giovedì 27 giugno 2024

La Guerra Sacra e la Grande Vittoria finale

 


La  grande  Guerra  di  spiriti 

LA  LOTTA  SPIRITUALE 


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Abbiamo visto così in che consiste questa grande guerra, a che cosa è dovuta, abbiamo visto cioè l’essenza del peccato e come Gesù Nostro Signore ha vinto, facendo trionfare nella sua Umanità la Volontà del Padre: “Non la mia, ma la tua Volontà sia fatta!” (Lc. 22,42). In questo consiste essenzialmente la lotta spirituale. 

Ma la volontà dell’uomo viene sollecitata a separarsi dalla Volontà di Dio, disprezzandola, da un inganno, da una menzogna che viene presentata al-l’intelletto. Sempre è così, si ama qualcosa nella misura che si conosce. La “notizia” arriva ai sensi corporali, dai quali passa alla mente e dalla mente passa   al “cuore”, alla volontà, se essa acconsente.  

“Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand’è consumato, produce la morte” (Gc. 1,13-15). 

Questa concupiscenza, che è triplice, consiste nell’inclinazione verso certe   cose che si presentano come piacevoli, che promettono di appagare il desiderio dell’uomo di sentirsi sazio, che si presentano come “gusti”. 


“Il gusto ha questo potere: se è gusto mio, trasforma [la creatura] in Me; se è gusto naturale, la travolge nelle cose umane; se è gusto di passioni, la getta nella corrente del male. Il gusto pare che sia cosa da nulla, eppure non è così, è l’atto primo del bene o del male; e vedi un po’ come è così.  

Adamo, perché peccò? Perché ritirò lo sguardo dall’allettamento divino e, come Eva presentò il frutto per farlo mangiare, guardò il frutto e la vista prese piacere nel guardarlo, l’udito prese diletto nel sentire le parole di Eva, che se mangiava il frutto doveva diventare simile a Dio, la gola prese gusto nel mangiarlo, sicché il gusto fu il primo atto della sua rovina. Se invece avesse provato dispiacere nel guardarlo, noia, fastidio nell’udire le parole di Eva, disgusto nel mangiarlo, Adamo non avrebbe peccato, anzi avrebbe fatto il primo atto eroico nella sua vita, resistendo e correggendo Eva di aver fatto ciò, e lui sarebbe rimasto con la corona imperitura della fedeltà verso [Colui] a chi tanto doveva e che aveva tutti i diritti della sua sudditanza. Oh, come bisogna stare attenti sui diversi gusti che sorgono nell’anima! Se sono gusti puramente divini, dar loro la vita; se poi sono gusti umani, o di passioni, dar loro la morte,   altrimenti c’è pericolo di precipitare nella corrente del male” (Luisa Piccarreta, 06.06.1923). 

 

Dio vuole, per amore, che l’uomo, ogni uomo, superi una prova, per dare così una risposta di amore meritorio e di fedeltà. Dalla prova non può essere esonerato né l’angelo, né l’uomo, nemmeno la Vergine SS., e neppure Gesù Cristo nella sua  Umanità. Dio vuole la prova per premiarci.  

Ma il nemico, il diavolo, per odio verso Dio e verso la sua creatura, vuole la tentazione, per rovinarci, se ci riesce. E Dio, che conosce la forza del proprio Amore, raccoglie la sfida e contro la Sua stessa evidenza “confida” nella fedeltà della sua creatura, frutto di tanto Amore, e permette al tentatore di avvicinare l’uomo. In questo modo, a momenti, la prova e la tentazione coincidono, Dio e   il tentatore fanno per un po’ la stessa strada, con due finalità diametralmente opposte…  

La prima tentazione, quella cioè a Eva e quindi ad Adamo, fu possibile quando l’amore si intiepidì, l’attenzione si rallentò.  Succede anche a noi così, quando non conta l’amore! 

 

“Vuoi tu sapere perché Adamo peccò? Perché dimenticò che Io lo amavo e dimenticò di amarmi. Fu questo il primo germe della sua colpa. Se avesse pensato che Io lo amavo assai e che lui era obbligato ad amarmi, mai si sarebbe deciso a disubbidirmi, sicché prima cessò l’amore, poi cominciò il peccato. E come cessò di amare il suo Dio cessò il vero amore verso sé stesso; le sue stesse membra e potenze si ribellarono a lui stesso; perdette il dominio, l’ordine, e diventò pauroso. Non solo, ma cessò il vero amore verso le altre creature, mentre Io lo avevo creato con lo stesso amore che regnava tra le Divine Persone, che uno doveva essere l’immagine dell’altro, la felicità, la gioia e la vita dell’altro. Perciò, venendo sulla terra, la cosa a cui diedi più importanza fu che si amassero l’un l’altro come erano amati da Me, per dar loro il mio primo amore, per far aleggiare sulla terra l’Amore della SS. Trinità.”  (Luisa Piccarreta, 06.09.1923) 

 

E come si svolge la tentazione, ogni tentazione? “…Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, bello agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò” (Gen. 3,6).  

Vide cioè nelle cose una bontà, una verità, una bellezza senza Dio, una bontà, una verità, una bellezza attrattiva, piacevole, desiderabile per diventare come Dio, ma senza bisogno di Dio…, anzi (si capisce) sospettando che la Volontà di Dio, che Dio fosse un ostacolo, un rivale della propria realizzazione, della propria felicità…, non credendo più al Suo Amore. Questo si chiama “menzogna”, disamore, ingratitudine. 

L’inganno che ogni tentazione propone è vedere e considerare le cose create,    le creature, fuori da ogni collegamento con Dio, non più in rapporto a Dio, ma    –sostituendoci a Dio– considerandole in rapporto al proprio “io”. Questo si chiama empietà, idolatria, superbia, egoismo.  

È derubare Dio delle sue cose e dei suoi diritti. “Mi piace questo? E se Dio non me lo dà, me lo prendo lo stesso”. 

La tentazione –la lotta– può venire da tre fronti: due esterni ed uno interno.   Sono i nemici dell’anima, i nemici del nostro vero bene: il demonio, il mondo e  la carne. 

Questi tre nemici pretendono negare Dio, soppiantandolo nel cuore dell’uomo: 

– Il demonio contro il Padre Divino, volendo soppiantarlo, rubandogli i figli: “Voi avete per padre il diavolo”  (Gv. 8,38-44). 

– Il mondo contro il Figlio Gesù Cristo: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato Me”  (Gv. 15,18-19). 

– E la carne contro lo Spirito Santo: “…la carne ha desideri contrari allo   Spirito e lo Spirito desideri contrari alla carne…”  (Gal. 5,16-25) 

 

- Del primo nemico abbiamo già parlato: per superbia volle adorare se stesso e disprezzò Dio fino al massimo rifiuto e odio, e per questo disprezza e odia tutte le creature, soprattutto l’uomo. 

- Il secondo, il mondo (non l’universo o il pianeta Terra), è “l’anti-Vangelo”, è il dominio di Satana, è l’insieme degli uomini che lo seguono, indottrinati e guidati da lui. Di esso dice San Giovanni: “Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l’amore del Padre non è in lui; perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la        superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la Volontà di Dio rimane in eterno!” (1a Gv. 2,15-17). 

- E il terzo nemico nostro, quello interno, la carne, è questa triplice concupiscenza, che come un mostro di tre teste, è pronto a svegliarsi in noi quando non comanda in noi il Volere Divino, la Volontà del Padre. Se, poco che sia, la nostra volontà gli concede qualcosa, il mostro cresce ed è pronto a sbranarci.  Soltanto  la  Divina Volontà  può  vincere  e  schiacciare  la  concupiscenza. 

Questa concupiscenza è l’inclinazione o bramosia di soddisfare le tre componenti dell’uomo:  

- lo spirito   (mediante  la superbia),  

- l’anima     (con  l’avidità  o  attaccamento alle cose della terra)  

- e il corpo  (con  la gola  e  la lussuria). 

Questi vizi capitali sono caratteristici del nemico, il mondo. Per questo il Signore pregò il Padre dicendo: “Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come Io non sono del mondo. Non chiedo che Tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno”  (Gv. 17,14-16). 

Questi sono i tre nemici che il tentatore mosse contro Nostro Signore nel deserto e a più riprese nella sua vita, con la speranza che, facendolo cadere, dimostrasse di non essere Dio: 

 

“Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio».  

Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: «Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede». Gesù gli rispose: «Sta scritto         anche: Non tentare il Signore Dio tuo».  

Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta     scritto: Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto». Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano”  (Mt. 4,1-11). 

 

Vincendo la prima tentazione, Gesù ha vinto per noi ogni tentazione della carne, che a Lui poteva arrivare solo dall’esterno, essendo la sua natura umana perfettamente ordinata e governata dalla Volontà Divina. Vincendo la seconda, disprezzando un grandioso e facile trionfo umano, ha schiacciato la superbia che si annida nel nostro intelletto. E vincendo la terza, la suggestione di possedere il mondo e tutte le cose per noi tanto interessanti e desiderabili che esso offre, ha disfatto l’avarizia e ogni bramosia della nostra volontà. 

“Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non faccio quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Povero me! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di   Gesù Cristo nostro Signore! Io dunque, con la mente, servo la legge di Dio, con la carne invece la legge del peccato”  (Rom. 7,15-25).  

Per questo, San Paolo dice: “Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio     corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato” (1a Cor. 9,26-27). 

“Alla bestia… fu permesso di far guerra contro i santi e di vincerli” (Apoc. 13,7). È giunto il tempo in cui non basterà essere santi, occorrerà che in noi Gesù sia tutto, per vincere. Soltanto la Divina Volontà può vincere e schiacciare i nostri tre nemici. Essa soltanto può vincere questa guerra. La nostra volontà umana, da sola, mai potrebbe, perché è proprio lei che sente la tendenza, l’inclinazione di agire per proprio conto, di dare vita al proprio volere umano… 

 

 “…Il mio ideale nella Creazione era il Regno della mia Volontà nell’anima      della creatura; il mio primo scopo era di fare degli uomini altrettante immagini della Trinità Divina in virtù del compimento della mia Volontà su di loro, ma sottraendosi l’uomo da Essa, Io perdetti il mio Regno in lui e per ben seimila anni ho dovuto sostenere una lunga battaglia, ma per quanto lunga, non ho smesso il mio ideale né il mio primo scopo, né lo smetterò; e se venni nella Redenzione, venni per realizzare il mio ideale ed il mio primo scopo, cioè il Regno della mia Volontà nelle anime. Tanto è vero, che per venire formai il mio primo regno del Volere Supremo nel Cuore della mia Immacolata Mamma; fuori del mio Regno mai sarei venuto sulla terra.  

Onde soffrii stenti e pene, restai ferito ed infine ucciso, ma il Regno della mia Volontà non fu realizzato. Gettai le fondamenta, vi feci dei preparativi, ma la battaglia sanguinosa tra la volontà umana e la Divina ha continuato ancora. Ora, mia piccola figlia, quando ti vedo operare nel Regno della mia Volontà –e come operi, il Regno di Essa si stabilisce sempre più in te–, Io mi sento vittorioso della mia lunga battaglia e tutto intorno a Me si atteggia a trionfo e a festa. Le mie pene, gli stenti, le ferite, mi sorridono, e la mia stessa morte ridona la vita    alla mia Volontà in te. Sicché Io mi sento vittorioso della Creazione, della Redenzione…” (Luisa Piccarreta, 20.06.1926). 

Pablo Martín Sanguiao 

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