Visualizzazione post con etichetta VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI. Mostra tutti i post

sabato 4 dicembre 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


IL DESIDERIO PIÙ GRANDE DI FRANCESCO,

E COME, APRENDO IL LIBRO DEL VANGELO,

CONOBBE IL VOLERE DI DIO

NEI SUOI CONFRONTI


91. Desiderando il beato e venerabile padre Francesco, occuparsi solo di Dio e purificare il suo spirito dalla polvere del mondo che eventualmente l'avesse contaminato nel suo stare con gli uomini, un giorno si ritirò in un luogo di raccoglimento e di silenzio, abbandonando le folle che ogni giorno accorrevano devotamente a lui per ascoltarlo e vederlo. Egli era solito dividere e destinare il tempo che gli era concesso, per acquistar grazie, secondo che gli sembrava più opportuno, una parte per il bene del prossimo, l'altra riservata alla contemplazione solitaria. Prese pertanto con sé pochissimi compagni, tra i più intimi e partecipi della sua vita, perché lo salvaguardassero dalle visite e dal disturbo degli uomini e fossero custodi amorosi e fedeli della sua quiete. Rimase in quella solitudine per un certo periodo, e avendo con la preghiera intima e la frequente contemplazione raggiunta una straordinaria familiarità con Dio, bramava sapere che cosa di lui e in lui potesse essere più gradito all'eterno Re.

480 Intanto studiava con tutta la sua mente e con tutto l'amore di conoscere quale modo e quale via potevano essere più adatti per raggiungere una unione ancora più perfetta col Signore Dio, secondo il disegno e il decreto della Sua volontà. E questa fu sempre la sua unica filosofia, il suo supremo desiderio nel quale bruciò finché visse; e chiedeva a tutti, ai semplici come ai sapienti, ai perfetti come agli imperfetti, come poter raggiungere la via della verità e pervenire a mete sempre più alte.

481 92. In realtà, pur essendo egli perfettissimo tra i perfetti, non ammettendolo, si stimava il più imperfetto di tutti. Aveva infatti gustato e provato personalmente quanto è dolce, soave e buono il Dio d'Israele per i retti di cuore (Sal 72,1), che lo cercano sempre con semplicità pura e con purezza vera. La dolcezza e soavità, che egli sentiva infusa dall'alto nella sua anima, dono rarissimo concesso a pochissimi, lo spingeva a dimenticare totalmente se stesso, e allora, riboccante di tale gaudio, bramava con tutte le forze ascendere alla vita immortale degli spiriti eletti, dove uscendo da se stesso col desiderio in parte si era già elevato. Ripieno dello spirito di Dio, era pronto ad affrontare qualsiasi angustia di spirito, qualsiasi tormento nel corpo, a patto che gli fosse concesso quanto bramava: che si compisse in lui totalmente la misericordiosa volontà del Padre celeste.

482 A questo scopo, un giorno si accostò all'altare che era stato eretto in quell'eremitorio, e vi depose sopra devotamente il libro dei Vangeli. Poi, prostrato in preghiera non meno col cuore che col corpo, implorava umilmente Dio buono, padre della misericordia e Dio di ogni consolazione (2Cor 1,3) che si degnasse manifestargli il suo santissimo volere, e perché potesse condurre a compimento quello che un tempo aveva intrapreso con semplicità e devozione, lo pregava e supplicava di rivelargli alla prima apertura del libro quanto gli conveniva fare. Si conformava così a quegli antichi grandi maestri di santità che avevano agito, ispirati da Dio, in modo analogo.

93. Terminata la preghiera, si alzò e con spirito di umiltà e contrizione di cuore (Dn 3,9), fatto il segno della santa croce, prese il libro dall'altare e lo aprì con riverenza e timore. Ora avvenne che alla apertura del libro, la prima cosa sulla quale si posarono i suoi occhi fu la passione di nostro Signor Gesù Cristo, ma solo nel tratto in cui viene predetta. Per timore che si trattasse di un caso fortuito, chiuse e riaperse il libro una seconda e una terza volta, e risultò sempre un passo uguale o somigliante. Il servo di Dio che era pieno dello Spirito di Dio, capì allora che sarebbe entrato nel Regno dei Cieli solo attraverso innumerevoli tribolazioni, angustie e lotte. Ma non si turbò il fortissimo soldato di Cristo al pensiero delle lotte che l'attendevano, né si perse d'animo davanti alle battaglie del Signore che avrebbe dovuto combattere sulla terra. Non poteva temere di soccombere davanti all'avversario lui che non cedeva neppure davanti a se stesso dopo le lunghe e sovrumane fatiche che aveva sostenuto. Era davvero di un fervore unico, e se nei secoli passati si può trovare qualche suo emulo nei buoni propositi, tuttavia non si riscontra chi lo uguagli nel fervore del desiderio. Gli riusciva più facile compiere le cose più perfette che predicarle, poiché più che alle parole che rivelano la virtù ma non fanno l'uomo virtuoso, impiegava tutte le sue forze in opere sante. Perciò, sicuro e lieto cantava a sé e a Dio canti di letizia nel suo cuore (Ef 5,19). Per questo, a lui che si è rallegrato tanto della rivelazione più piccola, ne viene elargita una ben maggiore, ed essendo stato fedele nel poco, gli è dato autorità su molto(Mt 25,21).

mercoledì 24 novembre 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 

IL PRESEPIO Dl GRECCIO

466 84. La sua aspirazione più alta, il suo desiderio dominante, la sua volontà più ferma era di osservare perfettamente e sempre il santo Vangelo e di imitare fedelmente con tutta la vigilanza, con tutto l'impegno, con tutto lo slancio dell'anima e del cuore la dottrina e gli esempi del Signore nostro Gesù Cristo.

467 Meditava continuamente le parole del Signore e non perdeva mai di vista le sue opere. Ma soprattutto l'umiltà dell'Incarnazione e la carità della Passione aveva impresse così profondamente nella sua memoria, che difficilmente gli riusciva di pensare ad altro.

468 A questo proposito è degno di perenne memoria e di devota celebrazione quello che il Santo realizzò tre anni prima della sua gloriosa morte, a Greccio, il giorno del Natale del Signore.

C'era in quella contrada un uomo di nome Giovanni, di buona fama e di vita anche migliore, ed era molto caro al beato Francesco perché, pur essendo nobile e molto onorato nella sua regione, stimava più la nobiltà dello spirito che quella della carne. Circa due settimane prima della festa della Natività, il beato Francesco, come spesso faceva, lo chiamò a sé e gli disse: "Se vuoi che celebriamo a Greccio il Natale di Gesù, precedimi e prepara quanto ti dico: vorrei rappresentare il Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l'asinello". Appena l'ebbe ascoltato, il fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente, secondo il disegno esposto dal Santo.

469 85. E giunge il giorno della letizia, il tempo dell'esultanza! Per l'occasione sono qui convocati molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole per illuminare quella notte, nella quale s'accese splendida nel cielo la Stella che illuminò tutti i giorni e i tempi. Arriva alla fine Francesco: vede che tutto è predisposto secondo il suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno e si introducono il bue e l'asinello. In quella scena commovente risplende la semplicità evangelica, si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto come una nuova Betlemme.

Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini e agli animali! La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al nuovo mistero. La selva risuona di voci e le rupi imponenti echeggiano i cori festosi. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto di gioia.

Il Santo è lì estatico di fronte al presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucaristia sul presepio e lui stesso assapora una consolazione mai gustata prima.

470 86. Francesco si è rivestito dei paramenti diaconali perché era diacono, e canta con voce sonora il santo Vangelo: quella voce forte e dolce, limpida e sonora rapisce tutti in desideri di cielo. Poi parla al popolo e con parole dolcissime rievoca il neonato Re povero e la piccola città di Betlemme. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava "il Bambino di Betlemme", e quel nome "Betlemme" lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva "Bambino di Betlemme" o "Gesù", passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.

Vi si manifestano con abbondanza i doni dell'Onnipotente, e uno dei presenti, uomo virtuoso, ha una mirabile visione. Gli sembra che il Bambinello giaccia privo di vita nella mangiatoia, e Francesco gli si avvicina e lo desta da quella specie di sonno profondo. Né la visione prodigiosa discordava dai fatti, perché, per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nei cuori di molti, che l'avevano dimenticato, e il ricordo di lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. Terminata quella veglia solenne, ciascuno tornò a casa sua pieno di ineffabile gioia.

471 87. Il fieno che era stato collocato nella mangiatoia fu conservato, perché per mezzo di esso il Signore guarisse nella sua misericordia giumenti e altri animali. E davvero è avvenuto che in quella regione, giumenti e altri animali, colpiti da diverse malattie, mangiando di quel fieno furono da esse liberati. Anzi, anche alcune donne che, durante un parto faticoso e doloroso, si posero addosso un poco di quel fieno, hanno felicemente partorito. Alla stessa maniera numerosi uomini e donne hanno ritrovato la salute.

Oggi quel luogo è stato consacrato al Signore, e sopra il presepio è stato costruito un altare e dedicata una chiesa ad onore di san Francesco, affinché là dove un tempo gli animali hanno mangiato il fieno, ora gli uomini possano mangiare, come nutrimento dell'anima e santificazione del corpo, la carne dell'Agnello immacolato e incontaminato, Gesù Cristo nostro Signore, che con amore infinito ha donato se stesso per noi. Egli con il Padre e lo Spirito Santo vive e regna eternamente glorificato nei secoli dei secoli. Amen.

venerdì 19 novembre 2021

IL SUO GRANDE AMORE PER LE CREATURE A MOTIVO DEL CREATORE. SUO RITRATTO FISICO E MORALE


VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

458 80. Sarebbe troppo lungo, o addirittura impossibile narrare tutto quello che il glorioso padre Francesco compì e insegnò mentre era in vita. Come descrivere il suo ineffabile amore per le creature di Dio e con quanta dolcezza contemplava in esse la sapienza, la potenza e la bontà del Creatore? Proprio per questo motivo, quando mirava il sole, la luna, le stelle del firmamento, il suo animo si inondava di gaudio. O pietà semplice e semplicità pia! Perfino per i vermi sentiva grandissimo affetto perchè la Scrittura ha detto del Signore: lo sono verme e non uomo (Sal 21,6); perciò si preoccupava di toglierli dalla strada, perché non fossero schiacciati dai passanti. E che dire delle altre creature inferiori, quando sappiamo che, durante l'inverno, si preoccupava addirittura di far preparare per le api miele e vino perché non morissero di freddo? Magnificava con splendida lode la laboriosità e la finezza d'istinto che Dio aveva loro elargito, gli accadeva di trascorrere un giorno intero a lodarle, quelle e tutte le altre creature.

459 Come un tempo i tre fanciulli gettati nella fornace ardente invitavano tutti gli elementi a glorificare e benedire il Creatore dell'universo, così quest'uomo, ripieno dello spirito di Dio, non si stancava mai di glorificare, lodare e benedire, in tutti gli elementi e in tutte le creature, il Creatore e governatore di tutte le cose.

460 81. E quale estasi gli procurava la bellezza dei fiori quando ammirava le loro forme o ne aspirava la delicata fragranza! Subito ricordava la bellezza di quell'altro Fiore il quale, spuntando luminoso nel cuore dell'inverno dalla radice di Iesse, col suo profumo ritornò alla vita migliaia e migliaia di morti. Se vedeva distese di fiori, si fermava a predicare loro e li invitava a lodare e amare Iddio, come esseri dotati di ragione, allo stesso modo le messi e le vigne, le pietre e le selve e le belle campagne, le acque correnti e i giardini verdeggianti, la terra e il fuoco, l'aria e il vento con semplicità e purità di cuore invitava ad amare e a lodare il Signore.

461 E finalmente chiamava tutte le creature col nome di fratello e sorella, intuendone i segreti in modo mirabile e noto a nessun altro, perché aveva conquistato la libertà della gloria riservata ai figli di Dio. Ed ora in cielo ti loda con gli angeli, o Signore, colui che sulla terra ti predicava degno di infinito amore a tutte le creature .

462 82. È impossibile comprendere umanamente la sua commozione, quando proferiva il tuo Nome, o Dio! Allora, travolto dalla gioia e traboccante di castissima allegrezza, sembrava veramente un uomo nuovo e di altro mondo. Per questo, ovunque trovava qualche scritto, di cose divine o umane, per strada, in casa o sul pavimento, lo raccoglieva con grande rispetto riponendolo in un luogo sacro o almeno decoroso, nel timore che vi si trovasse il nome del Signore, o qualcosa che lo riguardasse.

463 Avendogli una volta un confratello domandato perchè raccogliesse con tanta premura perfino gli scritti dei pagani o quelli che certamente non contenevano il nome di Dio, rispose: "Figlio mio, perché tutte le lettere possono comporre quel nome santissimo; d'altronde, ogni bene che si trova negli uomini, pagani o no, va riferito a Dio, fonte di qualsiasi bene!". Cosa ancor più sorprendente, quando faceva scrivere messaggi di saluto o di esortazione, non permetteva che si cancellasse alcuna parola o sillaba, anche se superflua o errata.

464 83. Quanto era incantevole, stupendo e glorioso nella sua innocenza, nella semplicità della sua parola, nella purezza di cuore, nell'amore di Dio, nella carità fraterna, nella prontezza dell'obbedienza, nella cortesia, nel suo aspetto angelico! Di carattere mite, di indole calmo, affabile nel parlare, cauto nell'ammonire, fedelissimo nell'adempimento dei compiti affidatigli, accorto nel consigliare, efficace nell'operare, amabile in tutto. Di mente serena, dolce di animo, di spirito sobrio, assorto nelle contemplazioni, costante nell'orazione e in tutto pieno di entusiasmo. Tenace nei propositi, saldo nella virtù, perseverante nella grazia, sempre uguale a se stesso. Veloce nel perdonare, lento all'ira, fervido di ingegno, di buona memoria, fine nelle discussioni, prudente nelle decisioni e di grande semplicità. Severo con sé, indulgente con gli altri.

465 Era uomo fecondissimo, di aspetto gioviale, di sguardo buono, mai indolente e mai altezzoso. Di statura piuttosto piccola, testa regolare e rotonda, volto un po' ovale e proteso, fronte piana e piccola, occhi neri, di misura normale e tutto semplicità, capelli pure oscuri, sopracciglia diritte, naso giusto, sottile e diritto, orecchie dritte ma piccole, tempie piane, lingua mite, bruciante e penetrante, voce robusta, dolce, chiara e sonora, denti uniti, uguali e bianchi, labbra piccole e sottili, barba nera e rara, spalle dritte, mani scarne, dita lunghe, unghie sporgenti, gambe snelle, piedi piccoli, pelle delicata, magro, veste ruvida, sonno brevissimo, mano generosissima. Nella sua incomparabile umiltà si mostrava buono e comprensivo con tutti, adattandosi in modo opportuno e saggio ai costumi di ognuno. Veramente più santo tra i santi, e tra i peccatori come uno di loro. O Padre santissimo, pietoso e amante dei peccatori, vieni dunque loro in aiuto, e per i tuoi altissimi meriti degnati te ne preghiamo, di sollevare coloro che vedi giacere miseramente nella colpa!

venerdì 12 novembre 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


SPIRITO Dl CARITÀ E AFFETTUOSA COMPASSIONE VERSO I POVERI.

EPISODIO DELLA PECORA E DEGLI AGNELLINI


453 76. Padre dei poveri e povero lui stesso, Francesco, facendosi povero con i poveri non poteva sopportare senza dolore di vedere qualcuno più povero di lui, non per orgoglio, ma per intima compassione, e sebbene non vestisse che una sola tonaca misera e rozza, spesso bramava spartirla con qualche bisognoso. Ma poiché era un povero ricchissimo, spinto dalla sua struggente compassione, per poter aiutare i poveri, quando il tempo era gelido, ricorreva ai ricchi chiedendo a prestito un mantello o altri indumenti. Se questi glieli davano con maggior entusiasmo di quello con cui egli li domandava, dichiarava: "Accetto di riceverli, ma a condizione che non vi aspettiate mai più di riaverli ". E col cuore esultante ne rivestiva il primo indigente che gli capitasse di incontrare.

454 Qualunque parola offensiva pronunciata contro i poveri lo feriva al cuore, e non poteva soffrire che qualcuno insultasse o maledicesse qualunque creatura di Dio. Un giorno udì un frate fare una insinuazione ad un poveretto che supplicava l'elemosina: "Non vorrei che tu fossi ricco e ti fingessi bisognoso!". Come l'udì il padre dei poveri, san Francesco, rimproverò molto duramente il frate che aveva pronunciato quelle parole, e gli ordinò di spogliarsi davanti al mendicante e di chiedergli perdono, baciandogli i piedi. Era solito dire: "Chi tratta male un povero fa ingiuria a Cristo, di cui quello porta la nobile divisa, e che per noi si fece povero in questo mondo"(2Cor 8,9). Spesso perciò, incontrando qualche povero con carichi di legna o altri pesi, prendeva sulle sue spalle quei pesi, sebbene fosse assai debole.

455 77. La sua carità si estendeva con cuore di fratello non solo agli uomini provati dal bisogno, ma anche agli animali senza favella, ai rettili, agli uccelli, a tutte le creature sensibili e insensibili. Aveva però una tenerezza particolare per gli agnelli, perché nella Scrittura Gesù Cristo è paragonato, spesso e a ragione, per la sua umiltà al mansueto agnello. Per lo stesso motivo il suo amore e la sua simpatia si volgevano in modo particolare a tutte quelle cose che potevano meglio raffigurare o riflettere l'immagine del Figlio di Dio.

Attraversando una volta la Marca d'Ancona, dopo aver predicato nella stessa città, e dirigendosi verso Osimo, in compagnia di frate Paolo, che aveva eletto ministro di tutti i frati di quella provincia, incontrò nella campagna un pastore, che pascolava il suo gregge di montoni e di capre. In mezzo al branco c'era una sola pecorella, che tutta quieta e umile brucava l'erba. Appena la vide, Francesco si fermò, e quasi avesse avuto una stretta al cuore, pieno di compassione disse al fratello: "Vedi quella pecorella sola e mite tra i caproni? Il Signore nostro Gesù Cristo, circondato e braccato dai farisei e dai sinedriti, doveva proprio apparire come quell'umile creatura. Per questo ti prego, figlio mio, per amore di Lui, sii anche tu pieno di compassione, compriamola e portiamola via da queste capre e da questi caproni ".

78. Frate Paolo si sentì trascinato dalla commovente pietà del beato padre; ma non possedendo altro che le due ruvide tonache di cui erano vestiti, non sapevano come effettuare l'acquisto; ed ecco sopraggiungere un mercante e offrir loro il prezzo necessario. Ed essi, ringraziandone Dio, proseguirono il viaggio verso Osimo prendendo con sé la pecorina. Arrivati a Osimo si recarono dal vescovo della città, che li accolse con grande riverenza. Non seppe però celare la sua sorpresa nel vedersi davanti quella pecorina che Francesco si tirava dietro con tanto affetto. Appena tuttavia il servo del Signore gli ebbe raccontato una lunga parabola circa la pecora, tutto compunto il vescovo davanti alla purezza e semplicità di cuore del servo di Dio, ne ringraziò il Signore. Il giorno dopo, ripreso il cammino, Francesco pensava alla maniera migliore di sistemare la pecorella, e per suggerimento del fratello che l'accompagnava, l'affidò alle claustrali di San Severino, che accettarono il dono della pecorina con grande gioia come un dono del cielo, ne ebbero amorosa cura per lungo tempo, e poi con la sua lana tesserono una tonaca che mandarono a Francesco mentre teneva un capitolo alla Porziuncola. Il Santo l'accolse con devozione e festosamente si stringeva la tonaca al cuore e la baciava, invitando tutti ad allietarsi con lui.

457 79. Un altro giorno, pellegrinando per la stessa Marca, con il medesimo frate Paolo, che era ben felice d'accompagnarlo, si imbatterono in un uomo che portava al mercato due agnelli da vendere, legati, belanti e penzolanti dalle spalle. All'udire quei belati, il servo di Dio, vivamente commosso, si accostò, accarezzandoli, come suol fare una madre con i figlioletti che piangono, con tanta compassione e disse al padrone: "Perché tormenti i miei fratelli agnelli, tenendoli così legati e penzolanti?". Rispose: "Li porto al mercato e li vendo: ho bisogno di denaro". E Francesco: "Che ne avverrà?". E quello: "I compratori li uccideranno e li mangeranno". Nell'udire questo il Santo esclamò: "Non sia mai! Prendi come compenso il mio mantello e dammi gli agnelli ".

Quell'uomo fu ben felice di un simile baratto, perché il mantello, che Francesco aveva ricevuto a prestito da un uomo proprio quel giorno per ripararsi dal freddo, valeva molto di più delle due bestiole. Ma ricevuti gli agnellini, il Santo di nuovo si rese conto del problema imbarazzante: "Come provvedervi? " e, per consiglio di frate Paolo, li restituì al padrone, raccomandandogli di non venderli, di non recar loro danno alcuno, ma di mantenerli e custodirli con cura.


venerdì 29 ottobre 2021

PUREZZA E COSTANZA DEL SUO SPIRITO. DISCORSO DAVANTI A PAPA ONORIO III. AFFIDA SE STESSO E I SUOI ALLA PROTEZIONE DEL CARDINALE UGOLINO, VESCOVO DI OSTIA

 


VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI


444 71. L'uomo di Dio Francesco si era abituato a cercare non il proprio interesse, ma soprattutto quanto vedeva necessario alla salvezza del prossimo, e sopra ogni altra cosa desiderava di essere liberato dal corpo e stare con Cristo (Fil 1,23). Per questo il suo maggior impegno era di tenersi lontano dalle sollecitudini terrene, così che neppure per un istante la polvere mondana potesse fare ombra e turbare la luce e la pace della sua anima. Si rendeva insensibile a tutti i clamori esterni e, raccogliendo tutti i suoi sensi esteriori e dominando ogni movimento dell'anima, viveva assorto nel solo Signore. Come è detto della sposa nel Cantico dei Cantici: Nelle fenditure della roccia e nei nascondigli dei dirupi era la sua abitazione(Ct 2,14).

445 Veramente con gioiosa devozione egli s'aggirava tra le dimore celesti, e in completo annientamento di sé, dimorava a lungo come nascosto nelle piaghe del Salvatore. Perciò cercava luoghi solitari per poter lanciare completamente la sua anima in Dio; tuttavia, quando c'era bisogno, non esitava un istante a passare all'azione per giovare alle anime e alla vita dei fratelli.

Suo porto sicuro era la preghiera non di qualche minuto, o vuota, o pretenziosa, ma profondamente devota, umile e prolungata il più possibile. Se la iniziava la sera, a stento riusciva a staccarsene il mattino. Era sempre intento alla preghiera, quando camminava e quando sedeva, quando mangiava e quando beveva. Di notte si recava, solo, nelle chiese abbandonate e sperdute a pregare; così, con la grazia del Signore, riusciva a trionfare di molti timori e di angustie spirituali.

  446 72. In quei luoghi doveva lottare corpo a corpo col demonio, che l'affrontava per spaventarlo non solo con tentazioni interiori, ma anche esteriormente con strepiti e rovine. Ma Francesco, da fortissimo soldato di Cristo, ben sapendo che il suo Signore poteva tutto dovunque, non si lasciava per nulla intimorire, ma ripeteva in cuor suo: "Non puoi, o maligno, scatenare contro di me le armi della tua malizia, in questi luoghi più di quanto mi faresti se fossimo tra la folla ".

447 Era veramente fermo e costante nel bene, e null'altro cercava se non di compiere la volontà di Dio. F. infatti quando anche predicava la parola del Signore davanti a migliaia di persone, era tranquillo e sicuro, come se parlasse con il suo fratello e compagno. Ai suoi occhi un'immensa moltitudine di uditori era come un uomo solo, e con la stessa diligenza che usava per le folle predicava ad una sola persona. Dalla purezza del suo cuore attingeva la sicurezza della sua parola, e anche invitato all'improvviso, sapeva dire cose mirabili e mai udite prima.

448 Quando invece si preparava prima accuratamente il discorso, gli poteva accadere che al momento di pronunciarlo non ricordasse più una parola né altro poteva dire. Allora confessava a tutti candidamente e senza rossore che aveva preparato tante cose, ma le aveva tutte dimenticate. Ed ecco, all'improvviso parlava con tanta eloquenza da incantare gli uditori. Altre volte gli capitava di non riuscire a parlare affatto; allora congedava l'uditorio con la benedizione, e questo valeva più che se avesse tenuto una lunga predica.

449 73. Recatosi una volta a Roma, per problemi dell'Ordine, sentì grande desiderio di predicare davanti a papa Onorio e ai cardinali. Venuto a saperlo, Ugolino, il glorioso vescovo di Ostia, che nutriva particolare affetto e ammirazione per il Santo di Dio, ne provò insieme gioia e timore, perché se ammirava il fervore di quel sant'uomo, ne conosceva però anche la ingenua semplicità; ma, confidando nella bontà dell'Onnipotente, che paternamente non lascia mai mancare ai suoi fedeli quanto è necessario, lo condusse davanti al Papa e ai cardinali. E Francesco, ricevuta la benedizione, alla presenza di così grandi principi incominciò a parlare senza timore. E parlò con tanto fervore che, quasi fuori di sé per la gioia, mentre proferiva le parole muoveva anche i piedi quasi saltellando, ma quel suo strano comportamento, lungi dall'apparire un segno di leggerezza e dal suscitare riso, provenendo dall'ardore del suo cuore, induceva gli animi a intrattenibile pianto di compunzione. E molti di loro effettivamente ripieni di ammirazione per la grazia del Signore e per l'intrepido coraggio di quell'uomo, furono presi da sincero dolore. Il cardinal Ugolino però, dal canto suo pregava fervorosamente Iddio perché non permettesse che la semplicità di quell'anima santa venisse disprezzata, anche perché l'eventuale disdoro, come la gloria di Francesco, sarebbero caduti pure su di lui, che era stato eletto "protettore" del nuovo Ordine religioso.

450 74. Francesco infatti si era legato a lui come un figlio al padre, come il figlio unico alla madre, dormendo e riposando sicuro sul seno della sua clemenza. Si può veramente dire che il cardinal Ugolino compiva l'ufficio di pastore della nuova Fraternità, pur lasciandone il nome a san Francesco. Il beato padre proponeva quanto era necessario, ma era Ugolino che provvedeva che venisse messo in esecuzione. Quanti minacciavano i primi passi dell'Ordine per rovinarlo! Quanti cercavano di soffocare l'eletta vigna che il Signore stava piantando nel mondo e di annientarne le promettenti primizie! Ma tutti costoro furono vinti e trafitti dalla spada di quel provvido signore e padre. Egli era infatti un fiume di eloquenza, un baluardo della Chiesa un intrepido assertore della verità, ma ancora paterno sostegno degli umili. Memorando e benedetto, quindi, il giorno in cui il servo di Dio si affidò a questo Pastore di anime!

451 Mentre si trovava in Toscana, come legato pontificio un incarico che gli veniva affidato spesso, il beato Francesco, che aveva ancora pochi compagni, passò per Firenze, dove allora soggiornava il cardinale, con l'intento di recarsi in Francia. Non erano ancora in quel tempo legati da una profonda amicizia, ma la fama della loro santità era bastata ad unirli in un vincolo reciproco di affetto e di benevolenza.

452 75. D'altra parte, era costume del beato Francesco quando arrivava in qualche città o territorio, di presentarsi al vescovo o ai sacerdoti del luogo; così, venuto a sapere che là si trovava il suddetto prelato, si recò da lui con grande riverenza. Il cardinal Ugolino, come usava fare con i religiosi, soprattutto con quelli che professavano la beata povertà e la semplicità, lo accolse umilmente e devotamente. E poiché nutriva particolare sollecitudine per i poveri, per venire incontro alla loro povertà e sbrigare le loro cose si interessò con diligenza sul motivo della sua venuta ascoltandolo con grande bontà. Vedendolo così staccato da ogni cosa terrena, più di qualsiasi altro, e ripieno di quel fuoco divino che Gesù venne ad accendere sulla terra, sentì la propria anima fondersi con la sua, gli domandò la carità delle sue preghiere e gli offrì con sincera gioia la sua protezione. Quindi lo dissuase dal continuare quel viaggio, raccomandandogli di attendere ai fratelli che Iddio gli aveva affidato. Dal canto suo, Francesco fu ripieno di immenso gaudio, per aver incontrato un signore così potente e, insieme così pieno di benevolenza, di affabilità e di senso pratico; si prostrò ai suoi piedi e con sincera devozione gli affidò se stesso e i suoi frati.

lunedì 4 ottobre 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


ANCHE A CITTÀ DI CASTELLO
FRANCESCO SCACCIA UN DEMONIO

442 70. C'era a Città di Castello una donna ossessa. Essendovi giunto il beato padre Francesco, venne condotta a lui nella casa ove dimorava. Questa, digrignando i denti e con lo sguardo bieco, emetteva grida orribili, come usano fare gli spiriti immondi. Parecchi cittadini, accorsi insieme, supplicavano il Santo di liberarla poiché da tanto tempo il nemico infernale la possedeva e tormentava in quella maniera, spaventando tutti con le sue urla. Francesco volle costatare se era opera del demonio o imbroglio della donna e le mandò innanzi un frate che stava con lui. Quella avvertì subito lo scambio di persona e si mise a proferire scherni e insulti. Ma quando comparve il Santo, che era rimasto nel frattempo nascosto a pregare, l'indemoniata, non potendo resistere alla sua virtù, si gettò per terra tremando e contorcendosi pietosamente. Francesco la chiamò a sé, dicendo: "Ti comando per obbedienza, spirito immondo, di uscire da costei!". E il diavolo l'abbandonò immediatamente, senza alcun male.

443 Sia ringraziato Iddio onnipotente, che opera tutto in tutti! Tuttavia, siccome ci siamo proposti di narrare non tanto i miracoli, che dimostrano la santità ma non costituiscono la santità, bensì piuttosto lo specchio della sua vita esemplare, riprendiamo il racconto delle opere che gli meritarono la salvezza eterna, tralasciando i miracoli. anche perché sarebbe troppo lungo recensirli tutti.


martedì 14 settembre 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


FRANCESCO RENDE LA VISTA A UNA CIECA E A GUBBIO RISANA UN ALTRA RATTRAPPITA


438 67. Una donna, pure abitante di Narni, colpita da cecità, riacquistò il dono della vista mediante il segno di croce che il beato Francesco tracciò sui suoi occhi.

439 Anche un'inferma di Gubbio ebbe la gioia di essere miracolata da Francesco. Aveva le mani rattrappite e non poteva far nulla. Quando seppe che il Santo era arrivato in città, gli corse incontro, gli mostrò affranta le mani contorte, supplicandolo che gliele toccasse. Egli, impietositosi, fece quanto gli si chiedeva e la povera donna guarì. Questa, tutta lieta, tornò a casa, impastò con le proprie mani una focaccia di farina con formaggio e l'offrì a Francesco, che per renderla felice ne gradì un poco, dicendo alla donna di mangiare il resto con la sua famiglia.

lunedì 30 agosto 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


FRANCESCO GUARISCE UNO ZOPPO A TOSCANELLA

E UN PARALITICO A NARNI


436 65. Pellegrinando per diverse e vaste regioni ad annunciare il Regno dei Cieli, Francesco giunse un giorno nella città di Toscanella. Qui, mentre, secondo il solito, spargeva il seme della salvezza, un cavaliere del luogo gli offrì ospitalità nella sua casa. Il figlioletto di lui, l'unico che aveva, era zoppo e tanto gracile da dover restare ancora nella culla, pur avendo oltrepassato l'età dell'allattamento. Vedendo quell'uomo di Dio così ripieno di santità, il cavaliere si gettò ai piedi di lui e umilmente gli chiese che glielo guarisse. Il Santo si riteneva del tutto indegno e incapace di una simile grazia e a lungo si rifiutò; ma poi, vinto dalle insistenti implorazioni di quel poveretto, acconsentì. Dopo aver pregato, stese le mani sul fanciullo, lo benedisse e lo invitò a levarsi; quello immediatamente, tra la gioia dei presenti, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, balzò dal suo giaciglio e cominciò a camminare perfettamente risanato.

437 66. Un analogo prodigio compì Francesco a Narni, dove rimase vari giorni. Ed ecco come. Un cittadino di nome Pietro stava a letto da cinque mesi completamente paralizzato; rimasto con i piedi, le mani e la testa completamente immobili, riusciva soltanto a muovere la lingua e ad aprire gli occhi. Avendo saputo che era giunto in città il servo dell'Altissimo, il povero infermo supplicò il vescovo del luogo che in nome della misericordia divina si degnasse mandarglielo, essendo convinto che alla sola vista del Santo sarebbe guarito. E così avvenne. Appena il beato Francesco gli fu vicino e tracciò su di lui dal capo ai piedi un segno di croce, il paralitico ricuperò piena salute.

lunedì 16 agosto 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 

SAN FRANCESCO PREDICA IN ASCOLI 

E PER MEZZO Dl OGGETTI TOCCATI DA LUI,

GLI AMMALATI GUARISCONO


430 62. Nel tempo in cui, come si è detto, predicò agli uccelli, il venerabile padre Francesco, percorrendo città e villaggi per spargere ovunque la semente della benedizione, arrivò anche ad Ascoli Piceno. In questa città annunciò la parola di Dio con tanto fervore, che tutti, pieni di devozione, per grazia del Signore, accorrevano a lui, desiderosi di vederlo e ascoltarlo. La ressa della folla era straordinaria e ben trenta, tra chierici e laici, si fecero suoi discepoli, ricevendo dalle sue stesse mani l'abito religioso. Uomini e donne lo veneravano con tanta fede, che chiunque poteva toccargli la veste si considerava sommamente fortunato.

431 Quand'egli entrava in una città, il clero gioiva, si suonavano le campane, gli uomini esultavano, si congratulavano le donne, i fanciulli applaudivano, e spesso gli andavano incontro con ramoscelli in mano e cantando dei salmi. L'eresia era coperta di confusione, la fede della Chiesa trionfava; mentre i fedeli erano ripieni di giubilo, gli eretici si rendevano latitanti. I segni della sua santità erano così evidenti, che nessun eretico osava disputare con lui, mentre tutta la folla gli obbediva.

432 Egli riteneva sacrosanto dovere osservare, venerare e seguire in tutto e sopra ogni cosa gli insegnamenti della santa Chiesa romana, nella quale soltanto si trova la salvezza. Rispettava i sacerdoti e nutriva grandissimo amore per l'intera gerarchia ecclesiastica.

433 63. I fedeli gli portavano pani da benedire e li conservavano a lungo, perché cibandosene guarivano dalle più diverse malattie. Sovente, spinti dalla grande fede, gli tagliuzzavano perfino la tonaca, per tenersene devotamente qualche parte, così che a volte il santo uomo restava quasi spoglio. E cosa più mirabile, qualche oggetto toccato dalla sua mano risanava gli infermi.

434 Così una donna incinta, abitante in un piccolo villaggio presso Arezzo, al momento del parto fu assalita da spasimi tremendi rimanendo per molti giorni sospesa tra la vita e la morte. I vicini e i parenti, avendo saputo che sarebbe passato di lì san Francesco per recarsi in un eremo, lo attendevano con ansia; ma mentre essi l'aspettavano, egli si era incamminato su un'altra strada a cavallo, perché era debole e ammalato. Giunto alla mèta, fece ricondurre il cavallo a chi glielo aveva imprestato per carità da frate Pietro; e frate Pietro passò proprio per la via dov'era la casa della donna sofferente. Gli abitanti, appena lo videro, gli corsero incontro, credendolo san Francesco. Quando s'accorsero che non era lui, rimasero grandemente delusi, ma poi presero a domandarsi a vicenda se si poteva trovare qualche oggetto che il Santo avesse toccato. Alla fine trovarono le redini che egli stesso aveva tenuto in mano cavalcando. Estrassero allora il morso dalla bocca del cavallo, ne applicarono la briglia sul corpo dell'inferma, la quale, scomparso d'incanto ogni pericolo, partorì felicemente.

435 64. Gualfreduccio, cittadino di Città della Pieve, uomo pio e timorato di Dio, come tutta la sua famiglia, era in possesso di una corda, di cui una volta si era servito san Francesco per cingersi i fianchi. Capitò che parecchi abitanti di quella contrada, uomini e donne, fossero colpiti da varie infermità e febbri, e Gualfreduccio andava nelle loro case, e dava da bere agli ammalati dell'acqua in cui aveva immerso quella corda o qualche sfilacciatura di essa, e tutti recuperavano la salute nel nome di Cristo.

Questi sono un saggio dei miracoli che accadevano in assenza del beato padre; ma ne avvenivano assai più numerosi, che non basterebbe neppure un lungo discorso a narrarli tutti. Di quelli poi che Dio operò con la sua presenza ne riferiremo qualcuno in quest'opera.

mercoledì 4 agosto 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


FRANCESCO PREDICA AGLI UCCELLI E TUTTE LE CREATURE GLI OBBEDISCONO


424 58. Mentre, come si è detto, il numero dei frati andava aumentando, Francesco percorreva la valle Spoletana. Giunto presso Bevagna, vide raccolti insieme moltissimi uccelli d'ogni specie, colombe, cornacchie e " monachine ". Il servo di Dio, Francesco, che era uomo pieno di ardente amore e nutriva grande pietà e tenero amore anche per le creature inferiori e irrazionali, corse da loro in fretta, lasciando sulla strada i compagni. Fattosi vicino, vedendo che lo attendevano, li salutò secondo il suo costume. Ma notando con grande stupore che non volevano volare via, come erano soliti fare, tutto felice, li esortò a voler ascoltare la parola di Dio. E tra l'altro disse loro: "Fratelli miei uccelli, dovete lodare molto e sempre il vostro Creatore perché vi diede piume per vestirvi, ali per volare e tutto quanto vi è necessario. Dio vi fece nobili tra le altre creature e vi concesse di spaziare nell'aria limpida: voi non seminate e non mietete, eppure Egli vi soccorre e guida, dispensandovi da ogni preoccupazione". A queste parole, come raccontava lui stesso e i frati che erano stati presenti, gli uccelli manifestarono il loro gaudio secondo la propria natura, con segni vari, allungando il collo, spiegando le ali, aprendo il becco e guardando a lui. Egli poi andava e veniva liberamente in mezzo a loro, sfiorando con la sua tonaca le testine e i corpi. Infine li benedisse col segno di croce dando loro licenza di riprendere il volo. Poi anch'egli assieme ai suoi compagni riprese il cammino, pieno di gioia e ringraziava il Signore, che è venerato da tutte le creature con sì devota confessione.

425 Siccome poi era uomo semplice, non per natura ma per grazia divina, cominciò ad accusarsi di negligenza, per non aver predicato prima di allora agli uccelli, dato che questi ascoltavano così devotamente la parola di Dio; e da quel giorno cominciò ad invitare tutti i volatili, tutti gli animali, tutti i rettili ed anche le creature inanimate a lodare e ad amare il Creatore, poiché ogni giorno, invocando il nome del Signore, si accorgeva per esperienza personale quanto gli fossero obbedienti.

426 59. Un giorno, recatosi ad Alviano a predicare e salito su un rialzo per essere visto da tutti, chiese silenzio. Ma mentre tutti tacevano in riverente attesa, molte rondini garrivano con grande strepito attorno a Francesco. Non riuscendo a farsi sentire dal popolo per quel rumore rivolto agli uccelli, disse: "Sorelle mie rondini, ora tocca a me a parlare, perché voi lo avete già fatto abbastanza; ascoltate la parola di Dio, zitte e quiete, finché il discorso sia finito". Ed ecco subito obbedirono: tacquero e non si mossero fino a predica terminata. Gli astanti, stupiti, davanti a questo segno dicevano: "Veramente quest'uomo è un santo e un amico dell'Altissimo!". E facevano a gara per toccargli le vesti con devozione, lodando e benedicendo Iddio. Era davvero cosa meravigliosa, poiché perfino le creature prive di ragione sapevano intendere l'affetto fraterno e il grande amore che Francesco nutriva per esse!

427 60. Una volta, presso Greccio, gli fu portato da un confratello un leprotto preso vivo al laccio, e il santo uomo, commosso, disse: "Fratello leprotto, perché ti sei fatto acchiappare? Vieni da me". Subito la bestiola, lasciata libera dal frate, si rifugiò spontaneamente nel grembo di Francesco, come a un luogo assolutamente sicuro. Rimasto un poco in quella posizione, il padre santo, accarezzandolo con affetto materno, lo lasciò andare, perché tornasse libero nel bosco; ma quello, messo a terra più volte, rimbalzava in braccio a Francesco, finché questi non lo fece portare dai frati nella selva vicina. Lo stesso accadde con un coniglio animale difficilmente addomesticabile, nell'isola del lago di Perugia .

428 61. Altrettanto affetto egli portava ai pesci, che, appena gli era possibile, rimetteva nell'acqua ancor vivi, raccomandando loro di non farsi pescare di nuovo. Un giorno standosi egli in una barchetta nel porto del piccolo lago di Piediluco, un pescatore gli offrì con riverenza una tinca che aveva appena pescato; egli accolse lietamente e premurosamente quel pesce, chiamandolo fratello poi lo ripose nell'acqua fuori della barca e cominciò a lodare il nome del Signore. E per un po' di tempo il pesce, giocando giulivo nell'acqua, non si allontanò, finché il Santo, finita la preghiera, non gli diede il permesso di partirsene.

429 Ecco come il glorioso padre Francesco, camminando per la via dell'obbedienza e della perfetta sottomissione alla volontà divina, si meritò sì grande potere da farsi obbedire dalle creature! Perfino l'acqua infatti si mutò in vino per lui, quando giaceva gravemente infermo nello Speco di Sant'Urbano (presso Stroncone). Appena ne bevve, guarì e tutti capirono che si trattava davvero di un miracolo.

E veramente non può essere che un santo colui al quale le creature obbediscono in questo modo e se ad un suo cenno cambiano natura gli stessi elementi!

mercoledì 21 luglio 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


DESIDEROSO DEL MARTIRIO FRANCESCO PRIMA CERCA Dl ANDARE MISSIONARIO NELLA SPAGNA POI IN SIRIA.

PER SUO MERITO, DIO MOLTIPLICA I VIVERI E SCAMPA I NAVIGANTI DAL NAUFRAGIO


417 55. Animato da ardente amore di Dio, il beatissimo padre Francesco desiderava sempre metter mano a grandi imprese, e, camminando con cuore generoso la via della volontà del Signore, anelava raggiungere la vetta della santità.

418 Nel sesto anno dalla sua conversione ardendo di un intrattenibile desiderio del martirio, decise di recarsi in Siria a predicare la fede e la penitenza ai Saraceni. Si imbarcò per quella regione, ma il vento avverso fece dirottare la nave verso la Schiavonia. Allora, deluso nel suo ardente desiderio e non essendoci per quell'anno nessun'altra nave in partenza verso la Siria, pregò alcuni marinai diretti ad Ancona di prenderlo con loro. Ne ebbe un netto rifiuto perché i viveri erano insufficienti. Ma il Santo, fiducioso nella bontà di Dio, salì di nascosto sulla imbarcazione col suo compagno. Ed ecco sopraggiungere, mosso dalla divina Provvidenza, un tale, sconosciuto a tutti, che consegnò ad uno dell'equipaggio che era timorato di Dio, delle vivande, dicendogli: "Prendi queste cose e dàlle fedelmente a quei poveretti che sono nascosti nella nave, quando ne avranno bisogno ". E avvenne che, scoppiata una paurosa burrasca, i marinai, affaticandosi per molti giorni a remare, consumarono tutti i loro viveri; poterono salvarsi solo con i viveri del poverello Francesco, i quali, moltiplicandosi per grazia di Dio, bastarono abbondantemente alla necessità di tutti finché giunsero al porto di Ancona. I naviganti compresero ch'erano stati scampati dai pericoli del mare per merito di Francesco, e ringraziarono l'onnipotente Iddio, che sempre si mostra mirabile e misericordioso nei suoi servi.

419 56. Lasciato il mare, il servo dell'Altissimo Francesco si mise a percorrere la terra, e solcandola col vomere della parola di Dio, vi seminava il seme di vita, che produce frutti benedetti. E subito molti uomini, buoni e idonei chierici e laici, fuggendo il mondo e sconfiggendo virilmente le insidie del demonio, toccati dalla volontà e grazia divina abbracciarono la sua vita e il suo programma

420 Ma sebbene, a similitudine dell'albero evangelico producesse abbondanti e squisiti frutti, ciò non bastava a spegnere in Francesco il sublime proposito e l'anelito ardente del martirio. E così, poco tempo dopo intraprese un viaggio missionario verso il Marocco, per annunciare al Miramolino e ai suoi correligionari la Buona Novella. Era talmente vivo il suo desiderio apostolico, che gli capitava a volte di lasciare indietro il compagno di viaggio affrettandosi nell'ebbrezza dello spirito ad eseguire il suo proposito. Ma la bontà di Dio, che si compiacque benignamente di ricordarsi di me e di innumerevoli altri, fece andare le cose diversamente resistendogli in faccia. Infatti, Francesco, giunto in Spagna, fu colpito da malattia e costretto a interrompere il viaggio.

421 57. Ritornato a Santa Maria della Porziuncola, non molto tempo dopo gli si presentarono alcuni uomini letterati e alcuni nobili, ben felici di unirsi a lui. Da uomo nobile d'animo e prudente, egli li accolse con onore e dignità, dando paternamente a ciascuno ciò che doveva. E davvero poiché era dotato di squisito e raro discernimento, teneva conto della condizione di ciascuno.

422 Ma non riesce ancora a darsi pace finché non attui, con tentativi ancor più audaci il suo bruciante sogno. E nel tredicesimo anno dalla sua conversione, partì per la Siria, e mentre infuriavano aspre battaglie tra cristiani e pagani, preso con sé un compagno, non esitò a presentarsi al cospetto del Sultano. Chi potrebbe descrivere la sicurezza e il coraggio con cui gli stava davanti e gli parlava, e la decisione e l'eloquenza con cui rispondeva a quelli che ingiuriavano la legge cristiana? Prima di giungere al Sultano, i suoi sicari l'afferrarono, l'insultarono, lo sferzarono, ed egli non temette nulla: né minacce, né torture, né morte; e sebbene investito dall'odio brutale di molti, eccolo accolto dal Sultano con grande onore! Questi lo circondava di favori regalmente e, offrendogli molti doni, tentava di convertirlo alle ricchezze del mondo; ma, vedendolo disprezzare tutto risolutamente come spazzatura, ne rimase profondamente stupito, e lo guardava come un uomo diverso da tutti gli altri. Era molto commosso dalle sue parole e lo ascoltava molto volentieri.

423 Ma in tutte queste cose il Signore non concedeva il compimento del desiderio del Santo, riservandogli il privilegio di una grazia singolare.

venerdì 2 luglio 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


LA VIGILANZA SUI SUOI FRATI.

IL DISPREZZO Dl SE STESSO.

LA VERA UMILTÀ


410 51. Il beatissimo uomo Francesco, ritornò corporalmente tra i suoi frati, dai quali, come si disse, non era mai stato assente con lo spirito. Santamente curioso di conoscere lo spirito dei suoi figli, sottoponeva a diligente esame la condotta di ognuno, non lasciando impunita nessuna colpa, se vi scopriva qualcosa, anche minima, di meno che retto Badava prima ai difetti dell'animo, poi a quelli esterni, infine rimoveva tutte le occasioni che di solito conducono al peccato.

411 Alla santa povertà riservava una cura tutta particolare e voleva che dominasse sempre da signora, tanto da non tollerare neppure il più piccolo utensile, appena s'accorgeva che si poteva farne a meno, temendo che vi si introducesse l'abitudine di confondere il necessario col superfluo. Era solito dire che è impossibile sovvenire alla necessità senza servire alla comodità. Raramente si cibava di vivande cotte, oppure le rendeva insipide con acqua fredda, o le cospargeva di cenere! Quante volte, mentre era pellegrino nel mondo a predicare il Vangelo, invitato a pranzo da grandi signori che lo veneravano con grande affetto, mangiava appena un po' di carne in ossequio alla parola evangelica di Cristo, poi, fingendo di mangiare faceva scivolare il resto nel grembo, mettendosi una mano alla bocca perché nessuno s'accorgesse di quello che faceva! Ci s'immagini poi se prendeva del vino, dato che rifiutava persino l'acqua, quand'era assetato!

412 52. Ovunque fosse ospitato di notte, non voleva materassi o coperte sul suo giaciglio, ma la nuda terra raccoglieva il suo nudo corpo avvolto solo nella tonaca. Quando poi concedeva un po' di riposo al suo corpo fragile spesso stava seduto e non disteso, servendosi per guanciale di un legno o di una pietra. E quando lo prendeva desiderio di mangiare qualche cosa, come suole accadere a tutti, a stento si concedeva poi di mangiarla.

413 Avendo un giorno mangiato un po' di pollo, perché infermo, riacquistate le energie per camminare, si recò ad Assisi. Giunto alla porta della città, pregò un confratello che era con lui di legargli una fune attorno al collo e di trascinarlo per tutte le vie della città come un ladro, gridando: "Guardate questo ghiottone, che a vostra insaputa si è rimpinzato da gaudente di carne di gallina!". A tale spettacolo, molti, tra lacrime e sospiri, esclamavano: "Guai a noi miserabili che abbiamo vissuto tutta la vita solo per la carne, nutrendo il cuore e il corpo di lussuria e di crapule!". E tutti compunti, erano guidati a miglior condotta da quell'esempio straordinario.

414 53. E tante altre cose simili a queste egli compiva per praticare l'umiltà nel modo più perfetto possibile, che insieme gli attiravano però amore imperituro presso gli altri. Era libero da ogni sollecitudine per il corpo, trattandolo come un vaso derelitto ed esponendolo alle ingiurie sempre preoccupato di non lasciarsi vincere dal desiderio di alcuna cosa materiale per amore di lui. Vero spregiatore di se stesso, egli con parole e con fatti ammaestrava utilmente gli altri al disprezzo di sé. Ma tutti lo magnificavano e ne cantavano giustamente le lodi; solo lui si riteneva vilissimo e si disprezzava cordialmente.

415 Spesso, quand'era da tutti esaltato, sentendosi ferito come da troppo acerbo dolore, controbilanciava e scacciava l'onore degli uomini, incaricando qualcuno di maltrattarlo. Chiamava per lo più qualche confratello e gli diceva: "Ti scongiuro per obbedienza di coprirmi di ingiurie senza alcun riguardo e di dir la verità contro la falsità di costoro che mi elogiano". E quando quel fratello, ci si immagini quanto volentieri, lo chiamava villano, mercenario, buono a nulla, lui sorridendo e applaudendo diceva: "Ti benedica il Signore, perché dici cose verissime e quali convengono al figlio di Pietro di Bernardone". Con queste parole intendeva rammentare l'umiltà delle sue origini.

416 54. Per farsi credere veramente degno di disprezzo e per dare agli altri esempio di una confessione sincera, se per caso commetteva qualche mancanza, non esitava a confessarla pubblicamente e sinceramente mentre predicava a tutto il popolo. Anzi, se gli capitava di pensar male, sia pur minimamente, di qualcuno, o gli sfuggiva qualche parola troppo forte, subito manifestava con tutta umiltà il suo peccato a colui che aveva osato giudicare, chiedendogli perdono. Pur non potendogli rimproverare proprio nulla, data la vigilanza che esercitava su di sé, la sua coscienza non gli dava pace, finché non avesse sanato con rimedio appropriato la ferita dell'anima. Bramava far progressi in qualsiasi specie di virtù, ma non voleva esser notato, per fuggire l'ammirazione e non cadere nella vanagloria.

Miseri noi, che ti abbiamo perduto, padre santo, esemplare di ogni bene e di umiltà! Per giusta condanna ti abbiamo perduto, perché trascurammo di conoscerti quando ti avevamo tra noi!

sabato 5 giugno 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


IL CARRO DI FUOCO E COME IL BEATO FRANCESCO, ANCHE ASSENTE, VEDEVA I SUOI FRATI


404 47. Poiché camminavano con semplicità davanti a Dio e con coraggio davanti agli uomini, in quel tempo meritarono i santi frati la grazia di una rivelazione soprannaturale. Animati dal fuoco dello Spirito Santo, pregavano cantando il "Pater noster" su una melodia religiosa, non solo nei momenti prescritti, ma ad ogni ora, perché non erano preoccupati dalle cure materiali.

405 Una volta che Francesco era assente, verso mezzanotte, mentre alcuni dormivano e altri pregavano fervorosamente in silenzio, entrò per la porticina della casa un carro di fuoco luminosissimo che fece due o tre giri per la stanza; su di esso poggiava un grande globo, che a guisa di sole rischiarò le tenebre notturne. I frati che vegliavano furono pieni di stupore, quelli che dormivano si destarono atterriti, sentendosi tutti quanti invasi da quella luce, non solo nel corpo, ma anche nello spirito. Riunitisi insieme, si domandavano il significato di quel misterioso fenomeno; ma ecco, per la virtù di tanto fulgore ognuno vedeva chiaramente nella coscienza dell'altro. Allora compresero e furono certi che si trattava dell'anima del beato padre, raggiante di così grande splendore, e che essa si era meritato da Dio quel dono straordinario di benedizione e di grazia, soprattutto a motivo della sua purezza e per la sua sollecitudine paterna verso i suoi figli.

406 48. Spessissimo avevano avuto precisi e chiari indizi che Francesco, per la sua santità, poteva leggere i segreti della loro anima. Quante volte infatti, per rivelazione dello Spirito Santo, conobbe le vicende dei fratelli lontani, penetrò i cuori e le coscienze! Quanti avvertì in sogno di quello che dovevano fare o evitare! A quanti, che sembravano retti esteriormente, predisse il pericolo della perdizione, mentre ad altri, conoscendo il termine delle loro opere malvagie, predisse la grazia della salvezza! Qualcuno anzi, particolarmente puro e semplice, ebbe il dono e il conforto speciale della apparizione del Santo in maniera davvero singolare.

407 Tra tanti fatti del genere, eccone uno appreso da testimoni degni di fede. Frate Giovanni da Firenze, eletto da san Francesco ministro dei minori in Provenza, aveva raccolto i suoi frati a capitolo. Il Signore Iddio gli concesse, nella sua bontà, la grazia di parlare con tanto zelo da conquistare tutti ad un ascolto benevolo e attento. Era presente tra loro un frate sacerdote, di nome Monaldo, famoso specialmente per la vita virtuosa, fondata sull'umiltà, corroborata dalla preghiera frequente e difesa dalla pazienza; ed anche frate Antonio al quale Iddio diede "l'intelligenza delle sacre Scritture"(Lc 24,45) e il dono di predicare Cristo al mondo intero con parole più dolci del miele. Ora, mentre Antonio predicava ai frati con fervore e devozione grandissima sul tema: "Gesù Nazzareno, Re dei Giudei" (Gv 19,19), il detto frate Monaldo, guardando verso la porta della sala capitolare, vide il beato Francesco sollevato in alto, con le braccia distese a forma di croce, in atto di benedire i presenti. E tutti i presenti, sentendosi essi stessi investiti dalla consolazione dello Spirito Santo, e ripieni di gaudio salutare, trovarono assai credibile il racconto dell'apparizione e della presenza del gloriosissimo Padre.

408 49. Quanto alla conoscenza che egli aveva dei segreti dei cuori, tra le molte prove che molti conobbero, ne riferirò una indubitabile sotto ogni aspetto. Un frate di nome Riccerio, nobile di famiglia e più ancora di costumi, vero amante di Dio e disprezzatore di se stesso, aveva il pio desiderio e la fortissima volontà di assicurarsi la piena benevolenza del santo padre Francesco; ma d'altra parte lo tormentava il timore che san Francesco lo detestasse segretamente, privandolo del suo affetto. Era convinto questo frate, assai timorato, che chiunque era amato di particolare amore da san Francesco, fosse anche degno di meritarsi la divina grazia, e che viceversa fosse segno di condanna del Giudice divino, se non fosse accolto da lui con benevolenza e amicizia. Ma non rivelava a nessuno questo suo inquietante e persìstente pensiero.

50. Un giorno però il beato padre, mentre pregava nella cella, e quel fratello, angosciato dal solito dubbio, stava avvicinandosi a quel "luogo", ne avvertì l'arrivo e il turbamento che aveva nell'animo. Subito lo fece chiamare, e gli disse: "Non lasciarti turbare da nessuna tentazione figliolo; nessun pensiero ti tormenti, perché tu mi sei carissimo, e sappi che sei tra quelli a me più cari, e ben degno del mio affetto e della mia amicizia. Vieni da me quando vuoi, liberamente come ad amico". Restò attonito frate Riccerio, e da allora in poi, pieno di più grande venerazione, quanto più vedeva crescere l'amore di san Francesco per lui, tanto più dilatava la sua fiducia nella divina misericordia.

409 Quanto penosa dev'essere, padre santo, la tua assenza per quelli che disperano di trovare sulla terra un altro simile a te! Aiuta con la tua intercessione, te ne preghiamo, coloro che vedi avvolti nella micidiale macchia del peccato, tu che, mentre eri già ripieno dello spirito dei giusti, e prevedevi l'avvenire e conoscevi le realtà presenti, malgrado ciò, per mettere in fuga ogni forma di ostentazione, ti ricoprivi con il manto della santa semplicità. Ma ritorniamo indietro, riprendendo l'ordine storico della narrazione.

giovedì 20 maggio 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


IL BEATO FRANCESCO INSEGNA Al FRATI A PREGARE. OBBEDIENZA E PUREZZA DEI MEDESIMI


399 45. In quel tempo i frati gli chiesero con insistenza che insegnasse loro a pregare, perché, comportandosi con semplicità di spirito, non conoscevano ancora l'ufficio liturgico. Ed egli rispose: "Quando pregate, dite: Padre nostro (Mt 6,9)! e: Ti adoriamo, o Cristo, in tutte le tue chiese che sono nel mondo e Ti benediciamo, perché con la tua santa croce hai redento il mondo ". E questo gli stessi discepoli del pio maestro si impegnavano ad osservare con ogni diligenza, perché si proponevano di eseguire perfettamente non solo i consigli fraterni e i comandi di lui, ma perfino i suoi segreti pensieri, se riuscivano in qualche modo a intuirli.

400 Infatti il beato padre insegnava loro che la vera obbedienza riguarda i pensieri non meno che le parole espresse. i desideri non meno che i comandi. E cioè: "Se un frate suddito, prima ancora di udire le parole del superiore, ne indovina l'intenzione, subito deve disporsi all'obbedienza e fare ciò che al minimo segno gli sembrerà la volontà di lui".

401 Fedeli alla esortazione di Francesco, essi, ogni volta che passavano vicino a una chiesa, oppure anche la scorgevano da lontano, si inchinavano in quella direzione e, proni col corpo e con lo spirito, adoravano l'Onnipotente, dicendo: "Ti adoriamo, o Cristo, qui e in tutte le chiese". E, cosa non meno ammirevole, altrettanto facevano dovunque capitava loro di vedere una croce o una forma di croce, per terra, sulle pareti, tra gli alberi, nelle siepi.

402 46. Erano così pieni di santa semplicità, di innocenza! di purezza di cuore da ignorare ogni doppiezza. Come unica era la loro fede, così regnava in essi l'unità degli animi, la concordia degli intenti e dei costumi, la stessa carità, la pratica delle virtù, la pietà degli atti, l'armonia dei pensieri.

403 Avevano scelto come confessore un sacerdote secolare che era tristamente noto per le sue enormi colpe e degno del disprezzo di tutti a motivo della sua depravata condotta; ma essi non vollero credere al male che si diceva di lui e continuarono a confessargli i propri peccati, prestandogli la debita riverenza. Anzi, avvenne un giorno che quel sacerdote, o forse un altro, dicesse a uno di loro: " Bada, fratello, di non essere ipocrita"; quel frate si reputò davvero ipocrita e, per il profondo dolore che ne sentiva, non sapeva più darsi pace, giorno e notte. Agli altri che gli chiedevano il perché di tanto insolito lamento e mestizia, rispondeva: "Un sacerdote mi ha detto questo, e io ne sono così afflitto da non poter pensare ad altro!". Lo esortavano, per consolarlo, a non prestar fede a quelle parole; ma egli replicava: "Che dite mai, fratelli? Può forse un sacerdote dire il falso? Se il sacerdote non può mentire, bisogna credere che quanto mi ha detto è vero". E perseverò a lungo in tale semplicità, finché Francesco stesso lo assicuro, spiegandogli le parole del sacerdote e scusandone con sapiente intuito l'intenzione. Non c'era turbamento, per grande che fosse, nell'animo dei confratelli che alla sua parola di fuoco non svanisse e tornasse il sereno!

mercoledì 5 maggio 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


DIMORA A RIVOTORTO E OSSERVANZA DELLA POVERTÀ

394 42. Il beato Francesco era solito raccogliersi con i suoi compagni in un luogo presso Assisi, detto Rivotorto, ed erano felici, quegli arditi dispregiatori delle case grandi e belle, di un tugurio abbandonato ove potevano trovare riparo dalle bufere, perché, al dire di un santo, c'è maggior speranza di salire più presto in cielo dalle baracche che dai palazzi.

Padre e figli se ne stavano così insieme, tra molti stenti e indigenze, non di raro privi anche del ristoro del pane, contenti di qualche rapa che andavano a mendicare per la pianura di Assisi. L'abitazione poi era tanto angusta, che a fatica vi potevano stare seduti o stesi a terra, tuttavia "non si udiva mormorazione né lamento; ognuno manteneva la sua giocondità di spirito e tutta la sua pazienza".

395 San Francesco ogni giorno, anzi di continuo esaminava diligentemente se stesso e i suoi, perché non restasse in loro nulla di mondano e fosse evitata qualsiasi negligenza. Con se stesso era particolarmente rigoroso e vigile, e se come avviene a tutti, lo assaliva qualche tentazione della carne, si immergeva d'inverno nel ghiaccio, finché il pericolo spirituale fosse scomparso. Gli altri, naturalmente, imitavano fervidamente questo suo mirabile esempio di penitenza.

396 43. Insegnava loro non solo a combattere i vizi e a mortificare gli stimoli del corpo, ma anche a conservare puri i sensi esterni, per i quali la morte entra nell'anima.

 Passando un giorno per quelle contrade con grande pompa e clamore l'imperatore Ottone, che si recava a ricevere "la corona della terra", il santissimo padre non volle neppure uscire dal suo tugurio, che era vicino alla via di transito, né permise che i suoi vi andassero, eccetto uno il quale doveva annunciare con fermezza all'imperatore che quella sua gloria sarebbe durata ben poco.

Siccome il glorioso Santo aveva la sua dimora nell'intimo del cuore, dove preparava una degna abitazione a Dio, il mondo esteriore con il suo strepito non poteva mai distrarlo, né alcuna voce interrompere la grande opera a cui era intento. Si sentiva investito dall'autorità apostolica, e perciò ricusava fermamente di adulare re e principi.

397 44. Cercava costantemente la santa semplicità, né ammetteva che l'angustia del luogo impedisse le espansioni dello spirito. Scrisse perciò i nomi dei frati sui travicelli della capanna, perché ognuno potesse riconoscervi il proprio posto per la preghiera e il riposo, e la ristrettezza del luogo non turbasse il raccoglimento dell'animo.

398 Mentre erano nel tugurio, capitò un giorno che un contadino vi giungesse col suo asinello, e temendo di essere cacciato fuori, spinse l'asino dentro il tugurio, incitandolo con queste parole: "Entra, che faremo un buon servizio a questo ricovero!". Francesco nell'udire questo si rattristò, indovinando il pensiero di quell'uomo: credeva infatti che i frati volessero fermarvisi e ingrandire la loro abitazione, unendo casa a casa. E subito san Francesco abbandonò quel luogo, per recarsi in un altro non distante, chiamato Porziuncola dove, come si disse, molto tempo prima egli stesso aveva riparato la chiesa di Santa Maria. Non voleva avere nulla di proprio, per poter possedere più pienamente tutto nel Signore.


giovedì 8 aprile 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


FAMA DEL BEATO FRANCESCO. CONVERSIONE DI MOLTI A DIO. COME LA SUA ISTITUZIONE FU CHIAMATA  " ORDINE DEI FRATI MINORI ".  FORMAZIONE DI COLORO CHE Vl ENTRAVANO


382 36. Il valorosissimo soldato di Cristo passava per città e castelli annunciando il Regno dei cieli, la pace, la via della salvezza, la penitenza in remissione dei peccati; non però con gli artifici della sapienza umana, ma con la virtù dello Spirito (1Cor 2,4). Poiché ne aveva ricevuto l'autorizzazione dalla Sede Apostolica, operava fiducioso e sicuro, rifuggendo da adulazioni e lusinghe. Non era solito blandire i vizi, ma sferzarli con fermezza; non cercava scuse per la vita dei peccatori, ma li percuoteva con aspri rimproveri, dal momento che aveva piegato prima di tutto se stesso a fare ciò che inculcava agli altri. Non temendo quindi d'esser trovato incoerente, predicava la verità con franchezza, tanto che anche uomini dottissimi e celebri accoglievano ammirati le sue ispirate parole, e alla sua presenza erano invasi da un salutare timore.

383 Uomini e donne, chierici e religiosi accorrevano a gara a vedere e a sentire il Santo di Dio, che appariva a tutti come un uomo di un altro mondo. Persone di ogni età e sesso venivano sollecite ad ammirare le meraviglie che il Signore di nuovo compiva nel mondo per mezzo del suo servo. La presenza o anche la sola fama di san Francesco sembrava davvero una nuova luce mandata in quel tempo dal cielo a dissipare le caliginose tenebre che avevano invaso la terra, così che quasi più nessuno sapeva scorgere la via della salvezza. Erano infatti quasi tutti precipitati in una così profonda dimenticanza del Signore e dei suoi comandamenti, che appena sopportavano di smuoversi un poco dai loro vizi incalliti e inveterati.

384 37. Splendeva come fulgida stella nel buio della notte e come luce mattutina diffusa sulle tenebre; così in breve l'aspetto dell'intera regione si cambiò e, perdendo il suo orrore, divenne più ridente. E’ finita la lunga siccità, e nel campo già squallido cresce rigogliosa la messe. Anche la vigna incolta comincia a coprirsi di fiori profumati e a maturare, per grazia del Signore, i frutti soavi di bontà e di bene. Ovunque risuonano azioni di grazie e inni di lode, e non pochi, lasciate le cure mondane, seguendo l'esempio e l'insegnamento di san Francesco, impararono a conoscere amare e rispettare il loro Creatore. Molti, nobili e plebei, chierici e laici, docili alla divina ispirazione, si recavano dal Santo, bramosi di schierarsi per sempre con lui e sotto la sua guida. E a tutti egli, come ricca sorgente di grazia celeste, dona le acque vivificanti che fanno sbocciare le virtù nel giardino del cuore. Artista e maestro di vita evangelica veramente glorioso: mediante il suo esempio, la sua Regola e il suo insegnamento, si rinnova la Chiesa di Cristo nei suoi fedeli, uomini e donne, e trionfa la triplice milizia degli eletti.

385 A tutti dava una regola di vita, e indicava la via della salvezza a ciascuno secondo la propria condizione.

386 38. É ora il momento di concentrare l'attenzione soprattutto sull'Ordine che Francesco suscitò col suo amore e vivificò con la sua professione. Proprio lui infatti fondò l'Ordine dei frati minori, ed ecco in quale occasione gli diede tale nome. Mentre si scrivevano nella Regola quelle parole: "Siano minori", appena l'ebbe udite esclamò: "Voglio che questa Fraternità sia chiamata Ordine dei frati minori". E realmente erano " minori "; " sottomessi a tutti " e ricercavano l'ultimo posto e gli uffici cui fosse legata qualche umiliazione, per gettare così. le solide fondamenta della vera umiltà, sulla quale si potesse svolgere l'edificio spirituale di tutte le virtù.

387 E davvero su questa solida base edificarono, splendida. la costruzione della carità. E come pietre vive, raccolte, per così dire, da ogni parte del mondo, crebbero in tempio dello Spirito Santo. Com'era ardente l'amore fraterno dei nuovi discepoli di Cristo! Quanto era forte in essi l'amore per la loro famiglia religiosa! Ogni volta che in qualche luogo o per strada, come poteva accadere, si incontravano, era una vera esplosione del loro affetto spirituale, il solo amore che sopra ogni altro amore è fonte di vera carità fraterna. Ed erano casti abbracci, delicati sentimenti, santi baci, dolci colloqui, sorrisi modesti, aspetto lieto, occhio semplice, animo umile, parlare cortese, risposte gentili, piena unanimità nel loro ideale, pronto ossequio e instancabile reciproco servizio.

39. Avendo disprezzato tutte le cose terrene ed essendo immuni da qualsiasi amore egoistico, dal momento che riversavano tutto l'affetto del cuore in seno alla comunità, cercavano con tutto l'impegno di donare perfino se stessi per venire incontro alle necessità dei fratelli. Erano felici quando potevano riunirsi, più felici quando stavano insieme; ma era per tutti pesante il vivere separati, amaro il distacco, doloroso il momento dell'addio. Questi docilissimi soldati non anteponevano comunque nulla ai comandi della santa obbedienza; vi si preparavano anzi in anticipo, e si precipitavano ad eseguire, senza discutere e rimosso ogni ostacolo, qualunque cosa veniva loro ordinata.

388 Da cultori fedeli della santissima povertà, poiché non possedevano nulla, non s'attaccavano a nessuna cosa, e niente temevano di perdere. Erano contenti di una sola tonaca talvolta rammendata dentro e fuori, tanto povera e senza ricercatezze da apparire in quella veste dei veri crocifissi per il mondo, e la stringevano ai fianchi con una corda, e portavano rozzi calzoni. Il loro santo proposito era di restare in quello stato, senza avere altro. Erano perciò sempre sereni, liberi da ogni ansietà e pensiero, senza affanni per il futuro; non si angustiavano neppure di assicurarsi un ospizio per la notte, anche se pativano grandi disagi nel viaggio. Sovente, durante il freddo più intenso, non trovando ospitalità, si rannicchiavano in un forno, o pernottavano in qualche spelonca.

389 Di giorno, quelli che ne erano capaci, si impegnavano in lavori manuali, o nei ricoveri dei lebbrosi o in altri luoghi, servendo a tutti con umiltà e devozione. Non volevano esercitare nessun lavoro che potesse dar adito a scandalo, ma sempre si occupavano di cose sante e giuste, oneste e utili, dando esempio di umiltà e di pazienza a tutti coloro con i quali si trovavano.

390 40. Amavano talmente la pazienza, che preferivano stare dove c'era da soffrire persecuzioni che non dove, essendo nota la loro santità, potevano godere i favori del mondo. Spesso, ingiuriati, vilipesi, percossi, spogliati, legati, incarcerati, sopportavano tutto virilmente, senza cercare alcuna difesa; dalle loro labbra anzi non usciva che un cantico di lode e di ringraziamento.

391 Non cessavano quasi mai di pregare e lodare il Signore; esaminando ogni loro azione, ringraziavano Dio per il bene fatto e piangevano amaramente per le colpe e negligenze commesse. Quando poi nella preghiera non avvertivano la usuale dolcezza, si credevano abbandonati da Dio. E per non lasciarsi sorprendere dal sonno durante la loro lunga preghiera, adoperavano diversi espedienti: alcuni si aggrappavano a delle funi, altri si servivano di cilizi di ferro o di legno. Se talvolta pareva loro di essere stati meno sobri del solito, per aver preso cibo e bevanda a sufficienza, oppure di aver oltrepassato sia pur per poco la misura della stretta necessità per la stanchezza del viaggio, si punivano aspramente con una astinenza di parecchi giorni. Si studiavano infine di domare gli istinti della carne con tal rigore, da non esitare spesso a tuffarsi nel ghiaccio e a martoriare il corpo tra i rovi acuminati rigandolo di sangue.

392 41. Avevano tanto disprezzo per i beni terreni, che a stento sopportavano di accettare le cose più necessarie per vivere e, disabituati ormai da lungo tempo a qualsiasi comodità corporale, affrontavano senza paura alcuna le più dure privazioni.

393 Ma mentre erano così severi con se stessi, il loro contegno era sempre garbato e pacifico con tutti; e attendevano solo a opere di edificazione e di pace, evitando con grande cura ogni motivo di mal esempio. Parlavano solamente quando era necessario, né mai dicevano parole scorrette o vane. In tutta la loro vita e attività non si poteva trovare nulla che non fosse onesto e retto. Dal loro atteggiamento traspariva sempre compostezza e modestia; e mortificavano talmente i propri sensi che non vedevano né sentivano se non quello che era essenziale e doveroso: sguardo rivolto a terra e mente fissa al cielo. Gelosia, malizia, rancore, diverbi, sospetto, amarezza non trovavano posto in loro, ma soltanto grande concordia, costante serenità, azioni di grazia e di lode.

Ecco i princìpi con i quali Francesco educava i suoi nuovi figli, e non semplicemente a parole, ma soprattutto con le opere e l'esempio della sua vita.