martedì 25 aprile 2023

SARAI ANNOVERATA TRA LE VERGINI

 


Il dì 14 aprile 1815 nella santa Comunione il mio spirito fu favorito di particolare grazia, ma essendo cosa intellettuale, poco posso esprimere l’alto favore che mi compartì il mio Signore. Dopo avermi a sé tirata soavemente, si degnò porgere all’anima mia preziosa, squisita bevanda, nella quale mi si dava tutto se stesso, io non so spiegare i mirabili effetti che produsse nel mio cuore questo prezioso dono.

Il dì 16 aprile 1815 nella santa Comunione il Signore mi ha manifestato come la mia ingratitudine non ha né diminuito né alterato l’infinito suo amore, che ha sempre portato alla povera anima mia, nonostante la mia ingratitudine, si è degnato compartirmi tutte quelle grazie che mi avrebbe concesso, se avessi corrisposto fedelmente alle sue grazie senza offenderlo. Mi si è dato a conoscere tutto festoso per il contento che ha di possedermi.

A questa cognizione la povera anima mia si profondava nel suo nulla, detestava la sua ingratitudine, piangeva amaramente, lagnandosi con l’amato suo bene, dubitando che il suo parziale amore verso di me sia disdicevole al suo onore, alla sua gloria. La povera anima mia voleva quasi allontanare da sé questo bene come suo, rinunciando molto volentieri al suo proprio interesse, per l’amore e per l’onore del suo Dio, per timore di oscurare la sua gloria, che unicamente ama.

Quando il Signore, per mezzo di particolare illustrazione, mi ha dato a conoscere che le colpe mie non sono pregiudizievoli né al suo onore né alla sua gloria; pieno di santo affetto così mi disse: «Figlia, diletta mia, né a me, né a te recano danno le colpe tue. Non ti sono per questo né diminuite, né ritardate le grazie mie, ma tutte in un cumulo ti sono donate dall’infinito mio amore. Sarai annoverata tra le vergini, e di queste occuperai uno dei primi posti. Figlia, oggetto delle mie compiacenze, prodigio della mia misericordia!».

Queste divine parole formavano nel mio intelletto una serie molto vasta di cognizioni, e speculandole nel giusto senso, lo spirito riteneva per sé il nulla, con retta giustizia rendeva al suo Dio l’onore e la gloria. Non mi è possibile ridire di quanto contento sia stato al Signore questo atto di giustizia; mi dava a conoscere che non vi è cosa a lui più gradevole di questa, di ritenere il proprio nulla e ridonare a lui il dono suo. Questo atto di giustizia par che necessiti Dio ad amare la povera anima mia così fortemente, che, per l’amore veemente che sente verso di questa, rapidamente la investì, rendendola sua, con l’unirla a sé intimamente.

Beata Elisabetta Canori Mora


Nessun commento:

Posta un commento