mercoledì 26 aprile 2023

PANE DI VITA ETERNA E CALICE DELL’ETERNA SALVEZZA

 


Mistero – miracolo


L’Eucaristia è «una singolare abbondanza e varietà di miracoli»; «miracolo massimo nel suo genere».

Leone XIII


1. Che cosa opera?

Nell’Eucaristia Dio Onnipotente opera il mistero e il miracolo. Mistero perché  contiene realtà che oltrepassano la capacità di ogni intelletto creato, anche se gli potessimo  mettere insieme tutti; e miracolo perché oltrepassa ciò che può fare ogni potenza creata,  anche se le potessimo sommare tutte. 

Così Dio, per sua potenza, trasforma tutta la sostanza del pane e del vino in tutta la  sostanza del Corpo e del Sangue del Signore, e acclude ciò che va unito ed essi  inseparabilmente.

a) Mistero

Citando ad Eusebio San Tommaso dice: «“Stando per sottrarre agli sguardi degli  altri il Corpo che aveva assunto per trasferirlo in cielo, era necessario che nel giorno della  Cena consacrasse per noi il sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, perché fosse per  sempre onorato nel mistero ciò che una sola volta veniva offerto in riscatto”»[405].

E citando Sant’Agostino: «“Il Salvatore per far capire con più efficacia la grandezza di questo mistero…”»[406]. 

E la Glossa: «L’Apostolo parlando di questo sacramento scrive: “C’è chi resta con  la fame e chi si ubriaca” [1Cor 11,21], e la Glossa commenta: “Rimprovera coloro che  dopo la celebrazione del sacro mistero e la consacrazione del pane e del vino…”»[407].

Così pure il Crisostomo «commentando il testo evangelico “Ne uscì subito sangue e  acqua” [Gv 19,34], scriveva: “Poiché di là hanno inizio i sacri misteri, quando ti accosti al  calice tremendo, accostati come se tu dovessi bere allo stesso costato di Cristo”. E il  Signore medesimo afferma: “Questo è il mio Sangue che per voi sarà sparso per la  remissione dei peccati” [Mt 26,28]»[408].

L’Angelico si pone questa obiezione: «È necessario allontanare dall’uomo ogni occasione di errore, come raccomanda Isaia: “Togliete dalla via del mio popolo ogni  inciampo” [Is 57,14]. Ma taluni errarono pensando che il Corpo e il Sangue di Cristo siano  in questo sacramento misticamente soltanto. Dunque non era opportuno che in questa  forma si dicesse: “mistero di fede”»[409]. Alla quale risponde: «La parola “mistero” è  usata qui non per escludere la realtà, ma per sottolineare il suo occultamento. Perché in  questo sacramento il Sangue stesso di Cristo è presente in modo occulto; e la sua passione  stessa fu occultamente raffigurata nel Vecchio Testamento»[410]. 

Insiste ancora in un’altra difficoltà: «Sopra abbiamo detto che, come il Battesimo è  “il sacramento della fede”, così l’Eucaristia è “il sacramento della carità”. Perciò in  questa forma non “di fede”, ma “di carità” si sarebbe dovuto parlare»[411]. E confuta:  «L’Eucaristia è denominata “sacramento di fede” perché oggetto di fede: che il Sangue di  Cristo infatti sia realmente presente in questo sacramento si crede solo per fede. Inoltre la  passione stessa di Cristo giustifica per mezzo della fede. Il Battesimo invece è detto  “sacramento della fede” in quanto ne è una professione [dichiarazione o confessione  pubblica]. L’Eucaristia è poi “il sacramento della carità” nel senso che la significa e la  causa»[412].

«Il Salvatore infatti per far risaltare con evidenza maggiore l’altezza di quel mistero,  lo volle imprimere per ultimo profondamente nei cuori e nella memoria dei discepoli»[413] alla fine della sua vita.  

«Ora invece, dovendosi più frequentemente celebrare i sacri misteri...»[414].

«Da parte invece di coloro che si comunicano occorre somma riverenza e cautela, perché non accada nulla che offenda un così grande mistero»[415].

«Il Crisostomo afferma: “Giuda, pur partecipando ai misteri, non si convertì. E così  il suo delitto è per ogni verso più enorme: sia perché si accostò ai misteri con quel cattivo  proposito, sia perché dopo averli ricevuti non divenne migliore, né per il timore, né per la  gratitudine né per l’onore”»[416]. 

«S. Agostino ha scritto: “Nella Chiesa cattolica riguardo al mistero del Corpo e del  Sangue del Signore un buon sacerdote non fa niente di più di un sacerdote cattivo...”»[417]. 

«S. Gregorio esclama: “Oh in quale grande illusione cadono coloro che reputano i  divini e occulti misteri poter essere da alcuni santificati di più che da altri: mentre li  santifica l’unico e identico Spirito Santo operando occultamente e invisibilmente”. Ma  questi occulti misteri vengono celebrati nella Messa. [...] Si riferisce alla santità del divino  sacramento»[418]. 

«Veniamo finalmente a considerare il rito di questo sacramento.

…se nella celebrazione di questo mistero ci sia l’immolazione di Cristo. 

…le altre cose che si riferiscono alla celebrazione di questo mistero.

…le cerimonie che si compiono nella celebrazione di questo mistero»[419].

«Nell’Eucaristia si compendia tutto il mistero della nostra salvezza: perciò essa si  celebra con maggiore solennità degli altri sacramenti. E, poiché sta scritto: “Bada ai tuoi  passi nell’avviarti alla casa del Signore” [Qo 4,17], e: “Prima della preghiera disponi  l’anima tua” [Sir 18,23], nella celebrazione di questo mistero innanzitutto si premette una  preparazione che disponga a compiere degnamente gli atti successivi... Il quarto atto  contiene l’orazione che il sacerdote fa per il popolo, affinché i fedeli siano degni di così  grandi misteri»[420].

b) Miracolo

– È la potenza conferita agli accidenti: «Tra le operazioni del pane alcune gli sono  proprie in ragione degli accidenti, p. es., alterare i nostri sensi. E tali operazioni si  riscontrano nella specie del pane dopo la consacrazione a causa della permanenza degli  accidenti stessi. Altre operazioni invece sono proprie del pane, o in forza della materia,  come il potersi convertire in un’altra cosa, oppure in forza della forma sostanziale, come  gli effetti derivanti dalla sua natura, il fatto p. es., di “irrobustire il cuore dell’uomo”. E  tali operazioni si riscontrano in questo sacramento non in quanto rimane la forma o la  materia, ma perché sono concesse miracolosamente agli stessi accidenti...»[421]. 

«...come per virtù divina è concesso alle specie sacramentali di poter sussistere  senza la sostanza, così è concesso loro di poter agire senza la forma sostanziale per  intervento di Dio»[422]. 

«La trasmutazione che porta a un’altra forma sostanziale non viene prodotta dalla  forma sostanziale direttamente, ma mediante le qualità attive e passive che agiscono in  virtù della forma sostanziale. Ora, questa virtù strumentale rimane come prima nelle specie  sacramentali per l’intervento di Dio. Ecco perché codeste qualità strumentalmente possono  mutare la forma sostanziale: allo stesso modo che un dato essere può agire oltre la propria  natura, non per virtù sua, ma per virtù dell’agente principale»[423]. 

«Tuttavia, poiché non sembra ragionevole ammettere miracoli in questo sacramento  se non in dipendenza della consacrazione, la quale non importa né creazione né ritorno di  materia, è meglio asserire che nella consacrazione stessa viene concesso miracolosamente  alla quantità dimensiva del pane e del vino, di essere il primo soggetto delle forme  successive. Ora, questa è una proprietà della materia. Di conseguenza è concesso alla  suddetta quantità tutto ciò che spetta alla materia. E così quanto potrebbe generarsi dalla  materia del pane e del vino se fosse presente, può generarsi dalla suddetta quantità  dimensiva del pane e del vino; non per un nuovo miracolo, ma in forza del miracolo già  compiuto»[424].

«Sebbene [nelle sacre specie] non ci sia la materia per generare qualche cosa, c’è tuttavia la quantità dimensiva a far le veci della materia…»[425]. 

«Le specie sacramentali sono degli accidenti, esse però, secondo le spiegazioni date, hanno le funzioni e le virtù della sostanza»[426]. 

«La quantità dimensiva del pane e del vino conservano la propria natura e ricevono  miracolosamente le virtù e le proprietà della sostanza. Ecco perché essa può convertirsi in  ambedue le cose: in una nuova sostanza e nelle sue dimensioni»[427].

«...il cibo nutre in quanto si converte nella sostanza di chi si alimenta. Ma abbiamo  già detto che le specie sacramentali possono convertirsi in una sostanza che si genera da  esse. Ora, per la stessa ragione per cui possono convertirsi in cenere e in vermi, possono  convertirsi nel corpo umano. Quindi è chiaro che nutrono.

L’opinione di alcuni poi, secondo la quale esse non nutrirebbero in senso proprio  convertendosi in corpo umano, ma ristorando e sostenendo tramite un influsso sui sensi,  come l’odore del cibo può ristorare e l’odore del vino inebriare, risulta falsa alla prova dei  sensi. Infatti un simile ristoro non è durevole per l’uomo, il cui corpo ha bisogno di  compensare le sue continue perdite. E tuttavia l’uomo potrebbe sostenersi a lungo  consumando in grande quantità ostie e vino consacrati.

Similmente non può reggersi l’opinione di chi dice che le specie sacramentali  nutrono mediante la forma sostanziale del pane e del vino, la quale rimarrebbe. Sia perché  essa non rimane, come sopra abbiamo dimostrato, sia perché nutrire non è compito della  forma, ma piuttosto della materia, la quale riceve la forma di chi si nutre e perde quella  dell’alimento. Aristotele infatti osserva che il cibo è dissimile all’inizio, mentre alla fine è  simile»[428]. 

«Dopo la consacrazione si può parlare di pane in questo sacramento in due sensi.  Primo, indicando come pane le specie del pane che mantengono il nome della sostanza di  prima: e in tal senso lo usa S. Gregorio nell’omelia di Pasqua. Secondo, si può chiamare  pane lo stesso Corpo di Cristo che è mistico pane “disceso dal cielo”. Perciò quando S.  Ambrogio dice che “questo pane non finisce nel nostro corpo”, usa il termine pane nel  secondo senso: poiché il Corpo di Cristo non si converte nel corpo dell’uomo, ma ristora il  suo spirito. Egli perciò non parla di pane nel primo senso»[429].

«Le specie sacramentali, sebbene non siano tra le parti costitutive del corpo umano, tuttavia si convertono in esse»[430].

«Le specie sacramentali, pur non essendo sostanza, hanno nondimeno le virtù della sostanza…»[431]. 

«Il luogo dov’è il Corpo di Cristo non è vuoto. Tuttavia non è propriamente  occupato dalla sostanza del Corpo di Cristo, la quale non vi è presente localmente… Ma è occupato dalle specie sacramentali, le quali sono in grado di riempire lo spazio, o in forza  della natura delle loro dimensioni, o almeno miracolosamente, come già miracolosamente  sussistono per modo della sostanza»[432]. 

Gli accidenti restano senza soggetto per la potenza di Dio: «Perciò si deve  concludere che in questo sacramento gli accidenti rimangono senza soggetto. E la cosa è  possibile per virtù divina»[433]. 

«La corruzione delle specie sacramentali non è miracolosa, ma naturale:  presupponendo però il miracolo compiutosi nella consacrazione, e cioè che quelle specie  sacramentali mantengono senza il soggetto l’essere che prima avevano nel soggetto; allo  stesso modo che un cieco guarito in maniera miracolosa ci vede in maniera naturale»[434].

«Innocenzo III in una Decretale dichiara che “gli accidenti si fondono con il vino  aggiunto; perché, se si aggiungesse dell’acqua, essa prenderebbe il sapore del vino.  Accade così che gli accidenti mutano soggetto, come accade anche che il soggetto muta  accidenti. La natura così cede al miracolo e la virtù divina opera fuori dell’ordine  consueto”. Questo però non si deve intendere nel senso che i medesimi accidenti passino  numericamente dal vino consacrato al vino aggiunto, ma tale mutamento avviene a seguito  di un’azione. Infatti gli accidenti del vino che rimangono conservano le attività della  sostanza, come si è detto: e quindi è con una trasmutazione che raggiungono il liquido  aggiunto»[435]. 

«...in questo sacramento la consacrazione della materia consiste in una miracolosa conversione della sostanza, che solo Dio può compiere»[436]. 

San Tommaso si pone questa difficoltà: «I miracoli non vengono compiuti per una  virtù creata qualsiasi, ma solo per virtù divina, come abbiamo visto nella Prima Parte. Ma  la conversione del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue di Cristo è un’opera non meno  miracolosa della creazione, o della formazione del Corpo di Cristo nel seno della Vergine:  cose che non poterono avvenire per nessuna virtù creata. Perciò neppure questo  sacramento viene consacrato per una qualsiasi virtù creata delle parole suddette»[437]. E  risolve la difficoltà in questo modo: «I miracoli nessuna creatura li può fare come agente  principale; tuttavia li può fare strumentalmente, come il contatto stesso della mano di  Cristo guarì il lebbroso. È appunto in tal modo che le sue parole convertono il pane nel suo  Corpo. Nulla di ciò poté invece avvenire nella concezione del Corpo di Cristo al momento  della sua formazione, come se qualcosa derivante dal Corpo di Cristo avesse una virtù  strumentale per la formazione di quel corpo medesimo. Neppure nella creazione c’era un  termine di partenza su cui si potesse esercitare l’azione strumentale della creatura. Perciò  questi paragoni non reggono»[438].


16. Epilogo 

«“Il fuoco del nostro desiderio accendendosi alla fiamma” del sacramento, 

“brucerà i nostri peccati e illuminerà i nostri cuori;

perché partecipando al fuoco divino ardiamo e ci divinizziamo”»[439].

San Giovanni Damasceno



Gentile Lettore: 

Voglia Dio e la sua Madre Santissima donarti la grazia propria di questo sacramentosacrificio che è «una certa delizia attuale di dolcezza spirituale», che è il godere del sapore  incomparabile di questo Pane supersostanziale e di questo Sangue inebriante, come ci ricorda  tante volte l’Angelico: 

«Perciò con questo sacramento, per quanto dipende dalla sua efficacia, l’abito della  grazia e delle virtù non viene soltanto conferito, ma anche spinto all’atto, conforme alle  parole di S. Paolo: “La carità di Cristo ci sospinge” [2Cor 5,14]. Ecco perché in forza di  questo sacramento l’anima spiritualmente si ristora, in quanto rimane deliziata e quasi  inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo l’espressione dei Cantici: “Mangiate,  amici; bevete, inebriatevi, carissimi” [Cnt 5,1]»[440].

«Effetto dell’Eucaristia, come si disse sopra, non è solo l’aumento della grazia  abituale, ma anche il gusto immediato della dolcezza spirituale. Ora Cristo, sebbene non  abbia ricevuto dalla percezione di questo sacramento una crescita di grazia, ebbe tuttavia  un godimento spirituale nell’istituzione di questo nuovo sacramento, tanto da dire: “Ho  desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi” [Lc 22,15]. S. Eusebio  riferisce questo passo al nuovo mistero del Nuovo Testamento che egli stava per dare ai  suoi discepoli. Perciò Cristo si comunicò spiritualmente e anche sacramentalmente,  prendendo il proprio Corpo sotto il sacramento che volle e istituì come sacramento del suo  Corpo. In modo però diverso da come si comunicano sacramentalmente e spiritualmente gli  altri, perché questi ricevono un aumento di grazia, e perché hanno bisogno dei segni  sacramentali per mettersi a contatto con la verità»[441].

«Si è detto infatti che effetto di questo sacramento non è soltanto la ricezione  della grazia abituale o della carità, ma anche un certo ristoro attuale di dolcezza  spirituale. Ora, questa viene certamente impedita se uno accede all’Eucaristia con lo  spirito distratto dai peccati veniali. Non resta invece impedito l’aumento della grazia  abituale, o della carità»[442]. 

«Chi si accosta a questo sacramento con il peccato veniale in atto compie spiritualmente una refezione abituale, ma non attuale. Quindi riceve l’effetto abituale di  questo sacramento, ma non l’effetto attuale»[443]. 

«Il Battesimo non è ordinato a un effetto attuale, cioè al fervore della carità, come  l’Eucaristia. Infatti il Battesimo è la rigenerazione spirituale che dona la prima perfezione,  che consiste in un abito o forma; mentre l’Eucaristia è un cibo spirituale fatto per produrre  un gusto attuale»[444]. 

Questa «certa delizia attuale di dolcezza spirituale» si accresce perché il sacramentosacrificio è garanzia, fonte e pegno di salvezza eterna, come afferma insistentemente  l’Aquinate: 

«In questo sacramento dobbiamo considerare due cose: il sacramento stesso e  l’effetto del sacramento. Si è detto che l’effetto di questo sacramento è l’unità del Corpo  mistico, senza la quale non ci può essere salvezza: poiché nessuno può salvarsi fuori della  Chiesa, come nel diluvio nessuno si salvò fuori dell’arca di Noè, simbolo della Chiesa,  come insegna S. Pietro [1Pt 3,20-21]»[445]. 

«…senza la fede nella passione di Cristo non ci poté mai essere salvezza, in  conformità alle parole di S. Paolo: “Dio ha prestabilito Cristo quale mezzo di  propiziazione per la fede nel suo sangue” [Ro 3,25]»[446].

«...si addice alla carità di Cristo, il quale per la nostra salvezza assunse un corpo reale di natura umana»[447].

«Agli altri invece che non si comunicano giova come sacrificio, in quanto viene  offerto per la loro salvezza, cosicché nel canone si legge: “Ricordati, Signore, dei tuoi servi  e delle tue serve, per i quali ti offriamo, o che ti offrono questo sacrificio di lode per sé e  per tutti i loro cari, per la redenzione delle loro anime, per la speranza della loro salvezza e  della loro incolumità”»[448]. 

«Ora, è chiaro che tutti sono tenuti a comunicarsi almeno spiritualmente; perché ciò,  secondo le spiegazioni date, significa incorporarsi a Cristo. La comunione spirituale però  include il desiderio di riceverlo sacramentalmente […]; perciò senza il desiderio di ricevere  questo sacramento per l’uomo non ci può essere salvezza. Ma un desiderio sarebbe vano se  non venisse appagato quando l’opportunità lo consente. Di conseguenza è chiaro che l’uomo  è tenuto a ricevere questo sacramento non solo per la legge della Chiesa, ma anche per il  precetto del Signore: “Fate questo in memoria di me” [Lc 22,11; 1Cor 11,24]»[449].

«Questo sacramento, l’abbiamo già detto sopra, si celebra in memoria della passione del Signore, e si riceve per la salvezza dell’anima»[450].

«Nell’Eucaristia si compendia tutto il mistero della nostra salvezza»[451]. 

È il «pane santo di vita eterna e calice dell’eterna salvezza»[452].

È il cuore dei mezzi «con i quali conseguiamo la salvezza»[453].


Padre Carlos Miguel Buela, 

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