lunedì 2 dicembre 2019

I Dieci Comandamenti



Il Quinto Comandamento: “Non uccidere”. 


5.3 “Il suicidio” alla luce delle rivelazioni a Maria Valtorta.   
 
Sicuramente abbiamo ormai tutti ben capito che “uccidere” è peccato gravissimo e non soltanto in riferimento al corpo altrui ma anche al nostro. Come bene ci spiegherà Gesù, nel testo che vi riporterò qui sotto, anche uccidere il nostro corpo è un peccato che può portare alla dannazione eterna. Ovviamente sempre che la persona sia in perfetta capacità di comprendere. Come ogni peccato d’altronde, anche questo, è tale solo se chi compie l’azione è IN PIENA AVVERTENZA e dà il suo deliberato consenso. 
E notate che Gesù questa lezione la dà proprio a Giuda.70 Lui che sapeva che il suo Apostolo lo avrebbe non solo tradito, ma che avrebbe anche commesso proprio il peccato di disperazione contro la Misericordia infinita di Dio (e quindi contro lo Spirito Santo), ciò nonostante lo istruisce minuziosamente, proprio perché al Giudizio Finale non possa dire che se Lui l’avesse avvertito non si sarebbe suicidato. 
 
 5.3.1 Gesù istruisce Giuda Iscariota sul suicidio. 
 
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3 gennaio 1945.  
 
Ancora Gesù e Giuda che, dopo aver pregato nel luogo più vicino al Santo, concesso agli israeliti maschi, escono dal Tempio.  
Giuda vorrebbe rimanere con Gesù. Ma questo desiderio 
trova l'opposizione del Maestro.  
«Giuda, Io desidero di rimanere solo nelle ore notturne. 
Nella notte il mio spirito trae il suo nutrimento dal Padre. 
Orazione, meditazione e solitudine mi sono più necessarie del nutrimento materiale. Colui che vuole vivere per lo spirito e portare altri a vivere la stessa vita, deve posporre la carne, direi quasi ucciderla nelle sue prepotenze, per dare tutte le sue cure allo spirito. Tutti, sai, Giuda. Anche tu, se vuoi veramente essere di Dio, ossia del soprannaturale».  
«Ma noi siamo ancora della terra, Maestro. Come possiamo trascurare la carne dando tutte le cure allo spirito? 
Non è, ciò che dici, in antitesi con il comando di Dio: "Non ucciderai"? In questo non è anche compreso il non uccidersi? 
Se la vita è dono di Dio, dobbiamo amarla o meno?».  
«Risponderò a te come non risponderei ad un semplice, al quale basta fare alzare lo sguardo dell'anima, o della mente, a sfere soprannaturali, per portarselo seco noi in volo nei regni dello spirito. Tu non sei un semplice. Ti sei formato in ambienti che ti hanno affinato... ma che anche ti hanno inquinato con le loro sottigliezze e colle loro dottrine. Ricordi Salomone, Giuda? Era sapiente, il più sapiente di quei tempi. Ricordi che disse, dopo aver conosciuto tutto il sapere? "Vanità delle vanità, tutto è vanità. Temere Dio e osservare i suoi comandamenti, questo è tutto l'uomo". Or Io ti dico che occorre saper prendere dai cibi nutrimento, ma non veleno. E se un cibo lo si comprende a noi nocivo, perché vi sono in noi reazioni per cui quel cibo è nefasto, essendo più forte dei nostri umori buoni che lo potrebbero neutralizzare, occorre non prendere più di quel cibo, anche se è appetitoso al gusto. Meglio semplice pane e acqua di fonte ai piatti complicati della mensa del re, in cui sono droghe che turbano e avvelenano».  
«Che devo lasciare, Maestro?».  
«Tutto quello che sai che ti turba. Perché Dio è Pace e, se ti vuoi mettere sul sentiero di Dio, devi sgombrare la tua mente, il tuo cuore e la tua carne da tutto ciò che pace non è e porta seco turbamento. So che è difficile riformare se stesso. Ma Io sono qui per aiutarti a farlo. Sono qui per aiutare l'uomo a tornare figlio di Dio, a ricrearsi come per una seconda creazione, un'autogenesi voluta dallo stesso. Ma lascia che Io ti risponda a quanto chiedevi, acciò tu non dica che sei rimasto in errore per mia colpa. È vero che l'uccidersi è uguale all'uccidere. Sia la propria o l'altrui, la vita è dono di Dio, e solo a Dio che l'ha data è deferito il potere di toglierla. Chi si uccide confessa la sua superbia, e la superbia è odiata da Dio».  
«La superbia confessa? Io direi la disperazione».  
«E che è la disperazione se non superbia? Considera, Giuda. Perché uno dispera? O perché le sventure si accaniscono su di lui, e lui vuole da sé vincerle e non riesce a tanto. Oppure perché è colpevole e si giudica non perdonabile da Dio.71 Nel primo e nel secondo caso non è forse la superbia che è regina? Quell'uomo che vuole fare da sé non ha più l'umiltà di tendere la mano al Padre e dirgli: "Io non posso, ma Tu puoi. Aiutami, ché da Te io tutto spero e attendo". Quell'altro uomo che dice: "Dio non mi può perdonare", lo dice perché, misurando Dio su se stesso, sa che uno, offeso come egli ha offeso, non potrebbe perdonarlo. Ossia è superbia anche qui. L'umile compatisce e perdona, anche se soffre dell'offesa ricevuta. Il superbo non perdona. È superbo anche perché non sa chinare la fronte e dire: "Padre, ho peccato, perdona al tuo povero figlio colpevole". Ma non sai, Giuda, che tutto sarà perdonato dal Padre, se sarà chiesto perdono con cuore sincero e contrito, umile e volonteroso di risurrezione nel bene?».  
«Ma certi delitti non vanno perdonati. Non possono essere perdonati».  
«Tu lo dici. E vero sarà perché così l'uomo vorrà. Ma in verità, oh! in verità ti dico che anche dopo il delitto dei delitti, se il colpevole corresse ai piedi del Padre - si chiama Padre per questo, o Giuda, ed è Padre di perfezione infinita - e piangendo lo supplicasse di perdonarlo, offrendosi all'espiazione, ma senza disperazione, il Padre gli darebbe modo di espiare per meritarsi il perdono e salvarsi lo spirito».  
«Allora Tu dici che gli uomini che la Scrittura cita, e che si uccisero, fecero male».  
«Non è lecito fare violenza ad alcuno, e neppure a se stesso. Fecero male. Nella loro relativa conoscenza del bene avranno, in certi casi, avuto ancor misericordia da Dio. Ma da quando il Verbo avrà chiarito ogni verità e dato forza agli spiriti col suo Spirito, da allora non sarà più perdonato a chi muore in disperazione. Né nell'attimo del particolare giudizio, né, dopo secoli di Geenna, nel Giudizio finale, né mai. Durezza di Dio questa? No: giustizia. Dio dirà: “Tu hai giudicato, tu, creatura dotata di ragione e di soprannaturale scienza, creata libera, da Me, di seguire il sentiero da te scelto, e hai detto: 'Dio non mi perdona. Sono separato per sempre da Lui. Giudico che devo di mio applicarmi giustizia per il mio delitto. Esco dalla vita per fuggire dai rimorsi”, senza pensare che i rimorsi non ti avrebbero più raggiunto se tu fossi venuto sul mio paterno seno. E, come hai giudicato, abbiti. Io non violento la libertà che ti ho data.’
Questo dirà l'Eterno al suicida. Pensalo, Giuda. La vita è un dono e va amata. Ma che dono è? Dono santo. E allora la si ami santamente. La vita dura finché la carne regge. Poi comincia la grande Vita, l'eterna Vita. Di beatitudine per i giusti, di maledizione per i non giusti. La vita è scopo o è mezzo? È mezzo. Serve per il fine che è l'eternità. E allora diamo alla vita quel tanto che le serva per durare e servire lo spirito nella sua conquista. Continenza della carne in tutti i suoi appetiti, in tutti. Continenza della mente in tutti i suoi desideri, in tutti. Continenza del cuore in tutte le passioni che sanno di umano. Illimitato, invece, sia lo slancio verso le passioni che sono del Cielo: amore di Dio e di prossimo, volontà di servire Dio e prossimo, ubbidienza alla Parola divina, eroismo nel bene e nella virtù. Io ti ho risposto, Giuda. Ne sei persuaso? Ti basta la spiegazione? Sii sempre sincero e chiedi, se non sai ancora abbastanza: sono qui per esser Maestro».  
«Ho compreso e mi basta. Ma... è molto difficile fare ciò che ho compreso. Tu lo puoi perché sei santo. Ma io... Sono un uomo, giovane, pieno di vitalità...».  
«Sono venuto per gli uomini, Giuda. Non per gli angeli. 
Quelli non hanno bisogno di maestro. Vedono Dio. Vivono nel suo Paradiso. Non ignorano le passioni degli uomini, perché l'Intelligenza, che è loro Vita, li fa cogniti di tutto, anche quelli che non sono custodi di un uomo. Ma, spirituali come sono, non possono avere che un peccato, come uno lo ebbe di loro, e seco trascinò i meno forti nella carità: la superbia, freccia che deturpò Lucifero, il più bello degli arcangeli, e ne fece il mostro orripellente dell'Abisso. Non sono venuto per gli angeli, i quali, dopo la caduta di Lucifero, inorridiscono anche solo alla larva di un pensiero d'orgoglio. Ma sono venuto per gli uomini. Per fare, degli uomini, degli angeli.  
L'uomo era la perfezione del creato. Aveva dell'angelo lo spirito e dell'animale la completa bellezza in tutte le sue parti animali e morali. Non vi era creatura che l'eguagliasse. Era il re della terra, come Dio è il Re del Cielo, e un giorno, quel giorno in cui si sarebbe addormentato l'ultima volta sulla terra, sarebbe divenuto re col Padre nel Cielo. Satana ha strappato le ali all'angelo-uomo e vi ha messo artigli di fiera e brame di immondezza e ne ha fatto un che ha più nome di uomo-demone che di uomo soltanto. Io voglio cancellare la deturpazione di Satana, annullare la fame corrotta della carne inquinata, rendere le ali all'uomo, riportarlo ad essere re, coerede del Padre e del celeste Regno. So che l'uomo, se vuole volerlo, può fare quanto Io dico per tornare re e angelo. Non vi direi cose che non poteste fare.  
Non sono uno dei retori che predicano dottrine impossibili. Ho preso vera carne per poter sapere, per esperienza di carne, quali sono le tentazioni dell'uomo».  
«E i peccati?».  
«Tentati, tutti lo possono essere. Peccatori, solo chi vuole 
esserlo».  
«Non hai mai peccato, Gesù?»   
«Non ho mai voluto peccare. E questo non perché sono il Figlio del Padre. Ma questo ho voluto e vorrò per mostrare all'uomo che il Figlio dell'uomo non peccò perché non volle peccare e che l'uomo, se non vuole, può non peccare». 
«Sei stato mai in tentazione?».  
«Ho trent'anni, Giuda. E non sono vissuto in una spelonca su un monte. Ma fra gli uomini. E, anche fossi stato nel più solitario luogo della terra, credi tu che le tentazioni non sarebbero venute? Tutto abbiamo in noi: il bene e il male. 
Tutto portiamo con noi. E sul bene ventila il soffio di Dio e lo avviva come turibolo di graditi e sacri incensi. E sul male soffia Satana e lo accende in rogo di feroce vampa. Ma la volontà attenta e la preghiera costante sono umida rena sulla vampa d'inferno: la soffoca e doma».  
«Ma se non hai mai peccato, come puoi giudicare i peccatori?».  
«Sono uomo e sono il Figlio di Dio. Quanto potrei ignorare come uomo, e mal giudicare, conosco e giudico come Figlio di Dio. E del resto!... Giuda, rispondi a questa mia domanda: uno che ha fame, soffre più nel dire "ora mi siedo al desco", o nel dire  “non vi è cibo per me"?». 
«Soffre di più nel secondo caso, perché solo il sapere che ne è privo gli riporta l'odore delle vivande, e le viscere si torcono nella voglia».  
«Ecco, la tentazione è mordente come questa voglia, Giuda. Satana la rende più acuta, esatta, seducente di ogni atto compiuto. Inoltre l'atto soddisfa e talora nausea, mentre la tentazione non cade ma, come albero potato, getta più robusta fronda».  
«E non hai mai ceduto?».  
«Non ho mai ceduto».  
«Come hai potuto?».  
«Ho detto: "Padre, non mi indurre in tentazione"».  
«Come? Tu, Messia, Tu che operi miracoli, hai chiesto l'aiuto del Padre?».  
«Non solo l'aiuto, gli ho chiesto di non indurmi in tentazione. Credi tu che, perché Io sono Io, possa fare a meno del Padre? Oh! no! In verità ti dico che tutto il Padre concede al Figlio, ma che anche tutto il Figlio riceve dal Padre. E ti dico che tutto quanto sarà chiesto in mio nome al Padre verrà concesso. Ma eccoci al Get-Sammi, dove Io abito. Già sono i primi ulivi oltre le mura. Tu stai oltre Tofet. Già scende la sera. Non ti conviene salire sin là. Ci rivedremo domani allo stesso posto.  
Addio. La pace sia con te».  
«La pace a Te pure, Maestro... Ma vorrei dirti ancora una cosa. Ti accompagnerò sino al Cedron, poi tornerò indietro. 
Perché stai in quel luogo così umile? Sai, la gente guarda a tante cose. Non conosci nessuno in città che abbia una bella casa? Io, se vuoi, posso portarti da amici. Ti ospiteranno per amicizia a me; e sarebbero dimore di Te più degne».  
«Lo credi? Io non lo credo. Il degno e l'indegno sono in tutti i ceti. E senza mancare di carità, ma per non offendere giustizia, ti dico che l'indegno, e maliziosamente indegno, è sovente fra i grandi. Non occorre e non serve esser potenti per esser buoni o per nascondere il peccare agli occhi di Dio. 
Tutto deve capovolgersi sotto il mio segno. E grande non sarà chi è potente, ma chi è umile e santo».  
«Ma per essere rispettato, per imporsi...»  
«E' rispettato Erode? E Cesare è rispettato? No. Sono subìti e maledetti dalle labbra e dai cuori. Sui buoni, o anche solamente nei volonterosi di bontà, credi, Giuda, che saprò impormi più con la modestia che con l'imponenza».  
«Ma allora... spregerai sempre i potenti? Te ne farai dei nemici! Io pensavo parlare di Te a molti che conosco e che hanno un nome...»  
«Io non spregerò nessuno. Andrò ai poveri come ai ricchi, agli schiavi come ai re, ai puri come ai peccatori. Ma se sarò grato a chi darà pane e tetto alle mie fatiche, quale che sia il tetto e il cibo, darò sempre preferenza a ciò che è umile. I grandi hanno già tante gioie. I poveri non hanno che la retta coscienza, un amore fedele, dei figli, e il vedersi ascoltati dai più di loro. Io sarò curvo sempre sui poveri, gli afflitti e i peccatori. Io ti ringrazio del tuo buon volere. Ma lasciami a questo luogo di pace e preghiera. Va'. E Dio ti ispiri ciò che è bene».  
Gesù lascia il discepolo e si interna fra gli ulivi, e ogni cosa finisce.  

a cura del Team Neval

Riflessioni di Giovanna Busolini 

domenica 1 dicembre 2019

TUTTO, MA NON OFFENDERLO



Ho ancora un grande sacrificio da compiere. Devo bere il calice che il Signore mi darà, prima di morire. Che cosa contiene? Non lo so. Ma lo accetto in anticipo.
Non voglio, in ogni caso, offendere Gesù. Preferirei più volentieri morire, e rimanere cento e mille anni in Purgatorio, piuttosto che offenderlo anche solo un poco.

Beata Mirjam di Gesù Crocifisso

I NOSTRI MORTI



Come vederli
Come aiutarli
Come ci aiutano


Il corpo risorto 

Per completare il quadro della verità annunciata, l'apostolo Paolo, su richiesta dei cristiani, ci fa intravedere «come» risorgeranno i nostri corpi. È evidente che non è possibile dare una definizione scientifica dei corpi risorti. Noi, infatti, non abbiamo alcuna esperienza diretta delle realtà spirituali! Possiamo soltanto servirci di «analogie» che ci facciano intravedere quanto Dio ha preparato per i suoi eletti. L'analogia che usa l'Apostolo è quella del «seme». Spetta a Dio dare a ciascun seme il corpo che gli conviene. Certamente la natura del corpo risorto è uguale per tutti, ma le qualità saranno assai diverse. La bellezza ha le sue esigenze: come stella differisce da stella, fiore da fiore, splendore da splendore, così le qualità dei corpi risorti saranno più o meno luminose perché Dio, giusto rimuneratore, deve tener conto dei sacrifici, delle penitenze e delle virtù esercitate mediante il corpo, quale docile strumento dell'anima. Ecco le parole dell'Apostolo che realmente aprono un panorama impressionante alla nostra riflessione: Si semina corruttibile e risorge incorruttibile: si semina ignobile e risorge glorioso; si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale (1 Cor. 15,42-44). 
          L'analogia del seme può far nascere il dubbio di una lenta evoluzione dei corpi risorti. Ma non è così! Infatti: In un istante, in un batter d'occhio, al suono dell'ultima tromba, suonerà infatti la tromba, e i morti risorgeranno incorrotti e noi saremo trasformati. È necessario infatti che questo nostro corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo nostro corpo mortale si vesta di immortalità (1 Cor. 15,52-53). Abbiamo voluto presentare il pensiero dell'apostolo Paolo con le sue stesse parole, perché la stupenda verità della risurrezione dei morti sia compresa in tutta la sua profonda realtà. È infatti così sublime che perfino molti cristiani ne dubitano o di essa non hanno che vaghe e distorte idee. Ma la parola di Dio, così chiara, profonda e convincente nella presentazione dell'Apostolo, dovrebbe togliere ogni dubbio e illuminarne il contenuto. Inoltre la risurrezione dei morti, così esposta dall'Apostolo, ci fa intravedere la radicalità e l'estensione della redenzione di Gesù, e ci fa capire come il mistero pasquale di morte e di risurrezione del Figlio di Dio si rinnovi in ogni cristiano, anzi in tutto il creato. 

Del Padre francescano Pasquale Lorenzin

I MIEI COLLOQUI CON LE POVERE ANIME



Il cameriere Nicolò

Da qualche tempo vedo il cameriere Nicoló, che rimase molto tempo con mio nonno, ma lo vedo solo al primo piano girare per le camere. Sembra che cerchi qualche cosa: non potei ancora parlare con lui perchè finora non ero mai stata sola.
Durante la notte, da Pasqua in qua’, devo passare sempre brutte notti. Sento che c'è qualche cosa molto vicina a me, ma non riesco a vedere, però sento camminare, respirare, sempre vicino a me, poi anche un mormorìo o un rumore indefinibile, come "battere alla porta". E' una cosa molto più penosa che quando vedo qualche cosa. Una volta è incominciato alle undici ed è durato fino alle 5, impossibile dormire in queste condizioni. Mi sono alzata e mi sono seduta sul corridoio, ma il rumore mi seguí. Quando domandai: "Non potete farvi capire?" Qualche cosa mi toccò sulle spalle, io fui molto spaventata.

Basette

21 Aprile 1923. Oggi vidi per la seconda volta in chiesa due donne inginocchiate durante il Santo Rosario del sabato; esse sparirono e poi ritornarono. Quando dopo, io entrai insieme al Signor Parroco sperando che le vedesse anche lui, esse erano effettivamente lì, ma quando volli parlare con loro sparirono. Nicolò incontrato quattro volte, egli passò come di corsa accanto a me.
Per alcuni giorni ebbi la febbre la sera e non potei dormire ma non vidi e non sentii niente. Ora che sto di nuovo bene esse tornano di nuovo.
26 Aprile. All'una di notte venne la "Hauserin" (governante) morta un anno fa, di cui non so il nome. Aveva una espressione molto triste, non rimase a lungo, continuava ad andare in su e in giú.
27 Aprile. Eccola di nuovo, rimase piú a lungo; mi guardò fisso ma non disse niente, non rispose. Ho visto due volte Nicolò che cercava come sempre.
29 Aprile. La "Hàuserin" accanto a me dalle tre alle quattro e mezzo molto triste. Lei vorrebbe parlare, ma non può; non la vedo molto volentieri perché essa mi guarda sempre con gli occhi sgranati. Ho visto le undici colonne nebulose.
I Maggio. Essa era già in camera mia quando andai a dormire. Io le porsi un fazzoletto, perché li premesse su la mano, lei venne molto vicina, ma non lo prese.
4 Maggio. Essa venne due volte durante la notte, si è curvata tutto su di me, cosa che mi disgusta assai. - Ho rivisto anche Nicolò. Chiesi alla "Donna" come si chiamasse; lo feci piú volte senza ottener risposta. Poi risuonò come un suono spaventoso,.., Ba ...e", era molto triste. E' molto contenta dell'acqua santa, perché fino che non gliela dò è molto agitata.

Nota. Il parroco Sebastiano Wieser conobbe molto bene la morta (Barbara Z.) quando era viva. Secondo la sua descrizione essa era una nubile, apparentemente molto pia, ma molto isterica, era una persona sensuale, che scriveva lunghe lettere ai sacerdoti e ingannó uno di loro con molta raffinatezza. Alla fine ne nacque un bambino e poi in meno di un anno morì. "Hauserin" é il vecchio nome per Haushelterin - governante o massaia.

5 Maggio. Era di nuovo qui; ora so che si chiamava Babette. Mi stanca assai, perché resta sempre così a lungo. Vidi anche che ha un vestito molto sciupato; tiene anche qualche cosa in bocca, non si vede bene.
9 Maggio. Venne di nuovo due volte di notte; vidi pure gli undici.
12 Maggio. Incontro Nicoló sul corridoio, sembra molto contento.
13 Maggio. La "H'àuserin" di nuovo lì, per niente comodo, si piegò su di me. La sua bocca è ripugnante come una ulcerazione, il labbro inferiore tutto nero. Ha pure brutti occhi; sarei felice di riuscire a far breccia su di lei, ma non se ne ricava nulla. Vorrebbe parlare ma non può.
14 Maggio. Dì nuovo, ha aperto la porta che io chiusi solo per provare.
15 Maggio. Ho visto di nuovo Nicolò.
18 Maggio. La "Hauserin" rimase vicina a me dall'una alle tre e mezzo, mi svegliò con un lamento. Poiché avevo ricevuto questo consiglio, le tenni davanti la reliquia della S. Croce e domandai: "Sei dannata?" Lei scosse il capo in senso negativo. Allora io dico: "Io ti scongiuro di dirmi che cosa vuoi! Non voglio piú vederti!" Poi con suoni difficili da comprendere: "Sempre ingannato... Parroco.." La pregai di ripetere, perché non riuscivo a capire il senso, ma se ne andò aprendo di nuovo la porta.
22 Maggio. Venne tutta sconvolta, come uno che scappa, aveva un aspetto pauroso. Io dissi: "Ti ordino di dirmi perché continui a venire da me?" Allora mi venne vicina mi indicò la sua bocca. Io mi spaventai moltissimo. Poi mi sparì.
23 Maggio. Mi ero appena addormentata che lei era di nuovo qui. Io dissi: "Se adesso non mi dici che cosa vuoi, io non prego piú per te!" Per lungo tempo non disse una parola, poi un mormorìo incomprensibile. Io: "Dimmi una buona volta che genere di bugie hai detto!" Mi viene molto vicina e dice chiaramente: "Devo patire, ho mentito molto, ho diffamato, dillo al Parroco!" Io: "Perché non vai tu da lui?" Nessuna risposta.
24 Maggio. Venne con un'altra figura, che non potei riconoscere. Io avevo tanta paura, tenni davanti a loro la reliquia della Croce e dissi: "Vi prego, non venite piú!" Riceverete una S. Messa. Vidi di nuovo le due donne in Chiesa.

EUGENIA VON DER LEYEN

Preghiere con comando diretto alle legioni diaboliche




Nel nome di Gesù, per il Suo Preziosissimo Sangue versato per l’umanità intera, con l’intercessione di Maria Vergine, di San Michele Arcangelo e di tutti i Santi Arcangeli, e di tutti i Santi Angeli, e di tutti i Santi, tra essi San Padre Pio, San Francesco, San Giuseppe, Sant’Antonio da Padova, io spezzo e rompo, sciolgo e anniento, ogni maleficio e maledizioni, ogni effetto di rito vudù e macumba, di magia, di stregoneria, di rito satanico e demonio, di legame maligno fatto tramite bambolotti e conficcamento di spilli sulla mia testa, sul mio cervello, sulla mia nuca, sulle mie spalle, sulla mia schiena, sul mio sesso, sul mio utero, sul mio stomaco, sul mio apparato digerente, sulle mie gambe, sui miei piedi. Io lo sciolgo e lo anniento nel nome di Gesù.

I doni profusi dallo Spirito Santo su PADRE PIO



I doni descritti da Padre Pio con le sue parole 

Padre Pio stesso descrive i doni ricevuti, nelle lettere scritte ai suoi direttori spirituali e ai suoi figli spirituali: 

A Padre Benedetto, 20 giugno 1913: "Le manifestazioni che il Signore suole fare all'anima mia parmi che vadano distinte così: puramente soprannaturali, riguardanti esseri privi di forme, ed in manifestazioni di esseri sotto forme umane.  

Le prime riguardano Dio, le sue perfezioni, i suoi attributi. Di queste non riesco in nessun modo a trarle in scritto.... 

In queste manifestazioni e locuzioni divine l'anima vede quei celesti secreti, quelle divine perfezioni, quegli attributi divini assai più di quello che noi vediamo la nostra immagine nello specchio.... Noi non possiamo separare quell'immagine dallo specchio e molto meno noi possiamo toccarla col tatto. Eppure l'immagine esiste fuori di noi sebbene non senza di noi....  

“In quanto all'altra specie di manifestazioni esse riguardano nostro Signore sotto figure umane; nell'ultima cena, grondante sangue nell'orto, legato alla colonna, glorioso e risplendente nella sua risurrezione ed in altri modi ancora. Riguardano ancora la Regina degli Angioli ed altri personaggi celesti rivestiti di forme umane."  

"Questo linguaggio vi sembrerà arabo, ma se il Signore ve ne ha fatto fare qualche esperienza in questa materia, conoscerete che dico il vero."(Epist. I, 373-375)   

Padre Pio ad Annita Rodote: "Diletta figlia di Gesù, ...date piena libertà alle libere operazioni dello Spirito Santo." (Epist. III, 79) 

Padre Pio a Maria Gargani: "Lo Spirito Santo richiede, per più liberamente operare in noi, la tranquillità e la calma." (Epist. iii, 252) 

Padre Pio a Rachelina Russo: "Gesù continui a riguardarti per sua prediletta figliuola e ti ricolmi di tutti i suoi celesti carismi." (Epist. III, 521)A Girolama Longo: "Lascia fare quello che brama di fare lo Spirito Santo in te. Egli è discreto, sapiente e soave." (Epist. III, 1023) Simile a Raffaelina Cerase (Epist. II, 64) 

A Raffaelina Cerase: "Lo Spirito Santo vi riempia dei suoi santissimi doni." (Epist. II, 100) 

A Raffaelina Cerase: "Allargate il vostro cuore ai carismi dello Spirito Santo, che aspetta un vostro cenno per arricchirvene." (Epist. II, 259) 

"Doni assai grandi il Signore ha fatto all'anima mia." Lettera a Padre Benedetto del 26 marzo 1914. (Epist. I, 461)  

GESU' EUCARISTIA l’amico che ti aspetta sempre



Il sacerdote è il ponte tra Dio e gli uomini. Parla a Dio degli uomini e agli uomini di Dio. È pastore e guida del popolo di Dio. Deve essere anche difensore del suo popolo dai costanti attacchi del maligno. Oggi giorno sembra che il diavolo giri libero per il mondo. Esistono ovunque gruppi satanici che diffondono il male e il culto a satana... Esistono società segrete, governi, istituzioni e molte sette che combattono contro la Chiesa Cattolica. E c’è tanta gente oppressa dal potere del demonio e dai suoi seguaci, che fanno fatture e malefici per creare sofferenze, separazioni e ogni tipo di cattiveria. Il sacerdote deve affrontare il maligno con una vita di santità personale per poter liberare le anime e salvarle.
Deve essere consapevole dei poteri che Dio gli ha donato per esorcizzare (in privato), per benedire, per predicare, per perdonare e, soprattutto, per celebrare l’Eucaristia. Deve consigliare la recita del Rosario, la lettura della Parola di Dio, il digiuno, l’uso dello scapolare del Carmelo e delle immagini sacre... e tutto ciò che può servire per la lotta contro le forze oscure dell’inferno. In questa lotta può essere anche molto utile la recita del Rosario o Coroncina della Misericordia che Gesù insegnò alla santa Faustina Kowalska. In essa si ripete l’orazione «Eterno Padre, io ti offro il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità del Nostro Signore Gesù Cristo in espiazione dei nostri peccati e di quelli di tutto il mondo».
Certamente il sacerdote deve essere ben preparato, istruito, aggiornato su tutte le norme e le disposizioni della Chiesa e seguirle. Però, soprattutto, deve essere uomo di preghiera e di sacrificio, disposto a dare la sua vita per gli altri. «Sì, il sacerdote dev’essere innanzi tutto un uomo di preghiera, convinto che il tempo dedicato all’incontro intimo con Dio è sempre quello impiegato meglio, poiché oltre ad aiutarlo lo sostiene anche nel suo lavoro apostolico» (DM 9). In certo qual modo è responsabile di tutta l’umanità, infatti Dio gli affida tutti gli uomini perché li porti nel suo cuore ogni volta che celebra la santa Messa. Il sacerdote deve essere maestro della Parola di Dio e strumento di pace e di perdono, innanzitutto mediante il sacramento della riconciliazione che è «parte essenziale della sua missione» (DM 5). Egli è rappresentante e ambasciatore di Cristo nel mondo, depositario e distributore dei tesori della Redenzione. «Egli è amministratore di beni invisibili e incommensurabili appartenenti all’ordine spirituale e soprannaturale» (DM 9). È ministro di Cristo e della Chiesa, sempre in comunione col vescovo. Deve essere un “padre” per tutti, senza eccezione alcuna e deve vivere dell’Eucaristia e per l’Eucaristia. In sintesi deve essere Eucaristia vivente di Gesù. Diceva il grande scienziato gesuita Teilhard de Chardin: «Beati i sacerdoti scelti per l’atto supremo della loro vita, logico coronamento del loro sacerdozio: la Comunione fino alla morte con Cristo». 

Angel Peña

PREGHIERE CHE SCONFIGGONO I DEMONI



 Infrangere Maledizioni e Rilasciare le benedizioni di Dio 
              
Sono riscattato dalla maledizione attraverso il sangue di Gesù (Gal. 3:13). 
              Io sono il seme di Abramo e la sua benedizione è mia (Gal. 3,14). 
              Scelgo la benedizione invece della maledizione e la vita invece della morte (Dt 11,26). 
              Rompo e rilascio me stesso da tutte le maledizioni generazionali e le iniquità come risultato 
dei peccati dei miei antenati nel nome di Gesù. 
              Rompo e rilascio me stesso da tutte le maledizioni su entrambi i lati della mia famiglia fino a 
sessanta generazioni indietro. 
              Infrango tutte le maledizioni di stregoneria, magia e divinazione nel nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di orgoglio e di ribellione nel nome di 
Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di morte e distruzione nel nome di Gesù. 
              Infrango e rimprovero tutte le maledizioni di malattia e di infermità nel nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di povertà, mancanza, e debito nel nome di 
Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di rifiuto nel nome di Gesù. 
              Rompo e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di doppiezza mentale e schizofrenia nel 
nome di Gesù. 
              Rompo e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di Gezabele e Achab nel nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di divorzio e separazione nel nome di 
Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di lussuria e perversione nel nome di 
Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di confusione e malattia mentale nel nome 
di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni di idolatria nel nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni che provocano incidenti e morte prematura 
nel nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni del girovagare e del vagabondaggio nel 
nome di Gesù. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni pronunciate e le parole negative dette 
contro di me da altri e da coloro che hanno autorità, e li benedico. 
              Infrango e rilascio me stesso da tutte le maledizioni auto-inflitte da parole negative che ho 
dette, nel nome di Gesù. 
              Ordino ad ogni demone che si nasconde e opera dietro una maledizione di venire fuori nel 
nome di Gesù. 

Dio vostro Padre aiuta là dove Lo si supplica!



Maria Madre di Dio

Dio, vostro Padre, vi aiuta quando voi LO pregate con fede!

Ricordatevelo sempre e pregateCi di aiutarvi! Noi verremo e l’impossibile diverrà possibile! Le cose senza speranza avranno una nuova prospettiva! Ciò che è andato distrutto verrà nuovamente ricostruito!

Figli Miei. Credete e abbiate fiducia perché Dio vostro Padre, non vi abbandona mai.

Cosi sia

Solo così sfuggirete alla palude della vostra odierna società!



Maria Madre di Dio

Dovete ritrovare la strada verso il Padre, perché solo in questo modo sfuggirete alla palude della vostra odierna società che divora tutto ciò che la intralcia e trascina con sé tutti quelli, che non vivono nella fiducia e nella fede in Dio e Mio Figlio.

Utilizzate la Santa Confessione, figli Miei, perché è uno dei sacramenti che Dio nostro Padre vi regalò per la purificazione e per la  liberazione dal peccato.

Così sia.

Giurare fedeltà al magistero di Bergoglio?



MADONNA DE LA SALETTE

Alla vigilia della Festa dell’Addolorata, il 19 settembre 1846, la giovanetta Melania Calvat, di 15 anni, e il ragazzo Massimino Giraud, di 11 anni, saliti sul monte de la Salette per condurre al pascolo le mucche, videro la Madonna e ricevettero da Lei un Messaggio, poi riconosciuto dalla Chiesa, ma che una diabolica congiura ha sempre occultato, mutilato o fatto tacere.
Ecco alcune frasi del Messaggio: 

«I preti, ministri di Mio Figlio, per la loro vita cattiva, per la loro irriverenza e la loro empietà nel celebrare i Santi Misteri, per l’amore degli onori e dei piaceri,preti sono diventati cloache d’impurità. Sì, i preti chiedono vendetta e la loro vendetta è sospesa sulle loro teste!».

«I peccati delle persone consacrate a Dio gridano verso il Cielo e chiedono vendetta, ed ecco che la vendetta è sospesa sulle loro teste!.. Molti abbandoneranno la fede e il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande … molte case religiose perderanno la fede e perderanno molte anime».

«Guai ai principi della Chiesa che non saranno occupati che ad accumulare ricchezze, che a salvaguardare la loro autorità e a dominare con l’orgoglio!.. Tremate voi che fate professione di adorare Gesù Cristo e che interiormente adorate solo voi stessi; tremate, perché Dio sta per consegnarvi al Suo nemico, perché i luoghi santi sono nella corruzione…».

«La Chiesa sarà abbandonata a grandi persecuzioni: quello sarà il tempo delle tenebre. La Chiesa avrà una crisi orrenda… Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo!..
La Chiesa verrà eclissata… il mondo sarà nella costernazione...».

«Ecco il tempo, l’abisso si apre.
Ecco il re delle tenebre. Ecco la Bestia, con i suoi sudditi, che si proclama salvatore del mondo.
S’innalzerà con orgoglio nell’aria per andare fino in cielo, ma sarà soffocato … cadrà  e sarà gettato, per sempre, con tutti i suoi negli abissi eterni dell’inferno!».

GESU’ OSTIA



LA «PRESENZA» IN NOI


La preparazione, il ringraziamento, le disposizioni e le condizioni per la Comunione

Quando qualche persona ci comunica che verrà a trovarci, ci prepariamo a riceverla. Curiamo il nostro aspetto, mettiamo in ordine il luogo dell'incontro, facciamo cioè il possibile per accogliere, nel migliore dei modi, l'ospite in arrivo.
Più l'ospite è importante, maggiore è il nostro impegno. Più l'ospite è una persona a noi cara, maggiore è il desiderio di incontrarlo.
Proviamo per un attimo a pensare se dovessimo, un giorno, ricevere nella nostra casa una grande personalità.
II tempo dell'attesa, da interminabile diventerebbe paurosamente insufficiente. Sicuramente sposteremmo di continuo la data dell'incontro: l'ansia e l'emozione renderebbero i preparativi ancora più lunghi! Ebbene, si tratta solo di un ospite terreno, di una creatura di questo mondo, di un essere umano come noi. La vita del cristiano è arricchita da incontri ben più preziosi! Con la Comunione, infatti, riceviamo l'Ospite divino nella casa della nostra anima. E sarà la misura del nostro coinvolgimento nella preparazione, a determinare la fruttuosità dell'incontro.
Lasciamoci, a tal proposito, consigliare dall'ascetico autore de "L'Imitazione di Cristo":
«[ ...] Ecco, Noè, uomo giusto, lavorò cent'anni nella costruzione dell'arca, per salvarsi con pochi; e come potrò io, solo in un'ora, prepararmi a ricevere con religioso timore il costruttore del mondo?
Mosè, il tuo grande servo, a te particolarmente caro, costruì un'arca con legni non soggetti a marcire e la rivestì d'oro purissimo, per riporvi le tavole della legge; ed io, putrida creatura, oserò ricevere con tanta leggerezza te, autore della legge e datore della vita?
Salomone, il più sapiente dei re d'Israele, edificò, con un lavoro di sette anni, un tempio grandioso a lode del tuo nome; ne celebrò la dedicazione con una festa di otto giorni e con l'offerta di mille vittime pacifiche, e collocò solennemente, tra gioiosi suoni di tromba, l'arca dell'alleanza nel luogo per essa predisposto. E come ti introdurrò nella mia casa, io, infelice, il più miserabile tra gli uomini; io che, a stento, riesco a passare devotamente una mezz'ora? E fosse, almeno, una volta, una mezz'ora trascorsa degnamente!
[...] Eppure c'è un abisso tra l'arca dell'alleanza, con le reliquie che custodisce, e il tuo corpo purissimo, con le sue indicibili virtù; tra i sacrifici legali di allora, simbolo dei sacrifici futuri, e il tuo corpo, vittima vera, che porta a compimento tutti gli antichi sacrifici.
[...] Se allora si viveva in così grande devozione; se di quel tempo restò il ricordo delle lodi date a Dio davanti all'arca dell'alleanza, quanta venerazione e quanta devozione devono essere ora in me, e in tutto il popolo cristiano, alla presenza del sacramento, nella comunione del corpo di Cristo, cosa più sublime di ogni altra?» (Lib. IV; cap. 1).
Il discorso prosegue, ma adesso è Gesù che si rivolge direttamente a colui che si appresta a riceverlo:
«[ ...] Se vuoi che io venga a te e rimanga presso di te, purificati dal "vecchio lievito" e purifica la dimora del tuo cuore. Caccia fuori tutto il mondo e tutto il disordine delle passioni; sta' "come il passero solitario sul tetto" e ripensa, con amarezza di cuore, ai tuoi peccati. Colui che ama prepara al suo amato il luogo migliore e più bello: da questo si comprende l'affetto di chi riceve la persona cara.
Sappi tuttavia che, per questa preparazione - anche se essa durasse un intero anno e tu non avessi altro in mente - non potresti mai fare abbastanza con le tue sole forze. È soltanto per mia benevolenza e per mia grazia che ti viene concesso di accostarti alla mia mensa: come se un povero fosse chiamato al banchetto di un ricco e non avesse altro modo per ricambiare quel beneficio che nell'umiliarsi e rendere grazie.
Fa' dunque tutto quello che è nelle tue possibilità, fallo con molta attenzione, non per abitudine, non per costrizione; ma con timore, venerazione e amore ricevi il corpo del tuo amato Signore Dio, che si degna di venire a te. Sono io che ti ho chiamato; sono io che ti ho comandato di fare così, sarò io a supplire a quel che ti manca. Vieni ed accoglimi.
Se ti concedo la grazia della devozione, siine grato al tuo Dio; te la concedo, non già per il fatto che tu ne sia degno, ma perché ho avuto misericordia di te. Se non hai questa devozione, anzi ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa, senza smettere finché non avrai meritato di ricevere almeno una briciola o una goccia della grazia di salvezza.
Sei tu che hai bisogno di me, non io di te. Sono io che vengo a santificare te e a farti migliore, non sei tu che vieni a dare santità a me. Tu vieni per ricevere da me la santità, nell'unione con me; per ricevere nuova grazia, nel rinnovato, ardente desiderio di purificazione. "Non disprezzare questa grazia"; prepara invece il tuo cuore con ogni cura e fa' entrare in te il tuo diletto» (Lib. IV; cap. 12).
Alla preparazione per ricevere il Sacramento, deve seguire un adeguato raccoglimento, necessario per ottenere una grazia maggiore.
"L'Imitazione di Cristo" conclude con le parole di Gesù rivolte a chi si è comunicato: «Guardati dal molto parlare; tieniti appartato, a godere del tuo Dio. Tu possiedi colui che neppure il mondo intero ti potrà togliere.
Io sono colui al quale devi darti interamente, così che tu non viva più in te, ma in me, senza alcun affanno» (Lib. IV; cap. 12).
Che luminosi ammaestramenti! Ci fanno capire la nostra piccolezza di fronte alla grandiosità di quello che è certamente l'atto più importante nella giornata del credente.
Un'adeguata preparazione, però, non deve rimanere fine a se stessa, ma essere una delle innumerevoli fasi che costituiscono la continua crescita del cristiano. Bisognerebbe cioè vivere - giorno dopo giorno - l'attesa dell'Ospite Divino, come se la sua presenza fosse in noi permanente.
Qualcuno, allora, potrebbe dire: «Non mi comunico perché non ne son degno!». E questa frase si sente spesso.
A questo proposito, così interviene Sant'Alfonso Maria de' Liguori: «Ho detto: colla disposizione conveniente, non già colla degna, perché se bisognasse la degna, e chi mai potrebbe più comunicarsi? Solo un altro Dio sarebbe degno di ricevere un Dio. Intendo conveniente quella che conviene ad una misera creatura vestita dell'infelice carne di Adamo. Basta che la persona, ordinariamente parlando, si comunichi in grazia, e con vivo desiderio di crescere nell'amore verso Gesù Cristo».
Anche San Giovanni Bosco, in una pubblicazione in cui esorta all'assiduità nella Comunione, così risponde a quegli interrogativi che potrebbero esserne d'ostacolo: «Taluno dirà: io sono troppo peccatore. Se tu sei peccatore procura di metterti in grazia col Sacramento della Confessione, e poi accostati alla Santa Comunione, e ne avrai grande aiuto. Un altro dirà: mi comunico di rado per avere maggior fervore. È questo un inganno. Le cose che si fanno di rado per lo più si fanno male. Altronde essendo frequenti i tuoi bisogni, frequente deve essere il soccorso per l'anima tua. Alcuni soggiungono: io sono pieno di infermità spirituale, e non oso comunicarmi sovente. Risponde Gesù Cristo: Quelli che stanno bene non hanno bisogno del medico: perciò quelli che sono maggiormente soggetti ad incomodi loro è mestieri essere sovente visitati dal medico. Coraggio adunque, o cristiano, se tu vuoi fare un'azione la più gloriosa a Dio, la più gradevole a tutti i santi del cielo, la più efficace per vincere le tentazioni, la più sicura a farti perseverare nel bene, ella è certamente la santa Comunione».
Padre Pio da Pietrelcina scrive ad una figlia spirituale: «Io penso che la santissima Eucaristia sia il gran mezzo per aspirare alla santa perfezione, ma bisogna riceverla col desiderio e coll'impegno di togliere dal cuore tutto ciò che dispiace a colui che vogliamo alloggiare».
Il decreto "Sacrosancta Tridentina Synodus" della Congregazione del Concilio del 16 dicembre 1905, mettendo ordine nelle discussioni dei teologi, indica le disposizioni necessarie, le disposizioni e condizioni utili per comunicarsi, tuttora vigenti.
Le disposizioni necessarie (cioè quelle senza cui non si ottiene l'effetto del Sacramento) sono: lo stato attuale di grazia santificante e la retta intenzione.
Le disposizioni e condizioni utili (cioè quelle che aumentano la fruttuosità della Comunione, e che la loro mancanza non ne svuota totalmente gli effetti) sono: l'assenza di peccati veniali, una preparazione e ringraziamento, infine il consiglio del confessore, che si rende opportuno - sotto forma di direzione spirituale - soprattutto nell'uso della Comunione quotidiana.
L'Eucaristia opera in funzione della natura del soggetto che la riceve. La sua azione, quindi, può essere nulla, sminuita o completa.
Ecco un tracciato schematico per chi intende accostarsi con profitto alla Comunione, le cui linee potrebbero sembrare scontate, ma che è bene ricordare:
- Essere battezzati.
- Sentire la propria appartenenza alla Chiesa.
- Accettare questo Mistero, credendo fermamente nella presenza vera, reale, sostanziale di Gesù Cristo nel Sacramento dell'altare.
- Vivere gli insegnamenti evangelici.
- Esaminare se stessi, ed eventualmente riconciliarsi con Dio mediante la Confessione.
- Essere digiuni da almeno un'ora (l'acqua e le medicine non rompono il digiuno).
- Concentrarsi sull'imminente incontro con Gesù, lasciando da parte ogni tipo di distrazioni.
- Evitare che la Comunione diventi un'abitudine.
Questi punti sono intrecciati con un unico filo, quello dell'amore. Senza amore, risulterebbe tutto vano.
Ingrediente essenziale dell'amore è il desiderio. È il desiderio di mangiare e bere, infatti, che rende più trepidante l'attesa e più gustosi il cibo e la bevanda.
E, una volta nutriti e dissetati, la volontà non può non disporsi in un atteggiamento di gratitudine, più o meno profondo a seconda della sensibilità di ognuno.

Per le anime dei non credenti



O Gesù Mio, aiuta i Tuoi poveri figli 
che sono ciechi alla tua promessa di salvezza. 
Ti supplico, con l’aiuto delle mie preghiere e sofferenze, 
di aprire gli occhi dei non credenti, in modo che possano vedere il Tuo 
tenero amore e correre tra le Tue sacre braccia per la protezione. 
Aiutali a vedere la verità e chiedere perdono per tutti i loro peccati, 
in modo che possano essere salvati ed essere i primi a oltrepassare  
le Porte del Nuovo Paradiso. 
Prego per queste povere anime tra cui uomini, donne e bambini  
e Ti esorto ad assolverli per i loro peccati. 
Amen.