Dio creò l’uomo per dargli la Sua stessa Vita, quindi lo alitò, lo dotò di ragione e lo fece libero:
“Figlia mia, vedi che armonia, che ordine in tutte le cose create, e come tutte uscirono a vita dal «Fiat» eterno, sicché tutto mi costò un «Fiat». La più piccola stella come il fulgido e splendido sole, la più piccola pianta come il grande albero, il più piccolo insetto come il più grande animale, pare che dicano tra loro: Siamo nobili creature, la nostra origine è il Volere Eterno, tutti abbiamo l’impronta del «Fiat» Supremo. È vero che siamo distinti e dissimili tra noi, abbiamo diversità di uffici, di calore, di luce, ma questo dice nulla; uno è il nostro valore, il «Fiat» di un Dio; unica la vita e la nostra conservazione, il «Fiat» della Maestà eterna. Oh, come il creato parla eloquentemente della potenza del mio Volere ed insegna che, dalla cosa più grande alla più piccola, uno è il valore e che hanno vita dal Volere Divino. Difatti, una stella direbbe al sole: È vero che tu hai molta luce e calore, il tuo ufficio è grande, i beni immensi, la terra quasi da te dipende, tanto che io faccio nulla al tuo confronto, ma tale ti fece il «Fiat» di Dio, sicché il nostro valore è uguale, la gloria che diamo al nostro Creatore è tutta simile”.
Poi ha soggiunto con accento più afflitto: “Non fu così nel creare l’uomo. È vero che la sua origine è il mio «Fiat», ma non mi bastò. Preso da eccesso d’amore lo alitai, volendo infondergli la mia stessa vita, lo dotai di ragione, lo feci libero e lo costituii re di tutto il creato. Ma l’uomo ingrato non mi ha corrisposto; tra tutto il creato solo lui si è reso il dolore del mio Cuore, la nota discordante. E poi, che dirti del mio lavorio eseguito nella santificazione delle anime? Non un solo «Fiat», non il mio alito, ma metto a loro disposizione la mia stessa vita, il mio amore, la mia sapienza…, ma quante ripulse, quante sconfitte riceve il mio amore! Ah, figlia mia, compatisci il mio duro dolore e vieni nel mio Volere a sostituirmi l’amore di tutta l’umana famiglia, per raddolcire il mio Cuore trafitto”. (Vol. 12°, 22-3-1919)
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