domenica 26 gennaio 2020

IL PURGATORIO NELLA RIVELAZIONE DEI SANTI



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Sorella Morte

Eccoci al letto di un cristiano morente: la Chiesa gli ha già impartito l'ultima benedizione; per l'ultima volta ha sentito riposar sul suo cuore il Cuore santissimo di Gesù nel Sacramento dell'amore. Quel Dio che si era fatto amico di lui -  e di quale amicizia! - fin da quando con la prima Comunione  era disceso nel suo petto, sapendolo infermo ha lasciato il suo  tabernacolo per venire a visitarlo, e fra le mani del suo ministro  ha percorso, inosservato le vie della città, ovvero, seguito da  pochi fedeli, gli aspri sentieri della campagna; ha fatto il suo  ingresso in quella stanza funerea, trasformata per un momento  in santuario, si è posato su quelle labbra che il soffio della  morte agghiaccerà fra brevi istanti, ed in un mistico ed intenso colloquio con la sua anima gli ha lasciato intravedere i misteri  della vita avvenire e gli splendori della eternità beata. Indi  l'estrema Unzione, come ad atleta che debba prepararsi alla  pugna. Intorno a quel letto i parenti mormorano a bassa voce  parole e preghiere e se ne allontanano solo per dare sfogo alle  lacrime. L'orecchio del morente è già stato ripercosso dal  formidabile appello: - Parti adunque, o anima cristiana!... - Ed  ecco all'improvviso un movimento convulso scorrere per quel  corpo irrigidito, ed un singhìozzo soffocato por fine al rantolo  dell'agonia: esso ha esalato l'estremo sospiro morto. Si  sollevano allora da ogni parte i gemiti e i lamenti della  famiglia, che si appressa a colui che or non è altro che un  cadavere; gli vengono chiusi quegli occhi che non si apriranno  mai più fino al giorno dell'universale giudizio; gli vengono  conserte le mani in attitudine di preghiera, e molte volte, per nascondere ai viventi l'orrore della morte, vien posto un velo su quel volto sfigurato; quindi gli amici e i vicini si allontanano  tessendo l'elogio del defunto. Finalmente tutto piomba nel  silenzio. Questo è l'aspetto esteriore del gran dramma della  morte, che per quanto ci possa sgomentare, non è davvero il  più importante. Noi abbiamo considerato il defunto disteso sul  letto funebre con le mani congiunte, col Crocifisso sul petto,  nell'attitudine così ben descritta da Lamartine, in quei suoi  mirabili versi. Dai sacri ceri ormai l'ultima fiamma guizzava, e  il prete mormorava il canto sì dolce della morte, a lamentevole  nenia simile, che la donna mormora al pargolo assopito. Di  speranze la sua fronte le tracce serba ancora, e sul suo volto di  beltà soave un raggio spira; il labile dolore la sua grazia  v'impresse, e la severa sua maestate vi scolpì la morte.

Sac. Luigi Carnino


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