Le pie pratiche del Sacro Cuore
I nove primi venerdì del mese
L’ultima fra le promesse fatte dal Sacro Cuore a Margherita Maria è nota anche come «grande promessa», perché è la più importante al fine della salvezza.
Essa venne formulata da Gesù in questi termini: «Nell’ eccessiva misericordia del mio Cuore, ti prometto che il suo onnipotente amore accorderà la grazia della penitenza finale a tutti coloro che faranno la Comunione per i primi venerdì di nove mesi consecutivi. Essi perciò non morranno in mia disgrazia né privi dei Sacramenti. Il mio Cuore diventerà per loro sicuro rifugio in quel supremo momento» 61. Il Redentore promette quindi, per chi seguirà questa pratica con buono spirito, la «penitenza finale» e la conseguente «perseveranza finale» 62.
Ricordiamo che la penitenza finale è l’atto con cui il moribondo, mosso da autentico amore di Dio o perlomeno da un santo timore, prova un sincero pentimento per tutte le offese fattegli. Con essa, il fedele si libera dal peccato mortale e si predispone ad ottenere la «perseveranza finale».
La perseveranza finale è un dono di Dio al moribondo, predisponendo le cose in modo ch’egli non si angosci per la propria fine imminente né disperi della propria salvezza, ma abbia fiducia nella divina misericordia e muoia nella pace del Signore.
Insomma, è la morte in stato di grazia, quella che ci assicura la salvezza eterna: «Colui che persevererà fino alla fine, sarà salvato» (Mt.,10,22). E’ il dono supremo, perché nessuno merita questa salvezza e solo Dio può disporre che, nonostante una vita forse passata nel peccato, la morte coincida con un momento in cui si è in stato di grazia. Tuttavia noi dobbiamo inclinare Dio a questa decisione, offrendogli una vita fedele e virtuosa, segno di predestinazione alla salvezza: «La perseveranza è il sigillo delle buone azioni, (…) l’ultima disposizione alla gloria celeste, l’ingresso nella beata eternità» 63.
Sulla scia dei giansenisti, alcuni devoti scrupolosi hanno criticato a volte con vigore la pratica dei primi venerdì. Essi hanno creduto che pretendesse assicurare automaticamente la salvezza, senza meriti, senza la contropartita di una vita virtuosa.
Ma si è trattato di un grossolano equivoco. In realtà, la stessa Margherita Maria più volte precisò che Gesù sarà fedele alle proprie promesse e ci darà quel gran dono finale solo a patto di amarlo e imitarlo, «vivendo in conformità alla sue sante Leggi» 64. Ella aggiunse: «Quando parlai della devozione a questo Cuore, intendevo una devozione fatta non di sola preghiera, ma anche di perfetta conformità alle sue sante virtù» 65. In ogni caso, bisogna ricordare che Dio è padrone di concedere la salvezza a chi vuole, indipendentemente dai meriti della persona; pertanto, può misericordiosamente assicurare la redenzione in cambio di una inezia. Tuttavia, ciò non vuol dire che si possa vivere lontani da Lui illudendosi di ottenere questa misericordia finale: sarebbe il miglior modo per dannarsi!
Del resto, tale pratica è raccomandata dalla Chiesa. Secondo la Congregazione per il Culto Divino, «nel nostro tempo la devozione dei primi venerdì del mese, se praticata in modo pastoralmente corretto, può recare ancora indubbi frutti spirituali» 66. Analogamente ne ha parlato più volte Giovanni Paolo II 67.
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