venerdì 2 luglio 2021

VITA PRIMA DI SAN FRANCESCO D'ASSISI

 


LA VIGILANZA SUI SUOI FRATI.

IL DISPREZZO Dl SE STESSO.

LA VERA UMILTÀ


410 51. Il beatissimo uomo Francesco, ritornò corporalmente tra i suoi frati, dai quali, come si disse, non era mai stato assente con lo spirito. Santamente curioso di conoscere lo spirito dei suoi figli, sottoponeva a diligente esame la condotta di ognuno, non lasciando impunita nessuna colpa, se vi scopriva qualcosa, anche minima, di meno che retto Badava prima ai difetti dell'animo, poi a quelli esterni, infine rimoveva tutte le occasioni che di solito conducono al peccato.

411 Alla santa povertà riservava una cura tutta particolare e voleva che dominasse sempre da signora, tanto da non tollerare neppure il più piccolo utensile, appena s'accorgeva che si poteva farne a meno, temendo che vi si introducesse l'abitudine di confondere il necessario col superfluo. Era solito dire che è impossibile sovvenire alla necessità senza servire alla comodità. Raramente si cibava di vivande cotte, oppure le rendeva insipide con acqua fredda, o le cospargeva di cenere! Quante volte, mentre era pellegrino nel mondo a predicare il Vangelo, invitato a pranzo da grandi signori che lo veneravano con grande affetto, mangiava appena un po' di carne in ossequio alla parola evangelica di Cristo, poi, fingendo di mangiare faceva scivolare il resto nel grembo, mettendosi una mano alla bocca perché nessuno s'accorgesse di quello che faceva! Ci s'immagini poi se prendeva del vino, dato che rifiutava persino l'acqua, quand'era assetato!

412 52. Ovunque fosse ospitato di notte, non voleva materassi o coperte sul suo giaciglio, ma la nuda terra raccoglieva il suo nudo corpo avvolto solo nella tonaca. Quando poi concedeva un po' di riposo al suo corpo fragile spesso stava seduto e non disteso, servendosi per guanciale di un legno o di una pietra. E quando lo prendeva desiderio di mangiare qualche cosa, come suole accadere a tutti, a stento si concedeva poi di mangiarla.

413 Avendo un giorno mangiato un po' di pollo, perché infermo, riacquistate le energie per camminare, si recò ad Assisi. Giunto alla porta della città, pregò un confratello che era con lui di legargli una fune attorno al collo e di trascinarlo per tutte le vie della città come un ladro, gridando: "Guardate questo ghiottone, che a vostra insaputa si è rimpinzato da gaudente di carne di gallina!". A tale spettacolo, molti, tra lacrime e sospiri, esclamavano: "Guai a noi miserabili che abbiamo vissuto tutta la vita solo per la carne, nutrendo il cuore e il corpo di lussuria e di crapule!". E tutti compunti, erano guidati a miglior condotta da quell'esempio straordinario.

414 53. E tante altre cose simili a queste egli compiva per praticare l'umiltà nel modo più perfetto possibile, che insieme gli attiravano però amore imperituro presso gli altri. Era libero da ogni sollecitudine per il corpo, trattandolo come un vaso derelitto ed esponendolo alle ingiurie sempre preoccupato di non lasciarsi vincere dal desiderio di alcuna cosa materiale per amore di lui. Vero spregiatore di se stesso, egli con parole e con fatti ammaestrava utilmente gli altri al disprezzo di sé. Ma tutti lo magnificavano e ne cantavano giustamente le lodi; solo lui si riteneva vilissimo e si disprezzava cordialmente.

415 Spesso, quand'era da tutti esaltato, sentendosi ferito come da troppo acerbo dolore, controbilanciava e scacciava l'onore degli uomini, incaricando qualcuno di maltrattarlo. Chiamava per lo più qualche confratello e gli diceva: "Ti scongiuro per obbedienza di coprirmi di ingiurie senza alcun riguardo e di dir la verità contro la falsità di costoro che mi elogiano". E quando quel fratello, ci si immagini quanto volentieri, lo chiamava villano, mercenario, buono a nulla, lui sorridendo e applaudendo diceva: "Ti benedica il Signore, perché dici cose verissime e quali convengono al figlio di Pietro di Bernardone". Con queste parole intendeva rammentare l'umiltà delle sue origini.

416 54. Per farsi credere veramente degno di disprezzo e per dare agli altri esempio di una confessione sincera, se per caso commetteva qualche mancanza, non esitava a confessarla pubblicamente e sinceramente mentre predicava a tutto il popolo. Anzi, se gli capitava di pensar male, sia pur minimamente, di qualcuno, o gli sfuggiva qualche parola troppo forte, subito manifestava con tutta umiltà il suo peccato a colui che aveva osato giudicare, chiedendogli perdono. Pur non potendogli rimproverare proprio nulla, data la vigilanza che esercitava su di sé, la sua coscienza non gli dava pace, finché non avesse sanato con rimedio appropriato la ferita dell'anima. Bramava far progressi in qualsiasi specie di virtù, ma non voleva esser notato, per fuggire l'ammirazione e non cadere nella vanagloria.

Miseri noi, che ti abbiamo perduto, padre santo, esemplare di ogni bene e di umiltà! Per giusta condanna ti abbiamo perduto, perché trascurammo di conoscerti quando ti avevamo tra noi!

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