lunedì 19 luglio 2021

CRISTO, VITA DELL'ANIMA

 


Cristo è Dio, Dio perfetto. Trasportiamoci in Giudea, ai tempi di Cristo. Egli ha già compiuto una parte della sua missione, percorrendo la Palestina, insegnando e compiendo le «opere di Dio» (1). Eccolo, dopo una giornata di corse apostoliche, libero dalla folla, circondato dai suoi soli discepoli. Egli domanda loro: «Che dicono di me gli uomini? (2). I discepoli si fanno l'eco di tutti i discorsi sparsi nel popolo: «Maestro, hanno detto che siete Giovanni Battista o Elia o Geremia o qualcun altro dei profeti». «Ma voi, dice Gesù, chi dite che io sia?». Allora Pietro, prendendo la parola, gli dice: «Voi siete Cristo, Figlio di Dio vivente». E nostro Signore, confermando la testimonianza del suo apostolo, gli risponde: «Tu sei beato, poiché non per una intuizione naturale hai saputo chi io sia, ma mio Padre ti ha fatto questa rivelazione».  

Cristo è dunque Figlio di Dio, «Dio nato da Dio, luce nata dalla luce, vero Dio uscito dal vero Dio», come dice in nostro Credo, Cristo, dice S. Paolo, non ha creduto che fosse una usurpazione il dirsi l'eguale del Padre (1).  

Tre volte la voce del Padre Eterno si è fatta sentire, ed ogni volta per glorificare Cristo chiamandolo suo Figlio, il Figlio delle sue compiacenze, l'organo dei suoi oracoli (2).  

Prosterniamoci come i discepoli che sentirono sul Tabor questa voce del Padre Eterno; con Pietro. ispirato dall'alto, ripetiamo a Gesù: «Sì, voi siete Cristo, il Verbo incarnato, vero Dio uguale al Padre vostro, Dio perfetto, che possedete tutti gli attributi divini; voi siete, o Gesù, come vostro Padre e con lo Spirito Santo, il potentissimo, voi siete l'eterno, voi siete l'amore infinito.  

Io credo in voi e vi adoro, mio Signore e mio Dio!».  

   Figlio di Dio, Cristo è anche Figlio de ll’uomo, uomo perfetto.  

   Il Figlio di Dio si è fatto carne. Egli resta ciò che è, Dio perfetto; ma si unisce ad una natura umana, completa come la nostra, integra nella sua essenza, con tutte le sue proprietà native. Cristo è, come tutti noi, «nato da una donna» (3), appartiene autenticamente alla nostra razza.  

Spesso nel Vangelo egli si chiama il «Figlio de ll’uomo»; degli occhi di carne lo hanno veduto, delle mani umane l'hanno toccato» (4). Anche all’indomani della sua resurrezione, egli fa constatare all’apostolo incredulo la realtà dalla sua natura umana (5). Egli ha, come ciascuno di noi, un 'anima creata direttamente da Dio; un corpo formato nelle viscere della Vergine; una intelligenza che conosce, una volontà che ama e decide, tutte  le facoltà che noi abbiamo, la memoria, l'immaginazione.  

Egli ha delle passioni, nel senso filosofico, elevato e nobile della parola, nel senso che esclude ogni disordine ed ogni debolezza; ma in lui queste passioni sono perfettamente sottomesse alla ragione e non si mettono in moto che per mezzo di un atto della sua volontà (1). La sua natura umana è dunque in tutto simile alla nostra, a quella dei suoi fratelli (2), eccettuato il peccato (3). Gesù non ha conosciuto né peccato, né ciò che è la sorgente o conseguenza del peccato, l'ignoranza, l'errore, la malattia, tutte cose indegne della sua perfezione, della sua saggezza, della sua dignità, della sua divinità.  

   Ma il nostro divin Salvatore ha voluto avere, durante la sua vita mortale, le nostre infermità, tutte le infermità compatibili con la sua santità. Il Vangelo ce lo mostra chiaramente. Non c'è niente nell'uomo che Dio non abbia santificato: i nostri lavori, le nostre sofferenze, le nostre lacrime; tutto egli ha fatto suo. Osservatelo a Nazareth durante trent'anni, egli passa la sua vita in un oscuro lavoro di operaio, di modo che, quando, comincia a predicare, i suoi compatrioti se ne stupiscono, poiché finora l'hanno conosciuto soltanto come il figlio del falegname (4). Nostro Signore ha sentito la fame come noi; dopo aver digiunato nel deserto, egli ha avuto fame (5). Egli ha sofferto la sete; non ha forse domandato alla samaritana di dargli da bere (6), e sulla croce non ha esclamato: «Ho sete»? Egli ha provato come noi la stanchezza; le lunghe corse attraverso la Palestina affaticavano le sue membra; allorché al pozzo di Giacobbe do-mandò l'acqua per spegnere la sua sete, S. Giovanni ci dice che era affaticato, Era mezzogiorno, dopo aver camminato a lungo, stanco, si sedette sull’orlo del pozzo (1). Così dunque, secondo l'osservazione di S. Agostino nell'ammirabile commentario che ci ha dato di questa bella scena evangelica, «colui che è la forza stessa di Dio è sopraffatto da stanchezza» (2).  

   Il sonno ha chiuso le sue palpebre; egli dormiva nella barca quando si scatenò la tempesta (3): egli dormiva veramente ed i suoi apostoli, temendo di essere inghiottiti dalle onde infuriate, debbono svegliarlo.  

Ha pianto su Gerusalemme, la patria che amava malgrado la sua ingratitudine. Il pensiero dei disastri che, dopo la sua morte, sarebbero caduti su di lei, gli strappa delle lacrime e delle parole piene di afflizione: «Se tu pure conoscessi ciò che farebbe la tua pace!» (4).  

   Egli ha pianto alla morte di Lazzaro, come noi pure piangiamo coloro che amiamo, al punto che i Giudei, testimoni di questo spettacolo dicevano: «Guardate come l'amava!» (5). Cristo versava delle lacrime non per convenienza, ma perché aveva il cuore commosso; piangeva colui che era il suo amico e le sue lagrime uscivano dal fondo del cuore. Nel Vangelo è pure detto di lui in più luoghi che il suo cuore era commosso per la compassione (6).  

Che più? Egli ha provato sentimenti di tristezza, di noia, di timore (7); nella sua agonia nell'orto degli olivi, la sua anima è sopraffatta da tristezza (8). L'angoscia ha penetrato la sua anima al punto di strappargli grida di dolore (1). Tutte le ingiurie, tutti gli insulti, gli schiaffi, gli sputi, di cui fu colmato nella sua passione, l 'hanno fatto soffrire immensamente. Le derisioni, gli insulti non lo lasciano insensibile. Al contrario, poiché la sua natura era più perfetta, la sua sensibilità era più grande, più delicata, Egli è stato inabissato nella sofferenza.  

Infine, dopo essersi mostrato veramente uomo, simile a noi in ogni cosa, egli ha voluto soffrire la morte come tutti i figli di Adamo (2).  

Beato Dom COLUMBA MARMION 

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