domenica 28 luglio 2019

LA SANTISSIMA EUCARESTIA



IL DIO NASCOSTO

Veramente un Dio ascoso sei Tu, Dio d'Israele, salvatore. 
Isaia, XLV, 15.


Che il Figlio di Dio ci abbia amati sino a farsi uomo, si comprende in qualche modo: è il Creatore che restaura l'opera delle sue mani. Che l'Uomo-Dio sia morto sulla Croce, anche si spiega come un eccesso di amore.
Ma ciò che non si giunge a comprendere, ciò che spaventa i deboli di fede e scandalizza gl'increduli, è che Gesù Cristo, coronato di gloria, dopo compiuta la sua missione sulla terra, voglia ancora rimanere con noi e in uno stato di più grande umiliazione e annientamento che a Betlemme e sul Calvario stesso.
Solleviamo con profondo rispetto il velo misterioso che copre il Santo dei Santi e cerchiamo di comprendere, per quanto ci è dato, l'eccessivo amore che ha mostrato per noi il divin Redentore.

I. - Questo stato nascosto di Gesù è di grande gloria per il suo Eterno Padre, perché Gesù vi rinnova e glorifica tutti gli stati della sua vita mortale. Quello che non può più fare nella gloria del Cielo, lo fa col suo annichilamento sull'altare.
Con quale compiacenza l'Eterno Padre guarda questa povera terra su cui vede il suo Figlio, che ama come Se stesso, fatto così povero, umile ed ubbidiente!
Nostro Signore ha trovato il modo di rinnovare incessantemente e perpetuare il Sacrificio del Calvario, perché al Padre suo si rappresenti senza interruzione l'atto di carità ineffabile con cui gli rese una gloria infinita, immolandosi per distruggere il regno di satana, suo nemico.

Gesù continua contro la superbia quella guerra che dovrà sterminarla. Come a Dio nulla è più odioso della superbia, cosi nulla gli da gloria al pari dell'umiltà. La gloria del Padre, è questa adunque la prima ragione dello stato nascosto di Nostro Signore nell'Eucaristia.

II. - Sotto quei veli Gesù lavora alla mia santificazione. Per farmi santo debbo vincere l'orgoglio e stabilirmi nella umiltà: di questa Gesù mi dà nell'adorabile Sacramento l'esempio e la grazia. Dalla divina sua bocca sono uscite queste parole: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore. Ma, dopo trascorsi diciotto secoli, l'umiltà sarebbe appena un nome se noi avessimo soltanto il ricordo degli esempi della vita mortale del Salvatore. Noi potremmo dire: Signore, io non vi ho veduto umiliato.

Ma Gesù è là per rispondere alle nostre scuse, ai nostri lamenti: dal Tabernacolo, dall'Ostia sacrosanta ci fa intendere soprattutto l'amoroso invito: Imparate da me che sono mansueto ed umile di cuore. Imparate da me a nascondere le vostre opere buone, le virtù, i sacrifici; umiliatevi, appressatevi a me!
E la grazia dell'umiltà si trova nello stato umiliato di Gesù nel Santissimo Sacramento. Qual gloria umana potrà temere di abbassarsi, se il Re della gloria discende fino a questo stato? Qual ricco non stimerà la cara povertà di Gesù in Sacramento? Chi potrà ricusare di ubbidire a Dio e a quelli che lo rappresentano, quando Dio obbedisce all'uomo?

III. - Gesù così velato fa coraggio alla mia debolezza. Io posso accostarmi a Lui, parlargli, contemplarlo senza timore. Se la sua gloria splendesse, chi di noi oserebbe parlare a Gesù? Sul Tabor caddero pieni di spavento gli Apostoli, per averne visto un solo raggio. Gesù vela la sua potenza, che altrimenti spaventerebbe l'uomo. E vela la sua santità, che, vista nel suo splendore, scoraggerebbe le nostre deboli virtù.

Come la madre balbetta col suo bambino e si abbassa perché questo possa giungere sino alla sua altezza ed abbracciarla, così Gesù si fa piccolo coi piccoli per sollevarli fino a Sé e per suo mezzo fino a Dio. Gesù vela e tempera il suo amore per noi; che il suo ardore ci consumerebbe, se qualche cosa non si frapponesse tra noi e le sue vampe: Il Signore tuo Dio è fuoco divorante.
Ecco in qual modo Gesù velato nel Sacramento adorabile fa coraggio alla nostra debolezza. Il velo eucaristico non è dunque la prova più grande del suo amore?

IV. - Il velo eucaristico perfeziona la nostra fede. La fede è l'atto dell'intelligenza liberata dai sensi. Or qui i sensi non hanno che fare. E' il solo mistero di Gesù Cristo nel quale i sensi non hanno che vedere. Negli altri, nella Incarnazione, nella Redenzione, i sensi vedono Dio fatto bambino, l'Uomo-Dio che muore: qui ai sensi altro non si presenta che un velo impenetrabile; la fede sola è in azione, è il regno della fede.

Questo velo ci obbliga a fare un sacrificio di gran merito, il sacrificio della nostra ragione: qui bisogna credere contro la testimonianza dei sensi, contro le leggi ordinarie della natura, contro la propria esperienza; bisogna credere sulla parola di Gesù Cristo. Non si può fare che questa domanda: Chi è là? - Io, risponde Gesù Cristo. - Cadiamo a terra e adoriamo!
E questa fede pura e indipendente dai sensi, libera nella sua azione, ci unisce semplicemente con la verità di Gesù Cristo nel Santissimo Sacramento: la carne non giova a nulla, le parole che vi ho detto sono spirito e vita. L'anima valica i limiti posti dai sensi ed entra nella mirabile contemplazione della Presenza dell'Uomo-Dio sotto le specie sacramentali, abbastanza velata perché possiamo starle così dappresso, abbastanza visibile agli occhi della fede.

Ma v'ha di più: questo velo, invece di essere una difficoltà, diviene, per una fede umile e sincera, uno stimolo, un incoraggiamento. Noi siamo portati a voler raggiungere una verità astrusa, a scoprire un tesoro nascosto, a sormontare un ostacolo. Così l'anima fedele, davanti al velo eucaristico, cerca il suo Signore, come Maddalena al sepolcro; le sue brame si fanno ognor più vive; lo chiama come la Sposa dei Cantici; si compiace nell'attribuirgli tutte le bellezze, nel coronarlo di tutte le glorie: l'Eucaristia è per essa quello che Iddio è per gli spiriti beati, una verità, una bellezza sempre antica e sempre nuova, che non si stanca di scrutare, di penetrare: quaeram quem diligit anima mea! O Signore, o diletto dell'anima mia, io Ti cercherò senza posa, mostrami la tua faccia adorabile!
E Gesù si manifesta gradatamente, giusta la vivacità della fede e dell'amore, all'anima nostra, la quale pertanto trova in Gesù un alimento sempre nuovo, una vita che non si esaurisce mai. Il divino oggetto della sua contemplazione le si mostra sempre adorno di una qualità novella, di una nuova,e più grande bontà; e come su questa terra l'amore vive di godimento e di desiderio, l'anima con l'Eucaristia gode e desidera nel tempo stesso, si ciba ed ha fame ancora! Soltanto la sapienza e la bontà di Nostro Signore potevano darci questa mirabile invenzione, il velo eucaristico. 

di San Pietro Giuliano Eymard

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