sabato 27 luglio 2019

La Stolta Superbia e Soave Umiltà



Il Tempio

“I sacerdoti, scribi e farisei si reputavano perfetti nella sapienza. Possedevano la perfetta conoscenza della lettera delle Scritture, ma erano assolutamente privi dello spirito della sapienza. Non possedevano la verità ossia la luce dell’amore che illumina la verità della Legge di amore. Avevano zelo, ma zelo sbagliato, perché fuori della carità, quindi, fuori della verità. Avevano una loro propria giustizia o santità datasi da se stessi, alla quale non sapevano rinunziare, perché rinunziarvi significava piegare il capo, spogliarsi della propria mantalità per accogliere altri dettami di una santità non consona ai loro gusti, amanti come erano degli onori e delle supremazie. Santità nuova, poi, da chi proposta? Da un popolano galileo, anche se, professandosi Figlio di Dio, dava lezioni e faceva opere da Dio. Poteva il superbo Israele che aveva sostituito alla prima Legge, semplice e perfetta, sostituita da un codice di precetti umani che, scaricando i potenti dai pesi, opprimevano il piccolo popolo, i poveri. Poteva il Tempio accettare ciò che veniva da un uomo di umile condizione?
Poteva Israele che, al posto del Messia spirituale presentato dalle profezie, si era costruito l’idea di un Messia umano, conquistatore di tutta la Terra, poteva Israele accettare l’insegnamento di Gesù che invitava ogni credente a diventare giusto per avere il Regno di Dio e la Vita eterna? Poteva Israele sottomettersi alla giustizia di Dio? No, non poteva e non si sottomise. La stessa umiltà di condizione e di aspetto di Gesù urtava il concetto che del Messia si erano fabbricati questi orgogliosi, urtava la loro mente, le loro abitudini. Si sentivano “dèi” per prestigio di potere, se non di santità. Erano “i Principi dei sacerdoti, gli Scribi e i Farisei!” Gesù era solo un falegname. Loro tenevano lezioni nel Tempio, sedevano sulla “cattedra di Mosé”. Per trent’anni, Gesù aveva avuto per cattedra solo il banco del falegname Giuseppe, e per gli altri tre anni, i boschi, le rive dei laghi e dei cortili di umili case. Insegnava l’umiltà con la parola e con l’esempio. Aveva scelto tra il popolino i suoi apostoli. Del più rozzo e ignorante aveva fatto il capo e il pontefice della sua Chiesa.
Per coloro che facevano tutto consistere nell’esteriorità e nell’opulenza, questa umiltà di origine, di carattere, d’insegnamento e di vesti, erano tanti motivi, anzi pretesti, per non riconoscere in Gesù il Messia promesso, il Figlio di Dio” (Lez. sull’Ep. ai Rom. p. 256).
“Chi mi uccideva non credeva che Io fossi il Figlio di Dio. Al massimo mi credevano un profeta. Solo i semplici di cuore, i puri, gli umili vedevano la verità sotto l’apparenza. I grandi, no; erano gonfi di superbia, e questa è fumo che nasconde la verità e corrompe il cuore. Ma se non potevano credere che l’atteso Messia fosse un povero Galileo, loro che se lo sognavano nato in una reggia, un mite che predicava rinunzia, loro che lo pensavano un conquistatore di popoli, un ristauratore della potenza di Giuda, giudicavano però che Io ero un pericoloso denunziatore dei loro misfatti.
Mi uccidevano per questo! Compivano così il sacrificio decretato da secoli, ma non sapevano di fare tanto. Credevano unicamente di fare cosa utile a loro, ai loro interessi.
Per giustificare il delitto che preparava togliendo di mezzo Colui che temeva per le sue parole sincere, e per il timore che, diventando re, purificasse il Tempio dei suoi abusi, quella astuta volpe di Caifa disse: “E’ bene che un uomo muoia per il popolo!” Era un bene superiore a quello sognato da Caifa. ma per darvelo, ho conosciuto il rigore del Padre” (Quad. ‘44, p. 216).
Ripudio di Gerusalemme (Gesù Risorto agli Apostoli): “Rimanete per ora nella Gerusalemme negatrice che deve stupire per i continui prodigi divini dati in risposta alle sue negazioni. La Chiesa nascerà in questa cità di tutte la più indegna. Ma Gerusalemme è sempre Gerusalemme, anche se colma di delitti e del deicidio in essa compiuto. Nulla le gioverà: è condannata! Ma non tutti i suoi cittadini sono condannati. Intanto rimanete qui per i pochi giusti che vi rimangono, e perché è la Città regale, la Città del Tempio e, come predetto dai profeti, in essa è stato unto, acclamato ed esaltato il Re-Messia che qui deve iniziare il suo Regno sul mondo. Qui, dove Dio ha ripudiato la Sinagoga per i suoi troppi orrendi delitti, deve sorgere il Tempio nuovo verso il quale accorreranno tutte le nazioni. Rimanete qui fino a quando Gerusalemme ripudierà voi, come ha ripudiato me, odierà la Chiesa come ha odiato me e deciderà di sterminarla. Allora portate altrove la sede della mia Chiesa. Per ora la mia Chiesa è simile a creatura già concepita, ma ancora in formazione nella matrice (prima della Pentecoste, sua nascita).
Gerusalemme è la matrice nella quale il cuore ancora piccolo della Chiesa nascente manda le sue piccole onde di sangue alle poche membra che gli si radunano intorno. Giunta l’ora di Dio, la matrice matrigna espellerà la creatura in essa formata che andrà a crescere altrove, formandosi un grande corpo che si estenderà su tutta la Terra, libero da ogni legame col Tempio, vittoriosa sulle rovine del Santuario distrutto, prosperando nel centro del mondo” cioè dell’Impero romano (Poema 10°, p. 224).

René Vuilleumier

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