cronaca dell’occupazione neomodernista della Chiesa Cattolica
’INIZIO DELLA CRISI
La reazione dei modernisti
Di fronte alle condanne della Santa Sede i modernisti, com’era ampiamente prevedibile, si atteggiarono a vittime innocenti e incomprese del solito presunto “oscurantismo papale”; ma San Pio X aveva visto giusto.
Prendiamo, ad esempio, l’abbé Loisy, l’esponente forse più emblematico del modernismo. Ebbene, dopo la sua aperta apostasia egli rivelava cinicamente nelle sue “Memorie”14 le sue reali intenzioni, a lungo e abilmente dissimulate:
“Ho coscienza” - confessava il Loisy - d’aver usato le più grandi accortezze per far penetrare un po’ di verità nel cattolicesimo... Infatti, mi sono sempre astenuto dal dimostrare “ex professo” la non verità del cattolicesimo”. (v. II, p. 455).
“Logomachia metafisica a parte, io credo alla divinità di Gesù meno di Harnack (...) e considero l’incarnazione personale di Dio come un mito filosofico. (...) Se io sono qualcosa in religione, sono piuttosto panteo-positivo-umanitario che cristiano” (v . II, p. 397).
“Storicamente parlando - rivelava ancora il Loisy - io non ammettevo che il Cristo avesse fondato la Chiesa e i Sacramenti; professavo che i dogmi sono sorti gradualmente e che perciò non sono immutabili; lo stesso ammettevo per l’autorità ecclesiastica, di cui facevo un ministero di educazione umana”. (v. II, p. 168)
Quanto ai modernisti nostrani, essi reagirono subito alle condanne della “Pascendi” ammettendo, non pubblicamente, è ovvio, che essa aveva colpito nel segno.
Don Enrico Buonaiuti, forse il più noto e anche il più estremista dei modernisti italiani, riconosceva, ad esempio, in una lettera ad un amico: “Questa sera esce l’enciclica (la “Pascendi”) ed è terribile. Non ne ho potuto vedere tutto il testo, ma quanto ne ho sapu
to basta per capire che è la condanna definitiva di quel che noi riteniamo con maggior fermezza nel campo filosofico e critico”.15
Anche il Gallarati-Scotti, sentendosi evidentemente colpito nelle sue idee più intime, lanciava il suo grido di guerra contro l’Enciclica: “Per me, questa è un’ora di tempesta (...). lo mi sento disposto a tutto sof frire per la verità (la “verità” modernista, ovviamente: n d.r.), e in fondo non mi dispiace se l’Enciclica ci obbligherà a dimostrare come siamo pronti a confessare con l’azione le nostre convinzioni”.16
Pubblicamente, però, nessuno dei modernisti volle riconoscersi assertore delle dottrine condannate dalla Pascendi, e molti affermarono che il Papa aveva, in sostanza, esagerato le accuse inventandosi una “dottrina modernista” che nessuno dei novatori avrebbe mai professato come tale nel suo complesso.
In realtà, tralasciando quei modernisti che, ipocritamente e per motivi tattici, con “artificio astutissimo” esponevano “le loro dottrine non già coordinate e raccolte quasi in un tutto, ma sparse invece e disgiunte l’una dall’altra, allo scopo di passare essi per dubbiosi e come incerti, mentre di fatto” erano “fermi e determinati”,17 ve n’erano ef fettivamente anche altri più “moderati”.
Questi però, a differenza dei più logici “estremisti”, non riuscivano a vedere e a trarre tutte le conseguenze necessariamente implicate nei loro errori di principio, cosicché la loro pretesa di fermarsi a metà strada, proprio perché illogica, non sarebbe bastata ad arrestare il processo di disintegrazione della Chiesa e della dottrina cattolica che il modernismo aveva ormai innescato.
I principali esponenti del modernismo, sordi ad ogni richiamo, furono colpiti dalle censure canoniche uno dopo l’altro.
Il p. Tyrrel, ad esempio, fu scomunicato nell’ottobre 1907, dopo essere stato espulso dalla Compagnia di Gesù; il 7 3 1908 fu il turno dell’ abbé Loisy, che apostatò apertamente; don Salvatore Minocchi fu sospeso a divinis nel gennaio 1908 e lasciò in seguito l’abito ecclesiastico; nel marzo 1909 fu scomunicato don Romolo Murri; le opere del p. Laberthonnière, compreso il periodico modernista da lui diretto (Annales de philosophie chrétienne), furono messe all’Indice nel maggio 1913 (lui sfuggì alla scomunica con una ritrattazione evidentemente falsa, dato che altre sue opere moderniste furono pubblicate postume); don Enrico Buonaiuti fu scomunicato più tardi, nel 1921, e poi, dopo un’apparente sottomissione, definitivamente nel 1924.
Il movimento modernista accusò il colpo e subì un momentaneo arresto, ma le energiche condanne di San Pio X non ebbero tutti gli effetti sperati: un certo malcontento e una sorda resistenza si erano diffusi nei confronti delle direttive del Papa un po’ ovunque, anche in alcuni membri dell’episcopato che non volevano comprendere la gravità della situazione e, come al solito, cercavano di uscire dall’isolamento culturale, sociale e politico, scendendo a compromessi con lo spirito del mondo.
Questa sorta di muro di gomma opposto all’azione del Papa, permise ai modernisti di sopravvivere e di continuare la loro attività, anche se in modo più cauto e clandestino, fino al trionfo dei loro discepoli nel Concilio Vaticano II!
Nessun commento:
Posta un commento