Gabriele Amorth racconta...
Già in precedenza, molti anni prima, Padre Pio era stato oggetto di una campagna di calunnie; eanche in quell’occasione l’attacco partì dall’interno della chiesa.
Riferisce padre Alberto D’Apolito: «Don Domenico, nella campagna denigratoria contro Padre Pio e i Frati cappuccini, fu uno strumento facile e malleabile nelle mani dell'arciprete e dell'arcivescovo Gagliardi. (...) Negli ultimi anni della sua vita mi pregava di andare a fargli un po' di compagnia nella solitudine della sua casa. L'argomento dei discorsi era sempre lo stesso: il passato, la lotta a Padre Pio, il crollo delle sue calunnie, il rimorso della coscienza».
Ma diceva: «Ero convinto di fare bene. Pensavo che Padre Pio fosse un impostore. Poi ho dovuto obbedire a chi mi dava gli ordini». Era il vescovo, che gli ordinava di calunniare Padre Pio, e lui non pensava che si trattasse di calunnie: «Non ci pensavo. Ero molto giovane per riflettere e rendermi conto. Sapevo che dovevo obbedire e non davo importanza a tante cose».
Padre Alberto D’Apolito disse che riconosceva «il torto e la mia colpa di avere parlato e scritto contro Padre Pio». Ma si rifiutò di rilasciare una smentita scritta. «Non ho il coraggio... a voce smentisco tutto». E infatti nella Positio manca la ritrattazione di don Palladino.
Ma torniamo agli anni Sessanta, ai microfoni e alla sciagurata «Visita apostolica» compiuta da monsignor Maccari, che ricevette la deposizione di Elvira Serritelli. Una deposizione netta e precisa, da cui venne a sapere che la donna avrebbe avuto rapporti col Padre Pio «semel vel bis in hebdomada» come il visitatore scrisse nel suo latino curiale, certamente sconosciuto alla Serritelli. «Una o due volte alla settimana.» L’Elvira non tenne certo per sé, il contenuto di quella deposizione, se come racconta don Giosuè Fini: «... Elvira Serritelli al Visitatore apostolico mons. Maccari, ora arcivescovo di Ancona, aveva riferito cose strane, incongruenti sulla condotta di Padre Pio, anzi aveva ben specificato accuse molto gravi. Io pensai al mondo circostante. Mi fu riferito che aveva calunniato il padre. Mi misi alla ricerca della verità». E parlò a Maria Massa, una fedele di San Giovanni Rotondo, che gli disse: «Al tempo della visita apostolica sono stata da Maccari. Il quale mi fece la domanda se Elvira Serritelli fosse capace di mentire. Mi sentii spinta a dire di sì e con tutte le mie forze vigorosamente affermai che Elvira Serritelli era capace di mentire. Ho avvicinato la sorella di Elvira Serritelli, la sig.na Manetta, per sapere qualcosa circa la deposizione di Elvira a mons. Maccari. Manetta con facilità e vanto disse: "Ce l’ha fatta a gh’isso lu servizie" e accompagnò le parole con lo stendere del braccio e mettendo la mano sinistra al gomito per sottolineare 'lu servizie" fatto a Padre Pio. Io capii tutto: (quel gh’isso,) era Padre Pio e capii il significato del gesto volgare, che mi rivelò ancora l'origine bassa della Serritelli».
«Satana lavorava in quella mente malata fin da moltissimi anni prima» ha dichiarato Maria Massa in un'altra occasione, e Padre Pio disse: «Non mi sono poi mai illuso per quanto riguarda le persone che mi hanno circondato». Serritelli incluse: le chiamava le «sue piaghe», e non lesinava rimproveri. La signora Anna Benvenuto, vedova Panicali, riporta la confidenza fattale da un’altra fedele: «...Un giorno la signorina Cianferoni, anima pia e devotissima di Padre Pio mi disse in grandissima confidenza che aveva saputo da una persona degnissima di fede che il padre aveva imposto per penitenza a Elvira di chiudersi nella sua camera e attraversare il pavimento della stessa camera con la lingua per terra».
Ma tutto quel lavorio ai fianchi del monaco santo funzionava, eccome. Il professore Antonio Bianchi ha riferito nella Positio: «... Personalmente trovai indecifrabile l'estrema chiarezza del Cardinal Iorio, quando declinando una sollecitazione della marchesa Giovanna Boschi a interessarsi di Padre Pio, non riuscì a reprimere le lagrime e sussurrò con amarezza: "Quelle mogli di Padre Pio!". Parimenti incollocabile la risposta del Cardinal Lercaro, nella chiesa di San Gioacchino a Roma, alla marchesa Boschi, alla signorina Margherita Hamilton e ad altre figlie spirituali: "Eminenza, quanto fanno soffrire Padre Pio!".
“Anche lui fa soffrire il Papa!".»
Padre Carmelo Durante racconta come un membro della Commissione che dovette esaminare i nastri magnetici registrati a Padre Pio, gli rivelò che «un giorno ricevette una telefonata da monsignor Loris Capovilla, segretario particolare del papa, (Giovanni XXIII, N.dA.) con cui a nome di questi lo invitava a partecipare alla celebrazione di un'Ora Santa indetta dal santo Padre stesso proprio per impetrare luce dal Signore per un giudizio sereno e veritiero sulla persona di Padre Pio». Luce che evidentemente non venne, perché la «Visita apostolica», anche se risolse drasticamente lo scandalo dei microfoni, fu viziata dalle calunnie e dalle prevenzioni. Sempre padre Carmelo riporta, a proposito di Papa Giovanni, un’ulteriore confidenza fatta da una persona dell’anticamera pontificia. «Al termine della sua giornata terrena, Giovanni XXIII simbolo della bontà e della bonomia, a chi lo pregava a favore di Padre Pio, umiliato e ferito da provvedimenti punitivi del Sant'Offizio, ripeteva: “Mi hanno ingannato! Mi hanno ingannato! Io nella mia vita non ho fatto mai male a nessuno, neppure a una mosca!... Mi hanno ingannato: Padre Pio è un uomo di Dio!”. »
Però la strategia del discredito aveva ormai lavorato silenziosamente, in profondità, Giovanni Gigliozzi, per anni vicino a Padre Pio, ha deposto così al processo presso la Congregazione per le Cause dei Santi: «Mi recò stupore una conversazione con don Umberto Teremi, parroco del Divino Amore in Roma, per moltissimi anni amico fedele di Padre Pio e poi messosi contro improvvisamente, mi raccontò di pretesi rapporti del Servo di Dio con una di queste “pie donne”, aggiungendo che Padre Pio prima era santo e adesso non lo era più. Io replicai che se Padre Pio avesse avuto una di quelle fantasie, l’avrebbe fatto quando era più giovane e non adesso che era cadente e anziano. Dissi che don Terenzi non aveva mai visto in faccia quelle “pie donne”. Bastava guardarle per essere liberati dalla tentazione».
Anche padre Amedeo si chiede «come mai don Terenzi era passato da tanta stima verso Padre Pio a una valutazione opposta, fino a considerarlo un “immorale” e un “ipocrita”». E come fu possibile che accuse del genere fossero credute, e che estimatori di Padre Pio mutassero parere su di lui così rapidamente? Il capitolo seguente offre, grazie a una testimonianza riservata contenuta nella Positio, una possibile risposta a comportamenti apparentemente inspiegabili.
«Dal profondo silenzio della mia celletta sento da un pezzo in qua l’eco di sinistre voci che si fanno intorno alla mia povera persona» scriveva Padre Pio; vediamo che genere di sussurri, e dove.
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