mercoledì 5 giugno 2024

SONO PERDONATO - Parla l’ "intelligenza" che hai.

 


Parla l’ "intelligenza" che hai.


Sei uomo.

L'uomo che non si rassegna a vivere solo mangiando, bevendo, dormendo e divertendosi, che non si accontenta cioè di fare la vita dei cavalli, si mette a pensare. Pensando si pone molti interrogativi. Non riesce a rispondere esaurientemente a tutti. Si rende conto che ci sono cose ed esperienze più grandi di lui, che sorpassano la sua capacità di comprensione. Ciò è capitato anche a me: non me ne vergogno. Anzi, credo di non essere meno uomo se riconosco di ritrovarmi sempre a corto di parole e di ragionamenti, per es., quando muore qualcuno, quando incontro qualche disgrazia, e così pure quando trovo persone contente. I miei perché rimangono punti interrogativi.

Credo che uno solo è capace di rispondere e credo pure che la risposta che ricevo non è ancora del tutto alla portata della mia intelligenza, ammesso che io sia intelligente. Cos'è la mia intelligenza? secondo alcuni è stupidità. Povero me!

Un’ "intelligenza" per fare i suoi ragionamenti parte da alcuni presupposti che le fanno da colonne. La maggior parte della gente che incontri negli affari, ad esempio, ha un’ "intelligenza" che parte dalla intenzione di guadagnare il più possibile, dal desiderio di eccellere, di farsi valere, di prevalere. Quando questo tipo di "intelligenza" viene usata dal mio cervello non capisco più molte cose: non capisco più perché sono prete; non capisco più perché sono cristiano, e non capisco più perché dovrei ubbidire ad un Dio, perché dovrei amare il prossimo. Non capisco più me stesso.

Per fortuna, di solito, la mia intelligenza si posa su altri pilastri. Normalmente ragiono partendo dalla certezza che il mondo è creatura e non Dio, che io sono creatura e non Dio, che i miei sogni e desideri sono creature e non Dio. Un altro pilastro è la certezza che il Dio che ha creato, ha creato tutto con intelligenza vera e stabile e con sapienza eterna, e quindi anche la mia vita è stata "pensata" e inserita in un disegno grande, bello, santo, degno di Dio. La mia intelligenza ha ancora qualche pilastro, ma non occorre che te lo dica ora.

Purtroppo, mi accorgo che, nonostante tutto quello che so e nonostante tutto quello che vorrei essere, nonostante i pilastri della mia intelligenza, mi ritrovo a vivere talvolta inquietudine, amarezza, desiderio di sparire, d'esser lontano, di non incontrare nessuno, mi ritrovo ad aver paura d'essere uomo. Come mai?

È la stessa esperienza che la Bibbia riferisce ad Adamo e a Caino. Sono caduto anch'io nel peccato. Macché peccato, mi dice la mia vecchia "intelligenza": è soltanto senso di colpa! Senso di colpa o peccato? Chiamalo come vuoi, so io quale peso c'è nel cuore! Chi me lo leva? quale uomo può levare dal cuore questo peso?

Cos'è senso di colpa, cos'è senso del peccato? Sono parole diverse, o sono realtà diverse?

Quando un uomo esce dal suo ruolo di uomo, quando fa ciò che lui stesso e gli altri chiamano male, quando rompe o rende ostile il rapporto con gli altri uomini, si accorge di aver sbagliato: anche non ammettesse con la ragione il proprio sbaglio, lo ammette il suo cuore.

Potrei vivere tale circostanza in due modi diversi, il primo: vedo solo me ed il mio sbaglio: sono colpevole, ho sbagliato, ho rovinato me o gli altri, la colpa è mia. Io mi ritrovo di fronte a me. Il mio "io" "come vorrei essere" si trova davanti il mio "io" "come è": essi non corrispondono. Io sono diviso in due personaggi. Chi sa ritrovare la mia unità e armonia interiore? Psicologi, psicoanalisti, ipnotizzatori... si danno il turno per risolvere gli enigmi, per far sedute e guarigioni... perché un "io" diviso in due è un "io" malato. Il senso di colpa ha portato alla schizofrenia. - Siamo tutti un po' schizofrenici -, dice qualcuno per consolarsi.

Io non mi consolo. Quando sbaglio nel vivere la vita mia personale o di rapporto con gli altri io mi ritrovo davanti al mio Dio: davanti a Colui che mi ama e che si attende da me solo amore, parole, pensieri e azioni d'amore. È lui che mi fa notare il mio sbaglio. A Lui dico il mio dispiacere; davanti a Lui riconosco d'esser peccatore, infedele e ingrato di fronte al Suo Dono costante. È l'altro modo di vivere la stessa situazione! In me c'è il senso del peccato. Il senso del peccato non è senso di colpa. Il senso di colpa è dell'uomo senza Dio - o che lo dimentica temporaneamente -, il senso del peccato è dell'uomo che vive con Dio.

Don Vigilio Covi


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