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lunedì 4 maggio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



ESISTENZA DEL PURGATORIO

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Si legge in Eusebio di Cesarea che Costantino diede ordine che  il suo sepolcro sorgesse nella chiesa dei SS. Apostoli da lui  fatta costruire a Costantinopoli, e ciò nella speranza d'esser  messo a parte, dopo la sua morte, delle preghiere che sarebbero  state fatte in quel luogo sacro, com'ebbe a dichiarare nel suo  testamento. Nel secolo V S. Agostino rende omaggio alla pietà  di sua madre, S. Monica, con uno splendido passo delle sue Confessioni, che qui vogliamo citare, e che dimostra la fede  ch'egli aveva nel Purgatorio, e quanto sperasse dalle preghiere  fatte per la madre (S. Agostino, Conf., libro IX, cap. 9 segg.).  «Un giorno la mia diletta madre, assalita da improvvisa  debolezza, perdette i sensi: quando corremmo in suo aiuto,  essendo già ritornata in sè, guardò tutti noi che la  circondavamo, riconobbe me e mio fratello e con voce  piangente ci disse: - Dove ero io? - E poiché ci vedeva inerti e  oppressi dal dolore, soggiunse: - Qui, o figli miei, lascerete  vostra madre. - Io non risposi, che il pianto mi impediva di  parlare, ma il fratello con parole di conforto le disse di sperare  di ritornare nella terra dei padri suoi. Ella fissatolo con sguardo  triste per mostrargli che aveva tutto compreso, volse gli occhi  sopra di me, e mi disse: - Senti che cosa ha detto? - e poco  dopo rivolgendosi ad ambedue: - Voi comporrete questo corpo  in quel luogo ove meglio vi piacerà; non ve ne prendete  pensiero. L'unica preghiera che vi rivolgo è che dovunque vi  troverete vi ricordiate di me nel Sacrifizio divino». A questo  proposito S. Agostino fa queste belle riflessioni: «Ora che il  primo dolore prodotto dall'affetto naturale è passato, io vi  loderò, o Signore, in nome della vostra serva, ed altre lacrime  spargerò dinanzi a voi, che non siano della carne, ma bensì  dello spirito, lacrime che fluiscono spontanee dal ciglio quando  si pensi al pericolo nel quale si trovano le anime che peccarono  in Adamo, poiché quantunque la madre mia sia stata vivificata  in Gesù Cristo e sia vissuta nella carne glorificando sempre il  vostro santo Nome col fervore della sua fede e con la  illibatezza dei suoi costumi, nondimeno io non ardisco  affermare che dal giorno in cui voi, o mio Dio, la rigeneraste  col santo Battesimo, non sia uscita dalle sue labbra alcuna  parola contro i vostri comandamenti. Ma poiché voi non  desiderate la ricerca dell'iniquità, nutro fiducia filiale che la  madre mia abbia trovato misericordia davanti al vostro  cospetto, e perciò, o Dio del mio cuore, io lascio da parte a bella posta le opere sante fatte dalla mia diletta genitrice, e  delle quali mi consolo rendendo a voi grazie infinite, per  domandarvi solo perdono dei suoi peccati. Esauditemi, ve ne  scongiuro per le ferite sanguinose di Colui che mori per noi sul  legno infame, e che ora assiso alla vostra destra intercede per  gli uomini. Lo so ch'ella fece sempre misericordia e rimise di  tutto cuore i debiti ai suoi debitori; rimettete quindi ancora voi  a lei i suoi, se qualcuno ne avesse contratto nei numerosi anni  che trascorsero dal giorno in cui fu rigenerata col santo  Battesimo, fino a quello del suo passaggio da questa vita.  Perdonatela, perdonatela ve ne scongiuro, o Signore, e non  entrate con lei in giudizio, poiché la vostra misericordia supera  la vostra giustizia, le vostre parole sono veraci e prometteste  misericordia a chi avrà fatto misericordia. Questa misericordia  io credo che voi l'abbiate già fatta, o mio Dio; ma tuttavia  accettate l'omaggio delle mie labbra. Ricordatevi che nel  momento del suo passaggio all'altra vita, la vostra serva non  pensò a far rendere al suo corpo funebri onoranze con splendidi  esequie - e con profumi preziosi, non domandò un sepolcro  superbo, né di essere trasportata in quello che aveva fatto  costruire a Tagoste, sua patria, ma solo volle che noi ci fossimo  ricordati di lei dinanzi ai vostri santi altari, nel mistero sublime  al quale ogni giorno ella prese parte, poiché sapeva che in  questo si dispensa la Vittima immacolata, il sangue della quale  ha annullato la sentenza fatale della nostra condanna. «Ch'ella  dunque, o Signore, riposi in pace presso le ossa del suo  consorte, accanto a colui al quale rimase fedele nelle gioie  della verginità e nelle tristezze della vedovanza, accanto a colui  di cui erasi fatta serva per guadagnarlo a voi con la sua  pazienza salutare. E voi, o mio Dio, ispirate ai vostri servi, che  sono miei fratelli, ispirate ai miei figli spirituali, che sono miei  maestri, poiché il mio cuore, la mia voce, i miei scritti sono al  loro servizio, ispirate a tutti quelli che leggeranno queste mie  parole di ricordarsi dinanzi ai vostri altari di Monica, vostra serva, e di Patrizio, suo sposo. Furono essi che mi introdussero  nel mondo; fate dunque che tutti coloro che vivono fra la luce  ingannevole di questo secolo si ricordino piamente dei miei  genitori, affinché l'ultima preghiera di mia madre morente sia  esaudita anche più di quello che essa desiderava; e non abbia  essa a ricevere soltanto il soccorso delle mie preghiere, ma  anche quello di molti altri ».

Ho voluto riferire quasi per disteso questa meravigliosa  preghiera del santo Dottore a vantaggio della sua madre  defunta, perché quando si pensi alla santità di quella illustre  matrona, che la Chiesa sollevò agli onori degli altari, quando si  consideri che nel momento in cui il figlio scriveva erano  trascorsi circa vent'anni dalla morte di lei, si scorgerà  facilmente che cosa pensasse il grande Dottore della Chiesa  latina sul Purgatorio e sulla severità della giustizia di Dio. S.  Gregorio Magno coi suoi Dialoghi contribuì notevolmente a  promuovere tra i cristiani la devozione verso le anime del  Purgatorio. Il Padre Lefebvre era salito dire ché S. Gregorio  Magno doveva essere amato ed onorato dai fedeli per molte  ragioni, ma sopratutto perché aveva esposto in maniera tanto  chiara e commovente la dottrina del Purgatorio, e credeva che  se non avesse parlato con tanta eloquenza di quelle anime  sante, la devozione nutrita verso di loro nei secoli posteriori  sarebbe stata meno ardente, e quindi insieme alla devozione  verso le anime del Purgatorio inculcava sempre nei fedeli  sentimenti di riconoscenza verso il santo Dottore.

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Sac. Luigi Carnino

mercoledì 22 aprile 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI




ESISTENZA DEL PURGATORIO


La preghiera per i morti

Finora noi abbiamo supposto come ammessa da tutti l'esistenza  del Purgatorio, ma siccome da molti non si crede purtroppo a  questa verità, e i protestanti la considerano come una  superstizione della Chiesa cattolica, bisogna fermarci alquanto  sulle prove che stabiliscono questa verità, per trattare poi tutti i  punti della dottrina cattolica riguardante il Purgatorio.

Noi partiamo dal principio a tutti evidente, che la preghiera per  i defunti suppone il domma del Purgatorio. Infatti per i Santi  del Paradiso non si prega, come non si può pregare per i  dannati dell'Inferno, per quelli perchè non hanno bisogno e per  questi perchè si trovano nella impossibilità di trar profitto dalle  nostre preghiere. La preghiera per i morti suppone quindi uno  stato intermedio fra la beatitudine del Cielo e la eterna  disperazione dell'Inferno: stato di sofferenza, ma di sofferenza  temporanea, durante la quale le anime tormentate possono  ricevere sollievo dai suffragi dei vivi. La preghiera per i morti  suppone quindi l'esistenza del Purgatorio, e tale preghiera si è  fatta in tutti i tempi e da tutti i popoli. Gli Ebrei conobbero tale  preghiera, dal momento che vediamo Giuda Maccabeo fare una  colletta per offrire sacrifici in memoria e a vantaggio dei  soldati del suo esercito caduti combattendo. La sacra Scrittura,  lungi dal biasimare questo atto, aggiunge nel riferirlo una  riflessione opportuna Sancta ergo et salubris est cogitatio pro  defunctis exorare, ut a peccatis solvantur (2 Mac., 12, 46). A  proposito del culto per i morti tra i popoli primitivi o pagani,  abbiamo la storia e la letteratura che ne parlano. Si curò la sepoltura dei cadaveri, si offrirono sacrifici e si fecero ovunque  preghiere, perchè le anime dei trapassati riposassero in pace.  Ed è quanto si fa ancora oggi tra i popoli, ai quali non giunse  ancora la luce del Vangelo. Nella Chiesa poi i riti di suffragio  risalgono ai tempi apostolici, come ne fan fede le antichissime  liturgie, le quali prescrivevano che nel tempio, dopo essere stati  letti sui sacri dittici i nomi delle persone viventi, con le quali  v'era comunione di preghiera, si leggessero quelli dei defunti in  modo particolare raccomandati; e il sacerdote, come del resto  fa ai nostri giorni, raccolto in orazione, invocava per i defunti  locum refrigerii, lucis et pacis. Tutte le liturgie antiche, senza  eccezione, ci ricordano questo rito, il quale per le forme con  cui veniva fatto prese il nome di "preghiera sopra i dittici”-  oratio super dyptichos.

Negli Atti di Santa Perpetua, scritti in gran parte dalla Santa  medesima, è bellissimo il passo, che vogliamo citar per intero,  nel quale si parla proprio della fede che avevano gli antichi  cristiani nel Purgatorio. La Santa dopo aver parlato delle  circostanze della sua cattura e dei primi giorni passati nel  carcere in compagnia di altri confessori della fede, così  prosegue: «Mentre un giorno eravamo tutti in preghiera, mi  venne sulle labbra il nome del mio Dinocrate, e rimasi stupita  di non essermi mai fino a quel punto ricordata di lui. Mi  afflisse il dubbio della sua infelicità e conobbi allora che ero  degna di pregare per lui e che perciò bisognava pregassi.  Incominciai quindi a pregare fervorosamente, gemendo davanti  a Dio e nella notte seguente ebbi questa visione. «Vidi  Dinocrate uscire da luoghi tenebrosi, dove molti altri stavano  con lui. Egli era tutto arso e divorato dalla sete, sordido in  volto, di aspetto pallido e con la faccia tuttora corrosa  dall'ulcere di cui perì. Questo Dinocrate era mio fratello  secondo la carne, in età di sette anni morì di un cancro al volto,  che lo rendeva oggetto di orrore a quanti lo guardavano. Per lui io avevo pregato. Sembravami dunque che una gran distanza  corresse fra lui e me, in modo che fosse impossibile appressarci  l'una all'altro. Vicino a lui vidi un bacino pieno d'acqua, il cui  orlo essendo più alto della persona del fanciullo, non poteva  essendo Dinocrate in alcun modo essere raggiunto per quanti  sforzi facesse, onde appressare le sue labbra a quell'acqua  refrigerante. Oh! quanto mi addolorava quel supplizio. In  questo frattempo io mi svegliai, e da tutto ciò conobbi che il  mio fratello trovavisi in stato di pena, e sperai di poterlo  sollevare. Incominciai dunque a pregare Dio giorno e notte con  lacrime e con sospiri, perché mi concedesse la grazia della sua  liberazione, e continuai le preghiere finché fummo trasferiti  nella prigione del campo, per servire di pubblico spettacolo  nella festa di Cesare Geta. Il giorno in cui fummo avvinti in  catene per essere condotti alla festa, io ebbi un'altra visione,  nella quale scorsi il medesimo luogo visto la prima volta, e  Dinocrate col corpo mondo, rivestito di splendide vesti e senza  neppure una lieve cicatrice nel posto dell'antica piaga. L'orlo  del bacino si era abbassato fino ai fianchi del fanciullo, e  presso di lui stava un'ampolla d'oro per attingere acqua. Ed  essendosi Dinocrate avvicinato, incominciò a bere di  quell'acqua, senza che essa scemasse, e quando ne fu sazio  abbandonò tutto ilare il bacino per andare a giuocare, come è  costume dei fanciulli di quella età. In quel mentre mi destai, e  compresi da ciò che il mio fratello era ormai libero da ogni  pena ». (Acta S. Perpetuae, apud Bolland. 7 Martii).
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Sac. Luigi Carnino, Rev. Del.

lunedì 23 marzo 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



Il numero degli eletti

A questo punto è necessario trattare brevemente in merito alla  questione del numero degli eletti, qquestione grave e  interessante, che tanto da vicino ci tocca, che fu sempre  discussa e sempre rimase insoluta. « E' una questione, scrive il  Faber (Il Creatore e la creatura, Parte III, cap. II), ché è un  segreto di Dio, un segreto del supremo Giudice, un segreto che  l'Altissimo ha riservato tutto a se stesso, ma nella quale egli  permette che ci addentriamo solo nella speranza di trovare  qualche nuova traccia dello sconfinato amore di Dio ». Dopo  tutte le nostre supposizioni, le nostre congetture, le nostre  induzioni, la verità sarà sempre, come prima, nascosta in Dio.  Numerosi teologi di grande autorità sono del parere che il  numero dei reprobi superi quello degli eletti; altri teologi, pure  di indiscussa autorità, ritengono il contrario. Cornelio a Lapide  riferisce che la maggior parte dei teologi che vivevano a Roma  ai suoi tempi, riguardando al rilassamento generale dei costumi  nella loro epoca, sostenevano l'opinione più severa. Mentre i  teologi più recenti pare che propendano per l'interpretazione  più benigna. Gli argomenti addotti sono solidi da ambo le parti,  afferma il Billuard (De Cert. praed., disp. IX, art.7). Le prove  della Sacra Scrittura assicurano il trionfo completo e nella  forma più esplicita della opinione più benigna. E i rigoristi, a  dire il vero, par che sudino abbastanza nel tentare di ritorcere  queste prove in loro favore (Faber, Op. cit.). A proposito delle  parabole evangeliche addotte come prova da ambo le parti, il  Bergier si esprime in questo modo: «Se le parabole del Vangelo  si possono addurre come prove, noi dovremmo concludere che  è la maggioranza e non la minoranza che si salva. Gesù Cristo  paragona la separazione dei buoni dai cattivi; nel giudizio  finale, alla separazione del buon grano dalla zizzania; ora in un  campo ben coltivato la zizzania non è mai più abbondante del  grano. La paragona ancora alla scelta tra i pesci buoni e i pesci cattivi; ora qual mai pescatore fu mai tanto disgraziato da  pescare più pesci cattivi che pesci buoni? Delle dieci vergini  invitate alle nozze, cinque sono ammesse alla festa insieme allo  Sposo. Nella parabola dei talenti, due servi sono premiati, uno  solo è punito; in quella del festino, di tutti gli invitati uno solo è  scacciato » (Bergier, Traíté de la vraie Religion; t. x, pag. 356). 

Coloro che sostengono l'opinione più severa sembra che si  lascino sopraffare dalla considerazione del male nel mondo e  della giustizia divina nei suoi confronti, senza riflettere  abbastanza;

a) che gli uomini furono creati per un piano di sconfinata  misericordia e di sapienza divina, il quale sembrerebbe  destinato a fallire, qualora il numero degli eletti non superasse  quello dei reprobi;

b) che per dare nuovo assetto ai disegni di Dio, sconvolti dal  peccato, Iddio stesso non solo si è fatto uomo, ma ha lavato il  mondo col suo Sangue prezioso, ed è morto aprendo le braccia  sulla croce e implorando il perdono del Padre perfino sui suoi  crocifissori;

c) che fiumi di grazie si riversano continuamente sugli uomini,  dopo il sacrificio del Calvario, in tutte le epoche della loro vita,  in tutti i luoghi;

d) che insieme a tanto male, che del resto colpisce la nostra  fantasia assai più del bene, c'è tra gli uomini molto bene; ci si  fermi a considerare anche soltanto il bene fatto in seno alla  Chiesa, ove per la comunione dei Santi le opere buone tornano  a vantaggio di tutti;

e) che gli uomini, se hanno un inferno che li attende nella vita  futura, qualora se ne rendano meritevoli, hanno altresì la loro  fornace di fuoco in questa vita, ove, volenti o nolenti, pagano  un tributo di espiazione alla inesorabile giustizia divina. Che  tanto fuoco e tanto sangue abbiano uno scopo ristretto nel  tempo, nessuno riuscirebbe mai a farcelo comprendere. Non è  raro il caso in cui gli uomini fanno insieme il male e la  penitenza;

f) che la responsabilità morale degli uomini più spesso che non  si creda è assai limitata. Le azioni degli uomini sono spesso  assai più perverse del cuore che le commette (Faber). Fu scritto  che nessuno è tanto santo e tanto perverso come la dottrina che  professa. Gesú, che meglio di tutti conosceva il cuore degli  uomini, dopo aver implorato il perdono di Dio sui suoi  crocifissori, aggiungeva: Non enim sciunt quid faciunt (Luc.,  23, 34). Non è raro il caso di rimanere sorpresi per l'ignoranza  di persone che frequentano la chiesa e i sacramenti,  immaginiamo ciò che deve essere di quelli che sono sempre  stati lontani dalla chiesa o non hanno avvicinato i sacerdoti che  in circostanze rarissime; e ciò senza loro colpa. Specialmente ai  giorni nostri, questi ultimi sono moltissimi. E ammirabile lo  zelo del Clero per penetrare nelle officine, nelle miniere, nei  cantieri, nelle industrie, nonostante le gravi difficoltà. Un  numero enorme di creature umane, senza colpa o quasi, vive  completamente lontano dalla vita e dai problemi dello spirito.  Noi rimaniamo impressionati, ed a ragione, ma Iddio che tutto  conosce, giudica molto diversamente da noi;

g) che oltre all'Inferno c'è un Purgatorio, acceso per gli uomini  dalla divina giustizia. Confortiamoci perciò con la visione  dell'Apostolo, che, trasportato dalla potenza divina nel regno  degli eletti, racconta di aver veduto una infinita moltitudine di  beati, di tutte le genti e tribù e popoli e lingue, stanti dinanzi al trono e all'Agnello, vestiti di bianche stole, con palme nelle  loro mani, cantanti: Salute al nostro Dio che siede sul trono, e  all'Agnello (Apoc, 7, 9, 10). Tuttavia la grande maggioranza di  quelli che si salvano, si ferma in Purgatorio. Ciò è ammesso da  tutti, dottori e mistici. Nella vita di S. Teresa leggiamo  “Osserverò solo - è la Santa che parla - che di tante anime  elette da me conosciute in vita, ne ho viste tre sole volare  direttamente al cielo senza passare pel Purgatorio: quella del  religioso di cui ho parlato nel discorso di questo libro, quella  del venerabile Pietro d'Alcantara e quella del padre  Domenicano rammentato più sopra (si tratta del P. Pietro  Ybanez, uno dei suoi confessori). Quando si pensi al gran  numero di visioni che la Santa ebbe sul Purgatorio durante la  sua vita, e alla quantità di anime sante che fiorivano allora nella  Chiesa di Dio, questa testimonianza della Santa ci dispensa da  ogni ulteriore ricerca. Ma c'è di più: noi vediamo che gli stessi  Santi canonizzati dalla Chiesa non vanno sempre esenti dalle  pene del Purgatorio. Si legge nelle opere di S. Pier Damiani che  San Severino, Arcivescovo di Colonia, quantunque fosse stato  in vita pieno di zelo apostolico e adorno di straordinarie virtù,  dovette tuttavia rimanere per qualche tempo in quel luogo di  pene. La storia riferita da S. Gregorio Magno nei suoi Dialoghi  (Libro IV, cap. 40) circa il santo Diacono Pascasio è davvero,  stranissima, poichè dopo la morte di costui, la sua dalmatica  distesa sul feretro avendo operato molti miracoli, non c'era  dubbio che egli si dovesse trovare tra i beati comprensori del  cielo; eppure come rivelò egli stesso a S. Germano di Capua,  gli rimaneva da fare una lunga espiazione in Purgatorio. Dopo  tutto questo chi potrebbe mai lusingarsi di sfuggire a quella  pena? Approfittiamo almeno delle sofferenze della vita  presente offrendole a Dio in espiazione delle nostre colpe, onde  voglia il Signore misericordioso abbreviare il nostro soggiorno  nel carcere tremendo del Purgatorio.

Sac. Luigi Carnino,

sabato 7 marzo 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



« NOVISSIMA TUA!... »


La sentenza

Non bisogna poi figurarsi questo giudizio come se si svolgesse  gradatamente, in un ordine successivo, come nei tribunali di  questa terra. La imperfezione della intelligenza umana non può  arrivare che passo passo e per una serie di investigazioni alla  conoscenza della verità, ma alla luce divina le cose vanno ben  diversamente. «Un batter d'occhio»: In ictu oculi e la causa  sarà bell'ascoltata. Non vi sarà bisogno di testimoni; perchè il  giudice stesso era presente allorché furono commesse le colpe; non vi sarà bisogno dell'interrogatorio, poichè un solo sguardo  basterà all'anima per rivedere tutte e singole le azioni della sua  vita, tutte le sue colpe e tutti i suoi meriti, tutto ciò che servirà a  condannarla e ciò che varrà ad assolverla; non vi sarà bisogno  di difesa: sarebbe inutile ogni tentativo per commuovere la  persona del Giudice. La sentenza sarà in relazione dello stato  dell'anima giudicata: Iddio non si lascia commuovere come gli  uomini, egli agisce in base alla sua infinita giustizia ed ai suoi  eterni decreti, e come ad una data misura di meriti sarà  attribuito un dato grado di gloria, così ad una data misura di  colpe sarà assegnato un grado corrispondente di castigo, sicchè  l'anima nel momento stesso che conoscerà il suo stato,  conoscerà pure la sua sentenza. Questa sentenza sarà differente  secondo i vari stati in cui si troveranno le anime in punto di  morte. Per colui che muore in peccato mortale, Iddio  pronunzierà la sentenza dei reprobi: - Va, maledetto, nel fuoco  eterno preparato per satana e per gli angeli ribelli. Tu preferisti  obbedire a lui sulla terra, va dunque, miserabile, a partecipare  dei suoi supplizi nell'inferno. 

Mentre a colui che muore nello stato di grazia, e che non ha da  subire alcuna espiazione per i falli passati, sarà riservata la  parola dell'amore e della beatitudine: - Coraggio - gli dirà il  Signore, coraggio, servo buono e fedele, fosti fedele nel poco,  ed ora ti pongo in possesso di un bene molto più grande: vieni  a gustare la gloria del tuo Signore. Finalmente coloro che  morendo bensì nello stato di grazia, hanno ancora macchie di  peccati veniali, o non hanno espiato abbastanza le colpe  passate, con le parole dell'amore udiranno che l'ingresso al  Paradiso è differito: - Povera anima; dirà il Signore, un giorno  tu godrai della mia gloria, poichè sei cara al mio cuore; ma  siccome non sei ancora perfettamente pura, va a purificarti nel  fuoco espiatore; la durata dei tuoi patimenti sarà proporzionata  al numero e alla gravità dei tuoi falli. 

Sac. Luigi Carnino,

venerdì 21 febbraio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



La difesa

A questo punto sorge spontanea la domanda se nell'ora del giudizio l'anima si trovi sola davanti al suo Giudice, ovvero gli  spiriti celesti siano presenti a quell'atto. Non v'è dubbio che  l'Angelo custode accompagni ed assista l'anima, sulla quale  vegliò durante la vita, come non è escluso che anche il  demonio si trovi presente a quell'atto. Nelle rivelazioni di Santa  Brigida si legge di un soldato pio e caritatevole, ma tuttavia  non immune da colpe. L'anima di costui comparve, dopo  morto, al tribunale di Dio: era alla sua destra l'Angelo custode  in qualità di avvocato, ed alla sinistra il demonio accusatore.  Grazie alla devozione avuta per la Vergine, il soldato era morto  in grazia di Dio, e a nulla valsero le accuse del maligno (Santa  Brigida; Riv., libro Vi, cap. 35).

Una celebre visione, scolpita sulla tomba di S. Dionigi in Francia, ci mostra il re Dagoberto condotto dai demoni all'inferno e strappato dagli artigli dei medesimi dai Santi Martiri Dionisio e Maurizio, coadiuvati dal glorioso pontefice  San Martino. Verso codesti Santi Dagoberto aveva avuto infatti  una particolare devozione ed in loro onore aveva costruito  sontuose basiliche. Quanto all'intervento della Vergine, molte  sono le rivelazioni avute dai Santi, e qui basterà riferire quanto  racconta Sant'Alfonso de' Liguori nella Parafrasi della Salve  Regina. Una santa religiosa, per nome Suor Caterina e  S. Agostino, aveva la bella abitudine dì pregare per tutti i  defunti da lei conosciuti su questa terra. Or nel suo paese  viveva una donna di cattivi costumi,per nome Maria, i cui  scandali erano tali che gli abitanti del vicinato, indignati dalla  sua condotta, la cacciarono dal paese. Ella si diede allora alla  vita dei boschi, e dopo qualche mese morì senza assistenza e  senza sacramenti. Il suo corpo fu trattato come quello di una bestia e sepolto in un campo, senza una preghiera. Nessuno dubitava che quella vecchia peccatrice, dopo una simile fine,  fosse immediatamente perduta, e per conseguenza nessuno  pregava per lei, neppure Suor Caterina. Passarono così quattro  anni, alla fine dei quali la pia religiosa vide un giorno un'anima  del Purgatorio, che gemendo le disse: - Quanto sono infelice,  Suor Caterina! Voi che avete il pio costume di raccomandare al  Signore tutti i conoscenti trapassati, per me sola non pregate. -  E chi siete? - domandò la suora. - Io sono la povera Maria, che  morì abbandonata nella grotta. – Come, voi siete salva? - Si, io sono salva per intercessione della Vergine, allorchè mi vidi presso a morire, sola e senza aiuti, considerando il numero e  l'enormità dei miei peccati, mi rivolsi con fiducia alla Madre dì  Dio, dicendole: O mia Regina, voi che siete il rifugio dei  peccatori e dei derelitti, vedete in questo momento il mio  supremo abbandono e venite in mio aiuto; voi siete l'unica mia  speranza, voi sola potete soccorrermi. La Vergine santissima  esaudì le mie preghiere e mi ottenne la grazia di una perfetta  contrizione, sicché morendo fui salva. Ma la divina Madre non  limitò a questo le sue misericordie, poichè quando fui al divino giudizio, mi ottenne dal suo Figlio divino che il mio purgatorio  fosse notevolmente abbreviato, e siccome la giustizia di Dio  non può nulla cedere al suoi diritti, così volle che soffrissi in intensità quel che avrei dovuto soffrire di più in durata. In questo momento non ho più bisogno che di qualche Messa, e  appena queste saranno celebrate, io verrò liberata dalle mie  pene. Siate dunque pietosa verso di me facendomele applicare,  ed io vi prometto che quando sarò in cielo non cesserò di  pregare Iddio e la Vergine Santa per voi. Suor Caterina si  affrettò a far celebrare le Messe implorate da quell'anima, e  pochi giorni dopo la vide salire al cielo e ringraziarla della sua  carità. - Questi esempi da noi riportati sono, è vero,  convincenti, ma posti a riscontro con gli insegnamenti della  teologia non si può fare a meno di sentirsi scemare quella  fiducia, che sembrerebbe dovessero ispirare. È certo che la  sorte eterna dell'uomo è irrevocabilmente fissata nel punto  della sua morte, e chi credesse che le preghiere dei vivi e  l'intercessione della Vergine e dei Santi possano ottenere la  salvezza a colui che muore in peccato mortale, s'ingannerebbe.  Bisogna perciò interpretare le visioni or ora riferite e quelle  dello stesso genere, come una espressione simbolica delle  grazie ottenute per intercessione dei Santi al peccatore moribondo per condurlo alla penitenza e alla salute.

Sac. Luigi Carnino

venerdì 31 gennaio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



« NOVISSIMA TUA!... »


Il Giudizio

Tutto questo per ciò che riguarda il corpo. Domandiamoci adesso che cosa è accaduto dell'anima immortale ed incorruttibile, che poco fa l'informava. E’ questa e la questione  veramente interessante per noi in questo studio del Purgatorio.  La Fede c'insegna che l'anima nell'istante medesimo in cui si è  svincolata dal corpo è comparsa davanti al suo Giudice, e tutte  le rivelazioni dei Santi ci confermano la verità del giudizio  particolare, imediato e inappellabile. E siccome su tale  argomento ci si presentano molte importanti questioni,  cerchiamo qui di studiarle e risolverle per ordine. Ciò che sopra  ogni altra cosa attrarrà l'attenzione, e farà fissare lo sguardo  dell'anima, quel primo sguardo misuratore dell'eternità, sarà la  persona del Giudice. Dalla Sacra Scrittura apprendiamo che  questo Giudice non sarà altro che Cristo. S. Giovanni ci dice  che il Padre non giudicherà nessuno, avendo riservato al Figlio ogni giudizio: Pater non iudicat quemquam, omne iudicium dedit Filio (Jo., 5, 22-23). Negli Atti degli Apostoli leggiamo  che Cristo è stato costituito da Dio giudice dei vivi e dei morti: 

Constitutus est a Deo iudex vivorum et mortuorum (Act., 10,  42). Ermete nel suo libro De Pastore, S. Gregorio Magno nei  suoi scritti, come pure S. Giovanni Damasceno, S. Giovanni  Climaco, e in tempi a noi più vicini S. Geltrude, S. Lutgarda, S.  Francesca Romana, S. Teresa e tutte le anime sante, alle quali  Iddio ha fatto la grazia di contemplare i misteri dell'altra vita, ci  confermano con le loro rivelazioni questa verità di fede. I  teologi fanno questione se l'umanità di Cristo si manifesti  visibilmente ad ogni anima, e su questo punto sono molto  discordi. Il Card. Bona, nel suo trattato De discretione  spirituum, si esprime così “Alla fine del mondo comparirà  Gesù Cristo nel suo corpo e nella sua gloria, quando verrà a  giudicare i vivi e i morti; non è certo però se egli apparirà a  ciascun uomo in forma visibile, come taluni scrissero: Non è  neppure accertato in qual maniera nostro Signore compirà  questo giudizio particolare di ciascun uomo; questo solo si sa  che avverrà in un momento, in un batter d'occhio. Ed è perciò  che un'apparizione, dirò così, intellettuale di questo Giudice sovrano basterà a compiere tale giudizio” (Op. cit., cap. 20).

Da ciò risulta che il sapiente Cardinale esita di pronunziarsi,  quantunque evidentemente propenda per la sentenza negativa.  Non mancano tuttavia teologi di merito i quali ritengono che il  divin Maestro si sveli a ciascuno nella verità della sua carne  trasfigurata e gloriosa, ed avvalorano la loro opinione con  ragioni molto plausibili. Tuttavia qualunque sia il modo col  quale il divin Salvatore si rivela all'anima, è certo che nel  momento stesso in cui gli occhi del corpo, si chiudono alla luce  di quaggiù, lo sguardo dell'anima s'illumina ed intuisce e  contempla l'adorabile figura di Cristo, suo Giudice. Tutto  questo ci porta a domandare dove si faccia il giudizio. La  risposta è facile: il giudizio si farà in quel luogo medesimo in  cui l'anima si separa dal corpo. Che bisogno infatti avrebbe questa di andare lungi di là, a cercare il tribunale che la dovrà giudicare? La terra è del Signore, dice la Scrittura; ed egli  riempie il mondo con la sua presenza. Ciò che a noi impedisce  di vederlo, limitati come siamo, sono le mura di questa  prigione di carne, che ci circonda, ma nell'ora della morte il  velo che ci nascondeva le invisibili realtà si squarcia, e l'anima  si trova allora immediatamente sotto lo sguardo del Giudice.  Quale istante e quale sgomento sarà mai quello! Avrà luogo  allora quel tremendo giudizio, il cui solo pensiero faceva  tremare gli anacoreti nelle spelonche dei deserti. Allora l'anima  con un solo sguardo abbraccerà tutti e singoli i suoi atti, con  tutte le circostanze che li accompagnarono, dovendo rendere  stretto conto di tutto, persino di una parola inutile, sia pure  obliata. Chi potrebbe credere a tanta rigorosa esattezza, se la  stessa eterna Verità non ce lo avesse avvertito? Omne verbum  otiosum quod locati fuerint homines, reddent de eo rationem in  aie iudicii (Matth., 12, 36). E in qual modo potrà l'anima abbracciar con un solo sguardo il complesso degli atti di tutta  quanta la vita? Essa li vedrà nella intelligenza infinita di Dio, al  raggio di quel sole di verità, che tutti glieli rischiarerà e che  non gliene lascierà sfuggire alcuno. Al lume di quella luce  divina leggerà quel libro, dove tutto è notato, e che le sarà  posto sotto lo sguardo.


Liber scriptus proferetur in quo totum continetur unde mundus  iudicetur.

Vi riscontrerà ciascuna delle sue azioni, con tutte le circostanze  da cui furono accompagnate, e ne modificarono più o meno la  moralità. Il Giudice chiederà stretto conto di tutto: Redde:  rationem villicationis tuae, iam enim non poteris vilicare (Luc.,  16-2). Il tempo del merito e del demerito è passato, la prova è  finita, irrevocabilmente finita. - Redde rationem - Rendete  conto di tutti i vostri peccati: io ero là presente quando voi li commettevate; io tutto vidi, poichè nulla mi si poteva celare i  peccati contro Dio, i peccati contro il prossimo, i peccati contro  voi stessi, i peccati contro i doveri del vostro stato, contro i  vostri obblighi particolari... Oh! qual cumulo immenso di  peccati, dal primo che commettemmo quando incominciò a  rischiararsi il lume della ragione, fino all'ultimo che  commetteremo forse anche sul nostro letto di morte, nel  momento di comparire alla presenza del divin Giudice! S.  Agostino, nelle sue immortali Confessioni, si accusa di colpe  che dice di aver commesso in tenerissima età. Tantillus puer et  tantus peccator! E perchè non dovrà esclamarsi col Profeta, che  il numero delle nostre iniquità sorpassa di molto quello dei  capelli del nostro capo? iniquitates meae multiplicatae sunt  super capillos capitis mei (Ps., 37, 4) - Redde rationem.  Rendete conto del bene che avreste dovuto fare e che non avete  fatto. - Un sacerdote trovavasi sul letto di morte, e il suo  confessore cercava invano di eccitarlo alla confidenza in Dio, parlandogli del bene che aveva fatto durante la vita, e delle  anime che si era studiato di salvare. – Ahimè! - gridava il  morente, con voce accorata - perché non mi parlate del bene  che io avrei dovuto fare, che potevo fare, e che non ho fatto? -  Sì, al tribunale di Dio, contrariamente a quel che avviene qui in  terra, al reo si chiede conto anche di quel che non ha fatto di  bene, e che pure avrebbe dovuto fare. Iddio porrà da un lato  tutte le grazie concesse all'anima: il battesimo, l'istruzione  cristiana, le confessioni, le comunioni, i buoni pensieri, gli  ammonimenti, tanta facilità di compiere il bene; e porrà  dall'altro lato le nostre opere, e guai allora a colui le cui opere  non corrisponderanno alle grazie ricevute, poichè molto sarà domandato a chi molto fu dato. Ci sarà chiesto conto perfino  del bene che abbiamo fatto, ma che non abbiamo fatto così  bene come avremmo dovuto. - Vediamo un po' queste pretese  virtù, delle quali andavate tanto superbo durante la vita. Oh!  quanta lega è mescolata a quest'oro! - I farisei facevano opere buone, ma siccome agivano unicamente per piacere agli uomini  e per acquistarsi fama di virtuosi, il Signore disse di loro:  Receperunt mercedem suam... (Matth., 6, 2): hanno ricevuto la  loro mercede. Quanti atti virtuosi nel loro oggetto, saranno  parimenti degni di disprezzo innanzi a Dio, perché compiuti in  circostanze cattive, con tiepidezza o per mera abitudine, o  perchè fatti di contrattempo, o alla sfuggita, o accompagnati da  pensieri di vana compiacenza. Eppure ancora non è detto tutto.  Che sono infatti quelle voci che salgono dall'abisso? Son le  voci di coloro che furono un giorno scandalizzati; sono le grida  del sangue. - Giustizia e vendetta - gridano i dannati dal fondo  dell'inferno - giustizia e vendetta contro quel padre e quella  madre, la cui negligenza ci ha lasciato crescere nel vizio e ci ha  fatto piombare quaggiù; giustizia e vendetta contro quell'amico, che ci ha messo a parte dei suoi colpevoli piaceri e che perciò  deve partecipare ai nostri supplizi; giustizia e, vendetta contro  quel miserabile, i cui empi discorsi ci impedirono di convertirci  e di salvarci; ah! per sua colpa siamo dannati alle pene di  questo carcere perpetuo: e dovrà egli forse salire al cielo,  mentre noi bruciamo quaggiù nelle fiamme eterne? - Ahimè!  che risponderà allora quella povera anima a tali formidabili  accuse? E non ne avrà ella abbastanza del pesante fardello delle  sue colpe, perchè debba caricarsi di quelle degli altri? Ecco delineato il giudizio di Dio, tal quale avverrà per ciascuno di  noi; ed è questo che fece provare ai Santi angoscie estreme e  praticar loro le più rigide penitenze; le storie delle loro vite  ridondano di rivelazioni sul rigore dei giudizi di Dio.

Si legge nelle vite dei santi Padri che un religioso, per nome  Stefano, venne trasportato in ispirito al tribunale di Dio. Era  egli ridotto in agonia sul suo letto di morte, quando eccolo  turbarsi improvvisamente e rispondere ad un interlocutore  invisibile. I suoi fratelli di religione, che circondavano il letto,  ascoltavano con terrore queste sue risposte: - Vedi, è vero, tale azione, ma mi imposi poi tanti anni di digiuno. - Io non nego  quel tal fatto, ma l'ho pianto per tanti anni. Ancor questo è  vero, ma in espiazione ho servito il mio prossimo, per tre anni  continui. - Indi, dopo, un momento di silenzio, esclamò: Ah! su  questo non ho nulla a rispondere; voi giustamente mi accusate,  e non ho altro per mia difesa che raccomandarmi, alla  misericordia infinita di Dio. - S. Giovanni Climaco, che  riferisce questo fatto, di cui fu testimone oculare ci fa sapere  che questo religioso aveva vissuto quarant'anni nel suo  monastero, aveva il dono delle lingue e molti altri privilegi,  avanzava di gran lunga gli altri monaci per la esemplarità della  sua vita e pei rigori delle sue penitenze; e conclude con queste  parole: Me infelice! che cosa mai diverrò, e qual cosa potrò  sperare io sì meschino, se il figlio del deserto e della penitenza  trovasi privo di difesa dinanzi a poche colpe leggere? Egli che  ha passato una lunga serie di anni fra le austerità e la  solitudine, egli arricchito da Dio di privilegi e di doni  straordinari, abbandona questa vita lasciandoci nella incertezza  della sua eterna salute! Ma forse, dirà qualcuno per confortarsi,  non si sarà trattato in questo caso che di una visione  intellettuale, e i terrori di quel buon monaco sul giudizío di Dio  si potrebbero ritenere come effetto della sua immaginazione  riscaldata dalla febbre. Ad ovviare a questa difficoltà riferirò la  storia della venerabile Angela Tolomei, religiosa domenicana e  sorella del beato Giovanni Battista Tolomei. Era ella cresciuta  di giorno in giorno in virtù, e per la sua fedeltà nel corrispondere alla grazia divina era giunta ad un alto grado di  perfezione, quando si ammalò gravemente. Il suo fratello, ricco  egli pure di meriti innanzi a Dio, non poté con tutte le sue  fervorose preghiere ottenerne la guarigione; ricevette ella  perciò, con commovente pietà, gli ultimi Sacramenti, e poco  prima di spirare ebbe una visione, nella quale osservò il posto  che le era riservato in Purgatorio, in punizione di alcuni difetti  che non erasi abbastanza studiata di correggere durante la vita; in pari tempo le furono manifestati i diversi tormenti che le  anime soffrono laggiù; quindi spirò raccomandandosi alle preghiere del suo santo fratello. Mentre il cadavere veniva trasportato alla sepoltura, il beato Giovanni Battista,  appressandosi al feretro, ordinò alla sorella di alzarsi, ed ella,  quasi risvegliandosi da un sonno profondo, ritornò con  strepitoso miracolo in vita. Nel tempo che proseguì a vivere  sulla terra, quell'anima santa raccontava sul giudizio di Dio tali cose da far fremere di terrore, ma ciò che più di tutto confermò  la verità delle sue parole fu la vita che menò, poìchè  spaventevoli erano le sue penitenze, avendo perfino inventato  nuovi segreti, oltre alle comuni penitenze, per martoriare il suo  corpo. Leggiamo che durante l'inverno era solita tuffarsi fino al  collo in uno stagno gelato, ove rimaneva per lungo tempo  recitando il salterio; talvolta bruciava di proposito le sue  povere carni, finché il suo corpo diveniva oggetto di orrore e di  pietà. E poichè di ciò veniva talvolta ripresa e biasimata, avida  com'era di umiliazioni e di contrarietà, non se la prendeva  affatto, ed a coloro che la rimproveravano, rispondeva: - Oh! se conosceste il rigore dei giudizi di Dio, non parlereste così! E  che è mai quel che io faccio in confronto dei tormenti riservati  nell'altra vita alle infedeltà che qui in terra osiamo commettere  verso il nostro Creatore? Che è mai, che è mai ciò che io  faccio, mentre dovrei fare cento volte di più? - Dopo alcuni  anni di così orribili penitenze, la serva di Dio fu chiamata dal  celeste Sposo all'altra vita, vivo lasciando tra le sue consorelle  il ricordo di sè, delle sue parole e delle sue penitenze.

Ciò che è da osservare in questa storia è che non si tratta di un  peccatore che muore in disgrazia di Dio, ma di una fervente  religiosa, tutta dedita ai doveri del suo stato, e che per alcune  imperfezioni di nessuna gravità secondo il giudizio degli  uomini, subì i rigori del giudizio di Dio. Ahimè! se i giusti sono  trattati in tal guisa, che cosa accadrà di noi peccatorii? Sono dunque tremendi i giudizi divini! E pensare che ad ogni battito  del nostro cuore si rinnova la grande scena: anime ed anime si  presentano al trono di Sua Divina Maestà per essere giudicate!  Se pensassimo a ciò saremmo presi da immensa compassione, e pregheremmo con fervore per tanti infelici che stanno per comparire davanti al loro Giudice... Ma purtroppo non vi pensiamo e continuiamo a vivere come se tanti nostri fratelli  non ci chiedessero il soccorso delle nostre preghiere. Un giorno  saremo anche noi sul letto della nostra agonia e allora sarà  spesa per noi la medesima moneta che noi spendemmo per gli  altri, saremo pagati con la medesima indifferenza. Adottiamo la  santa abitudine di pregare per gli agonizzanti, affinchè un  giorno vi sia chi preghi per noi in quell'ora tremenda nella  quale tanto ne avremo bisogno.

Sac. Luigi Carnino

domenica 26 gennaio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



« NOVISSIMA TUA!... »


Sorella Morte

Eccoci al letto di un cristiano morente: la Chiesa gli ha già impartito l'ultima benedizione; per l'ultima volta ha sentito riposar sul suo cuore il Cuore santissimo di Gesù nel Sacramento dell'amore. Quel Dio che si era fatto amico di lui -  e di quale amicizia! - fin da quando con la prima Comunione  era disceso nel suo petto, sapendolo infermo ha lasciato il suo  tabernacolo per venire a visitarlo, e fra le mani del suo ministro  ha percorso, inosservato le vie della città, ovvero, seguito da  pochi fedeli, gli aspri sentieri della campagna; ha fatto il suo  ingresso in quella stanza funerea, trasformata per un momento  in santuario, si è posato su quelle labbra che il soffio della  morte agghiaccerà fra brevi istanti, ed in un mistico ed intenso colloquio con la sua anima gli ha lasciato intravedere i misteri  della vita avvenire e gli splendori della eternità beata. Indi  l'estrema Unzione, come ad atleta che debba prepararsi alla  pugna. Intorno a quel letto i parenti mormorano a bassa voce  parole e preghiere e se ne allontanano solo per dare sfogo alle  lacrime. L'orecchio del morente è già stato ripercosso dal  formidabile appello: - Parti adunque, o anima cristiana!... - Ed  ecco all'improvviso un movimento convulso scorrere per quel  corpo irrigidito, ed un singhìozzo soffocato por fine al rantolo  dell'agonia: esso ha esalato l'estremo sospiro morto. Si  sollevano allora da ogni parte i gemiti e i lamenti della  famiglia, che si appressa a colui che or non è altro che un  cadavere; gli vengono chiusi quegli occhi che non si apriranno  mai più fino al giorno dell'universale giudizio; gli vengono  conserte le mani in attitudine di preghiera, e molte volte, per nascondere ai viventi l'orrore della morte, vien posto un velo su quel volto sfigurato; quindi gli amici e i vicini si allontanano  tessendo l'elogio del defunto. Finalmente tutto piomba nel  silenzio. Questo è l'aspetto esteriore del gran dramma della  morte, che per quanto ci possa sgomentare, non è davvero il  più importante. Noi abbiamo considerato il defunto disteso sul  letto funebre con le mani congiunte, col Crocifisso sul petto,  nell'attitudine così ben descritta da Lamartine, in quei suoi  mirabili versi. Dai sacri ceri ormai l'ultima fiamma guizzava, e  il prete mormorava il canto sì dolce della morte, a lamentevole  nenia simile, che la donna mormora al pargolo assopito. Di  speranze la sua fronte le tracce serba ancora, e sul suo volto di  beltà soave un raggio spira; il labile dolore la sua grazia  v'impresse, e la severa sua maestate vi scolpì la morte.

Sac. Luigi Carnino