martedì 25 gennaio 2022

Sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re.

 


LIBRO DEL PROFETA DANIELE 

Primo principio o fondamento della loro disobbedienza: il loro Dio, il Dio che loro servono è capace di liberarli dalla fornace e anche dalla mano del re. 

Sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace di fuoco ardente e dalla tua mano, o re. Altissima professione di fede nel vero Dio. 

Al vero Dio, al Dio che sta nei cieli, al Dio che è Creatore e Signore del cielo e della terra, niente è impossibile. Lui fa sempre ciò che vuole. 

Per amore dei suoi figli, Lui può scendere e spegnere la fornace, ma può anche rendere il fuoco inoffensivo. Tutto può fare il loro Dio. 

Il Libro della Sapienza non insegna che al comando del Signore gli elementi della natura quali l’acqua, il fuoco, il vento non cambiavano modalità di azione? 


I tuoi giudizi sono grandi e difficili da spiegare; per questo le anime senza istruzione si sono ingannate. Infatti gli ingiusti, avendo preteso di dominare il popolo santo, prigionieri delle tenebre e incatenati a una lunga notte, chiusi sotto i loro tetti, giacevano esclusi dalla provvidenza eterna. Credendo di restare nascosti con i loro peccati segreti, sotto il velo oscuro dell’oblio, furono dispersi, terribilmente spaventati e sconvolti da visioni. Neppure il nascondiglio in cui si trovavano li preservò dal timore, ma suoni spaventosi rimbombavano intorno a loro e apparivano lugubri spettri dai volti tristi. Nessun fuoco, per quanto intenso, riusciva a far luce, neppure le luci più splendenti degli astri riuscivano a rischiarare dall’alto quella notte cupa. 

Appariva loro solo una massa di fuoco, improvvisa, tremenda; atterriti da quella fugace visione, credevano ancora peggiori le cose che vedevano. Fallivano i ritrovati della magia, e il vanto della loro saggezza era svergognato. Infatti quelli che promettevano di cacciare timori e inquietudini dall’anima malata, languivano essi stessi in un ridicolo timore. Anche se nulla di spaventoso li atterriva, messi in agitazione al passare delle bestie e ai sibili dei rettili, morivano di tremore,  rifiutando persino di guardare l’aria che in nessun modo si può evitare. La malvagità condannata dalla propria testimonianza è qualcosa di vile e, oppressa dalla coscienza, aumenta sempre le difficoltà. La paura infatti altro non è che l’abbandono degli aiuti della ragione; quanto meno ci si affida nell’intimo a tali aiuti, tanto più grave è l’ignoranza della causa che provoca il tormento. 

Ma essi, durante tale notte davvero impotente, uscita dagli antri del regno dei morti anch’esso impotente, mentre dormivano il medesimo sonno, ora erano tormentati da fantasmi mostruosi, ora erano paralizzati, traditi dal coraggio, perché una paura improvvisa e inaspettata si era riversata su di loro. Così chiunque, come caduto là dove si trovava, era custodito chiuso in un carcere senza sbarre: agricoltore o pastore o lavoratore che fatica nel deserto, sorpreso, subiva l’ineluttabile destino, perché tutti erano legati dalla stessa catena di tenebre. Il vento che sibila o canto melodioso di uccelli tra folti rami o suono cadenzato dell’acqua che scorre con forza o cupo fragore di rocce che precipitano o corsa invisibile di animali imbizzarriti o urla di crudelissime belve ruggenti o eco rimbalzante dalle cavità dei monti, tutto li paralizzava riempiendoli di terrore. Il mondo intero splendeva di luce smagliante e attendeva alle sue opere senza impedimento. Soltanto su di loro si stendeva una notte profonda, immagine della tenebra che li avrebbe avvolti; ma essi erano a se stessi più gravosi delle tenebre (Sap 17,1-20).  

Per i tuoi santi invece c’era una luce grandissima; quegli altri, sentendone le voci, senza vederne l’aspetto, li proclamavano beati, perché non avevano sofferto come loro e li ringraziavano perché non nuocevano loro, pur avendo subìto un torto,  e imploravano perdono delle passate inimicizie. Invece desti loro una colonna di fuoco, come guida di un viaggio sconosciuto e sole inoffensivo per un glorioso migrare in terra straniera. Meritavano di essere privati della luce e imprigionati nelle tenebre quelli che avevano tenuto chiusi in carcere i tuoi figli, per mezzo dei quali la luce incorruttibile della legge doveva essere concessa al mondo. Poiché essi avevano deliberato di uccidere i neonati dei santi – e un solo bambino fu esposto e salvato –, tu per castigo hai tolto di mezzo la moltitudine dei loro figli, facendoli perire tutti insieme nell’acqua impetuosa.  

Quella notte fu preannunciata ai nostri padri, perché avessero coraggio, sapendo bene a quali giuramenti avevano prestato fedeltà. Il tuo popolo infatti era in attesa della salvezza dei giusti, della rovina dei nemici. Difatti come punisti gli avversari, così glorificasti noi, chiamandoci a te. I figli santi dei giusti offrivano sacrifici in segreto e si imposero, concordi, questa legge divina: di  condividere allo stesso modo successi e pericoli, intonando subito le sacre lodi dei padri. Faceva eco il grido discorde dei nemici e si diffondeva il lamento di quanti piangevano i figli. Con la stessa pena il servo era punito assieme al padrone, l’uomo comune soffriva le stesse pene del re. Tutti insieme, nello stesso modo,  ebbero innumerevoli morti, e i vivi non bastavano a seppellirli, perché in un istante fu sterminata la loro prole più nobile. 

Quanti erano rimasti increduli a tutto per via delle loro magie, allo sterminio dei primogeniti confessarono che questo popolo era figlio di Dio. Mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la tua parola onnipotente dal cielo, dal tuo trono regale,  guerriero implacabile, si lanciò in mezzo a quella terra di sterminio, portando, come spada affilata, il tuo decreto irrevocabile e, fermatasi, riempì tutto di morte; toccava il cielo e aveva i piedi sulla terra. Allora improvvisi fantasmi di sogni terribili li atterrivano e timori inattesi piombarono su di loro. Cadendo mezzi morti qua e là, mostravano quale fosse la causa della loro morte. Infatti i loro sogni terrificanti li avevano preavvisati, perché non morissero ignorando il motivo delle loro sofferenze.  

L’esperienza della morte colpì anche i giusti e nel deserto ci fu il massacro di una moltitudine, ma l’ira non durò a lungo, perché un uomo irreprensibile si affrettò a difenderli, avendo portato le armi del suo ministero, la preghiera e l’incenso espiatorio; si oppose alla collera e mise fine alla sciagura, mostrando di essere il tuo servitore. Egli vinse la collera divina non con la forza del corpo né con la potenza delle armi, ma con la parola placò colui che castigava, ricordando i giuramenti e le alleanze dei padri. Quando ormai i morti erano caduti a mucchi gli uni sugli altri, egli, ergendosi là in mezzo, arrestò l’ira e le tagliò la strada che conduceva verso i viventi. Sulla sua veste lunga fino ai piedi portava tutto il mondo, le glorie dei padri scolpite su quattro file di pietre preziose e la tua maestà sopra il diadema della sua testa. Di fronte a queste insegne lo sterminatore indietreggiò, ebbe paura, perché bastava questa sola prova dell’ira divina (Sap 18,1-25).  

Sugli empi sovrastò sino alla fine una collera senza pietà, perché Dio prevedeva anche ciò che avrebbero fatto, cioè che, dopo aver loro permesso di andarsene e averli fatti partire in fretta, cambiato proposito, li avrebbero inseguiti. Mentre infatti erano ancora occupati nei lutti e piangevano sulle tombe dei morti, presero un’altra decisione insensata e inseguirono come fuggitivi quelli che già avevano pregato di partire. A questo estremo li spingeva un meritato destino, che li gettò nell’oblio delle cose passate, perché colmassero la punizione che ancora mancava ai loro tormenti, e mentre il tuo popolo intraprendeva un viaggio straordinario, essi incappassero in una morte singolare. 

Tutto il creato fu modellato di nuovo nella propria natura come prima, obbedendo ai tuoi comandi, perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi. Si vide la nube coprire d’ombra l’accampamento, terra asciutta emergere dove prima c’era acqua: il Mar Rosso divenne una strada senza ostacoli e flutti violenti una pianura piena d’erba; coloro che la tua mano proteggeva passarono con tutto il popolo, contemplando meravigliosi prodigi. Furono condotti al pascolo come cavalli e saltellarono come agnelli esultanti, celebrando te, Signore, che li avevi liberati. Ricordavano ancora le cose avvenute nel loro esilio: come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare, come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane. Più tardi videro anche una nuova generazione di uccelli, quando, spinti dall’appetito, chiesero cibi delicati; poiché, per appagarli, dal mare salirono quaglie.  

Sui peccatori invece piombarono i castighi non senza segni premonitori di fulmini fragorosi; essi soffrirono giustamente per le loro malvagità, perché avevano mostrato un odio tanto profondo verso lo straniero. Già altri infatti non avevano accolto gli sconosciuti che arrivavano, ma costoro ridussero in schiavitù gli ospiti che li avevano beneficati. Non solo: per i primi ci sarà un giudizio,  perché accolsero ostilmente i forestieri; costoro invece, dopo averli festosamente accolti, quando già partecipavano ai loro diritti, li oppressero con lavori durissimi. Furono perciò colpiti da cecità, come quelli alla porta del giusto, quando, avvolti fra tenebre fitte, ognuno cercava l’ingresso della propria porta. Difatti gli elementi erano accordati diversamente, come nella cetra in cui le note variano la specie del ritmo, pur conservando sempre lo stesso tono, come è possibile dedurre da un’attenta considerazione degli avvenimenti. Infatti animali terrestri divennero acquatici, quelli che nuotavano passarono sulla terra. Il fuoco rafforzò nell’acqua la sua potenza e l’acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere. Le fiamme non consumavano le carni di fragili animali che vi camminavano sopra, né scioglievano quel celeste nutrimento di vita, simile alla brina e così facile a fondersi. In tutti i modi, o Signore, hai reso grande e glorioso il tuo popolo e non hai dimenticato di assisterlo in ogni momento e in ogni luogo (Sap 19,1-22).

  

Dio con il fuoco della fornace può fare ciò che vuole. Il fuoco può anche trasformarsi in vento leggero e soave. Questo è il primo fondamento. 

MOVIMENTO APOSTOLICO CATECHESI

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