nostri personaggi.
I due fratelli Burner morirono tutti e due in età giovanile, Teobaido due anni dopo la sua liberazione, il 3 aprile 1871 all’età di 16 anni, e Josef morì nel 1882 in Zillisheim, Alsazia, dove aveva trovato un lavoro, all’età di 25 anni, munito di tutti i sacramenti che gli furono amministrati dal suo parroco don Brey che si era affrettato al suo capezzale.
Una decina d’anni più tardi, il 26 settembre 1895, moriva anche il parroco Brey all’età di 68 anni dopo 30 anni di cura pastorale a Illfurt. Era un sant’uomo e un santo sacerdote molto stimato dal suo popolo e morto in concetto di santità. Anche di lui, come del santo Curato d’Ars, si racconta che fosse spesso tormentato da infestazioni diaboliche, specialmente di notte, dalle quali egli si difendeva, sempre con successo, usando l’acqua benedetta.