lunedì 31 gennaio 2022

VITA DI CRISTO

 


L'AGNELLO DI DIO

Ora che aveva signoreggiato la tentazione suprema di diventare il Re degli uomini empiendone gli stomachi, o solleticandoli con prodigi d'ordine scientifico, o concludendo un trattato col principe delle tenebre, Nostro Signore era pronto per presentarsi innanzi al mondo come una vittima da offrirsi in sacrificio per il peccato. Dopo il lungo digiuno ed il cimento, vennero gli angeli e Lo servirono. Indi Egli fece ritorno al Giordano e si mescolò, inosservato per un po' di tempo, alla folla che stava intorno al Battista.  

Il giorno innanzi, Giovanni aveva parlato di Nostro Signore con una delegazione di sacerdoti e Leviti del tempio di Gerusalemme, venuti a domandargli: «Chi sei tu?» Sapevano, costoro, che il tempo era maturo per l'avvento di Cristo, o Messia, ed ecco il perché del loro deliberato domandare. Però Giovanni aveva risposto di «non essere il Cristo», ma solo la Voce che annunziava il Verbo. Come Cristo aveva rifiutato i titoli del potere esteriore, così Giovanni rifiutò il titolo che i Farisei volevano conferirgli, ed era anzi il più alto: quello d'Inviato di Dio.  

Il giorno dopo, Nostro Signore si trovava nella folla, e Giovanni Lo riconobbe di lontano, e immediatamente si riportò alla eredità ebraica del simbolo e della profezia ben nota a tutti i suoi ascoltatori:  «Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo» (Giov. 1: 29)  

Giovanni affermò così che l'oggetto principale della nostra aspettativa non doveva essere un maestro, né un dispensatore di precetti moralistici, né un operatore di miracoli: l'oggetto principale della nostra aspettativa doveva essere, invece, Colui ch'era stato indicato come un sacrificio per i peccati del mondo. La Pasqua si avvicinava e le strade erano piene di gente che spingeva o trascinava al tempio agnellini d'un anno da offrire in sacrificio. Fra tutti quegli agnelli, Giovanni indicò l'Agnello che, quando fosse stato sacrificato, avrebbe messo fine a tutti i sacrifici che si compivano nel tempio, perché avrebbe tolto i peccati del mondo.  

Giovanni era la voce integratrice dell'Antico Testamento, nel quale l'agnello aveva avuto una parte così importante. Nella Genesi, troviamo Abele che offre un agnello, la primizia del suo gregge, in un sacrificio cruento per l'espiazione del peccato; tempo dopo, Dio chiese ad Abramo il sacrificio del figlio Isacco: simbolo profetico del sacrificio che il Padre Celeste avrebbe offerto nella persona del Figlio Suo stesso. Quando Isacco domandò: «Dov'è l'agnello?», Abramo rispose:  «Figlio mio, Dio si preparerà da sé la vittima per l'olocausto» (Genesi 22: 8)  

In risposta alla domanda: «Dov'è l'agnello da sacrificare?», mossa al principio della Genesi, aveva risposto adesso Giovanni, indicando Cristo e dicendo: «Ecco l'Agnello di Dio». Dio aveva finalmente provveduto l'Agnello. La Croce, ch’era stata difesa durante le tentazioni, si mostrava ora sulle rive del Giordano.  

Non v'era famiglia che non si preoccupasse d'avere il proprio agnello pasquale; e coloro che adesso portavano i propri agnelli a Gerusalemme, dove l'Agnello di Dio diceva che doveva essere sacrificato, sapevano che l'agnello era il simbolo della liberazione d'Israele dalla schiavitù politica dell'Egitto; e Giovanni disse ch'esso era anche il simbolo della liberazione dalla schiavitù spirituale del peccato. L'Agnello sarebbe venuto in forma di uomo, perché il profeta Isaia aveva predetto:  «E il Signore fece ricadere su di lui le iniquità di tutti noi. È stato sacrificato perché lo ha voluto, e non ha aperto la sua bocca» (Isaia 53: 6, 7)  

Il più delle volte l'agnello veniva usato come vittima di sacrificio per la sua innocenza e. mitezza; sicché era un emblema quanto mai adatto al carattere del Messia. È supremamente significativo che Giovanni il Battista abbia chiamato Cristo l'Agnello di Dio, ché Egli non era l'agnello delle genti, né l'agnello dei Giudei, né l'agnello di questo o quel padrone umano, ma l'Agnello di Dio. Quando infine l'Agnello venne sacrificato, ciò non accadde perché Egli fosse vittima di coloro ch'erano più forti di Lui, ma perché adempì il Suo volontario compito d'amore verso i peccatori. Non fu l'uomo a offrire questo sacrificio, sebbene fosse l'uomo a sgozzare la vittima: fu Dio che diede Se stesso.  

Pietro, ch'era un discepolo di Giovanni e che quel giorno, probabilmente, si trovava là, avrebbe più tardi chiarito il significato dell'«Agnello» scrivendo:  «Voi ben sapete che non a prezzo di cose corruttibili, quali l'oro e l'argento, siete stati riscattati ... ma col prezioso sangue di Cristo, dell'Agnello immacolato e incontaminato» (1Pietro 1: 18, 19)  

Dopo la Risurrezione e l'Ascensione, l'Apostolo Filippo s'imbatté in un ministro della regina degli Etiopi, il quale andava leggendo un passo del profeta Isaia che prediceva l'Agnello:  «Lo han menato al macello come una pecora; e come un agnello muto dinanzi a colui che lo tosa, così egli non ha aperto la bocca» (Atti 8: 32)  

E Filippo gli spiegò che quell'Agnello era stato appunto sacrificato ed era risorto da morte e asceso al cielo. San Giovanni l'Evangelista, anche lui quel giorno al Giordano (perché discepolo di Giovanni il Battista), ristette poi ai piedi della Croce quando l'Agnello venne sacrificato; e, alcuni anni dopo, scrisse che l'Agnello sgozzato sul Calvario era stato sgozzato nell'intenzione fin dal principio del mondo. La Croce non era stata un pensiero successivo.  

«... l'agnello sgozzato fin dalla fondazione del mondo» (Apocalisse 13: 8)  Il che significa che l'Agnello era stato sgozzato, diciamo, per decreto divino da ogni eternità, anche se il compimento temporale aveva dovuto aspettare il Calvario. La Sua morte era stata conforme al progetto eterno di Dio, al disegno prestabilito di Dio; ma il principio dell'amore che s'immola era eterno. La redenzione era nella mente di Dio prima che si gettassero le fondamenta del mondo: Dio, che è al di fuori del tempo, aveva previsto da ogni eternità la caduta del genere umano. E la sua redenzione. E la terra stessa sarebbe stata il teatro di questo grande evento. L'agnello era l'antetipo eterno d'ogni sacrificio. Quando giunse l'Ora della Croce e il centurione trafisse con la lancia il costato di Nostro Signore, si compi la profezia dell'Antico Testamento:  «E volgeranno lo sguardo a me, ch'essi hanno trafitto» (Zaccaria 12: 10)  

La locuzione adoperata da Giovanni il Battista per significare come l'Agnello di Dio «togliesse» il peccato del mondo si ritrova parallela e in ebraico e in greco; il Levitico descrive il capro espiatorio che  «porterà via in luogo disabitato tutte le loro iniquità, e sarà lasciato andar nel deserto» (Levitico 16: 22)  

Come il capro espiatorio cui erano stati addossati i peccati veniva condotto fuori dalla città, così l'Agnello di Dio, che toglieva davvero i peccati, sarebbe stato condotto fuori dalla città di Gerusalemme.  

Cosicché, l'Agnello che Dio promise di provvedere ad Abramo perché potesse offrirlo in sacrificio, e tutti gli agnelli e capri successivi offerti nel corso della storia dagli Ebrei e dai pagani, traevano valore dall'Agnello di Dio che stava davanti a Giovanni. Non fu Nostro Signore, questa volta, a profetizzare la Croce; fu, invece, l'Antico Testamento per i l tramite di Giovanni, il quale dichiarò esser Egli, per indicazione divina, un sacrificio per il peccato, e il solo rimovitore delle colpe degli uomini.  

Gli Israeliti avevano per lungo tempo compreso come la remissione del peccato fosse, in certo modo, connessa con le offerte espiatorie, ed erano giunti pertanto a supporre che nella vittima fosse innata una qualche virtù: il peccato era nel sangue, e perciò il sangue doveva essere versato. Nessuna meraviglia, dunque, se, dopo l'offerta della Vittima sul Calvario e la Sua Risurrezione da morte, Egli riaffermò come Gli fosse stato necessario patire.  

L'applicazione a noi dei meriti di quel sangue redentore divenne il tema del Nuovo Testamento. Nell'Antico Testamento, quando si sacrificavano gli agnelli, un po' del sangue veniva asperso sul popolo; e quando l'Agnello di Dio venne ad immolarsi, taluni chiesero, con orrenda ironia, che anche questa volta il sangue venisse asperso!  

«Il sangue suo ricada su noi e sui nostri fìgli!» (Matt. 27: 25)  Ma dall'aspersione del Sangue dell'Agnello tanti e tanti altri uomini ricevettero anche la gloria. Così poi Giovanni l'Evangelista li raffigurò nella gloria eterna:  

«E vidi e udii una voce di molti angeli intorno al trono e agli animali e ai vecchi, ed era il loro numero miriadi di miriadi, migliaia di migliaia, che dicevano a gran voce: 'Degno l'agnello, che è stato sgozzato, di ricever la potenza e la ricchezza e la sapienza e la forza e l'onore e la gloria e la benedizione.  'E ogni creatura ch'è nel cielo e sulla terra e sotto la terra e sul mare, e tutte le cose in essi contenute, udii che dicevano:  'A colui che siede sul trono e all'agnello, la benedizione e la gloria e il potere per i secoli de' secoli! '» (Apocalisse 5: 11-13)  

Mons. FULTON J. SHEEN

Nessun commento:

Posta un commento